Ultime precisazioni della Cassazione sul comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p.
11 Aprile 2024
Massima La dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, che deve accompagnare, a pena di inammissibilità, l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, secondo quanto previsto dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p., dev'essere necessariamente successiva alla pronuncia oggetto dell'impugnazione, anche nel caso in cui l'imputato vi sia stato presente. Il caso Avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale, i due imputati giudicati in presenza proponevano appello, dichiarato inammissibile dalla Corte d'appello in ragione della mancata allegazione all'atto di impugnazione della dichiarazione o elezione di domicilio prescritta dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p. nonché della mancanza della procura speciale ad impugnare. Avverso tale pronuncia, i due imputati proponevano ricorso per cassazione deducendo la violazione degli artt. 96 e 581 comma 1-ter e comma 1-quater c.p.p., sul presupposto che essendo stati giudicati in presenza dovesse ritenersi valida l'elezione di domicilio formulata all'udienza di convalida. La Cassazione, ritenendo violato l'art. 581 comma 1-ter c.p.p. concludeva per l'inammissibilità dell'impugnazione e condannava alle spese i due ricorrenti. La questione Il comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p. esige, a pena di inammissibilità dell'impugnazione, che con l'atto di gravame sia depositata anche l'elezione o la dichiarazione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto a giudizio. La questione che la Corte è stata chiamata a decidere è se sia sufficiente la precedente dichiarazione o elezione di domicilio effettuata in occasione dell'udienza di convalida dell'arresto o se occorra che la dichiarazione e l'elezione di domicilio sia sempre successiva alla pronuncia oggetto dell'impugnazione anche quando il giudizio di primo grado si è svolto in presenza dell'imputato. Le soluzioni giuridiche La Cassazione ha chiarito che l'adempimento imposto dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p. non riguarda solo l'imputato impugnante che sia stato processato in assenza, evidenziando come una diversa lettura non trovi fondamento nel dato testuale. In effetti, il comma 1-ter diversamente dal comma 1-quater non contiene l'inciso “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza” che autorizza espressamente a circoscrivere l'ambito di operatività della previsione, ma si limita a imporre genericamente tale adempimento alle parti private e ai loro difensori. Secondo la Corte, inoltre, tale lettura è conforme alla ratio della previsione che, in termini coerenti con gli obiettivi della Riforma, mira ad assicurare la regolare e celere celebrazione del giudizio di impugnazione e ad agevolare l'attività di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio. La novella avrebbe imposto alla parte impugnante un onere di leale collaborazione, funzionale alla regolare e celere notificazione del decreto di citazione a giudizio, sgravando la cancelleria dell'onere di ricerca delle precedenti dichiarazioni o elezioni di domicilio e di individuazione, in caso di pluralità delle stesse, dell'ultima manifestazione di volontà. Se questa è la finalità della previsione, in difetto di tale adempimento al momento del deposito dell'impugnazione, non è possibile riconoscere valenza alle elezioni o dichiarazioni di domicilio formulate nel precedente grado di giudizio. Tale lettura, secondo la Corte, sarebbe del resto coerente con altre modifiche di sistema apportate dalla Riforma del 2022, tra cui quelle attinenti al regime di validità della dichiarazione o dell'elezione di domicilio. Dal combinato disposto degli artt. 161 e 164 c.p.p.si evince, infatti, che la prima elezione o dichiarazione di domicilio che l'autorità esige al compimento del primo atto compiuto con la presenza dell'indagato o dell'imputato non detenuto o internato, non è più un atto a efficacia prolungata che, in assenza di modificazioni da parte dell'interessato, può rilevare ai fini della notificazione degli atti di tutti i gradi del procedimento, bensì un atto la cui efficacia è limitata e riguarda la notificazione degli atti di vocatio in iudicium espressamente indicati dal legislatore (avviso di fissazione dell'udienza preliminare, atti di citazione per il giudizio direttissimo, per il giudizio immediato, per l'udienza dibattimentale davanti al tribunale in composizione monocratica, per il giudizio d'appello, nonché del decreto penale). A conferma, infatti, l'art. 164 c.p.p. stabilisce che, con la sola eccezione delle notificazioni all'imputato detenuto – da eseguirsi, a norma dell'art. 156 comma 1 c.p.p., nel luogo della detenzione – la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per la notificazione dei singoli atti di vocatio in iudicium indicati nell'art. 161 c.p.p. L'art. 581 comma 1-ter c.p.p. si inserisce in questo assetto, prevedendo un regime ad hoc per la notificazione della citazione nel giudizio d'appello, quando impugnante sia l'imputato, un regime che imponendo una nuova dichiarazione o elezione di domicilio a pena di inammissibilità dell'impugnazione, esclude la possibilità di fare riferimento al domicilio precedentemente dichiarato o eletto. Si tratta di una soluzione che, secondo la Corte, non limita il diritto di impugnazione ma interviene a disciplinare la forma dell'atto di impugnazione al fine di assicurare la regolare e celere celebrazione del giudizio di impugnazione, entro i limiti di ciò che può essere rimesso alla discrezionalità del legislatore (in questo senso, v. anche Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2024, n. 3118 nonché Cass. pen., sez. IV, 19 gennaio 2023, n. 44376, in cui si esclude che tale adempimento limiti il diritto di impugnazione o aggravi la posizione dell'imputato generando un'asimmetria rispetto al potere di impugnazione riconosciuto al P.M.) Si deve segnalare l'esistenza di un diverso orientamento. In una pronuncia quasi coeva, la Cassazione (Cass. pen., sez. II, 22 febbraio 2024, n. 8014) ha affermato che ai fini dell'osservanza dell'art. 581 comma 1-ter c.p.p. è valida anche la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata in precedenza nel corso del procedimento da parte dell'imputato che non sia stato giudicato in assenza. Si tratta di una lettura che, secondo questo orientamento, trova un fondamento sicuro nel dato letterale posto che il comma 1-ter non richiede che la dichiarazione o l'elezione di domicilio sia successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, come invece il comma 1-quater per il mandato ad impugnare, di cui il difensore deve munirsi nel caso in cui l'imputato sia stato assente nel giudizio di primo grado (art. 581 comma 1-quater c.p.p.). Un'ulteriore conferma discenderebbe dalla ratio della previsione che, nell'esigere quell'adempimento, intende semplicemente agevolare la vocatio in iudicium e non anche garantire la consapevolezza da parte dell'imputato di impugnare la decisione di primo grado, finalità che è invece propria del comma 1-quater, disposizione pensata per l'assente al giudizio. Infine, secondo questo orientamento, aderire all'opposta interpretazione significherebbe applicare estensivamente una disposizione che, per il fatto di prevedere una invalidità in caso di inosservanza, soggiace al principio di tassatività e di conseguenza ostacolare indebitamente l'accesso ad un giudizio di impugnazione in violazione dei diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti. Osservazioni La pronuncia in esame si colloca nel solco di quella copiosa giurisprudenza sull'art. 581 comma 1-ter c.p.p. alimentata dalle molteplici questioni interpretative che riguardano la sua portata applicativa. La collocazione sistematica all'interno di una norma che disciplina le forme prescritte a pena d'inammissibilità dell'impugnazione, ha portato a ritenere che la dichiarazione o l'elezione di domicilio sia ora requisito generale di ammissibilità dell'impugnazione. Sono sorti, però, dubbi sul se l'adempimento richiesto riguardasse anche l'impugnazione proposta dall'imputato detenuto, l'impugnazione della parte civile, la proposizione del ricorso per cassazione e delle impugnazioni cautelari. Quanto alla prima questione, pare prevalere l'orientamento che ritiene inapplicabile l'art. 581 comma 1-ter nel caso in cui l'imputato sia detenuto al momento della proposizione del gravame, dovendosi in tal caso provvedere alla notifica come stabilito dall'art. 156 c.p.p. sempre nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona (Cass. pen., sez. IV, 1° febbraio 2024, n. 4342; Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2024, n. 4233; Cass. pen., sez. I, 21 dicembre 2023, n. 51273; Cass. pen., sez.VI, 23 novembre 2023, n. 47174; Cass. pen., sez. VI, 23 novembre 2023, n. 47172; Cass. pen., sez. V, 21 novembre 2023, n. 46831; Cass. pen., sez. II, 20 settembre 2023, n. 38442; Cass. pen., sez. II, 28 luglio 2023, n. 33355; contra Cass. pen., sez. VI, 2 novembre 2023, n. 44154; Cass. pen., sez. IV, 23 maggio 2023, n. 22140; Cass. pen., sez. IV, 16 ottobre 2023, n. 41858 relativamente all'appellante sottoposto agli arresti domiciliari). Quanto alla seconda questione, la giurisprudenza ha chiarito che l'art. 581 comma 1-ter c.p.p. non si applica all'impugnazione proposta dalla parte civile, dal responsabile civile e dal civilmente obbligato per la pena pecuniaria in quanto tali parti possono stare in giudizio soltanto tramite un difensore munito di procura speciale, presso il quale s'intende eletto il loro domicilio, ai fini della notifica di tutti gli atti processuali a loro diretti (Cass. pen., sez. V, 15 febbraio 2024, n. 6993; Cass. pen., sez. VI, 2 aprile 2019, n. 14404). Soluzioni negative hanno avuto anche i quesiti relativi all'applicabilità dell'art. 581 comma 1-ter c.p.p. al giudizio di cassazione, non essendo previsto in tale sede il decreto di citazione a giudizio (Cass. pen., sez. II, 6 ottobre 2023, n. 40824) e alle impugnazioni cautelari. In particolare, con riferimento a queste ultime, si è precisato che il comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p. è norma di stretta interpretazione (Cass. pen., sez. I, 7 giugno 2023, n. 29321) come tale non applicabile al sottosistema cautelare (Cass. pen., sez. IV, 23 maggio 2023, n. 22140). La soluzione adottata nel caso oggetto della pronuncia in esame, si colloca, invece, nel solco di quelle letture che tendono ad ampliare la portata applicativa dell'art. 581 comma 1-ter c.p.p. e, dunque, la sfera dell'inammissibilità. Ciò avviene sulla base di una interpretazione estensiva della disciplina che nella misura in cui si discosta dal tenore letterale della disposizione pare censurabile. In effetti, il comma 1-ter dell'art. 581 c.p.p. non contiene alcun riferimento esplicito alla necessità che la dichiarazione e l'elezione di domicilio siano rilasciati dopo la pronuncia della sentenza mentre tale requisito si ricava dal comma 1-quater che sancisce degli adempimenti specifici per la proposizione dell'impugnazione nell'interesse del soggetto assente. Posto ciò, considerato che l'adempimento in questione è previsto per agevolare la vocatio in ius e non per garantire la consapevolezza da parte dell'imputato di impugnare la decisione, preferibile pare l'orientamento che ritiene valida anche la dichiarazione o l'elezione di domicilio effettuata nel corso del procedimento, anche se in epoca precedente alla sentenza di primo grado e nella fase delle indagini preliminari, fermo restando l'onere a carico del difensore di verificarne la sussistenza e l'attualità. Una tale lettura oltre ad essere in linea con il dato letterale pare suggerita dalla necessità di interpretare le disposizioni che introducono dei limiti all'esercizio del diritto di impugnazione e, quindi, del diritto di difesa, in modo tassativo. Invero, sebbene rientri nella discrezionalità del legislatore introdurre cause di inammissibilità, queste, producendo l'effetto di selezionare in entrata in gravami – oltre a dover rispondere a criteri di ragionevolezza - devono essere descritte e interpretate in modo stringente, incidendo sul diritto di accesso alla giurisdizione. Riferimenti A. Bassi- C. Parodi, La riforma del sistema penale. Commento al D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, Milano, 2021; R. Bricchetti, Prime riflessioni sulla riforma: disposizioni generali sulle impugnazioni, in IUS Il penalista, 26 ottobre 2022; A. Capone, Le impugnazioni tra speditezza e garanzie, in Riforma Cartabia, Speciale Dir. pen. proc., 2022, p. 184. |