La riforma della riscossione e le esigenze del sistema tributario

22 Marzo 2024

Il sistema di riscossione dei tributi si avvale di procedure informatiche e strumenti che, come la compensazione e la dilazione dei pagamenti, hanno progressivamente facilitato l'adempimento spontaneo delle obbligazioni tributarie. Diffuse criticità si rinvengono, invece, sul versante della riscossione coattiva, stante la difficoltà di riscuotere le somme affidate all'agente della riscossione in esito all'attività di controllo degli enti creditori.  

Premessa

Non si pensi tuttavia che oggetto di riscossione coattiva siano soltanto i carichi accertati autonomamente dall'amministrazione finanziaria. Al contrario, parte prevalente delle quote affidate all'agente della riscossione è costituita da tributi dichiarati e non versati e, in particolare, dall'IVA che gli operatori economici omettono di riversare all'erario, non solo quando siano compulsati da oggettive difficoltà economiche ma anche sulla base di calcoli di convenienza influenzati dall'aspettativa di poter dilazionare a lungo termine, ridurre o estinguere anche parzialmente il proprio debito.

Il ricorrente reset dei rapporti con i contribuenti e la stasi delle ordinarie attività di riscossione hanno inciso radicalmente e in forma stabile sulla funzione dell'agente della riscossione, sempre più impegnato nella complessa ed assorbente gestione di piani di rateazione e definizioni varie, e assai meno nelle ordinarie attività di riscossione coattiva. Ormai da più anni gli interventi normativi in materia di riscossione sono ispirati dalla dichiarata volontà di soccorrere i contribuenti alle prese con difficoltà economiche pressoché permanenti.

Da qui il ricorso a rateazioni prolungate e rinnovate, rottamazioni varie e preclusioni operative che hanno plasmato un sistema pressoché ingestibile, votato più all'attuazione di indiscriminate politiche sociali che alla riscossione dei tributi. Le misure perdonistiche che un tempo venivano calibrate sugli imponibili ora interessano quasi esclusivamente la riscossione, sotto forma di dilazioni, stralci e definizioni. Si pensi che, a decorrere dal 2016, per effetto, oltre che dell'emergenza pandemica, di ben quattro rottamazioni, la prima delle quali disposta con legge n. 193 del 2016, le procedure esecutive sono rimaste sospese pressoché ininterrottamente e che gran parte delle entrate realizzate dall'amministrazione finanziaria con i piani annuali di recupero sono frutto di definizioni agevolate dei ruoli in carico all'agente della riscossione. La sagra delle anomalie continua con il blocco della riscossione che consegue ad ogni “accenno” di pagamento: è sufficiente versare solo la prima delle rate comprese in un piano di rottamazione o dilazione per ottenere, senza garanzie, la sospensione di un pignoramento o di un fermo amministrativo per il tempo necessario alla riproposizione di una nuova istanza. Questo fenomeno perdura da almeno dieci anni, mentre nel frattempo la mole di insoluti, la stessa che le misure agevolative straordinarie avrebbero dovuto ridurre, è lievitata da 1.000 a 1.200 miliardi di euro circa. Si aggiunga che il sistema delle sospensioni consente di ottenere il Durc senza provvedere al pagamento integrale delle pendenze (è sufficiente pagare la prima rata), con effetti che si ripercuotono negativamente sulla concorrenza e sulla sicurezza nel lavoro, a beneficio di imprese che, specie nel settore degli appalti pubblici, non dovrebbero stare sul mercato.

Come rilevato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza del 17 ottobre 2023, n. 190, la crisi della riscossione, certificata dagli oltre 1.200 miliardi di crediti in sofferenza, induce i contribuenti ad approfittare della “grave vulnerabilità ed inefficienza” del sistema. Da qui il “pressante auspicio” formulato dalla Consulta di evitare “il danno di gravi falle nell'adempimento tributario, preordinato al finanziamento del Sistema dei diritti costituzionali, i quali richiedono ingenti quantità di risorse per divenire effettivi' (sentenza n. 288 del 2019)”, a voler ricordare che scopo del prelievo non è il perseguimento di obiettivi di politica sociale bensì il reperimento delle risorse necessarie per finanziare la spesa pubblica.

Sarà mai possibile incrementare le entrate da riscossione senza condizionare l'efficacia dei piani di controllo? Su questo interrogativo si gioca la credibilità del sistema fiscale e l'efficacia dei progetti di riforma che intendano contrastare l'evasione fiscale, di cui l'evasione da riscossione è l'aspetto più inquietante e meno esplorato.

Dopo i decreti centrati sulla struttura dei tributi e la tutela dei diritti dei contribuenti, si attendeva risposta all'esigenza di potenziamento e razionalizzazione delle strutture amministrative preposte all'applicazione delle norme e, in particolare, una presa di posizione netta sui motivi che sterilizzano gli effetti di gran parte degli accertamenti effettuati sia dai contribuenti in dichiarazione che dall'amministrazione in sede di controllo, portando la mole di crediti inesigibili a superare la soglia iperbolica dei 1.200 miliardi di euro.

Lo schema di decreto approvato in prima istanza dal Consiglio dei Ministri l'11 marzo 2024, attualmente all'esame del Parlamento, affronta sulla base dei principi e criteri delineati nella legge delega n. 111 del 2023 il tema della riscossione, partendo dal presupposto, bene evidenziato nella relazione illustrativa della predetta legge, che l'attuale disciplina del servizio di riscossione si presenta estremamente farraginosa e inidonea a consentire un efficace svolgimento delle attività di recupero coattivo dei crediti pubblici. L'obiettivo di incrementare “efficacia, imparzialità ed efficienza” del sistema della riscossione viene perseguito mediante disposizioni centrate esclusivamente sulla pianificazione delle attività, il discarico delle quote, i controlli, le rateazioni e l'estensione dell'accertamento esecutivo. La bozza di decreto non si occupa degli aspetti organizzativi né della revisione dei procedimenti cautelari ed esecutivi.

Governance e organizzazione dell'agente della riscossione

Nella versione attualmente all'esame del Parlamento, il decreto di riforma della riscossione non ha recepito la delega a “individuare un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall'agente nazionale della riscossione, o di parte delle stesse, all'Agenzia delle entrate” (art. 18, comma 1, lett. f) della legge-delega n. 111 del 2023) che, negli intendimenti del Parlamento, dovrebbe contribuire al definitivo superamento dell'attuale “contesto di alterità tra la pubblica amministrazione e i soggetti privati incaricati dell'attività di riscossione coattiva, cui l'attuale disciplina della riscossione coattiva rimane fondamentalmente ispirata”.

Sul piano organizzativo le funzioni relative alla riscossione nazionale dal 2017 sono svolte da Agenzia delle entrate-Riscossione (Ader), ente pubblico economico istituito dall'articolo 1 del d. l. 22 ottobre 2016, n. 193, n. 225. Ader è subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del gruppo Equitalia, sciolte a decorrere dal 1° luglio 2017. Di recente, con art. 1, commi 14-23, della legge n. 234 del 2021, le competenze in materia di indirizzo operativo e controllo dell'Agenzia entrate-riscossione (che svolge l'attività) sono state attribuite all'Agenzia delle entrate (titolare della funzione) ma la prospettiva di fondere le due Agenzie è di là da venire.

La collocazione istituzionale dell'agente della riscossione andrebbe riconsiderata in una logica di riorganizzazione complessiva della riscossione pubblica che preveda il superamento dell'attuale assetto duale e l'internalizzazione dell'attività in Agenzia delle entrate (Ade). In quel contesto la struttura di riscossione assumerebbe la veste di divisione di Ade, come avviene in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, mentre l'Agenzia delle entrate assumerebbe direttamente le responsabilità gestionali, senza il coinvolgimento degli enti locali e delle altre istituzioni pubbliche che potrebbero, comunque, accedere ai servizi di riscossione coattiva su base convenzionale.

Superfluo aggiungere che l'internalizzazione della funzione di riscossione, per effetto della unificazione delle procedure di gestione afferenti alle rateazioni, al dialogo con i contribuenti, al contenzioso e ai controlli, avrebbe il pregio di affrontare e risolvere alla radice gran parte delle criticità che affliggono l'attuale sistema. Contribuirebbe ad affermare, tra l'altro, il principio di unitarietà dell'azione di contrasto dell'evasione, che non può fermarsi alle constatazioni (PVC) né alla contestazione degli addebiti (avviso di accertamento) ma deve tener conto degli esiti del contenzioso e dell'effettivo incameramento dell'imposta evasa. L'efficacia dei controlli è strettamente dipendente, infatti, dalla legittimità degli atti di recupero (misurata dagli esiti del contenzioso) e dall'efficacia dell'attività di riscossione delle somme chieste in pagamento. La fase della riscossione interviene a saldare l'intero procedimento di controllo ed esprime in massimo grado l'efficacia dell'azione di contrasto dell'evasione.

La gestione del contenzioso

Il decreto di riforma non affronta il tema del contenzioso riguardante gli atti della riscossione, le cui criticità e complessità originano da numerosi fattori che possono riassumersi come di seguito:

  1. sovrapposizione delle questioni sollevate in giudizio. Con intenti spesso strumentali, i ricorrenti, adeguandosi all'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, usano sollevare contestualmente questioni afferenti sia all'attività dell'agente sia a quella dell'ente creditore, con conseguente difficoltà di istituire canali di comunicazione tra i due soggetti, ad evidenza superflui nell'auspicata ipotesi di internalizzazione;
  2. numerosità delle controversie, alimentata dalle varie disposizioni in vigore che obbligano Ader a notificare, oltre alla cartella di pagamento, numerosi atti procedimentali successivi, quali l'avviso di intimazione, la comunicazione preventiva di fermo amministrativo, la comunicazione preventiva di ipoteca, ecc., tutti suscettibili di impugnazione in giudizio;
  1. difficoltà di coordinamento con l'ente impositore nella definizione delle strategie difensive e nell'adempimento degli atti processuali, da ultimo acuite dall'art. 1, comma 1, lettera d), del D.lgs. n. 220/2023, che ha aggiunto all'art. 14 del D.lgs. n. 546/1992, il comma 6 bis, secondo cui “in caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l'atto impugnato, il ricorso è sempre proposto nei confronti di entrambi i soggetti”. La novità vale a stabilire che tra ente impositore e agente della riscossione sussiste un “litisconsorzio necessario”, con la conseguenza che nei numerosi casi in cui si assume che la cartella di pagamento impugnata in giudizio non sia stata preceduta dalla notificazione dell'avviso di accertamento, l'ente creditore deve necessariamente partecipare al giudizio, pena l'invalidità della sentenza altrimenti emessa. Essa si muove in direzione antitetica alla semplificazione degli adempimenti processuali, oltre che all'orientamento consolidato della Corte di cassazione che, in applicazione dell'art. 39 del D. Lgs. n. 112 del 1999 tuttora vigente, ha fin qui ritenuto meramente eventuale la presenza in giudizio di entrambi i soggetti (litisconsorzio facoltativo), ammettendo peraltro che il contribuente “possa agire in giudizio indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario” (Cass. SS.UU. n. 16412 del 25/07/2007);
  2. affidamento della difesa a professionisti del libero foro con accentuate difficoltà operative e di coordinamento, ancorché le questioni dibattute in giudizio, il più delle volte relative alla notificazione degli atti, siano elementari e tali da poter essere trattate dagli stessi funzionari che di fatto predispongono l'istruttoria, fornendo gli elementi di difesa al professionista esterno.

Pianificazione e discarico convenzionale

L'art. 1 del decreto prevede che l'Ader “svolge attività di riscossione … secondo procedure, effettuabili anche con logiche di raggruppamento dei crediti per codice fiscale, pianificate annualmente con la convenzione stipulata tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate.”

Costituiscono oggetto di pianificazione tutti i carichi affidati all'agente della riscossione, sia prima che dopo il 31 dicembre 2024.

Come si legge nella relazione illustrativa della legge delega n. 111 del 2023, la pianificazione è motivata dal carattere massivo dell'attività fin qui attribuita all'agente della riscossione che rende il sistema “eccessivamente macchinoso, in quanto impone lo svolgimento di attività di recupero pressoché indistinte per tutti i crediti iscritti a ruolo”. La pianificazione delle attività si sostanzia nello “svolgimento mirato e selettivo dell'azione di riscossione”, da programmare in funzione della “capacità operativa dell'agente della riscossione e dell'economicità della stessa azione”, ossia nell'introduzione di criteri selettivi volti a circoscrivere l'attività di riscossione ad una quota parte, determinata anno per anno, dei carichi affidati dagli enti creditori.

Non vi è dubbio che, in conformità agli intendimenti del legislatore della riforma, la novità della pianificazione contribuisca a “semplificare” il sistema nazionale della riscossione ed a superare le criticità degli attuali “meccanismi di discarico per inesigibilità” di cui all'articolo 19 del d.lgs. n. 112 del 1999, fin qui mai attuati in considerazione proprio del carattere massivo delle attività e della conseguente difficoltà di indirizzare i controlli nei confronti della generalità dei carichi affidati.

È lecito dubitare, tuttavia, che detta soluzione possa nello stesso tempo risultare conforme al “principio di efficacia” dell'attività di riscossione auspicato nella medesima relazione illustrativa, dal momento che prefigura nella sostanza una rinuncia aprioristica a riscuotere parte dei carichi affidati. Invero, essa rischia di alterare il sistema di gestione dei tributi fondato sull'adempimento spontaneo e sull'effetto di deterrenza diffusa dell'azione di controllo, nel quale la riscossione coattiva delle somme ancora dovute costituisce complemento imprescindibile.

È noto, infatti, che la propensione all'autotassazione è alimentata dall'efficacia deterrente dei controlli e che rinunciare anche parzialmente al recupero delle maggiori imposte liquidate in esito all'azione accertativa ovvero ai controlli automatizzati e formali, in considerazione della difficoltà di gestione dei carichi, significa svalutare a monte l'efficacia dei controlli. Il criterio selettivo che guida i controlli sostanziali e formali, giustificato dalla numerosità dei contribuenti, non può estendersi anche alla riscossione coattiva, al punto da assoggettare alle procedure esecutive solo una parte dei contribuenti morosi, senza svalutare le politiche di controllo ed alterare il funzionamento del sistema fiscale.

Le obiettive difficoltà operative denunciate nella menzionata relazione andrebbero diversamente superate, muovendo in direzione, oltre che del potenziamento in termini di quantità e qualità delle risorse umane e tecnologiche delle competenti strutture, della preventiva pianificazione della capacità operative anziché delle attività di riscossione. L'entità dei carichi da gestire non può variare in assenza di qualsiasi programmazione, al punto di consentire alla generalità degli enti pubblici creditori, diversi dalle agenzie fiscali, la possibilità di affidare i propri ruoli all'agente senza alcun limite. Andrebbe dunque messo in discussione l'obbligo di accettare acriticamente i carichi degli enti pubblici in assenza di una preventiva valutazione della possibilità di portarli sistematicamente ad esecuzione.

A salvaguardia dell'autonomia degli enti richiedenti e a tutela delle responsabilità dell'agente, andrebbero quindi definiti preventivamente, sulla base di apposite convenzioni, i rapporti con i medesimi enti e, in particolare, con gli enti locali che intendano avvalersi dei servizi dell'agente, attraverso una puntuale individuazione e rendicontazione delle obbligazioni e degli obblighi reciproci.

Discarico automatico

La bozza di decreto prevede che le quote affidate all'Ader a decorrere dal 1° gennaio 2025 che non siano riscosse entro il 31 dicembre del quinto anno successive a quello di affidamento “sono automaticamente discaricate” (art. 3, comma 1).

Sono secluse dal discarico automatico le quote per le quali siano in corso procedure esecutive o concorsuali, accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali o previdenziali, ovvero le quote interessate da dilazioni di pagamento (art. 4).

Viene fatta salva la possibilità di discaricare le quote anticipatamente, prima cioè della scadenza del quinquennio, in assenza di cespiti utilmente aggredibili o a seguito di fallimento o liquidazione giudiziale (art. 3. comma 2).

L'ente creditore, a sua volta, potrà decidere di gestire direttamente la riscossione dei carichi che siano stati discaricati allo spirare del quinto anno oppure di affidarli ai concessionari privati iscritti all'albo di cui all'art. 53 del D.lgs. n. 446/1997; in alternativa, potrà riaffidare il carico per altri due anni allo stesso agente nazionale della riscossione, mediante adesione alle condizioni di servizio pubblicate da Ader nel proprio sito istituzionale (art. 5, comma 1 e 4).

L'opzione per il riaffidamento all'Ader è esercitabile non in tutti i casi in cui la ripresa della riscossione possa sembrare proficua, ma solo a seguito dell'affidamento di nuovi carichi relativi allo stesso soggetto oppure quando l'ente creditore ha modo di segnalare che il soggetto iscritto a ruolo abbia diritto a un rimborso di imposta (art. 28-ter del d.P.R. n. 602/1973) ovvero abbia proposto la cessione di beni culturali in pagamento delle somme dovute (art. 48-bis del citato d.P.R.) (art. 5, comma 2).

Nel solo caso in cui le quote siano state restituite all'ente creditore in anticipo (ossia prima del decorso dei cinque anni) per insussistenza di beni aggredibili o a seguito di chiusura del fallimento o della liquidazione giudiziale (art. 3, comma 2), le quote possono essere riaffidate, fino al 31 dicembre del quinto anno “successivo a quello dell'affidamento”, qualora l'ente creditore abbia conoscenza di “nuovi, circostanziati e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore” (art. 5, comma 5).

Con esclusione dei casi in cui siano in corso procedure esecutive o pagamenti derivanti da accordi di ristrutturazione, piani di dilazione o definizioni agevolate (art. 5, comma 3, lett. b), le somme riaffidate e non riscosse nel biennio successivo, sono definitivamente discaricate (art. 5, comma 3, lett. c).

La possibilità riconosciuta all'ente creditore, cui dopo cinque anni siano stati restituiti i carichi non lavorati, di attivarsi autonomamente entro i termini di prescrizione per il recupero dei propri crediti, sembra accreditarsi come soluzione di chiusura formale del sistema di gestione dei crediti pubblici più che come rimedio concreto alla inefficienza dell'agente nazionale della riscossione.

Assieme alla metodologia di gestione dei carichi basata su criteri selettivi, il discarico automatico delle quote non riscosse dopo il decorso di cinque anni dalla loro presa in carico viene proposto come adempimento caratterizzante del progetto di revisione del modello organizzativo e procedimentale finora adottato per la riscossione coattiva dei crediti pubblici. Esso comporta il discarico automatico di una parte delle quote comprese nei piani di lavoro definiti annualmente e, unitamente alla pianificazione convenzionale di cui all'art. 1, contribuisce a limitare ulteriormente le attività di competenza dell'agente della riscossione, con conseguenti ripercussioni sulla efficacia dei controlli. L'effetto di deterrenza prodotto dall'azione di controllo si stempera ulteriormente allo spirare del quinto anno dalla consegna del carico all'agente, laddove questi restituisca i carichi affidati senza aver avviato azioni esecutive.

Il nuovo sistema dei controlli e delle responsabilità

Lo schema di decreto all'esame del Parlamento istituisce un nuovo sistema di controlli e di enucleazione delle responsabilità connesse con la gestione dei carichi (art. 6), come di seguito strutturato:

  • il Ministero dell'economia e delle finanze, anche avvalendosi dell'Agenzia delle entrate, verifica la conformità dell'azione di recupero a quanto previsto nella pianificazione annuale di cui all'art. 1 (art. 6, comma 1);
  • i controlli di competenza degli enti creditori sono indirizzati su determinate quote oggetto di discarico, individuate sulla base di criteri stabiliti con apposito provvedimento dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, fermo restando che, per i crediti erariali, i controlli potranno interessare un'aliquota di quote discaricate compresa tra il due e il sei per cento e, per i restanti crediti, un'aliquota non superiore al cinque per cento (art. 6, comma 3):
  • i controlli degli enti creditori sono diversificati in relazione alla data di affidamento dei carichi:

- per le quote affidate a decorrere dal 1° gennaio 2025 i controlli verteranno (i) sul “tempestivo tentativo di notificazione [non anche sulla ritualità della notificazione] della cartella di pagamento […] non oltre il nono mese successivo a quello di affidamento del carico”, (ii) sul tentativo di notificazione degli atti interruttivi della prescrizione e (iii) sulla trasmissione telematica all'ente creditore, con cadenza mensile, dei flussi informativi concernenti lo stato di avanzamento delle procedure di gestione dei crediti (art. 6, comma 2, lett. a);

- per le quote affidate fino al 31 dicembre 2024 i controlli riguarderanno, limitatamente agli adempimenti posti in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, il tentativo di notificazione di atti interruttivi della prescrizione e la trasmissione telematica dei flussi di lavorazione (con esclusione della tempestività della notificazione della cartella) (art. 6, comma 2, lett. b);

- le medesime quote affidate fino al 31 dicembre 2024 sono sottratte al nuovo sistema dei controlli e delle responsabilità, limitatamente alle attività di gestione dei carichi poste in essere fino alla data di entrata in vigore del decreto: per esse continuano ad applicarsi le disposizioni in tema di comunicazioni di inesigibilità e discarico amministrativo di cui agli articoli 19 e 20 del d. lgs. n. 112 del 1999 e, “fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativa e contabile” ai sensi dell'art. 1, comma 529, della legge n. 228 del 2012 (art. 6, comma 2, lett. b, secondo periodo);

  • il procedimento di controllo inizia con la notificazione di apposita comunicazione all'agente della riscossione da parte dell'ente creditore (senza specificazione del termine finale), con facoltà di chiedere, entro 120 giorni, latrasmissione” degli atti relativi alle quote da sottoporre a controllo, “il cui esame è effettuato presso l'Agenzia delle entrate-riscossione” (art. 6, comma 4). In ogni caso l'ente potrà richiedere “entro un termine non inferiore a dodici mesi” la trasmissione dei flussi informative mensili, eventualmente omessi, di cui all'art. 2, comma 1, lett. d) (art. 6, comma 5);                                          
  • qualora in esito ai controlli effettuati secondo il nuovo sistema sia riscontrata la decadenza dal termine di notifica della cartella ovvero la prescrizione del credito oppure, per i  carichi affidati fino al 31.12.2024 e limitatamente agli adempimenti posti in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, la sola prescrizione del credito, l'ente notifica, a pena di decadenza, all'agente della riscossione apposito atto di contestazione motivato a pena di nullità (art. 6, comma 7), entro 180 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento oppure entro 120 giorni dalla richiesta di trasmissione degli atti (art. 6, comma 6);
  • entro 90 giorni dalla notifica dell'atto di contestazione l'agente può produrre osservazioni (art. 6, comma 7);  
  • avverso l'eventuale provvedimento di rigetto delle proprie osservazioni, l'agente della riscossione, entro 90 giorni dalla notifica del già menzionato provvedimento (in questo caso, la norma non ripropone la “pena di decadenza”), potrà proporre ricorso avanti la Corte dei conti; in alternativa, entro lo stesso termine potrà definire la controversia mediante pagamento di una somma pari a un ottavo dell'importo del carico affidato. Decorsi novanta giorni dalla notifica del menzionato provvedimento, l'agente della riscossione che non abbia presentato ricorso giurisdizionale né abbia optato per la definizione agevolata è tenuto al pagamento di una somma pari a un terzo dell'importo del carico affidato (art. 6, comma 9);
  • a differenza delle richiamate disposizioni in tema di controlli e contestazione degli addebiti che, con riferimento alle quote affidate fino al 31.12.2024, delineano trattamenti differenziati a seconda che i relativi adempimenti siano realizzati prima o dopo la data di entrata in vigore del decreto, la disciplina delle responsabilità contabili dettata all'art. 10 fa riferimento generico alle quote affidate fino al 31.12.2024 o a decorrere dal 01.01.2025, senza altre specificazioni. Dopo aver escluso detta responsabilità per la generalità delle quote, fatto salvo il caso di dolo, essa configura – con riferimento alla gestione delle quote affidate a decorrere dall'1.1.2025 – un profilo di responsabilità per colpa grave in ipotesi di decadenza dal termine di notificazione della cartella o di prescrizione del credito; con riferimento, invece, alle quote affidate fino al 31.12.2024, la responsabilità per colpa grave è configurabile solo a fronte della prescrizione del credito. Dalla complessa trama dell'art. 6 sembra emergere un difetto di coordinamento tra il disposto del comma 2, lett. b) (che non contempla la responsabilità per colpa grave con riguardo alle quote affidate fino al 31.12.2024 limitatamente agli adempimenti posti in essere prima della data di entrata in vigore del decreto) e quello del comma 10 (che, nei medesimi casi, sembra ammettere detta responsabilità). La previsione di responsabilità per colpa grave andrebbe meglio coordinata anche con il disposto del comma 6 che nei menzionati casi non contempla la contestazione degli addebiti.

Come si è detto, il nuovo sistema dei controlli e delle responsabilità non si applica alle quote affidate fino al 31.12.2024, limitatamente ai tentativi di riscossione effettuati fino alla data di entrata in vigore del decreto. In relazione ai medesimi tentativi, fatta salva l'ipotesi di dolo, non è chiaro – come appena osservato in sede di commento del comma 10 - se possa escludersi anche la responsabilità per colpa grave in caso di riscontrata prescrizione del credito.

Appare pacifica, invece, l'esclusione di ogni forma di controllo e responsabilità con riguardo ai carichi che siano stati esclusi dalla pianificazione di cui all'art. 1, per i quali finanche l'obbligo di notificazione della cartella non trova riscontro normativo.

Superfluo notare come il nuovo sistema dei controlli e delle responsabilità presenti aspetti di particolare complessità e farraginosità, avvalendosi di previsioni a volte non immediatamente comprensibili.

La gestione degli oltre 1.200 miliardi di insoluti

L'articolo 7 demanda ad un'apposita commissione ministeriale il compito di analizzare l'abnorme magazzino dei carichi pendenti, affidati dal 1° gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2024, al fine di proporre possibili soluzioni di discarico da attuare progressivamente per scaglioni di carichi.

Le proposte di discarico dovranno coordinarsi con le disposizioni in tema di comunicazioni di inesigibilità (art. 19 del d.lgs. n. 112/1999), il cui termine di presentazione all'ente creditore, sistematicamente prorogato, è tuttora pendente per la quasi totalità dei ruoli affidati a decorrere dal 1° gennaio 2000.

Concepito in un contesto caratterizzato dalla alterità del soggetto preposto alla riscossione, quale alternativa alla richiesta di rimborso correlato all'obbligo del “non riscosso per riscosso” assunto dagli esattori di un tempo, il sistema dei controlli innescati dalla presentazione delle comunicazioni di inesigibilità appare ormai anacronistico. Non ha più senso, in particolare, che le attività demandate dall'Agenzia delle entrate ad una propria ‘controllata', quale è l'Agenzia entrate- riscossione, vengano assoggettate a sistematici controlli successivi, peraltro rimasti sulla carta. L'auspicata internalizzazione in Ade delle attività di riscossione potrebbe risolvere de plano anche il problema dei controlli, da effettuare – in quel caso - secondo modalità analoghe a quelle adottate nei confronti delle proprie strutture interne.

In ogni caso, a fronte delle acclarate difficoltà di riscuotere i crediti pregressi, sembra inevitabile adottare misure straordinarie di tipo anche agevolativo, come auspicato tra l'altro dal FMI. Al riguardo, si potrebbe, da una parte, prevedere alla cancellazione dei carichi più risalenti nel tempo, fatta eccezione per quelli interessati da procedimenti pendenti a vario titolo, dall'altra, assoggettare i carichi più recenti ad una preventiva analisi di tipo selettivo della situazione patrimoniale dei contribuenti volta all'attivazione di ogni possibile azione esecutiva. Ciò non senza mettere mano contestualmente ad un'ampia riforma che comporti una profonda revisione del modello organizzativo e dei procedimenti finora adottati con scarsa efficacia per la riscossione coattiva dei crediti pubblici. Una riforma coerente con le esigenze sistematiche menzionate in premessa si pone, infatti, come condizione necessaria per rendere più convincente e credibile la gestione straordinaria dei crediti pregressi.

La dilazione dei pagamenti

Per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2025, l'art. 12 riscrive pressoché integralmente la disciplina della rateazione dei carichi gestiti da Ader, variabile in funzione sia dell'ammontare delle somme rateizzabili (superiore o meno a 120,000 euro) sia della necessità di documentare o semplicemente dichiarare lo stato di difficoltà economica.

Per somme di importo fino a 120.000 euro la rateazione (oggi ottenibile fino a un massimo di 72 rate) è concessa su semplice richiesta e dichiarazione del contribuente di trovarsi in una temporanea situazione di difficoltà obiettiva, fino a un massimo di:

  • 84 rate mensili per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026;
  • 96 rate mensili per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028;
  • 108 rate mensili per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

Per dilazionare a un massimo di 120 rate carichi di importo fino a 120.000 euro, il contribuente dovrà documentare lo stato di temporanea difficoltà economica, indipendentemente dalla data di presentazione della richiesta.

Per somme di importo superiore a 120.000 euro, la rateazione è ammessa fino a un massimo di 120 rate mensili, indipendentemente dalla data di presentazione della richiesta, a condizione che si documenti la situazione di temporanea difficoltà economica.

La valutazione della temporanea difficoltà economica varia in funzione della tipologia di contribuente:

  • per le persone fisiche e le ditte individuali in regime di contabilità semplificata, rileva l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) del nucleo familiare e l'entità del debito da rateizzare e di quello residuo oggetto di rateazione in Corso;
  • per i soggetti diversi dalle persone fisiche e per le ditte individuali in regime di contabilità ordinaria, si guarda all'indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare (aumentato di quello residuo eventualmente in rateazione) e valore della produzione.

Le modalità di applicazione dei già menzionati parametri saranno stabilite con apposito decreto ministeriale.

Il decreto ripropone nella sostanza le logiche gestionali della dilazione dei pagamenti alla base dell'attuale disciplina, sia pure ampliando il numero delle rate. Aumentano le chances di rinviare nel tempo i pagamenti a beneficio della generalità dei contribuenti. Di fatto la mera dichiarazione di versare in condizioni di difficoltà economica, in assenza di qualsivoglia documentazione o controllo, si inserisce in un procedimento automatico che estende il beneficio della rateazione, a regime fino a nove anni, anche a contribuenti che non versano in condizioni di difficoltà economica.

La gestione delle rateazioni, interessate ormai da anni da ripetute riaperture dei termini e proroghe delle decadenze, meriterebbe una specifica riflessione. Al riguardo va considerato che fisiologicamente la rateazione dovrebbe fare capo all'ente impositore, che gestisce l'attività di controllo e la riscossione delle somme correlate, anziché fare capo in misura del tutto prevalente all'agente della riscossione, del quale finisce per assorbire gran parte delle risorse umane distribuite sul territorio. Anche sotto questo aspetto, l'internalizzazione della riscossione nell'Agenzia delle entrate sarebbe in grado di offrire in automatico soluzioni più adeguate e meno dispendiose.

Per altri aspetti, il beneficio della rateazione andrebbe subordinato alla rinuncia al contenzioso e, in caso di decadenza, dovrebbe precludere la possibilità di nuove rateazioni per tutti i carichi intestati al medesimo contribuente. Inoltre, per le rateazioni di importo elevato si potrebbe prevedere, analogamente a quanto previsto oggi in tema di transazione fiscale, la presentazione dell'attestazione di un professionista indipendente finalizzata alla dimostrazione del requisito di temporanea difficoltà dell'impresa nonché della sua capacità di assolvere al pagamento del debito in forma rateale.

Estensione dell'accertamento esecutivo

Al potenziamento dell'attività di riscossione è preordinato il progressivo superamento dello strumento del ruolo e della cartella di pagamento, in tal modo riducendo i tempi per l'avvio delle azioni cautelari ed esecutive. Muovendo in questa direzione, al fine di anticipare l'incasso da parte dell'agente della riscossione delle somme dovute dal debitore alla stregua degli accertamenti in materia di imposte sui redditi e IVA, l'art. 13 estende la disciplina dell'accertamento esecutivo di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 maggio del 2010, n. 78, a specifiche categorie di atti impositivi (in particolare, avvisi e atti inerenti al recupero di contributi indebitamente percepiti, atti di irrogazione delle sanzioni, avvisi di rettifica e di liquidazione in materia di imposta di registro, di successione e di assicurazioni private, atti di accertamento in materia di tasse automobilistiche).

Le relative disposizioni di attuazione sono demandate ad un apposito decreto del Presidente della Repubblica, da emanare secondo la procedura di cui all'art. 17, comma 2, legge n. 400/1998, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

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