Composizione negoziata: inammissibili le misure protettive in pendenza dell’istanza di liquidazione giudiziale

Fabio Cesare
11 Aprile 2024

L’arresto in commento, nel solco di una giurisprudenza minoritaria, fornisce una lettura dell’art. 25-quinquies CCII che nega la conferma delle misure protettive anche nel caso in cui penda l’istanza di liquidazione giudiziale proposta da un terzo.

Massima

Le misure protettive ex art. 18 CCII non sono ammissibili ex art. 25-quinquies CCII laddove penda il procedimento unitario per la liquidazione giudiziale proposto da terzi e non solo laddove sia depositata un'istanza in proprio.

Il caso

Il tribunale di Roma è stato investito del reclamo proposto dal debitore che si è visto rigettare il ricorso per la conferma delle misure protettive per l'esistenza di un parallelo procedimento per la liquidazione giudiziale, proposto da un creditore, che avrebbe impedito la conferma dello stay.

Il reclamante lamentava che il divieto sul quale il giudice di prime cure imperniava la motivazione ex art. 25-quinquies CCII sarebbe stato riferibile solo all'istanza in proprio e non a quella del creditore, pendente nel caso di specie.

Il tribunale in sede collegiale ha respinto il reclamo argomentando a partire dal dato letterale dell'art. 25-quinquies CCII che non distingue tra istanza del terzo e istanza in proprio.

Il giudice del reclamo ha ritenuto irrilevanti due indici che avrebbero deposto in senso contrario all'interpretazione restrittiva in commento.

Secondo la difesa della reclamante, l'autodichiarazione richiesta dall'art. 17 CCII per la nomina dell'esperto circa il mancato deposito di istanze ex artt. 40-44 CCII non avrebbe la funzione di escludere le misure protettive in presenza di un procedimento unitario intrapreso da terzi, perché non riguarda le istanze dei creditori bensì unicamente quelle in proprio.

Il tribunale ha invece ritenuto che la funzione del citato art. 17 CCII sia quella di verificare la legittimità della richiesta di nomina dell'esperto prima di rivolgersi alla giurisdizione e non possa essere utilizzato per argomentare la tesi del debitore.

Inoltre, secondo il giudice romano, l'estensione della causa ostativa alla conferma delle protettive anche alle ipotesi in cui il debitore abbia rinunciato nei quattro mesi antecedenti a uno strumento di regolazione della crisi ovvero alla liquidazione giudiziale, pure in via prenotativa, rivelerebbe l'obiettivo di ricomprendere tra le cause impeditive l'istanza dei terzi. Diversamente non si comprenderebbe la ragione della particella ”altresì”, intesa ad ampliare le cause ostative dell'art. 25-quinquies CCII primo comma, appunto l'istanza in proprio.

Questioni giuridiche

La pronuncia in commento si pone nel solco di una giurisprudenza di minoranza, seguita anche da un altro precedente (Trib. Palermo, 22 maggio 2023) che legge in modo riduttivo l'accesso alle misure protettive negando la conferma anche nel caso in cui penda l'istanza del terzo per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Va registrato un orientamento apparentemente di maggioranza che invece limita il divieto solo laddove l'istanza sia stata avanzata dal debitore (Trib. Bologna, 23 giugno 2023; Trib. Tempio Pausania, 12 ottobre 2023).

Per una migliore comprensione occorre riportare la disposizione dell'art. 25-quinquies CCII:

L'istanza di cui all'articolo 17, non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell'articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74. L'istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l'imprenditore, nei quattro mesi precedenti l'istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo”.

Mentre l'arresto in commento fa leva sul dato letterale dell'art. 25-quinquies CCII, che non distingue tra istanza del terzo e istanza del debitore, l'altro gruppo di pronunce antepone l'argomento sistematico a quello letterale.

Tuttavia, anche a voler fare affidamento sul dato letterale, la causa ostativa alla conferma è solo la liquidazione giudiziale: manca ogni riferimento alla liquidazione controllata; anche se per il sovraindebitamento è menzionato il concordato minore con il richiamo dell'art. 74 CCII.

Questa asimmetria già rende meno affidabile il dato meramente linguistico, perché sarebbe fonte di evidente irragionevolezza consentire la conferma delle protettive in pendenza di una liquidazione controllata in proprio e vietarla in caso di concordato minore o di liquidazione giudiziale.

La contraddittorietà del dato letterale impone l'interpretazione teleologica, secondo le disposizioni dell'art. 12 delle preleggi.

V'è quindi da chiedersi se il legislatore del d.lgs. n. 83/2022 abbia voluto ridurre l'accesso alle misure protettive in presenza di una istanza del terzo, oppure se il rinvio dell'art. 25-quinquies CCII all'art. 40 CCII senza distinzioni tra istanza in proprio e del creditore debba essere commisurato solo allo scopo di vietare una “spola” tra gli istituti del Codice della crisi, un pendolo abusivo tra ricorso prenotativo e misure protettive.

In quest'ultimo caso, occorrerà preferire l'interpretazione più ampia e ammettere alla conferma anche l'imprenditore destinatario di istanze di liquidazione giudiziale di terzi.

Ora, la relazione illustrativa al decreto insolvency non pare equivoca: l'art. 25-quinquies riproduce il precedente art. 23, secondo comma, del d.l. n. 118/2021 e intende scoraggiare l'abbandono di una procedura di ristrutturazione giudiziale al solo fine di entrare nel percorso stragiudiziale della composizione per evitare eventuali abusi e possibili danni ai creditori.”

L'obiettivo del codice non sembra pertanto quello di limitare l'accesso alla composizione negoziata, ma limitare le oscillazioni del debitore tra il blocco delle procedure esecutive in via giudiziale e il blocco relativo alla composizione negoziata munita delle misure protettive.

Non vi è dubbio che le soluzioni regolatorie siano infatti preferite dal legislatore, che all'art. 7 CCII ne impone l'esame pregiudiziale rispetto alle soluzioni liquidatorie. E la Direttiva Insolvency attribuisce al debitore il diritto  di proporre un piano di ristrutturazione (art. 9 Dir. 1023/2019), diritto che dunque deve essere protetto dalle iniziative strumentali di terzi.

E infatti all'art. 40, comma 10, CCII è prescritto che, in caso di pendenza di procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale introdotto da uno o più creditori, l'imprenditore che ha avuto accesso alla composizione negoziata può fare ricorso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza anche oltre la prima udienza del procedimento pendente.

La disposizione intende contemperare l'esigenza di favorire la risoluzione della crisi o dell'insolvenza mediante procedure di ristrutturazione o comunque mediante procedure di tipo negoziale con l'esigenza di evitare comportamenti dilatori, dannosi per i creditori e per il mercato di riferimento (così il leading case del filone più permissivo: Trib. Bologna, 23 giugno 2023).

Ma, soprattutto, all'art. 40, comma 10, CCII il legislatore dà per scontato che si possa accedere alla composizione negoziata dopo l'istanza di liquidazione giudiziale dei terzi, e una composizione negoziata senza la possibilità di accedere alle misure protettive non è mai stata nella mente del legislatore.

Il che significa che il legislatore ha ritenuto possibile la conferma delle protettive in presenza dell'istanza dei creditori.

Ciò soprattutto se si pone attenzione all'ulteriore previsione di cui all'art. 18, comma 4, CCII, ove dispone che non è possibile pronunciare la liquidazione giudiziale in pendenza di misure protettive se queste non vengono revocate.

Ancora, la disposizione in esame presuppone la pendenza di un procedimento per la liquidazione giudiziale avviato su istanza di terzi e rivela l'intento del legislatore di voler paralizzare le istanze strumentali dei creditori con le protettive.

Se si dovesse accedere all'interpretazione restrittiva e impedire la conferma in presenza dell'istanza di questi ultimi, l'art. 18, comma 4, CCII non avrebbe un effettivo significato operativo. Infatti, se la conferma fosse impedita dal procedimento unitario dei creditori, non sarebbe ipotizzabile il divieto di deposito della sentenza di formale insolvenza in pendenza delle protettive.

Conclusioni

L’arresto in commento si pone nel solco di pronunce che tendono a leggere in modo restrittivo gli istituti del Codice della crisi e a ridurne la portata applicativa, nonostante vi siano indici inequivocabili che comporterebbero letture assai più coraggiose.

Non vi è dubbio, infatti, che il legislatore italiano e unionale abbiano tentato di favorire il più possibile le soluzioni negoziate e la composizione della crisi, e con essa le misure protettive che ne facilitano l’adozione.

Le possibili ambiguità semantiche e le antinomie lasciano spazio all’inconscio degli operatori del diritto concorsuale, che tendono a deformare l’interpretazione facendo riemergere antiche ideologie ostili all’auto-ristrutturazione del debitore, così da  ridurre la portata applicativa delle nuove norme, favorendo la liquidazione giudiziale.

Esattamente l’opposto di ciò che richiedono il Codice della crisi e la Direttiva Insolvency.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.