Infortunio sul lavoro: su chi grava l'onere della prova?

La Redazione
09 Aprile 2024

Nel caso di specie, la ricorrente, dirigente medico specialista in ginecologia ed ostetricia, esponeva di essere stata vittima di una aggressione durante il proprio turno di lavoro da parte di terzi, ciò anche per assoluta assenza, da parte del datore di lavoro, di un piano di messa in sicurezza dei dipendenti.

Com'è noto, l'art. 2087 c.c. prevede: «l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Trattandosi di responsabilità contrattuale, non grava sul lavoratore l'onere di provare la colpa del datore di lavoro (si veda, ex multis, Cass. civ., 26 aprile 2017, n. 10319: «Il lavoratore che agisca, nei confronti del datore di lavoro, per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione ex art. 1218 c.c. In particolare, nel caso di omissione di misure di sicurezza espressamente previste dalla legge, o da altra fonte vincolante, cd. nominate, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere ricavate dall'art. 2087 c.c., cd. innominate, la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi l'onere di provare l'adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l'assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione».

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