La nozione di amministratore di fatto e reati fallimentari: la Cassazione conferma principi consolidati
12 Aprile 2024
Massima In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, può essere valorizzato l'esercizio, in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione o anche soltanto ad alcuni di essi, secondo una valutazione degli “indicatori di capacità gestionale” dei quali spetta al giudice di merito la valutazione della pregnanza in concreto. Il caso L'imputato era condannato per il delitto di bancarotta fraudolenta in ragione della qualifica di amministratore di fatto rivestita. Proposto ricorso in Cassazione era dedotta l'estraneità gestionale dell'imputato. La Corte di cassazione rigettava il gravame, osservando che gli elementi probatori evidenziavano lo svolgimento di un autonomo ruolo gestionale della società fallita, non limitato a mansioni subordinate e settoriali. La questione La questione in esame è la seguente: quali sono le caratteristiche necessarie per la configurabilità dell'amministratore di fatto? Le soluzioni giuridiche La pronuncia in commento si occupa dell'individuazione dei soggetti responsabili con riferimento alla figura del c.d. "amministratore di fatto". Con la denominazione, generalmente accettata, di "amministratore di fatto" si intende quel soggetto che svolge un'effettiva attività di gestione, esercitando in concreto i poteri corrispondenti a quelli propri dell'amministratore, senza averne la qualifica. Una situazione del genere si può in pratica verificare in una varietà di casi, dall'irregolarità dell'investitura per il mancato rispetto di tutte le specifiche formalità dettate dalla legge alla c.d. prorogatio, ossia alla continuazione dell'esercizio della carica, originariamente basata su un titolo valido, nonostante la sopravvenuta rinuncia, revoca, cessazione (per scadenza del termine) o decadenza (per sopravvenuta incapacità o per altra causa), fino all'ipotesi, non infrequente, di chi eserciti di fatto i poteri tipici dell'amministratore, senza che vi sia mai stato alcun atto, neppure viziato, di nomina A tal riguardo, la presente pronuncia si conforma all'orientamento granitico a mente del quale ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore "di fatto" è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta, come nel caso che ci occupa, da congrua e logica motivazione. In particolare, alla giurisprudenza di legittimità non è estranea l'affermazione del principio, secondo cui la prova della qualifica di amministratore di fatto può trarsi anche dal conferimento di una procura generale ad negotia, quando questa, per l'epoca del suo conferimento e per il suo oggetto, concernente l'attribuzione di autonomi e ampi poteri, sia sintomatica della esistenza del potere di esercitare attività gestoria in modo non episodico o occasionale ovvero sia seguita dall'attivazione dei poteri conferiti con la procura stessa (Cass. pen., n. 4865/2021). Ai fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore "di fatto" non occorre l'esercizio di "tutti" i poteri tipici dell'organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale (Cass. pen., n. 22108/2015); ciò sul rilievo che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'art. 2639 c.c. postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, "significatività" e "continuità" non comportano necessariamente l'esercizio di "tutti" i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale (Cass. pen., n. 36556/2022). E' stato al riguardo precisato che, ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore "di fatto", è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Cass. pen., n. 8479/2016). Osservazioni La posizione dell'amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando l'attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, oltre che quella di amministratore di fatto mediante l'estensione delle qualifiche soggettive disciplinata dall'art. 2639 c.c., costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale. La disciplina sostanziale si traduce, in via processuale, nell'accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall'organico inserimento del soggetto, quale intraneus che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell'iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi -rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti - in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare (Cass. pen., n. 18464/2006). La ricostruzione del profilo di amministratore di fatto deve condursi, in ambito penalistico, alla stregua di specifici indicatori, individuati non soltanto rapportandosi alle qualifiche formali ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (Cass. pen., n. 41793/2016) bensì sulla base delle concrete attività dispiegate in riferimento alla società oggetto d'analisi, riconducibili - secondo validate massime di esperienza - ad indici sintomatici, quali la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi, l'intervento nella declinazione delle strategie d'impresa e nelle fasi nevralgiche dell'ente economico. Non si pone pertanto l'accento unicamente sulla formale assegnazione della qualifica di amministratore, ma anche sulla sostanziale allocazione interna all'organizzazione societaria delle competenze proprie di tale figura. Lo svolgimento di fatto di funzioni gestorie può derivare non solo dal caso in cui il soggetto eserciti, pur in assenza di una formale investitura, le funzioni ed i poteri tipici delle corrispondenti figure di diritto - tra le quali vi è anche quella dell'institore cui pure il ricorso fa genericamente ed inutilmente riferimento da! momento che ai sensi dell'art. 227 l. fall. all'institore si applicano comunque le disposizioni di cui all'art. 216 l. fall. - ma anche dalle ipotesi in cui l'atto di nomina sia per qualsiasi ragione invalido (ad esempio perché adottato in presenza di cause di ineleggibilità) oppure revocato. Ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore "di fatto" è dunque sufficiente la presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta - come nel caso di specie - da congrua e logica motivazione (Cass. pen., n. 45134/2019). Sicché ai fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore "di fatto" non occorre - così come per i casi di amministrazione formale - l'esercizio di "tutti" i poteri tipici dell'organo di gestione potendosi verificare ipotesi di cogestione, anche di fatto, ma è necessaria, e sufficiente, una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale, tale da fornire elementi sintomatici dell'organico inserimento del soggetto, quale intraneus, nell'assetto societario. Vengono riconosciuti come indici dimostrativi di tale posizione di fatto, tra gli altri, l'intervento nella declinazione delle strategie d'impresa e nelle fasi nevralgiche dell'ente economico, e tali sono da ritenere certamente proprio quelle attività involgenti la gestione, con potere decisionale, dei dipendenti e delle commesse cui è conseguita la identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi. |