La sentenza n. 11655/2020 (in senso conforme, Cass. civ., sez. III, n. 3934/1985) della Corte si pone in inconsapevole contrasto con altra giurisprudenza di legittimità relativamente alla questione della individuazione della data di decorrenza degli interessi relativi al pagamento dei debiti derivanti da obbligazioni pecuniarie dello Stato e degli enti pubblici.
Nella predetta sentenza, la Corte ha affermato che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili, e perciò produttivi di interessi corrispettivi ai sensi dell'art. 1282 c.c., quando ne è determinato l'ammontare e se ne può ottenere, alla scadenza, il puntuale adempimento, a prescindere dal procedimento contabile di impegno e ordinazione della spesa (cd. titolo di spesa).
Secondo tale linea interpretativa, il procedimento amministrativo-contabile necessario alla P.A. per determinarsi ad agire civilisticamente con il privato altro non sarebbe che una regola di condotta interna, come tale non opponibile al creditore dell'obbligazione di pagamento. Tale procedimento amministrativo-contabile sarebbe, pertanto, un sistema di regole interne al funzionamento dell'ente pubblico, ma del tutto estraneo alla fattispecie costitutiva dell'obbligazione, siccome rispetto a essa esterno, non partecipandovi in alcun modo il creditore dell'obbligazione. Tanto sarebbe dimostrato anche dalla circostanza che il procedimento ammnistrativo si perfeziona in un momento posteriore al perfezionamento dell'obbligazione, riguardano esclusivamente le modalità di esternazione della volontà della P.A.
A tale orientamento si contrappone quello espresso dall'ordinanza n. 118/2023 (che trova precedenti conformi in Cass. civ., sez. I, n. 13859/2002 e in Cass. civ., sez. I, n. 17909/2004; Cass. civ., sez. I, n. 6203/2009), secondo cui il credito pecuniario vantato nei confronti della P.A. non può ritenersi liquido ed esigibile, e quindi non può produrre interessi corrispettivi, fino a quando la stessa amministrazione non abbia emesso il titolo di spesa, in conformità a quanto previsto dall'art. 270 del r.d. n. 827/1924; principio che è espressamente dichiarato applicabile anche per le obbligazioni assunte dalle aziende sanitarie in base al d.lgs. n. 502/1992.
Secondo tale interpretazione, ove venga in questione il rapporto obbligatorio di natura pecuniaria con la pubblica amministrazione, la nozione di “liquidità” del credito va intesa in un'accezione peculiare, essendo tale concetto logicamente e normativamente effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione, che – ben lungi che esterno all'obbligazione – ne costituirebbe proprio uno dei presupposti di insorgenza. Da tanto consegue che, fintantoché non è positivamente esaurito il procedimento amministrativo-contabile necessario alla P.A. per poter proceder al pagamento della somma dovuta, il relativo credito non può dirsi produttivo di interessi corrispettivi ai sensi dell'art. 1284 c.c.
È il caso di sottolineare che oggetto del richiamato contrasto è sola la questione della debenza degli interessi corrispettivi.
Qualora, infatti, si sia in presenza di un colpevole ritardo nell'espletamento della procedura di liquidazione da parte della P.A. (e dunque si verta in ipotesi di interessi moratori), la giurisprudenza della Corte (Cass. civ., sez. un., n. 2065/1980; Cass. civ., sez. un., 359/1985) è del tutto allineata nel ritenere che la stessa pubblica amministrazione (e quindi anche le aziende sanitarie) siano tenute a corrispondere gli interessi moratori, e ciò del tutto a a prescindere dall'emissione o meno del mandato di pagamento.
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