Marzo 2024: cancellazione dei gravami ex art. 108 l. fall., falso in attestazioni e relazioni, obbligo smaltimento di rifiuti della fallita

La Redazione
09 Aprile 2024

Questo mese si segnalano le pronunce della Corte di cassazione in tema di obbligo di smaltimento rifiuti in capo al legale rappresentante della fallita, concordato fallimentare, significato della locuzione “ricavato in caso di liquidazione”, fallimento in pendenza del giudizio di legittimità, revocatoria ordinaria di atti del Commissario liquidatore, cancellazione dei gravami ex art. 108 l. fall., indicatori di capacità gestionale, natura impugnatoria del procedimento di opposizione allo stato passivo e reato di falso in attestazioni e relazioni.

Il legale rappresentante della fallita è tenuto allo smaltimento dei rifiuti anche se il provvedimento viene emesso dopo la dichiarazione di fallimento

Cass. pen, sez. III, 6 marzo 2024 (ud. 19 gennaio 2024), n. 9461

In tema di smaltimento di rifiuti, l'obbligo di rimozione disposto con ordinanza del Sindaco ex art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152/2006 sorge sia in capo al responsabile dell'abbandono, quale conseguenza della sua condotta, sia nei confronti degli obbligati in solido, quando sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa, sia nei confronti dei destinatari dell'ordinanza sindacale di rimozione che sono obbligati in quanto tali e che, in caso di inottemperanza, ne subiscono, per ciò solo, le conseguenze se non hanno provveduto ad impugnare il provvedimento per ottenerne l'annullamento o non hanno fornito al giudice penale elementi significativi per l'eventuale disapplicazione. I destinatari dell'ordinanza di rimozione dei rifiuti non possono addurre, a giustificazione, di non avere la diretta disponibilità dell'area su cui intervenire. (Nel caso di specie, il legale rappresentante della società responsabile della produzione e dell'illegittimo stoccaggio dei rifiuti, destinatario dell'ordine di rimozione, viene ritenuto responsabile del reato ex art. 255, comma 3, d.lgs. n. 152/2006 per non aver ottemperato a tale ordine, pur essendo il provvedimento del Sindaco successivo al fallimento della società).

Concordato fallimentare: l'inammissibilità della proposta omologata non impedisce il rinnovo del voto per le altre concorrenti

Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2024, n. 6435

1) Una volta apprezzata nell'ambito decisorio tracciato dall'art. 131 l. fall. l'inammissibilità della proposta di concordato fallimentare omologata, costituente solo una delle proposte contemporaneamente sottoposte al vaglio al vaglio dei creditori, sarebbe contrario al principio di economia processuale e di conservazione degli atti del processo bloccare l'iter anche delle altre proposte non contestate nella legittimità o regolarità, che in quanto tali meritano di essere riproposte al vaglio di merito spettante ai creditori, nel nuovo quadro comparativo risultante dal venir meno della proposta inammissibile che l'aveva “inquinato”.

2) Il “ricavato in caso di liquidazione” cui fa riferimento l'art. 124, comma 3, l. fall. – specie a seguito del correttivo del 2007 che ha sostituito il termine “liquidazione” a quello precedente di “vendita” – non può ridursi tout court al “valore di mercato”, il quale non coincide con esso, ma costituisce un termine di riferimento per la determinazione di quanto sarebbe possibile ricavare dalla vendita coattiva fallimentare. Inoltre, pur essendo sostanzialmente pacifico che il concetto di “ricavato in caso liquidazione” sia una misura differente, e di regola inferiore, al “valore di mercato”, è comunque necessario che siano esplicate le rettifiche apportate a quest'ultimo valore per giungere alla determinazione del primo

Fallimento di una delle parti nel corso del giudizio di legittimità

Cass. civ., sez. I, 13 marzo 2024, n. 6642

Il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l'interruzione del processo exartt. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall'impulso d'ufficio, per cui non vi è un onere di riassunzione del giudizio nei confronti della curatela fallimentare. Ne consegue che – pur potendo il curatore intervenire nel processo ad adiuvandum del ricorso proposto dal fallito – l'intervento del curatore volto a rinunciare al ricorso del fallito non interrompe il processo, che dunque prosegue tra le parti originarie (considerando vieppiù che il difensore della parte fallita nel corso del giudizio di cassazione – come nel caso concreto – conserva il potere di rappresentare il suo assistito nel processo).

Onere della prova nell'azione revocatoria ordinaria: il Commissario liquidatore è assimilabile al Curatore fallimentare

Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2024, n. 7201

Il commissario liquidatore è assimilabile, per natura e funzioni, al curatore fallimentare e, come questo, nell'azione revocatoria ordinaria di un atto di disposizione patrimoniale compiuto dalla società posta in liquidazione, ha l'onere di provare a) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo, b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell'atto pregiudizievole, c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; conseguentemente, la sussistenza dell'eventus damni può ritenersi dimostrata solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre i predetti elementi emerge che, per effetto dell'atto pregiudizievole, è divenuta oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito (in misura eccedente la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori) e il requisito soggettivo della scientia damni va ravvisato nella consapevolezza di tali elementi da parte del terzo convenuto in revocatoria.

Le Sezioni Unite sulla cancellazione dei gravami ex art. 108 l. fall. in caso di adempimento di un preliminare

Cass. civ., sez. un., 19 marzo 2024, n. 7337

Nel sistema della legge fallimentare l'art. 108, secondo comma, prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l'espletamento della liquidazione concorsuale dell'attivo disciplinata nella Sezione II del Capo VI secondo le alternative indicate nell'art. 107, perché in essa il curatore esercita la funzione di legge secondo il parametro di legalità dettato nell'interesse esclusivo del ceto creditorio mediante gli appositi procedimenti destinati al fine; mentre è da escludere che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato – nei diversi casi in cui il curatore agisca nell'ambito dell'art. 72, ultimo comma, l. fall. quale semplice sostituto del fallito, nell'adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita.

Amministratore di fatto: occorre valutare gli “indicatori di capacità gestionale”

Cass. pen., sez. V, 27 marzo 2024 (ud. 7 dicembre 2023), n. 12715

In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, può essere valorizzato l'esercizio, in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione o anche soltanto di alcuni di essi, secondo una valutazione degli "indicatori di capacità gestionale" – vale a dire elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società (rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti), ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare – dei quali spetta al giudice di merito valutare la pregnanza in concreto.

La natura impugnatoria del procedimento di opposizione allo stato passivo

Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2024, n. 8272

Nell'ambito del procedimento di opposizione allo stato passivo, sono inammissibili domande dell'opponente nuove rispetto a quelle spiegate nella precedente fase, non applicandosi il principio, proprio del giudizio di primo grado, secondo cui entro il primo termine di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., è consentita la "mutatio" di uno o entrambi gli elementi oggettivi della domanda, petitum e causa petendi, sempre che essa, così modificata, risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio; il procedimento di opposizione allo stato passivo ha infatti natura impugnatoria, è disciplinato specificamente dall'art. 99 l. fall. e si coordina necessariamente con quanto previsto dall'art. 101 l. fall., non consentendo perciò l'applicazione, neppure analogica, dei principi espressi in tema di opposizione a decreto ingiuntivo (così, espressamente Cass. civ., sez. 1, 24 febbraio 2022, n. 6279; v. anche: Cass. civ., sez. I, 7 novembre 2022, n. 32750).

Falso in attestazioni e relazioni e giudizio di fattibilità economica del piano

Cass. pen., sez. V, 28 marzo 2024 (ud. 23 febbraio 2024), n. 13016

Si deve escludere che il “nuovo” art. 342 del d.lgs. n. 14/2019 abbia determinato un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie prevista dall'art. 236-bis l. fall., in quanto il legislatore delegato si è limitato a riformulare la norma incriminatrice con il solo inserimento dell'inciso “in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati”, riferito all'esposizione, da parte del professionista, di informazioni false od all'omessa indicazione di informazioni rilevanti, il che rende evidente la non applicabilità della nuova norma alla valutazione prognostica del professionista, intesa come fattibilità economica del piano, peraltro non riconducibile alla fattispecie criminosa neanche sotto la vigenza del citato art. 236-bis l. fall.

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