Confisca diretta del denaro versato sul conto corrente in data successiva alla commissione del reato

09 Aprile 2024

Il denaro confiscabile come profitto del reato di indebita compensazione è costituito dall'importo corrispondente all'imposta che avrebbe dovuto essere versata all'erario o può consistere in qualsiasi somma, anche affluita successivamente alla consumazione del reato, trattandosi di confisca diretta?

Massima

È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro rinvenute su conto corrente anche se le somme risultano versate in epoca successiva alla commissione del reato.

Il caso

Nel corso di un procedimento penale per reati tributari, il Giudice delle indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro esistenti su un conto corrente aperto in data successiva a quella in cui si assume commesso il reato.

La difesa ha proposto istanza di dissequestro al Tribunale, che ha rigettato confermando il sequestro.

È stata dunque proposto ricorso per cassazione sostenendosi che la confisca diretta delle somme di denaro non possa essere estesa a somme di denaro sicuramente non riconducibili, temporalmente, al delitto contestato.

La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la confiscabilità diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità dell'imputato anche se acquisite in data successiva a quella del reato contestato, poiché le somme costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all'omesso versamento delle imposte.

La questione

La questione in esame è la seguente: il denaro confiscabile come profitto del reato di indebita compensazione previsto dall'articolo 10-quater d.lgs. n. 74/2000 è costituito dall'importo corrispondente all'imposta che avrebbe dovuto essere versata all'erario – che conseguentemente deve essere esistente al momento della consumazione del delitto – o può consistere in qualsiasi somma, anche affluita successivamente alla consumazione del reato, trattandosi di confisca diretta?

Le soluzioni giuridiche

Il ragionamento della Corte parte dalla disamina della giurisprudenza di legittimità sul concetto di profitto del reato, da sempre inteso in forma estesa sino a ricomprendere qualsiasi vantaggio derivante dalla commissione dell'illecito.

Vi si fanno rientrare infatti non solo gli accrescimenti patrimoniali ma anche il risparmio di spesa, cioè la mancata diminuzione del patrimonio dovuta alla illegittima omissione di un comportamento dovuto, quale – nei reati tributati – il pagamento dell'imposta.

Nella motivazione in commento, incidentalmente, la Corte rileva altresì che il principio non è limitato ai soli reati tributari, essendo ammessa la confiscabilità del risparmio di spesa anche per fattispecie di reato diverse da quelle in esame.

Tanto premesso, è stata poi richiamata la giurisprudenza – anche questa ormai consolidata – sulla confiscabilità diretta del denaro, vale a dire il principio secondo cui, qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da contante, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere sempre qualificata come confisca diretta.

Corollario del principio appena enunciato è che, in considerazione della natura fungibile del bene, non vi è necessità della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto dell'ablazione e il reato.

Dall'applicazione congiunta dei principi della confiscabilità del risparmio di spesa e della confiscabilità diretta del denaro deriva, secondo la Corte di Cassazione, che qualsiasi vantaggio patrimoniale possa essere considerato profitto del reato, ivi comprese le somme di denaro affluite su conto corrente della società in data successiva alla commissione del reato, oggetto del caso di specie.

Anche in questo caso, infatti, ciò che rileva è che sia affluito denaro di cui il legale rappresentante dell'ente – che ha operato il versamento sul conto – aveva la disponibilità: si tratta infatti di somme che lo stesso non avrebbe avuto se non avesse commesso il reato, sicché anche questa disponibilità va considerata conseguenza dell'illecito ed in definitiva profitto del medesimo.

A questo punto, in ossequio al principio della confiscabilità diretta di cui si è detto, anche il dato temporale scolora e non è rilevante che la somma sia affluita nel conto corrente in data successiva al reato e quindi non era nella disponibilità della società quando l'illecito – in questo caso l'indebita compensazione – è stato perpetrato.

Osservazioni

Con la pronuncia in commento la Corte torna ad occuparsi di un tema già oggetto di contrasto negli anni passati, vale a dire della ammissibilità della confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità di una persona giuridica quale profitto del reato commesso a suo vantaggio dai suoi rappresentanti, ed in special modo della possibilità di procedere a confisca diretta di somme di denaro acquisite da una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa.

A testimonianza di quanto il tema sia di stretta attualità nelle aule della Corte, si rileva che la sentenza in commento è stata emessa nello stesso giorno di altra (Cass. pen., sez. III, 10 novembre 2023, n. 50330 rv 285624) depositata nel dicembre dell'anno scorso e che esamina la stessa problematica, pervenendo ad analoga soluzione.

Se è infatti principio incontrastato che il profitto possa corrispondere anche al risparmio di spesa, come si è detto, non tutti concordano sull'estensione del concetto di confisca diretta anche alle somme non presenti nella disponibilità del reo al momento della commissione del fatto.

E' stato infatti osservato in senso contrario a quello esaminato che il profitto da risparmio di spesa non possa che avere ad oggetto il saldo attivo presente sul conto corrente del contribuente al momento della consumazione del reato.

Non sarebbe infatti possibile un risparmio di somme non esistenti nel momento in cui avrebbero essere versate a titolo di imposta.

La ricostruzione predetta non esclude in radice la confiscabilità del denaro successivamente affluito sul conto, ma lo ritiene possibile solo con le forme della confisca per equivalente prevista per i reati tributari dall'articolo 12-bis d.lgs. n. 74/2000, norma dettata del resto proprio per ipotesi quale quella in esame.

A queste conclusioni giungono anche alcune pronunce della stessa Corte di cassazione, che hanno precisato che «in tema di reati tributari, la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società dichiarata fallita, corrispondenti alle rimesse effettuate dal curatore fallimentare successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto» (Cass. pen., sez. III, n. 31516/2020, rv 280152).

Il principio generale ricavabile da questo orientamento è che le somme di denaro possano costituire oggetto di confisca diretta solo quando sia ravvisabile un legame tra le stesse ed il reato; in caso contrario, o quando sia addirittura accertata la loro provenienza lecita, può procedersi al più con la confisca per equivalente.

Tuttavia, come si è detto, la Corte di cassazione con la pronuncia in commento ritiene di aderire all'orientamento maggioritario, meno restrittivo, che considera confiscabile in via diretta ogni profitto che consista in una somma di denaro a prescindere dalla necessità di prova del legame effettivo tra le somme e l'illecito ipotizzato.

È il principio affermato dalla ormai quasi decennale pronuncia delle Sezioni Unite Licci (Cass. pen., sez. un., n. 31617/2015, rv 264437), di recente ricollegato esplicitamente da altra pronuncia alla natura fungibile del denaro (così Cass. pen., sez. un., n. 42415/2021, rv 282037).

Né è possibile sostenere che nei delitti tributari ove il profitto è costituito da risparmio di spesa non esiste somma di denaro attribuibile direttamente all'illecito perché non vi è una somma che fisicamente entra nel patrimonio del reo.

Così ragionando, osserva la Corte, si arriverebbe al paradosso per cui sarebbe esclusa la confisca diretta in tutti i delitti in cui il profitto è caratterizzato da risparmio di spesa, anche nei casi in cui la somma sia già presente sul conto corrente bancario al momento della commissione del reato.

A riprova, conclude la Corte, l'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000 prevede per tutti i delitti tributari la confisca diretta e – solo quando questa non sia possibile – la confisca per equivalente.

Poiché la maggior parte dei delitti tributari contenuti nel predetto decreto sono costituiti da illeciti che hanno per profitto il risparmio di spesa, è evidente che anche per questi reati è stata ipotizzata come ipotesi normale la confisca diretta.