Risoluzione per inadempimento del contratto preliminare: può avvenire in mancanza del certificato di abitabilità?

La Redazione
05 Aprile 2024

A fronte della domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente che non ha fornito il certificato di abitabilità dell’immobile, il giudice deve prendere in considerazione tutte le sue inadempienze anche se nel preliminare l’ottenimento dell’abitabilità era stato inserito quale condizione risolutiva negativa.

A seguito della stipula di un contratto preliminare di vendita di un appartamento sito in Roma, per il quale risultava mancante la destinazione ad uso abitativo. La società venditrice, infatti, aveva presentato domande di sanatoria il cui rigetto era stato oggetto di impugnazione dinanzi al TAR Lazio con giudizio pendente.

I promissari acquirenti convenivano dunque la controparte per ottenere la dichiarazione di nullità per impossibilità dell'oggetto del preliminare o, in subordine, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente alienante.

Il Tribunale pronunciava la risoluzione del contratto preliminare e condannava il venditore alla restituzione della caparra confirmatoria versata, pari a 150mila euro, oltre interessi legali.

La decisione veniva ribaltata in sede di appello, in virtù della clausola del preliminare con cui le parti avevano inteso subordinare la risoluzione del contratto alla mancata positiva conclusione del giudizio amministrativo. Inoltre, nessun termine essenziale era stato stabilito per la consegna del certificato di abitabilità entro la data pattuita per la stipula del definitivo.

I promissari acquirenti hanno proposto ricorso in Cassazione che ha parzialmente accolto il gravame.

Tra i diversi motivi sollevati, risulta infatti fondato quello con cui i promissari acquirenti lamentano che la Corte d'appello ha rigettato la domanda di scioglimento del preliminare per inadempimento grave imputabile alla promittente alienante su un artificioso automatismo tra carenza del presupposto affinché potesse operare la condizione risolutiva e difetto dei requisiti per ottenere la pronuncia costitutiva di risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c.

Fermo restando che l'effetto solutorio connesso al mancato ottenimento, entro una determinata scadenza temporale, di un provvedimento amministrativo per ragioni non ascrivibili al comportamento dei contraenti, fosse riconducibile alla mancata verificazione di un evento futuro ed incerto e, conseguentemente, dovesse qualificarsi come condizione risolutiva negativa, la Cassazione precisa che «l'azione giudiziale proposta non era mirata all'accertamento della verificazione di tale condizione, il cui mancato avveramento avrebbe dovuto escludere che il preliminare fosse privo di effetti ab origine, senza alcuna ulteriore statuizione».

In altre parole, «una volta accertato che l'evento futuro e incerto contemplato nella condizione risolutiva non si era verificato, la Corte d'appello non avrebbe potuto farne derivare, in via automatica, il rigetto della domanda di risoluzione rispetto agli inadempimenti puntualmente dedotti, ma avrebbe dovuto, invece, verificare l'incidenza qualitativa e subiettiva di tali inadempimenti ai fini della declaratoria di risoluzione».

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso alla luce dei principi di diritto secondo cui:

  • «allorché non si avveri l'evento futuro e incerto contemplato in una condizione risolutiva, il giudice deve prendere in considerazione le imputate inadempienze ai fini della domanda di risoluzione e pronunciarsi sulla stessa»;
  • «a fronte della proposizione di una domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare per inadempimento del promittente alienante all'obbligo di sanare l'abuso correlato alla variazione della destinazione d'uso del bene, è necessario verificare, in base alle circostanze concrete desumibili dal quadro probatorio offerto, che le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili».

 

(tratto da dirittoegiustizia.it)

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