Omologazione del concordato preventivo in continuità: gli ex soci possono impedirla?

09 Aprile 2024

Ci si chiede se il riferimento di cui all’art. 112, comma 2, lett. d), CCII ai “creditori titolari di diritti di prelazione” valga anche per i soci che, prima della presentazione della proposta di concordato, abbiano esercitato il recesso dalla società e siano titolari del relativo credito.

Ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. d), CCII, uno dei requisiti affinché il Tribunale omologhi il concordato in continuità aziendale in presenza di una o più classi dissenzienti è l'approvazione della maggioranza delle classi "purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione". Rientrano, nella nozione di "creditori" qui impiegata, anche i soci che hanno esercitato il recesso prima della presentazione della proposta di concordato?

L'art. 112 del CCII, riformulato nell'attuale versione dall'art. 24 del d.lgs. n. 83/2022, prevede nel concordato in continuità, sia essa diretta che indiretta, una serie di condizioni che consentono, su richiesta del debitore, l'omologazione anche se una o più classi sono dissenzienti. Se la regola generale nell'omologazione del concordato in continuità è, tra le altre, che tutte le classi abbiano votato a favore della proposta, tale disposizione di carattere derogatorio appare finalizzata ad agevolare l'omologazione qualora si manifestino alcune condizioni previste dalla legge. Tra queste vi è quella indicata nel quesito, ovvero che la classe dissenziente sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione.

Il primo aspetto da considerare è se i soci che hanno esercitato il recesso possano essere considerati creditori concorsuali. Sul punto si segnala una recente ordinanza della Corte di cassazione (Cass. civ. 6 novembre 2023, n. 30725) che ha rigettato il decreto del giudice delegato che aveva respinto la domanda di ammissione del credito vantato dal socio per la liquidazione della quota sociale a seguito del recesso dalla società. Il giudice aveva ritenuto di qualificare il credito da recesso del socio quale credito postergato in applicazione analogica del disposto dell'art. 2467 c.c., ricorrendo le condizioni ivi richiamate. La Cassazione ha invece ritenuto che, una volta esercitato il recesso, il soggetto perde lo status di socio per effetto di legge e non sono a lui opponibili le successive vicende societarie (nella fattispecie il socio aveva esercitato il recesso sette anni prima del fallimento).

Se il socio che ha esercitato il recesso è creditore per la liquidazione della quota sociale, si tratta però di un credito che, a parere dello scrivente, non gode di alcun diritto di prelazione, non essendovi specifiche norme di legge che attribuiscano il privilegio.  Per l'effetto, dunque, il socio recedente non può rientrare nella nozione di “creditori titolari di diritti di prelazione” richiamata dall'art. 112, comma 2, lett. d) del CCII.