Rapina: quando sussiste l’aggravante di più persone riunite?

19 Marzo 2024

La Corte di cassazione, nella sentenza in commento, si è occupata di stabilire se l'aggravante di più persone riunite si applichi anche nell'ipotesi in cui la presenza di una ulteriore “persona”, oltre all'autore materiale del reato, non sia percepita dalla persona offesa nel momento in cui la stessa risulta destinataria di minaccia o violenza.

Massima

La circostanza aggravante speciale delle più persone riunite, di natura oggettiva, richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, ed è irrilevante che la persona offesa dalla rapina abbia o meno percepito la presenza anche di un secondo soggetto.

La ratio dell'aggravamento correlato alla circostanza della presenza nello stesso luogo di più persone, infatti, deriva dalla maggiore potenzialità criminosa correlata alla "oggettiva compresenza" sul luogo del delitto di più persone.

Pertanto, l'aggravante in questione è attribuibile anche ai correi non presenti sul luogo del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che la rapina sarebbe stata consumata da più persone riunite, o se ignoravano per colpa tale circostanza.

Il caso

Due imputati erano stati condannati in primo (Tribunale di Torino, Giudice dell'Udienza Preliminare, 13 febbraio 2020, n. 289) e in secondo grado (Corte d'appello di Torino, 21 ottobre 2022, n. 6519) per il delitto di rapina aggravata “da più persone riunite”, unitariamente a terza imputata giudicata separatamente.

Nello specifico, mentre la persona offesa si trovava all'interno della propria autovettura in attesa della “terza” imputata, con cui aveva un appuntamento, veniva avvicinato da uno dei due imputati, che apriva la portiera dell'autovettura, lo strattonava, lo minacciava di morte e quindi «rovistando nella parte interna della giacca (della persona offesa) gli strappava letteralmente la tasca interna destra, rubandogli il portafoglio al cui interno aveva la somma di euro cento, due carte di credito, due carte bancomat e documenti d'identità e di guida» (così testualmente nella sentenza del Tribunale di Torino, Giudice dell'Udienza Preliminare, 13 febbraio 2020, n. 289). Quindi detto imputato si allontanava in direzione di una autovettura parcheggiata a pochi metri di distanza, dopo si trovava l'altro imputato, e poi i due si davano alla fuga.

Come emerso dalla sentenza di primo grado, la persona offesa percepiva la presenza dell'altro imputato soltanto dopo l'allontanamento dell'autore materiale del reato.

Per le difese dei due imputati, l'aggravante della “più persone riunite” non era sussistente nel caso di specie, atteso che la presenza del «correo veniva percepita dalla persona offesa quando la rapina era già stata consumata».

La questione

Le questioni affrontate dalla Corte di cassazione nella sentenza in commento, con riferimento all'argomento trattato, sono essenzialmente due.

In primo luogo, se la circostanza aggravante delle “più persone riunite” abbia natura di circostanza oggettiva o soggettiva.

Nella prima ipotesi, l'aggravante, riguardando le modalità dell'azione, si comunicherà «ai correi non presenti nel luogo di consumazione del reato, se siano stati consapevoli che il reato stesso sarebbe stato consumato da più persone riunite, ovvero se abbiano ignorato per colpa tale circostanza» (in tal senso, Cass. pen., sez. II, 8 novembre 2011, dep. 16 novembre 2011, CED 285443-01).

In secondo luogo, se l'aggravante in parola si applichi anche nell'ipotesi in cui la presenza di una ulteriore “persona”, oltre all'autore materiale del reato, non sia percepita dalla persona offesa nel momento in cui la stessa risulta destinataria di minaccia o violenza.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, nella sentenza in commento, ribadisce, in conformità a costante giurisprudenza, la natura oggettiva della circostanza aggravante delle “più persone riunite”.

Per la Suprema Corte, «il legislatore ha conferito alla compresenza dei concorrenti nel locus commissi delicti un maggior disvalore penale in virtù dell'apporto causale fornito nella esecuzione del reato e della rafforzata vis compulsiva esercitata sulla vittima. In tal modo il legislatore ha delineato una fattispecie plurisoggettiva necessaria, che si distingue in modo netto dalla ipotesi del concorso di persone nel reato perché la fattispecie circostanziale contiene l'elemento specializzante (…) si ribadisce inoltre che l'aggravante delle più persone riunite è oggettiva concernendo le modalità dell'azione e dunque riguarda anche ai correi non presenti sul luogo della consumazione del reato, essendo sufficiente che sia rispettato il criterio di attribuzione psicologica indicato dall'art. 59 c.p. Pertanto, l'aggravante in questione è attribuibile anche ai correi non presenti sul luogo del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che la rapina sarebbe stata consumata da più persone riunite o se ignoravano per colpa tale circostanza» (Cass. pen., sez. II, 23 novembre 2023, dep. 26 gennaio 2024, n. 3124-24).

L'assunto, assolutamente condivisibile, è in linea con univoca giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Quanto alla rilevanza della mancata percezione, da parte della persona offesa, della presenza di un concorrente al momento del fatto, la Suprema Corte evidenziava che «ricorre la circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più persone riunite di cui all'art. 628, comma 3, n. 1, terza ipotesi, c.p., anche se la vittima non abbia avvertito la presenza delle più persone nel luogo e al momento della commissione del fatto, e non abbia, quindi, subito una maggiore intimidazione», in quanto la ratio dell'aggravante consiste nella maggiore potenzialità criminosa derivante dalla presenza di più persone sul luogo del delitto.

Detta ratio sarebbe evidentemente soddisfatta anche nell'ipotesi in cui la persona offesa non percepisse la presenza di un ulteriore correo, atteso che l'oggettiva compresenza di più persone genera in ogni caso «nei correi l'affidamento reciproco sull'ausilio disponibile e, dall'altro, si risolve in una oggettiva garanzia di successo della attività illecita connessa all'impegno contestuale di più persone» (Cass. pen., sez. II, 23 novembre 2023, dep. 26 gennaio 2024, n. 3124-24).

Osservazioni

L'aggravante in parola è stata in passato oggetto di contrasti giurisprudenziali, risolti dalle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., 29 marzo 2012, dep. 5 giugno 2012, n. 21837, ric. Alberti, CED 252518-01).

In particolare, il contrasto atteneva sulla necessaria compresenza di almeno due persone nel luogo e nel momento di realizzazione della violenza o minaccia, atteso che per un orientamento diffuso sia in dottrina sia in giurisprudenza per l'integrazione dell'aggravante era sufficiente che la persona avesse percepito la minaccia o violenza come proveniente da più persone, anche se non presenti contemporaneamente. Così, l'aggravante in parola era stata applicata anche ad ipotesi in cui la persona offesa fosse stata destinataria, in materia di estorsione, di minacce proferite separatamente e in tempi diversi da più persone.

Le Sezioni Unite, sul presupposto che «il termine "riunione" risulta direttamente collegato alla modalità commissiva della condotta violenta o minacciosa, che è connotata da una evidente maggiore gravità quando venga esercitata simultaneamente da più persone; si vuol dire cioè che, come è stato osservato da una parte della dottrina, il legislatore ha conferito alla compresenza dei concorrenti nel locus commissi delicti un maggior disvalore penale in virtù dell'apporto causale fornito nella esecuzione del reato e della rafforzata vis compulsiva esercitata sulla vittima», avevano aderito all'orientamento che richiedeva la compresenza di almeno due persone nel luogo e nel momento di realizzazione della violenza o minaccia.

La problematica si è quindi spostata sulla necessità o meno della percezione da parte della vittima della compresenza di almeno due persone nel momento della violenza o minaccia.

Per un recente orientamento della Seconda Sezione della Corte di cassazione, inaugurato da Cass. pen., sez. II, 30 gennaio 2019, dep. 20 maggio 2019, n. 21988, CED 276116, in cui il secondo concorrente si era nascosto in un vicolo per agevolare la fuga dell'autore materiale del reato e la cui presenza non era stata notata dalla persona offesa, la necessaria compresenza di almeno due persone deve essere nota alla persona offesa, perché solo in detta ipotesi si verificherebbe quel rafforzamento della condotta criminosa che costituirebbe la vera giustificazione dell'aggravante (tra le ultime aderenti a detto orientamento Cass. pen., sez. II, 20 settembre 2022, dep. 27 ottobre 2022, n. 40860 CED 284041-01).

Questa tesi sembrerebbe in linea con quanto evidenziato nella sentenza Alberti, nella parte in cui le Sezioni Unite rappresentavano che la ratio dell'aggravante non può essere ricercata soltanto nella «maggiore pericolosità intrinseca del fatto commesso da più persone”, perché “la maggiore oggettiva pericolosità dell'azione criminosa posta in essere da più persone è esattamente la ratio dell'aggravamento di pena previsto dall'art. 112, n. 1, c.p., norma che prevede un inasprimento delle pene quando i concorrenti nel reato siano cinque o più persone; sicché con tale impostazione si ritornerebbe a sovrapporre il concorso di persone nel reato alla aggravante delle "più persone riunite", dimenticando l'elemento specializzante della "riunione" e tradendo il tenore letterale della norma e la volontà del legislatore».

La sentenza in commento, seguendo altra interpretazione della Seconda Sezione, ad oggi maggioritaria, evidenziava che la ratio dell'aggravante non derivava «dalla maggiore costrizione esercitata simultaneamente sulla vittima, ma piuttosto dalla maggiore potenzialità criminosa correlata alla "oggettiva compresenza" sul luogo del delitto di più persone; la maggiore potenzialità criminale generata dalla riunione si giustifica, infatti, in ragione della predisposizione di una organizzazione pluripersonale che, da un lato, genera nei correi l'affidamento reciproco sull'ausilio disponibile e, dall'altro, si risolve in una oggettiva garanzia di successo della attività illecita connessa all'impegno contestuale di più persone» (analogamente, tra le tante, Cass. pen., sez. II, 15 giugno 2021, dep. 8 settembre 2021, n. 33210 CED 281916-01, in ipotesi di condotta minacciosa e violenta materialmente realizzata da una sola persona, mentre il complice si trovava a brevissima distanza in macchina ad attenderla).

Se la giustificazione dell'aggravante è nella maggiore potenzialità criminosa della compresenza di più persone, ne consegue, nel ragionamento della Cassazione, la sussistenza dell'aggravante anche nel caso in cui detta compresenza non sia percepita dalla persona offesa, perché anche in detta ipotesi sussisterebbe quella maggiore potenzialità criminosa, oggettiva, data dalla presenza di più persone riunite.

La sentenza in commento, almeno apparentemente, sembra aderente a quanto osservato dalle Sezioni Unite nella sentenza Alberti, secondo cui «i concetti di "sensazione" e "percezione" sono opinabili, del tutto evanescenti e privi di qualsiasi oggettività, mentre per la "conoscenza" non si comprende quale possa essere il livello di essa necessario per integrare l'aggravante in discussione».

Per una concreta valutazione degli assunti proposti nella sentenza in commento, pare utile ritornare alle precisazioni fornite dalle Sezioni Unite nella sentenza Alberti (Cass. pen., sez. un., 29 marzo 2012, dep. 5 giugno 2012, n. 21837, CED 252518-01), secondo cui «il verbo "riunire", nella sua comune accezione, significa "unire, radunare più cose o persone nello stesso luogo", ed il sostantivo "riunione" indica "il riunirsi di più persone nello stesso luogo allo scopo di ..."; il dato semantico, quindi, non appare di dubbia interpretazione, volendosi con il termine "riunite" indicare la compresenza in un luogo determinato di più persone, ovvero di almeno due persone. Se si esamina poi la struttura delle (…) norme in discussione (…) si può notare come il legislatore abbia voluto precisare che ricorre l'aggravante “se la violenza o minaccia è commessa (…) da più persone riunite”; sicché il termine "riunione" risulta direttamente collegato alla modalità commissiva della condotta violenta o minacciosa, che è connotata da una evidente maggiore gravità quando venga esercitata simultaneamente da più persone; si vuol dire cioè che, come è stato osservato da una parte della dottrina, il legislatore ha conferito alla compresenza dei concorrenti nel locus commissi delicti un maggior disvalore penale in virtù dell'apporto causale fornito nella esecuzione del reato e della rafforzata vis compulsiva esercitata sulla vittima».

Il primo dato necessario per la sussistenza dell'aggravante in questione è la compresenza di più persone sul luogo del reato nel momento in cui viene posta in essere la violenza o la minaccia.

Supponiamo, per tornare al caso concreto, che il correo dell'autore materiale del reato fosse stato nei pressi dell'autovettura della persona offesa, magari sul lato passeggeri, pronto ad intervenire nell'ipotesi in cui l'azione dell'autore materiale della violenza o minaccia avesse incontrato degli ostacoli. E supponiamo che la presenza di detto ulteriore soggetto non fosse stata notata dalla persona offesa al momento della violenza o minaccia, in quanto intenta a difendersi dall'azione delittuosa commessa dall'autore materiale che si trovava sul lato opposto dell'autovettura.

In questa ipotesi, si sarebbe verificata una compresenza di due soggetti nello stesso luogo nel momento della violenza o minaccia, con conseguente integrazione dell'aggravante, anche nell'ipotesi in cui la presenza del secondo soggetto non fosse stata percepita dalla persona offesa, in ragione della natura oggettiva dell'aggravante in parola. L'orientamento proposto da Cass. pen., sez. II, 30 gennaio 2019, dep. 20 maggio 2019, n. 21988, CED 276116, quindi, non pare condivisibile, perché sminuisce la natura oggettiva della circostanza, legata esclusivamente alle modalità della condotta.

Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte nella sentenza in commento è tuttavia diverso.

Il secondo soggetto, per quanto desumibile dalla sentenza del Tribunale di Torino, nel momento in cui era realizzata la violenza o minaccia, si trovava in altra autovettura, posteggiata a circa trenta metri di distanza dall'autovettura della persona offesa. Basterebbe questo dato fattuale per sostenere con fondamento che nel caso di specie l'aggravante non doveva ritenersi integrata, in quanto nel momento della violenza o minaccia sul luogo del reato era presente soltanto l'autore materiale.

La “contesa” interna alla Seconda Sezione della Cassazione sulla rilevanza o meno della percezione, da parte della persona offesa, della compresenza di più persone pare trascurare l'insegnamento della sentenza Alberti sulla necessità che l'interprete si focalizzi sul concetto di “persone riunite”, secondo cui la compresenza di almeno due persone sul luogo del fatto al momento della minaccia o violenza deve essere effettivo. In tal modo, si eviterebbero sia interpretazioni che porterebbero ad un trattamento differente di casi identici in ragione delle “capacità” della persona offesa (così la tesi che richiede che la persona offesa abbia percepito la pluralità di persone per ritenere integrata l'aggravante anche nell'ipotesi in cui dette persone siano oggettivamente compresenti), sia tesi che allargano, in modo ingiustificato, l'ambito di applicazione dell'aggravante anche a fatti in cui detta compresenza non sia effettiva.

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