Il riconoscimento delle procedure di insolvenza da parte degli Stati membri dell’Unione Europea

15 Marzo 2024

Uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro se il suo riconoscimento può produrre effetti palesemente contrari all’ordine pubblico, ed in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione.

La normativa europea prevede un meccanismo automatico di riconoscimento delle procedure di insolvenza tra i vari Stati. L'art. 19 del Reg. UE n. 848/2015 stabilisce, infatti, che la decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri dal momento in cui essa produce effetto nello Stato di apertura. E ciò anche quando un debitore, per la sua qualità, non può essere assoggettato a una procedura di insolvenza negli altri Stati membri. Inoltre, lo stesso articolo prevede che il riconoscimento di una procedura principale non impedisce l'apertura di una procedura secondaria in un altro Stato membro, se nello Stato membro il debitore possiede una dipendenza (cfr. anche Cass., sez. un., 17 novembre 2017, n. 27280). L' automatismo ha alla sua base il principio di fiducia reciproca sul quale poggia l'immediato riconoscimento della decisione.

Ancora, ai sensi dell'art. 32 Reg. UE 848/2015, le decisioni relative allo svolgimento e alla chiusura di una procedura di insolvenza pronunciate da un giudice la cui decisione di apertura è riconosciuta a norma dell'articolo 19 cit., nonché le procedure di composizione approvate da detto giudice, sono egualmente riconosciute senza altra formalità. Tale riconoscimento si estende anche alle decisioni che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e le sono strettamente connesse, pur se sono prese da altro giudice, nonché alle decisioni riguardanti i provvedimenti conservativi presi successivamente alla domanda d'apertura di una procedura d'insolvenza o a questa collegati.

Dunque, la normativa europea prevede una sorta di riconoscimento automatico e quindi generalizzato delle procedure di insolvenza tra i vari Stati. Tuttavia, la medesima normativa prevede una eccezione alla regola generale: ai sensi dell'art. 33 del Reg. UE 848/2015 uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro o di eseguire una decisione presa nell'ambito di detta procedura, qualora il riconoscimento o l'esecuzione possano produrre effetti palesemente contrari all'ordine pubblico, in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione. La giurisprudenza comunitaria ha, per esempio, ritenuto che uno Stato UE può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato UE se la decisione di apertura è stata assunta in violazione del diritto fondamentale di difesa (C. Giust. CE, 2 maggio 2006, C-341/04). Tale pronuncia, dettata nella vigenza della normativa abrogata, si ritiene applicabile alla nuova disciplina dettata dal Reg. UE 848/2015 (Memento Crisi d'impresa e fallimento, 2024, Giuffrè Francis Lefebvre). Pertanto, per motivi di ordine pubblico, è possibile derogare alla regola generale di riconoscimento automatico delle procedure di insolvenza tra i vari Stati.

In conclusione, in base al principio generale che prevede il riconoscimento automatico delle procedure di insolvenza da parte dei vari Stati UE, ogni Stato deve riconoscere la procedura di insolvenza aperta da un altro Stato. Per rispondere al quesito, dunque, uno Stato non può, sic et simpliciter, rifiutarsi di riconoscerla. Può, però, rifiutarsi di riconoscerla al verificarsi di una condizione: quando il suo riconoscimento può produrre effetti palesemente contrari all'ordine pubblico ed in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione.