Il procedimento locatizio che inizia con l’intimazione di sfratto e termina con sentenza è unitario

Roberta Nardone
21 Marzo 2024

La Suprema Corte chiarisce che il giudizio di sfratto anche in caso di conversione del rito in locatizio, per effetto dell'opposizione dell'intimato, è un giudizio unico che inizia con l'esercizio, da parte del locatore, di un'azione di condanna nella forma speciale della citazione per convalida e prosegue, con cognizione ordinaria ma con rito speciale, dinanzi al medesimo giudice competente per materia.

Massima

Il procedimento locatizio costituisce un giudizio unitario, sicché i compensi dovuti all'avvocato che abbia prestato la propria opera in relazione alle due articolazioni del procedimento (sommaria e a cognizione piena) vanno liquidati in base alle specifiche attività effettivamente espletate dal professionista in ciascuna di esse, evitando la duplicazione della liquidazione di attività svolte nell'ambito di un procedimento sostanzialmente unitario.

Il caso

Un avvocato aveva agito con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. per conseguire la condanna del proprio cliente al pagamento del compenso relativo all'attività giudiziale svolta in favore del predetto in funzione e per la redazione di una intimazione di sfratto per morosità e, poi, all'esito della fase sommaria, nella successiva fase a cognizione piena conclusasi con sentenza. Il Tribunale di Torre Annunziata accoglieva la domanda del legale condannando la società convenuta al pagamento delle spettanze professionali relative al giudizio locatizio distinte per la fase sommaria della causa di sfratto e per la fase a cognizione piena.

La società proponeva ricorso per cassazione avverso l'ordinanza lamentando la duplicazione dei compensi liquidati al professionista quale conseguenza dell'applicazione ad opera del Tribunale sia della tabella n.5 allegata al D.M. n. 55 del 2014 (per la fase sommaria), sia della tabella n.2 (per la fase a cognizione piena)  laddove,  a parere della società ricorrente doveva essere applicata solo la seconda (tabella n.5)  specificamente prevista dal decreto ministeriale per i procedimenti di convalida di sfratto e già comprensiva delle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e/o di trattazione e decisoria, senza alcuna distinzione tra fasi sommaria e di merito. In subordine deduceva una duplicazione di compensi che aveva interessato quantomeno le fasi di studio e introduttiva, necessariamente uniche e, ciononostante, liquidate distintamente sia per la fase sommaria sia per la fase a cognizione piena.

La Cassazione accoglie tale motivo di gravame enunciando il principio di cui alla massima sopra riportata.

La questione

La Cassazione, nella sentenza in commento affronta la questione, sulla quale non si rinvengono precedenti specifici, in ordine alle modalità di liquidazione dei compensi legali nei procedimenti di sfratto e, più precisamente, per quelli nei quali alla fase sommaria sia seguito, per l'opposizione dell'intimato, il giudizio c.d. locatizio a cognizione piena.

Le soluzioni giuridiche

La natura e il rapporto tra le due fasi che compongono il procedimento di sfratto, quella c.d. sommaria e quella solo eventuale che scaturisce dalla  opposizione dell'intimato e che, attraverso lo snodo sintetizzato negli artt. 426 e 667 c.p.c. sfocia nel rito c.d. locatizio per essere definito, una volta che le parti abbiano provveduto «all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria» (art. 426 c.p.c.), con sentenza  (artt. 429 e 430 c.p.c.) hanno formato oggetto negli ultimi anni di una serie di pronunce, incentrate per lo più ad indagare i limiti dello ius variandi consentito alle parti  dopo la fase sommaria, e che probabilmente hanno offerto il destro per alimentare interpretazioni non condivisibili, di cui l'ultima oggetto di riforma della S. C. con la sentenza in commento.

Invero,  ripetutamente negli ultimi anni  la Suprema Corte ha affermato: «Nel procedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato ai sensi dell'art. 665 del c.p.c. determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rito ordinario» (vedi Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2023, n. 12131; Cass. civ., sez. III, ord., 23 giugno 2021, n. 17955; Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2023, n.14779 e Cass. civ., sez. III, ord., 23 giugno 2021, n. 17955, Cass. civ., sez. III, sent., 29 settembre 2006, n. 21242Cass. civ., sez. III, sent., 5 marzo 2009, n. 5356Cass. civ., sez. III, sent., 28 giugno 2010, n. 15399; per il merito cfr. App. Genova, sez. I, 9 gennaio 2019, n. 1921; App. Milano, sez. III, 19 luglio 2019, n. 2252; Trib. Bologna, 29 ottobre 2019, n. 2301; Trib. Torino, sez. VIII, 15 gennaio 2019, n. 171; Trib. Ivrea, sez. I, 14 dicembre 2018; Trib. Torino, sez. VIII, 15 gennaio 2019, n. 171; Trib. Bolzano, n. 334/2018.).

Il principio richiamato anche in numerose sentenze di merito - vedi da ultimo App. Brescia, sez. III, 19 luglio 2023, n.1130 per cui l'opposizione dell'intimato determina l'instaurazione di un nuovo e autonomo giudizio ordinario   in termini pressoché analoghi a quanto si legge in Cassazione civile , sez. III , 28 febbraio 2023 , n. 5955 - appare funzionale a garantire la possibilità per le parti di introdurre domande nuove nelle memorie integrative secondo i principi affermati  dalle Sezioni Unite nella sentenza n.12310 del 15 giugno 2015 in relazione alla facoltà di parte attrice di modificare la domanda «ab origine» proposta, purché quella nuova risulti «connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio» e non abbia «determinato la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali».

Tuttavia, la ricostruzione anche storica del procedimento di sfratto ne impone una interpretazione quale giudizio unitario, sebbene distinto in due fasi, che inizia con l'atto di intimazione e termina, in caso di opposizione dell'intimato, dopo una seconda fase solo eventuale, con sentenza: esattamente nel senso ora affermato a chiare lettere dalla Suprema Corte.

Osservazioni

L'evoluzione normativa avvalora la tesi del procedimento unitario

Nell'ordinamento previgente alla riforma effettuata con la l. n. 353/1990, la competenza per la fase sommaria di sfratto e per la emissione dei provvedimenti provvisori di rilascio era del Pretore o del Conciliatore. L'art. 667 c.p.c. sanciva infatti «per la pronuncia dei provvedimenti previsti nei due articoli precedenti è sempre competente il conciliatore o il pretore adito, davanti al quale il giudizio prosegue per la decisione del merito, se la causa è di sua competenza».

In caso di opposizione, per la successiva fase di merito la competenza si determinava in base al «valore e il secondo comma dell'art.667 c.p.c.» sanciva: «Se, anche in dipendenza delle eccezioni opposte dal convenuto, la causa eccede la competenza del conciliatore o del pretore adito, questi rimette le parti al giudice competente e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa».

In tale contesto quindi, non vi è dubbio che dopo la pronuncia dei provvedimenti provvisori (di rilascio) l'opposizione dell'intimato, ai sensi dell'art. 665 c.p.c, determinava la conclusione del procedimento di convalida, a carattere sommario, e l'instaurazione di un nuovo e autonomo processo con rito e cognizione ordinari da «riassumere» dinanzi al giudice competente.

Infatti, come detto, l'art. 667 c.p.c. (nella formulazione antecedente, appunto,  la modifica del 1990)  nel regolare i problemi di competenza che sorgevano dal coordinamento fra la procedura sommaria di sfratto, di competenza per materia del pretore, e il giudizio ordinario di cognizione scaturito dall'opposizione dell'intimato, prevedeva, dopo la pronuncia (o il diniego) dell'ordinanza non impugnabile di rilascio (art. 665 c.p.c.) ovvero dell'ordinanza di condanna al pagamento dei canoni non controversi (art. 666 c.p.c.) il giudizio proseguiva davanti al pretore, per la decisione di merito, soltanto se la causa era di sua competenza, dovendo il pretore, nel caso contrario, rimettere le parti innanzi al giudice competente per valore. In questo sistema l'opposizione segnava sì il nascere di un « novum judicium », in cui le parti potevano, quindi, esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni tra cui, per il locatore, porre a fondamento della pretesa di rilascio dell'immobile una « causa petendi » diversa da quella assunta nell'atto di intimazione (Cass. civ., 18 giugno 1993, n. 6806; Cass. civ., 13 gennaio 1981, n. 282), e persino introdurre una domanda nuova (Cass. civ., 5 luglio 1984, n. 3930; Cass. civ., 23 ottobre 1979, n. 5541).

La l. n. 353/1990 (art.3) – con la modifica dell'art. 8 del c.p.c. – ha attribuito al pretore la competenza per materia in ambito locatizio (art. 8, n. 3, c.p.c) a decorrere dal 30 aprile 1995. Successivamente la medesima competenza per materia sarà attribuita al tribunale dal d.lgs. n. 51/1998 (Istituzione del giudice unico) a decorrere dal 2 giugno 1999. In contemporanea viene introdotto, in dette cause, il rito speciale locatizio (art. 447-bis c.p.c.): avviene così il fondamentale mutamento del quadro procedimentale cui segue la modifica dell'art. 667 c.p.c. in cui non si prevede più la riassunzione del giudizio dinanzi ad altro giudice ma la «prosecuzione» del procedimento di sfratto dinanzi al medesimo giudice che si è occupato della fase sommaria.

Pertanto, per il combinato disposto degli artt. 667 e 426 c.p.c., una volta pronunciati (o naturalmente denegati) dal pretore (prima) e dal Tribunale (dal 1998 in poi) i provvedimenti previsti dagli artt. 665 e 666 c.p.c., sopra menzionati, il giudizio «prosegue nelle forme del rito speciale", previa ordinanza di mutamente del rito, con la quale ultima le parti sono facultizzate all'integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. Ciò significa che l'opposizione dell'intimato non coincide più (dal 1990 quindi)  con l'instaurazione di un nuovo e autonomo giudizio di cognizione, ma produce soltanto un mutamento nella struttura del procedimento, che,  non ponendosi più questioni di competenza per valore, continua a svolgersi davanti al medesimo giudice, in una nuova fase, quella di merito (che si concluderà con la pronuncia di accoglimento o rigetto della domanda di condanna del conduttore al rilascio dell'immobile locato).

Quindi, come chiarisce la lettera della legge (art. 667 c.p.c.)  quell'unico procedimento, iniziato con l'esercizio, da parte del locatore, di un'azione di condanna nella forma speciale della citazione per convalida "prosegue", con cognizione ordinaria ma con rito speciale, dinanzi al medesimo giudice competente per materia.

La struttura del procedimento è unitaria, la seconda fase, di merito è solo eventuale in caso di opposizione dell'intimato (sulla evoluzione storica cfr. Cass. civ., 27 maggio 2003, n. 8411; e Trib. Roma, sez.VI, sent., 30 settembre 2010, n.20529 giudice Sterlicchio; Trib. Foggia, 22 aprile 2002 e Cass. civ., 27 maggio 2003, n. 8411 e per le più recenti cfr. Trib. Roma, sez.VI 19 febbraio 2024 n.3377, Nardone e Trib. Roma, sez.VI, 28 maggio 2018, n. 5706).

Le conseguenze in termini di compensi forensi

Si legge nella pronuncia in commento che il giudice di merito aveva liquidato il compenso spettante all'avvocato per l'attività prestata nella causa locatizia considerando le relative fasi, sommaria e a cognizione piena, come due procedimenti del tutto separati e distinti tra di loro, caratterizzati da autonome vicende introduttive e definitorie, con conseguente pedissequa applicazione di tutte le voci di entrambe le tabelle allegate al decreto ministeriale n. 55 del 2014, previste l'una per il procedimento sommario di convalida di sfratto (Tab. 5) , l'altra per il giudizio a cognizione piena (Tab.2), oltre anche a quella stragiudiziale per la mediazione. L'automatica duplicazione delle voci della tariffa forense e la conseguente liquidazione che ne consegue viene censurata dalla Suprema Corte che precisa: «le due fasi di cui si compone il procedimento per convalida di sfratto, l'una sommaria, l'altra (eventuale) a cognizione piena, alla quale si fa luogo in caso di opposizione dell'intimato, costituiscono articolazioni di una struttura procedimentale essenzialmente unitaria: tanto si desume dal testuale tenore dell'art. 667 del c.p.c., secondo cui, a seguito dell'opposizione dell'intimato, il giudice, assunti i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 del c.p.c., dispone il mutamento del rito ai sensi dell'articolo 426 del c.p.c. e il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale. È dunque il medesimo procedimento introdotto dal locatore con la citazione per la convalida di sfratto che, una volta chiusa la parentesi sommaria, continua a svolgersi nella fase a cognizione piena ed è destinato a concludersi con la pronuncia di accoglimento o di rigetto della domanda di condanna del conduttore al rilascio dell'immobile locato».

La Suprema Corte ne trae le dovute conseguenze in termini di compensi forensi con la seguente precisazione.

La disposizione dell'art. 4 disp. gen. Tariffe onorari avvocati e procuratori, pressoché rimasta invariata nelle tariffe che nel tempo si sono succedute sino al vigente Dm n. 55/2014 stabilisce, come precisato in Cass. civ., sez. II, sent., 13 ottobre 1999, n. 11514che all'atto della decisione definitiva, la liquidazione dell'onorario prevista dall'art. 91 c.p.c. deve essere fatta in relazione a tutte le prestazioni effettivamente occorse ogni volta che vi sia stata una decisione, anche se espressa con ordinanza collegiale o con sentenza non definitiva il che significa che in ipotesi, ad esempio, di ripetute remissioni della causa in decisione, il difensore è tenuto a rivedere le sue posizioni, rimeditando difese e conclusioni da sottoporre al giudice da cui la possibile duplicazione della voce tariffaria relativa alla redazione delle difese.

Pertanto nel caso all'esame della Suprema Corte nella decisione in commento il Tribunale avrebbe  dovuto considerare le peculiarità del caso specifico, valutando le specifiche attività effettivamente espletate dal professionista in ciascuna delle due articolazioni procedimentali, tenendo conto della duplicazione delle liquidazione di fasi in un giudizio unitario, che nel suo effettivo dipanarsi è stato introdotto con la notificazione della citazione per convalida di sfratto ed è stato definito, a seguito di mutamento del rito, con la sentenza di rigetto della domanda che, si badi bene, non significa escludere a priori  la possibilità che  una medesima attività venga liquidata anche due volte ove si sia reso necessario integrare o implementare le difese.

Procedimento unitario anche per il calcolo del Contributo Unificato in caso di mutamento del rito

La considerazione del procedimento di sfratto come procedimento unitario ci induce ad alcune considerazioni anche sul versante, più pratico ma di sicuro interesse per gli operatori del settore, del contributo unificato che andrà computato come un giudizio unico secondo le disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 13 e 14 del testo Unico sulle spese di giustizia (d.P.R. n. 115/2002).

La specificazione di cui sopra è sollecitata dal provvedimento, di segno completamente opposto, emesso in data 8 giugno 2023 dal Dipartimento per gli Affari di giustizia – ufficio I. Il Ministero nel rispondere a perplessità sollevate da alcuni uffici in merito alla debenza ed ammontare del contributo unificato relativo alla fase di merito a cognizione piena che segue il mutamento del rito, proprio sul presupposto che con il provvedimento che dispone il mutamento del rito, ex comb. disp. artt. 667 e 426 c.p.c., si instauri un autonomo processo di cognizione ordinaria, ha stabilito che in tal caso dovrà essere versato un nuovo contributo unificato, da calcolare per intero e senza dimezzamento, secondo i principi fissati dall'art. 14, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 115/2002, in base al momento in cui avviene la costituzione in giudizio delle parti, che si realizza, secondo quanto si legge nel citato provvedimento, con il deposito delle c.d. memorie integrative.

In sostanza secondo la Direzione, oltre al contributo dimezzato già versato all'atto della introduzione del procedimento sommario di sfratto, ai sensi del terzo comma dell'art. 13 d.P.R. n. 115/2002, nella successiva fase di merito deve essere corrisposto un autonomo contributo unificato, determinato in base al valore della domanda proposta, il quale, conseguentemente, viene ad essere aggiuntivo rispetto a quello già corrisposto nell'ambito della fase sommaria.

L'assunto da cui muove la nota ministeriale è, appunto, che con il provvedimento che dispone il mutamento del rito, ex comb. disp. artt. 667 e 426 c.p.c., si instaura un autonomo processo a cognizione ordinaria e, il presupposto per il pagamento del «nuovo» contributo sarebbe la costituzione in giudizio che si realizza con il deposito delle memorie integrative ex art. 426 c.p.c. sicché nessun contributo sarà dovuto se nessuna delle parti depositi la propria memoria con conseguente estinzione ex art. 309 c.p.c.

L'orientamento espresso dalla Direzione Generale è sconfessato dalla natura giuridica unica del procedimento di sfratto quale si è storicamente delineato e comprovato dalla attuale formulazione letterale dell'art. 667 c.p.c. (per cui il giudizio «prosegue» nelle forme del rito locatizio) cui potrebbe solo aggiungersi la circostanza per cui le memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c. non sono atti introduttivi di un nuovo giudizio ma, appunto, mere memorie al punto che, se anche non fossero depositate il giudizio sarebbe comunque retto dall'atto di intimazione originario con le conclusioni in esso rassegnate e dalla eventuale comparsa di costituzione depositata dall'intimato nella fase sommaria ovvero nel giudizio di merito.

La combinazione di atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c.  chiarisce il senso e la portata della formulazione dell'art. 667 c.p.c. : da ciò l'erroneità del presupposto da cui prende le mosse la nota ministeriale sopra richiamata  e la non assoggettabilità della fase di merito del giudizio in oggetto ad una autonoma tassazione mediante applicazione di un nuovo contributo unificato ove, soprattutto, non sia via un ampliamento delle domande: pena la violazione del principio di stretta legalità in materia di imposte e tasse atteso che, come chiarito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 9840 del 5 maggio 2011 il contributo unificato ha natura tributaria.

Ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. n. 115/2002, comma 3 «per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I, del codice di procedura civile, compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento e per le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis. Ai fini del contributo dovuto, il valore dei processi di sfratto per morosità si determina in base all'importo dei canoni non corrisposti alla data di notifica dell'atto di citazione per la convalida e quello dei processi di finita locazione si determina in base all'ammontare del canone per ogni anno».

In base alla norma, pertanto, i procedimenti speciali previsti dal libro IV, titolo I, del codice di procedura scontano un contributo ridotto alla metà e, in assenza di una espressa previsione che sancisca anche per la prosecuzione del giudizio nella fase di merito l'obbligo del versamento di un ulteriore contributo dimezzato, come nel caso della opposizione a decreto ingiuntivo, quanto corrisposto in sede di iscrizione a ruolo rimane, per parte attrice, l'unico tributo legalmente esigibile salvo quanto previsto dall'art.14 «ove intervenga  la modifica  delle domande iniziali, chiamata del terzo e intervento autonomo del terzo».

Riferimenti

Anselmi Blaas, Il procedimento per convalida di licenza o di sfratto, Milano, II° ed., 1966;

Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001;

Giordano R., Procedimento per convalida di sfratto, Bologna, 2015;

Nardone, La convalida dello sfratto, Milano, 2022;

Di Marzio, Il procedimento per convalida di licenza e sfratto, Milano, 1998;

Lazzaro - Preden - Varrone, Il procedimento per convalida di sfratto, Milano, 1978.

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