Adeguati assetti organizzativi amministrativi e contabili: consigli pratici per la tempestiva rilevazione della crisi

19 Marzo 2024

Gli autori analizzano e confrontano la disciplina prevista dagli artt. 3 CCII e 2086 c.c., cercando al contempo di fornire indicazioni utili circa le misure idonee a garantire la corretta applicazione delle predette norme, funzionali al costante monitoraggio della gestione e alla tempestiva emersione della crisi.

Alla stesura del contributo ha partecipato il Dott. Pietro Bussinello.

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Premessa: il quadro normativo

Come noto, principio di fondo che permea il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) è il favor per la preservazione e il risanamento dell'impresa in crisi, relegando ad extrema ratio soluzioni liquidatorie disgregative. Per perseguire siffatto obiettivo, l'intervento normativo non si è limitato all'introduzione di meccanismi di c.d. early warning e di strumenti di superamento della crisi e recupero della continuità aziendale, ma, come corollario e presupposto sul piano funzionale, ha inciso anche a monte sulla struttura organizzativa dell'impresa, sia individuale che collettiva. Il legislatore, infatti, ha introdotto doveri di natura organizzativa preordinati a garantire l'efficace gestione dei rischi nonché la completezza, la tempestività e la attendibilità dei flussi informativi tra gli organi societari, e quindi (anche nell'impresa esercitata collettivamente) la precoce individuazione dei segnali di crisi.

Sotto tale profilo rilevano l'art. 3 CCII e l'art. 2086 c.c. (così come modificato dall'art. 375 CCII).

Con riferimento all'impresa societaria, l'art. 3, comma 2, CCIIprevede infatti che l'imprenditore collettivo debba istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell'art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative.

A sua volta, il secondo comma dell'art. 2086 c.c., introdotto dall'art. 375 CCII, prevede il dovere dell'imprenditore, “che operi in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Medesimi doveri organizzativi sono imposti anche all'imprenditore individuale: il primo comma dell'art 3 CCII prevede infatti il dovere di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.

Per completare la panoramica sul dato normativo, l'art. 3, comma 3, CCII richiede che, al fine di prevedere tempestivamente l'emersione della crisi, le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;
  3. ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'articolo 13, comma 2, CCII.

Il comma 4 dell'art. 3 CCII aggiunge che costituiscono segnali per la previsione di cui al terzo comma:

  1. l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l'esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  4. l'esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'articolo 25-novies, comma 1, CCII.

La definizione di adeguati assetti

La normativa in esame, nello statuire la necessità di definire un'appropriata struttura organizzativa, di attivare procedure formalizzate e dotarsi di flussi informativi e strumenti contabili, non ne fornisce però  alcuna definizione, né specifica le caratteristiche che questi debbano avere ai fini della loro adeguatezza.

Un utile supporto, in tal senso, viene fornito dalle seguenti fonti:

  • documenti di ricerca pubblicati dal CNDCEC il 20 e il 21 dicembre 2023 (che aggiornano i precedenti documenti del 2021) in tema di norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate e non quotate;
  • documento di ricerca pubblicato il 7 luglio 2023 dal CNDCEC in tema di “Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: profili civilistici e aziendalistici”;
  • documento di ricerca pubblicato il 24 luglio 2023 dal CNDCEC in tema di “Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: check list operative”.

Le funzioni degli organi societari

Se nelle imprese individuali l'adozione di misure idonee di cui all'art. 3 CCII (così come la valutazione della loro adeguatezza) spetta all'imprenditore, nelle società di capitali l'art. 2381 c.c. attribuisce all'organo delegato la concreta adozione e cura degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, mentre al consiglio di amministrazione compete la valutazione costante dell'adeguatezza. Infine compete al collegio sindacale il controllo sull'adempimento degli obblighi di predisposizione degli adeguati assetti da parte degli amministratori, eventualmente attivando gli strumenti di cui dispone.

Gli adeguati assetti nella giurisprudenza

Nonostante vi sia in dottrina chi sostiene che relegare gli assetti organizzativi nell'alveo della business judgment rule significhi vanificare in parte l'intento della riforma (così P. Montalenti, Il Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza: assetti organizzativi adeguati, rilevazione della crisi, procedure di allerta nel quadro generale della riforma, in Giur. Comm., fasc. 5, 2020, 829), in ambito giurisprudenziale è stata riconosciuta ampia discrezionalità agli amministratori in merito alla strutturazione degli assetti in argomento, inquadrando la scelta organizzativa tra quelle afferenti al merito gestorio.

Sicuramente la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporta sempre una responsabilità dell'organo gestorio, mentre, ove una struttura organizzativa sia stata adottata, è possibile sottoporla al sindacato giudiziale, ex art. 2409 c.c., nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza, sulla base di una valutazione ex ante (Trib. Roma, 15 settembre 2020, in IUS - Societario).

In particolare, secondo la  citata pronuncia, non risulta responsabile “l'amministratore che abbia predisposto delle misure organizzative che, con una valutazione ex ante, erano adeguate, secondo le sue conoscenze e secondo gli elementi a sua disposizione, a verificare tempestivamente la perdita della continuità aziendale” e “parimenti, non potrà ritenersi responsabile l'amministratore che, pur avendo tempestivamente rilevato […] il venir meno della continuità aziendale, ponga in essere degli interventi che, solo successivamente, si rivelino inutili ad evitare la degenerazione della crisi, qualora tali interventi — sempre sulla base di una valutazione ex ante — non risultino manifestamente irrazionali ed ingiustificati”.

Ancora, sulla totale assenza di un assetto organizzativo, una recente pronuncia del Tribunale di Cagliari è intervenuta per la prima volta sulla coercibilità ex art. 2409 c.c. dell'obbligo di predisposizione di adeguati assetti organizzativi anche in costanza di vita fisiologica della società, sottraendo tale scelta all'ambito del merito gestorio degli amministratori (Trib. Cagliari, Sez. spec. impresa, 19 gennaio 2022, in Giur. comm., fasc 2, 2023, 318).

Elementi per l’adeguatezza degli assetti aziendali

Il presupposto fondamentale per l’adeguatezza degli assetti aziendali è l’esistenza di un modello di business.

Un modello di business rappresenta, secondo la letteratura anglosassone, “l’insieme di assunzioni di base che definisce per cosa l’impresa è pagata”. Questo si compone di un’analisi dei fattori esterni e di una dei fattori interni che sono rilevanti affinché l’impresa venga premiata dal mercato e prosperi nel tempo.

Tra i fattori esterni vi sono le minacce e le opportunità derivanti dai contesti cosiddetti macro (composizione e bisogni della società, norme, ambiente politico, sviluppo tecnologico e così via) e micro (clienti, fornitori, concorrenti, etc.).

Tra i fattori interni ritroviamo, invece, i punti di forza e di debolezza dell’impresa, come il portafoglio prodotti (attuale e potenziale) e i fattori produttivi che è in grado di impiegare per generare valore, come macchinari, know-how specialistico, brevetti, risorse umane, relazioni consolidate, etc.

Posto che il modello di business deve essere definito ed aggiornato ogni qual volta risulti necessario, gli elementi che definiscono l’adeguatezza degli assetti devono essere informati a criteri di proporzionalità e ragionevolezza, basati sulla natura e le dimensioni di un’azienda.

Adeguati assetti organizzativi

Le principali variabili che caratterizzano un adeguato assetto organizzativo sono la struttura organizzativa e i sistemi operativi.

I pilastri della struttura organizzativa sono la suddivisione del lavoro e il modello di governance.

Una suddivisione del lavoro adeguata deve essere conosciuta e formalizzata attraverso elementi come organigramma, funzionigramma, mansionari e norme procedurali.

Similmente, un modello di governance - che discende direttamente dalla suddetta suddivisione di ruoli, funzioni e attività svolte –, benché sia meno formalizzabile, deve essere improntato ad un approccio riconosciuto ed osservato dalle persone che prestano la propria attività in azienda. Un approccio che può essere di tipo più autoritario, in cui le decisioni vengono tipicamente prese dall'alto ed applicate ai livelli inferiori (top down), o più partecipativo, in cui si predilige un dialogo tra i vari livelli gerarchici prima di prendere una decisione rilevante (bottom up).

I sistemi operativi riguardano, invece, gli elementi che favoriscono l'integrazione tra le differenti attività aziendali come, ad esempio:

  • i sistemi di pianificazione, programmazione e controllo della gestione;
  • i sistemi per la gestione delle risorse umane;
  • i sistemi di comunicazione;
  • i sistemi per la gestione del rischio.

Si può sostenere che l'adeguato assetto organizzativo ex art. 2086 c.c. ha un rapporto di complementarità con il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001, strumento finalizzato al risk management e al rafforzamento dei meccanismi di corporate governance aziendale. Si può dire che l'art. 2086 c.c. ne estende la prospettiva e le dinamiche applicative.

Adeguati assetti amministrativi

Un adeguato assetto amministrativo deve garantire all'imprenditore ed ai suoi collaboratori un processo decisionale basato su informazioni rilevanti, attendibili e tempestive.

È in questo contesto che si inseriscono i sistemi di pianificazione, programmazione e controllo con i quali si definiscono i piani industriali, i piani operativi e l'attività di reporting.

Il piano industriale ha tipicamente un orizzonte temporale di almeno tre anni e si compone di tre distinti “sotto-piani” che sono, però, strettamente interdipendenti tra loro: economico, degli investimenti e finanziario.

Con il piano economico viene stimata la quantità di prodotti e servizi da vendere ed i costi collegati ai fattori necessari alla relativa produzione e/o erogazione.

Il piano degli investimenti ha, invece, ad oggetto l'identificazione e la quantificazione dei fattori produttivi durevoli necessari alla trasformazione di input in output da offrire al mercato.

Il piano finanziario, infine, lega i due piani precedenti attraverso la quantificazione dei mezzi finanziari necessari al progetto d'impresa e la generazione progressiva di cassa derivante dalla gestione corrente.

I piani operativi, detti anche “budget”, hanno un orizzonte di breve periodo, tipicamente l'anno. Il budget è un documento gestionale di previsione che entra nel merito dei conti economici e finanziari-patrimoniali più significativi.

La previsione riguarda il dettaglio di uno degli anni oggetto di piano industriale e il suo valore informativo è strettamente correlato all'attività di reporting. Quest'ultima, per essere adeguata, deve avere una cadenza infrannuale (quantomeno trimestrale) e deve mostrare gli scostamenti rispetto alle previsioni di budget che rappresentano l'elemento informativo di partenza imprescindibile per indagare le cause alla base di una variazione tra risultati conseguiti e risultati attesi.

L'attività di reporting risulta, inoltre, fondamentale in ambito economico, e ancor più finanziario, per il forecast, ovvero le previsioni di risultato economico e di sostenibilità finanziaria per la continuità d'impresa nei mesi a seguire.

Adeguati assetti contabili

Ad un'adeguatezza amministrativa, composta dagli elementi suddetti, consegue la necessità di dotare l'azienda di strumenti “contabili” che siano in grado, in un'ottica tanto consuntiva quanto previsionale, di segnalare con immediatezza una situazione che potrebbe aver generato o che potrebbe generare uno squilibrio economico, finanziario e patrimoniale.

Gli elementi imprescindibili di un adeguato assetto contabile sono il bilancio di esercizio, il bilancio gestionale, il budget (di cui abbiamo già accennato) e un sistema di reporting efficace e tempestivo.

Il bilancio di esercizio, obbligatorio per qualsiasi azienda (non solo in ottica di adeguati assetti), ha la funzione principale di informare i terzi sull'andamento dell'impresa. La riclassificazione dei conti economici avviene per “destinazione”, secondo la IV direttiva CEE, ovvero in base alle generiche categorie “consumi”, “servizi”, “godimento beni di terzi”, “personale”, “ammortamenti” ed altre residuali. Questa categorizzazione ha un valore informativo modesto per il management in quanto non permette di apprezzare la “natura” di costi e ricavi.

La classificazione per “natura” è quella del bilancio gestionale (detto anche “contabilità analitica”) il quale permette agli amministratori di analizzare i risultati in modo più approfondito ed incisivo rispetto alle esigenze di informazione.

Giusto per fare un esempio, in un'azienda che produce beni di consumo l'oggetto di maggior attenzione sarà il cosiddetto “margine di contribuzione”, un valore che esprime la marginalità dei prodotti realizzati in considerazione dei costi sostenuti per produrli. Ecco che, ai fini dell'individuazione del margine di contribuzione, il bilancio gestionale categorizza i costi in più modalità. Ad esempio: variabili e fissi; industriali, commerciali ed amministrativi; di una linea di business piuttosto che di un'altra. E così via in base alle specifiche esigenze conoscitive.

Il budget ed il sistema di reporting sono, infine, le due facce della stessa medaglia. Il primo costituisce il principale parametro di confronto del bilancio, mentre il secondo rappresenta l'attività stessa di confronto con il budget e spesso anche con lo storico degli anni passati.

Della cadenza dell'attività di reporting si è detto nel precedente paragrafo. Qui, in considerazione dell'assetto contabile, è utile considerare l'aspetto della tempestività dell'attività di reporting. Un reporting efficace deve analizzare un periodo – come il mese o il trimestre – quando questo si è chiuso da relativamente poco tempo. Un assetto contabile adeguato significa che il management dispone, dopo 15-20 giorni dalla fine del periodo infrannuale oggetto di analisi, del report del bilancio gestionale di periodo e dell'andamento della tesoreria (finanza).

Ciò che è assolutamente necessario perché si possa ritenere adeguato un assetto contabile, al di là della tempestività con cui si ha disponibilità delle informazioni, è che il sistema di reporting sia disegnato sulle specifiche esigenze dell'azienda, evitando quindi soluzioni “preconfezionate”. Il “vestito” che l'azienda deve indossare deve essere sartoriale.

Il fine ultimo di un sistema di reporting è, infatti, quello di indagare con tempestività le cause che hanno determinato i risultati di un periodo. In questo modo, laddove l'imprenditore riscontri situazioni di insufficiente marginalità economica e/o liquidità, ha modo di escogitare le soluzioni ritenute più praticabili per cercare di ripristinare le condizioni più favorevoli per la prosperità economica, la sostenibilità finanziaria e, in definitiva, la continuità dell'azienda.

In conclusione

L'assenza di una definizione normativa rigida del concetto di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili così come previsti agli artt. 2086 c.c. e 3 CCII, al fine della tempestiva rilevazione degli indicatori della crisi, fa sì che, da un lato, la giurisprudenza propenda per un approccio elastico nella valutazione della loro adeguatezza (valutazione di non manifesta irrazionalità delle scelte gestionali da un punto prospettico ex ante, secondo il principio della business judgement rule). Dall'altro lato, comporta che l'imprenditore (collettivo o individuale, e a prescindere dal criterio dimensionale) debba necessariamente rivolgersi alla scienza aziendalistica per l'individuazione di quelle misure (o assetti) che, costituendo best practices in campo amministrativo e contabile, meglio garantiscano di superare un giudizio di adeguatezza.

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