Il mancato rispetto delle distanze legittima l’arretramento dell’ascensore installato in area privata
03 Aprile 2024
ll caso Tizia, proprietaria di un appartamento posto al piano terra e di alcuni locali commerciali, conveniva in giudizio i precedenti proprietari. Parte attrice evidenziava che i predetti immobili godevano di una servitù di passaggio attraverso il portone e l'androne del fabbricato, rimasti in proprietà delle convenute; quest'ultime, però, avevano realizzato un ascensore, così riducendo la luce d'ingresso libera “da 2,45 m. a 1,15 m.”, rendendo più difficoltoso l'esercizio della servitù. Dunque, l'attrice sosteneva che l'opera era stata realizzata in violazione della distanza legale fra gli immobili posti al piano terra e costituiva una innovazione non legittima. Costituendosi in giudizio, parte convenuta precisava che l'opera, autorizzata tramite scrittura privata, era diretta all'abbattimento delle barriere architettoniche ex art. 3 della l. n. 13/1989, con esonero dal rispetto delle distanze legali. Ad ogni modo, non poteva trattarsi di innovazione afferente all'uso del bene comune, in quanto l'ascensore insisteva sulla proprietà esclusiva delle convenute e non nello spazio comune. Nel giudizio di primo grado, in accoglimento della domanda, il giudice condannava le convenute all'arretramento dell'opera fino al rispetto delle distanze legali. La Corte territoriale confermava il provvedimento e, in particolare, il ragionamento secondo cui l'ascensore non rispondeva ad esigenze di abbattimento delle barriere architettoniche, sia da un punto di vista “procedurale-amministrativo”, (mancava l'attestazione dell'handicap), che avuto riguardo alla “oggettività tecnica”. Le contestazioni Avverso tale provvedimento, parte resistente proponeva ricorso in Cassazione eccependo che i comproprietari dell'ascensore, avuto riguardo ai titoli di acquisto erano i condomini. Ciò emergeva dalle stesse difese del condominio, dal libretto matricola dell'ascensore e dalla ripartizione condominiale delle spese d'installazione e dei consumi per l'uso. Inoltre, veniva contestata l'erroneità della pronuncia di merito per avere negato la sussistenza dello scopo di abbattimento delle barriere architettoniche, nonostante l'esclusione della normativa del rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 c.c. Inoltre, la Corte locale non aveva tenuto conto del fatto che le caratteristiche previste dall'art. 3 della l. n. 13/1989 non potevano essere rispettate, trattandosi di un intervento su un fabbricato preesistente e non di nuova costruzione o ristrutturazione. Premesso ciò, al fine di una maggiore comprensione della vicenda, i giudici di legittimità hanno distinto le ipotesi di installazione dell'ascensore. Installazione di ascensore in area condominiale In argomento, giova ricordare che al fine di eliminare le barriere architettoniche, l'installazione di un ascensore da parte di un condomino in area comunale rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c. senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi, la disciplina dettata dall'art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nell'art. 3, comma 2, l. n. 13/1989, non trovando detta disposizione applicazione in àmbito condominiale (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096). Installazione di ascensore in area privata Premesso ciò, nel caso in esame, correttamente il condominio aveva negato la propria legittimazione passiva, stante che l'opera era stata realizzata sulla proprietà esclusiva. Oltre a ciò, nel caso di specie, il CTU aveva accertato la non idoneità dell'ascensore allo scopo di abbattere le barriere architettoniche per assenza di certificazione di conformità e perché privo dei requisiti dimensionali e tecnologici necessari. Per meglio dire, a prescindere dall'assenza dei requisiti (presupposti dell'handicap e prescrizioni tecniche), a seguito dell'istruttoria di causa, non sussisteva alcuno spazio comune (condominiale) tra l'ascensore e l'immobile, né, tantomeno, la struttura insisteva su area condominiale. Di conseguenza trovava piena applicazione l'art. 907 c.c. (distanza delle costruzioni dalle vedute). Difatti, l'art. 3, comma 2, della l. n. 13/1989 dispone che è fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 c.c. nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune. Quindi, secondo il ragionamento innanzi esposto, «il rispetto dell'art. 907 c.c. deve essere assicurato al di fuori dell'ambito condominiale». In conclusione, il ricorso è stato rigettato e, per l'effetto, è stato confermato il provvedimento di merito. (Fonte: dirittoegiustizia.it) |