Impresa agricola e strumenti di soluzione della crisi

28 Marzo 2024

Si descrivono le procedure concorsuali di cui, nel nuovo disegno del Codice della crisi, può avvalersi l’imprenditore agricolo, con una precisazione relativa alle imprese che esercitano di fatto attività commerciale.

Di quali strumenti concorsuali può avvalersi l'impresa agricola in crisi?

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Così come previsto dalla previgente disciplina dettata dalla legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) anche nel novellato quadro legislativo di cui al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (d.lgs. n. 14/2019, di seguito CCII) l'impresa agricola resta esclusa dalla procedura di liquidazione giudiziale.

L'impresa agricola, infatti, non rientra nel novero delle imprese – commerciali – assoggettate alle procedure di composizione della crisi per così dire “maggiori”: l'art. 2, comma 1, CCII, definendo il “sovraindebitamento”, assoggetta alle procedure “minori”, ovvero alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, alcuni soggetti in stato di crisi o di insolvenza, quali il consumatore, il professionista, l'imprenditore minore, le start-up innovative ed infine proprio gli imprenditori agricoli, escludendoli espressamente dalla liquidazione giudiziale e dalle altre procedure “maggiori”.

L'esclusione dell'imprenditore agricolo dalla liquidazione giudiziale è ulteriormente confermata dall'art. 121 CCII, che vi assoggetta soltanto gli imprenditori commerciali. Per completezza si richiama, a tale riguardo, la netta distinzione operata dal Codice civile tra l'imprenditore commerciale, di cui all'art. 2195 c.c., e l'imprenditore agricolo di cui all'art. 2135 c.c., esonerato dall'applicazione della disciplina dell'imprenditore commerciale, quale la tenuta delle scritture contabili e dall'assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.

Si consideri poi che, come accennato, nemmeno il concordato preventivo può costituire strumento di composizione della crisi dell'imprenditore agricolo: l'esclusione dal campo di applicazione di tale strumento trova precisa conferma nel richiamo operato dell'art. 84 CCII, che definisce quale soggetto legittimato attivo alla domanda di concordato preventivo l'imprenditore commerciale di cui all'art. 121 CCII.

All'imprenditore agricolo, in stato di crisi o di insolvenza, resta, quindi, la possibilità di avvalersi delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e, più specificamente: i) il concordato minore, di cui agli artt. 74 ss. CCII, in continuità se è possibile la prosecuzione dell'attività aziendale agricola, oppure con modalità  liquidatoria, qualora sia previsto l'apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori; ii) la liquidazione controllata, disciplinata dagli artt. 268 ss. CCII, che mira a liquidare tutti i beni dell'impresa e a soddisfare i creditori con il ricavato.

Possibile poi per l'imprenditore agricolo che ha scelto la liquidazione controllata dei propri beni ricorrere all'istituto dell'esdebitazione, qualora ricorrano i presupposti di cui all'art. 278 ss. CCII, che gli consente di ottenere l'inesigibilità da parte dei creditori dei propri debiti rimasti insoddisfatti.

Tuttavia, resta da osservare, come sostenuto dalla Suprema Corte, che la sottrazione dell'impresa agricola al fallimento, oggi liquidazione giudiziale, non può essere considerata in termini assoluti: qualora l'impresa agricola eserciti, di fatto, attività commerciale essa, se in stato di insolvenza, può essere oggetto di liquidazione giudiziale. Di contro, l'essere l'impresa agricola costituita in forma societaria non comporta di per sé che essa sia impresa commerciale, come tale soggetta a fallimento (ovvero, oggi, liquidazione giudiziale): sono infatti considerate agricole le società di persone, cooperative e di capitali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. e siano in possesso di ulteriori requisiti. In tale contesto, quindi, la Corte di Cassazione ha recentemente precisato che se l'attività commerciale svolta concretamente dall'impresa è prevalente rispetto all'attività agricola, se pur contemplata in via esclusiva nell'oggetto sociale dell'impresa agricola costituita in forma societaria, questa risulta assoggettabile a fallimento e al concordato preventivo (Cass. civ., sez. I, 28 novembre 2023, n. 32977; Cass. civ., sez. I, 22 febbraio 2019, n. 5342; Cass. civ., sez. I, 21 febbraio 2019, n. 5235).

Infine, si deve considerare che rientrano nell'attività dell'imprenditore agricolo anche le attività cosiddette connesse alle attività tipicamente e tradizionalmente agricole (quali, ai sensi dell'art. 2135, comma 1, c.c., la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l'allevamento di animali), come – ad esempio - la conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da una attività agricola, alla condizione che esse vengano esercitate da un soggetto che svolge un'attività agricola tipica e che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall'esercizio di tale attività agricola. In tale contesto, al fine di verificare se una impresa è di fatto agricola o commerciale, è stato precisato che si deve verificare se tali attività connesse all'attività tipicamente agricola abbiano come oggetto prevalente prodotti propri, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo e non ceduti o coltivati da terzi; diversamente si tratta di attività commerciale con la conseguenza che l'esenzione dal fallimento viene meno (Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2023, n. 3647; Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2021, n. 1049).