Nomina dell’organo amministrativo nelle società quotate e lista di candidati presentata dal c.d.a. uscente: profili interpretativi e operativi alla luce della Legge Capitali

25 Marzo 2024

Nello Speciale dedicato alla Legge Capitali (legge 5 marzo 2024, n. 21) vengono esaminate le principali novità contenute nella novella legislativa: in questo contributo, l'Autrice si dedica all'art. 12, rubricato "Lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate", che introduce il nuovo art. 147-ter.1 TUF.

Premessa

Il 12 marzo scorso è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 5 marzo 2024, n. 21 (in seguito, breviter, anche “Legge Capitali”), che inter alia introduce alcune disposizioni al Testo unico in materia di intermediazione finanziaria (breviter, “Tuf”), fra le quali l'articolo 147-ter.1, diretto a disciplinare l'ipotesi in cui, in sede di procedura di rinnovo dell'organo amministrativo di una società quotata - ove consentito da espressa previsione statutaria - il consiglio di amministrazione uscente presenti una propria lista di candidati.

Alla luce della novella legislativa, gli statuti degli emittenti interessati dovranno essere adeguati a tale dettato in modo tale da consentirne l'applicazione a decorrere dalla prima assemblea convocata successivamente al 1° gennaio 2025.

In tempi di rinnovo di cariche sociali, non nuoce quindi qualche nota riepilogativa della normativa applicabile fino ad oggi, nonché delle prospettive operative delle nuove disposizioni: fermo infatti il limite temporale indicato dal Parlamento, le assemblee degli emittenti che si svolgeranno a breve (o che si sono tenute di recente) ben costituiscono un banco di prova dei vari equilibri dai quali non si potrà prescindere per l'elaborazione delle clausole statutarie e per la pianificazione e implementazione delle future strategie di governance.

Prassi diffusa e modelli statutari: i limiti intrinseci

Come noto, la disciplina speciale dell'elezione del consiglio di amministrazione di società per azioni quotate in mercati regolamentati prevede l'obbligatorio ricorso ad un sistema di voto per liste, ai sensi degli artt. 147-ter e ss. Tuf.

Invero, la materia è governata da un complesso ed articolato combinato disposto sia di norme - di rango primario e regolamentari, via via revisionate e integrate nel corso degli anni -, sia di note interpretative Consob e raccomandazioni del Codice di Corporate Governance.

Nel silenzio dell'art. 147-ter Tuf, uno dei temi oggetto di ampio dibattito e richiami da parte dell'Autorità di Vigilanza è stato la facoltà da parte del consiglio di amministrazione, al termine del mandato, di predisporre una propria rosa di nominativi in vista del rinnovo.

Sul punto se, da un lato, è stata ritenuta ormai pacifica la legittimità di previsioni statutarie che contemplino tale evenienza (v. amplius nota Consob n. 1/22 del 21 gennaio 2022), dall'altro lato permangono alcuni profili controversi che, come si osserverà meglio infra, sono stati solo in parte composti dal recente intervento del legislatore.

          Tra le tematiche dibattute in passato vi è stata, ad esempio, l'opportunità (o meno) di prevedere quorum rafforzati per l'approvazione della lista da parte del consiglio: argomento sul quale la Legge Capitali ha dato un chiaro riscontro.

Ampia discussione è stata inoltre riservata alla disciplina degli effetti connessi all'ipotesi in cui, in sede di voto assembleare, la “lista del consiglio” venga sorpassata dalla lista “lunga” emanazione dei soci e all'interrogativo circa la sua qualificazione quale impropria “lista di minoranza”, benché la ratio della sua formazione sia opposta a quella che orienta gli investitori professionali.

È noto, infatti, che questi ultimi sono di norma vincolati a non contribuire alla determinazione della maggioranza dell'organo gestorio e a sottrarsi a qualsiasi censura in ordine alla eventuale sussistenza della fattispecie di concerto, avvalendosi delle presunzioni di cui all'art. 44-quater, comma II, lett. b) e d), del Regolamento Emittenti.

A complicare il quadro hanno poi contribuito negli anni le cronache finanziarie che hanno riportato scenari in cui la “lista degli investitori istituzionali” ha acquisito addirittura più consensi in assoluto e casi invece in cui non è stata nemmeno presentata, aprendo ad altre perplessità, anche in merito alla sussistenza dei requisiti ex lege in capo agli amministratori risultati (a sorpresa) eletti e all'idoneità del (nuovo) consiglio nella sua collegialità.

          Non meno scevro da interrogativi è il rapporto tra “lista del consiglio” e “lista dei soci”, rilevante sia sotto il profilo del rischio del concerto, sia sotto il profilo lato sensu della parità di trattamento tra le stesse.

In estrema sintesi, da una parte, le attività connesse alla presentazione di una “lista lunga” da parte dei soci potrebbe condurre alla riconduzione della fattispecie ad una azione di concerto con i rischi del caso (cfr. art. 120 Tuf; art. 106 Tuf; art. 109 Tuf), dall'altra parte il consiglio di amministrazione in forza delle proprie prerogative (ad esempio rapporti qualificati con gli operatori del risparmio gestito) ha facoltà di operare in modo più ampio nella prospettiva del rinnovo delle cariche.

Conclusione, le incertezze interpretative che investono il perimetro di una eventuale azione di concerto finiscono - e hanno finito in taluni casi - per frenare la predisposizione di una lista autonoma da parte dei soci (di maggioranza, certo, seppur relativa) e viceversa di optare per una lista de facto “condivisa” con il consiglio di amministrazione uscente.

          Ulteriore tematica non secondaria è quella dell'ipotetico collegamento tra “lista del consiglio” e liste presentate dai soci, in particolare quella facente capo agli azionisti di maggioranza. In società con assetti proprietari concentrati non di rado si instaurando legami stretti tra il management e l'azionista forte, sicché potrebbero configurarsi pericolose sovrapposizioni in sede ad esempio di presentazione della “lista del consiglio” e di una lista da parte di singoli soci che siedono nel medesimo consiglio uscente (direttamente o per il tramite di propri rappresentanti) e che hanno concorso al processo di formazione della prima.

          Tali circostanze non possono essere trascurate alla luce dei principi che informano la disciplina speciale delle quotate, che promuove nel suo complesso un regime sì di competizione tra stakeholder ma pur sempre legittima, trasparente ed equa, anche in ottica cautelativa vista la limitata polverizzazione dell'azionariato che caratterizza la maggior parte degli emittenti.

Le criticità qui evocate brevemente sono espressione dei limiti intrinseci della normativa vigente, che le nuove disposizioni in vigore a breve hanno il merito di aver, seppur parzialmente, arginato.

Il testo licenziato dal Parlamento lascia infatti scoperti alcuni nodi, sicché gli argomenti che tanto hanno animato la dottrina non possono dirsi superati integralmente e inducono a confidare in correttivi in sede di adozione da parte del Governo del decreto legislativo (o dei decreti legislativi) (v. art. 19 Legge Capitali) per la revisione organica delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria contenute nel Tuf e in materia di società di capitali riportate dal Codice Civile e applicabili agli emittenti azioni quotate.

Percorso peraltro che non si prospetta lineare e che richiederà aggiustamenti, anche in considerazione delle evoluzioni medio tempore del contesto economico-finanziario e del diritto europeo: consapevolezza che è comunque del tutto coerente con l'obiettivo finale di restituire una disciplina degli emittenti azioni quotate in mercati regolamentati che sia il più razionale e armonica possibile.

Non a caso è data possibilità al Governo, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti emanati nell'esercizio della delega ex art. 19 Legge Capitali, ove necessario, di emanare ulteriori decreti correttivi e integrativi in conformità ai medesimi princìpi e criteri direttivi di cui alla Legge Capitali.

L'art. 147-ter.1 Tuf: profili interpretativi e operativi.

          Come esposto, la Legge Capitali, introducendo (art. 12) il nuovo art. 147-ter.1 Tuf, si propone di disciplinare compiutamente la fattispecie di presentazione, in sede di rinnovo dell'organo amministrativo di società con azioni quotate in un mercato regolamentato, di una lista di candidati da parte del board uscente, a condizione che ciò sia espressamente consentito dallo Statuto.

La facoltà ex lege di adottare clausole statutarie di tal guisa è tuttavia vincolata ad alcune condizioni: (i) la lista presentata dal consiglio di amministrazione in scadenza deve contenere un numero di candidati pari al numero complessivo dei componenti da eleggere maggiorato di un terzo; (ii) la delibera di approvazione di tale lista deve essere adottata con il voto favorevole dei due terzi dei componenti il consiglio di amministrazione in carica, stabilendo quindi per tale materia un quorum rafforzato; (iii) la lista così approvata dal consiglio di amministrazione deve poi essere depositata e resa pubblica entro il quarantesimo giorno precedente la data dell'assemblea convocata per la nomina del nuovo organo amministrativo; (iv) se la lista del consiglio uscente risulta l'unica ritualmente presentata, i consiglieri da eleggere saranno tratti per intero dalla stessa.

Fin qui, i margini di interpretazione appaiono risicati; diverso discorso va affrontato invece per le disposizioni inerenti gli esiti del voto assembleare.

La scelta del legislatore è stata quella di circoscrivere l'attenzione allo scenario in cui ad ottenere il maggior numero di voti sia la “lista del consiglio”. Nulla si dice circa la fattispecie contraria, il che apre la strada a dubbi non solo meramente interpretativi e dei quali si auspica un chiarimento puntuale quantomeno da parte di Consob.

Più nel dettaglio, allo stato, la Legge 5 marzo 2024, n. 21 si limita infatti a precisare che nell'ipotesi in cui la “lista del consiglio” risulti vittoriosa:

(i) l'assemblea procederà ad effettuare una seconda votazione individuale su ogni singolo candidato della “lista del consiglio”, risultando progressivamente eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti in ragione dei posti da assegnare a tale lista; in caso di parità di voti tra candidati, risulteranno eletti i candidati sulla base dell'ordine progressivo originario con il quale sono indicati nel relativo elenco;

(ii) per quanto concerne invece la rappresentanza delle minoranze, gli amministratori di competenza dovranno essere tratti dalle relative liste osservando i seguenti criteri: (a) qualora il totale dei voti raccolti dalle due liste di minoranza maggiormente votate non superi il 20% dei voti complessivi espressi in assemblea: tali liste di minoranza concorrono alla ripartizione dei componenti in consiglio proporzionalmente ai voti ricevuti e comunque per un ammontare complessivo non inferiore al 20% del totale dei componenti dello stesso organo; in altri termini, ne consegue che il numero dei componenti espressione delle minoranze non potrà essere inferiore al 20% dei componenti totali; (b) qualora il totale dei voti raccolti dalle due liste di minoranza maggiormente votate superi il 20% dei voti complessivi espressi in assemblea: in tal circostanza si distinguono ulteriori due ipotesi; infatti (i) le liste di minoranza che hanno conseguito, individualmente, una percentuale di voti uguale o superiore al 3% dei voti espressi in assemblea concorrono alla ripartizione dei componenti in consiglio proporzionalmente ai voti effettivamente ricevuti; (ii)  i voti conseguiti dalle liste che hanno conseguito invece una percentuale di voti inferiore al 3% dei voti espressi in assemblea, sono assegnati proporzionalmente alle sole liste presentate dai soci che hanno superato tale soglia;

in sintesi, il criterio della proporzionalità opera solo con riferimento alla ripartizione tra “lista del consiglio” vincente e liste perdenti, mentre ai fini della ripartizione dei seggi tra le liste di minoranza è assegnato un “premio di maggioranza” per la minoranza che raggiunge il 3%, la quale si avvantaggia dei voti ottenuti dalle liste che non arrivano a tale livello.

La disciplina enucleata nella Legge Capitali disvela tuttavia alcuni profili dei quali si auspica chiarimento e approfondimento in fase attuativa; temi che vero possono essere lasciati al governo dell'autonomia statutaria e alla soft law, ma sarebbe forse preferibile una loro disciplina puntuale in linea con i principi che informano la riforma. 

 Ad esempio, il nuovo art. 147-ter.1 Tuf non specifica i criteri di ripartizione dei seggi nel caso in cui la “lista del consiglio” non ottenga la maggioranza dei consensi in assemblea, né se i consiglieri di minoranza possano essere attinti da tale elenco e se possano essere compiutamente considerati tali.

Si ricorda peraltro che il richiamato articolo dispone che il comitato endoconsiliare istituito in materia di controllo interno e gestione dei rischi, ove nominato, sia presieduto da un amministratore indipendente individuato fra gli amministratori che non siano stati tratti dalla lista del consiglio di amministrazione uscente, il tutto sul presupposto, ovviamente, che questa abbia riportato il maggior numero di voti in assemblea.

Nondimeno le opzioni che potrebbero essere trasfuse negli statuti circa la rappresentanza delle minoranze, nelle pieghe - o meglio, nel silenzio della norma - potrebbero anche portare a effetti paradossali sul piano fattuale.

Si pensi a titolo esemplificativo all'ipotesi in cui le prime due liste di minoranza maggiormente votate ottengano in totale meno del 20%.

Nulla osta che da statuto venga attribuito loro un numero di seggi addirittura superiore al 20% anche ove i voti complessivamente da queste ricevuti siano inferiori a tale risultato. Da una parte, verrebbe attribuito un “premio di minoranza” (smisuratamente) non proporzionale, palesando un significativo scostamento tra rappresentanza nell'organo gestorio rispetto alla partecipazione detenuta e al consenso ottenuto in assemblea; dall'altra parte, se le liste di minoranza raggiungessero invece (senza correttivi) la soglia del 20%, troverebbe applicazione il criterio proporzionale previsto ex lege che consentirebbe una composizione dell'organo più rispondente alle votazioni assembleari, ma senza un “premio di minoranza” potrebbero trovarsi ad avere meno rappresentanti in consiglio rispetto al precedente scenario.

          Da un'altra angolatura, seguendo la lettera dell'art. 147-ter.1 ed estremizzando, si potrebbe perfino immaginare che nel caso in cui “lista del consiglio” vinca, ma senza ottenere la maggioranza assoluta, la lista “seconda classificata” che insieme alle altre superi il 20% potrebbe aggiudicarsi tutti i seggi spettanti alle perdenti e pure la maggioranza assoluta dei seggi in Cda! Numeri alla mano, basti pensare alla elezione di un consiglio composto da 15 membri: ove la “lista del consiglio” ottenga la maggioranza relativa dei consensi (es. il 49%), mentre la “lista di minoranza A” il 48,1% e la “lista di minoranza B” il 2,9%, si arriverebbe al risultano sorprendente che la “lista B”, applicando il criterio proporzionale di cui all'art. 147-ter.1, comma III, lett. b), n. 2, Tuf, otterrebbe 8 seggi mentre la “lista del consiglio” solo 7!

          A ciò si aggiunga che la necessaria votazione individuale sui singoli candidati proposti nella “lista del consiglio” (sempre, anche in caso di conseguimento della maggioranza relativa) non assicura l'elezione del soggetto originariamente individuato a dirigere la società, in assenza della fiducia degli azionisti (nell'esempio che precede, essenzialmente quelli di minoranza).

          È evidente che, al netto dei meri esercizi di dottrina, maggioranze risicate in assemblea sono destinate ad esprimere organi di amministrazione più deboli e, per l'effetto, minor efficienza nell'implementazione delle strategie dell'impresa e minore competitività.

          Interessante, per meglio inquadrare la portata della novella normativa e i risvolti applicativi, sarà dunque la lettura - in attesa della riforma organica della materia - delle disposizioni attuative dell'art. 147-ter.1 Tuf che Consob dovrà adottare con proprio regolamento nel termine di 30 giorni dalla entrata in vigore della Legge 5 marzo 2024, n. 21.

Considerazioni conclusive

La Legge 5 marzo 2024, n. 21, elevando a rango primario la facoltà per le società quotate di introdurre clausole statutarie che consentano al consiglio di amministrazione di presentare una propria lista, ha il merito di porre l'accento sui vantaggi che ne derivano sul piano sia formale che sostanziale. L'azione dell'organo gestorio uscente può, infatti, favorire la formazione di un consiglio in linea e coerente con i principi e processi di autovalutazione raccomandati dal Codice di Corporate Governance, così come indurre sul fronte pratico una convergenza di consensi attraverso la individuazione di candidati che esprimano una equilibrata contemperazione tra istanze dei soci e esigenze dell'impresa.

Certo è inoltre che, in quanto prassi diffusa a livello internazionale, il suo recepimento “ufficiale” nel nostro ordinamento (il meccanismo è già stato adottato da tempo da alcune società nazionali) costituisce un passo ulteriore verso l'armonizzazione dei mercati dei capitali.

          Se questi sono gli aspetti che ne esaltano la rilevanza, non vanno comunque taciute le possibili lacune del testo normativo che, ove non adeguatamente colmate in sede attuativa, potrebbero circoscrivere gli auspicati benefici dell'istituto.

          Nelle poche note che precedono è riportato qualche spunto di riflessione, affinché lo strumento in discussione non si tramuti, alla prova dei fatti, in un appiglio - in antitesi con la ratio della norma - per rafforzare (smisuratamente) una minoranza (non sempre tale e non sempre sanior pars), a scapito del buon ed efficiente funzionamento degli organi sociali e, di conseguenza, della attuazione dei piani industriali e di investimento.

          Una valutazione complessiva in merito agli effetti della disciplina in esame – allo stato – non è comunque consentita, in quanto questi dipendono da fattori eterogenei che includono (i) la geometria degli assetti proprietari di ciascun emittente, (ii) la composizione delle eventuali liste concorrenti presentate dagli azionisti e il “peso specifico” degli stessi, (iii) i processi di selezione dei candidati e il loro profilo, (iv) gli esiti delle votazioni, nonché, ancor prima, (v) la formulazione delle clausole statutarie e (vi) la disciplina speciale applicabile che emergerà a seguito della compiuta e organica riforma del Tuf.

          Con riferimento a quest'ultimo punto, considerando la sola normativa vigente, non va obliterato che il puzzle della governance è altresì influenzato da fattori e obiettivi ulteriori come quelli di gender equality e, con significato più ampio, di sostenibilità: si rammenta infatti che già il Codice di Corporate Governance nella sua più recente revisione enuncia nel dettaglio i requisiti e le practice di cui tener conto in sede di composizione degli organi sociali.

          In attesa di esecuzione della delega al Governo (cfr. art. 19 Legge Capitali), l'unico augurio è dunque quello, all'esito, di una definizione di un quadro normativo informato a chiarezza sia di principi generali sia di graduazione delle norme, che sfugga alla stratificazione schizofrenica che ha concorso (ovviamente, non da sola!) a penalizzare la competitività delle società emittenti nazionali.

          Nelle more, se di risiko di (future) nomine si può parlare, questo non può che assumere i caratteri di quello che in logica si definisce un “gioco sequenziale a informazione imperfetta”, nel quale agli attori non è dato muoversi in blocco o simultaneamente e la strategia ottimale risulterà solo quella in grado di prevedere in tempo utile le mosse degli altri partecipanti, sulla base di variabili che tuttavia sono molteplici, ipotetiche e dai contorni poco definiti.

Lo sguardo va quindi rivolto ai prossimi 12 mesi (e successivi 18), tanto è il tempo concesso all'Esecutivo; per il momento, Messieurs (et Mesdames), faites vos jeux!

Riferimenti bibliografici

M. IRRERA, Presentazione di liste di candidati da parte dei consigli di amministrazione uscenti delle società quotate, in Riv. soc., fasc.2-3, 2022, 574 ss.

M. STELLA RICHTER, Voto di lista e lista del consiglio: prospettive di riforma, in Riv. soc., fasc.2-3, 2022, 621 ss.

M. VENTORUZZO, Note sulla lista del consiglio uscente per l'elezione degli amministratori nelle società quotate, in Riv. soc., V-VI, 2020, 1398 ss.

Sommario