La violazione delle norme imperative del TUB comporta nullità: nota a ordinanza

16 Aprile 2024

Il contributo fornisce una prima lettura critica alla recente ordinanza della Cassazione n. 7243/2024 in tema di recupero di crediti cartolarizzati in mancanza di autorizzazione dei servicers.

Premessa

La recente ordinanza n. 7243, resa in data 18 marzo 2024 dalla Suprema Corte di cassazione, ha statuito il principio secondo cui le norme che disciplinano l'attività di recupero dei crediti cartolarizzati di cui all'art. 2, comma 6, l. n. 130/1999, e art. 106 T.U.B. “non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all'autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d'Italia) e presidiati anche da norme penali; - conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un'invalidità «derivata» ”.

La Corte di legittimità riconosce, dunque, la rilevanza pubblicistica e gli effetti sanzionatori delle norme di regolamentazione bancaria, ma aggiunge che la loro violazione non ha una ricaduta civilistica: gli atti cognitivi ed esecutivi sono comunque validi. Tal apparato normativo, come noto, impone:

  1. il dover ritenere che il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione possa essere svolto soltanto da banche e/o da intermediari finanziari o altri operatori iscritti al relativo albo ex art. 106 TUB;
  2. che in mancanza di iscrizione o di autorizzazione si applica l'art. 132 TUB, che prevede gravi sanzioni a carico di coloro che commettono il reato di abusiva attività finanziaria.

Per l'estensore dell'ordinanza le eccezioni secondo cui la mancanza di autorizzazione dei servicers inferisce anche sul piano della legittimazione ad causam, poiché la procura risulta nulla, risultano “artificiose e destituite di fondamento” e non può essere, per la Corte, condivisa la tesi secondo cui si ravvisino “nelle citate disposizioni norme imperative inderogabili in quanto poste a presidio di interessi pubblicistici con la conseguente nullità, sotto il profilo civilistico, dei negozi civilistici (cessioni, mandati) negli atti compiuti in loro violazione”.

Le disposizioni del TUB e della circolare di Banca d'Italia n. 288 del 3 aprile 2015

L'ordinanza in commento stride contro la norma (il Testo  Unico Bancario) e le circolari della Banca d'Italia in materia (in particolare la n. 288 del 03/04/2015).

  1. Non solo le banche, ma anche gli altri operatori finanziari, nella specie i servicers, quali soggetti cui è devoluta l'attività di recupero e la gestione dei crediti nell'ambito di operazioni di cessione di crediti, ivi incluse le cartolarizzazioni devono chiedere l'iscrizione nell'albo previsto dall'art. 106 T.U.B. (Circolare della Banca d'Italia n. 288 del 3 aprile 2015);
  2. in mancanza di tale iscrizione, viene meno il presupposto fondamentale per esplicitare l'attività di riscossione dei crediti ceduti.
  3. Ciò ha inferenza anche sul piano del rapporto processuale, perché viene inficiata la condizione dell'azione, si sgretola la legitimatio ad processum. Da qui la lesione della norma imperativa ex art. 1418 del Codice Civile.

Le contrarie proposizioni della giurisprudenza di merito “reputate artificiose e destituite di fondamento” dall'ordinanza n. 7243

Queste doglianze sono state sollevate soprattutto nell'ambito dei processi esecutivi ed è stato ritenuto che esse fossero da ritenersi eccezioni in senso lato che, poiché involgono un presupposto dell'azione, può il giudice, ex art. 484 c.p.c., rilevarle d'ufficio, implicando l'arresto, un argine, dell'actio in executivis.

È stato, infatti, ritenuto che “la previsione di diverse sanzioni da parte dell'art. 132 T.U.B. non sia sufficiente a tutelare l'interesse protetto, posto che occorre evitare che, nello specifico, soggetti non iscritti all'elenco di cui all'art. 106 agiscano per la riscossione dei crediti di cui sono titolari le società veicolo […]. L'atto con cui quest'ultima conferisce la procura per la riscossione dei propri crediti ad una società non iscritta all'albo è da reputarsi nullo per violazione di norma imperativa ai sensi dell'art. 1418 co. 1 c.c.; con la conseguenza che la stessa mandataria risulta priva del potere di rappresentanza sostanziale e processuale della società veicolo” (Ex multis Trib. Cagliari, Sez. Es. Imm., 31 gennaio 2024; cfr. Tribunale Monza, 22 Gennaio 2024. Est. Ambrosio).

Le criticità dell'ordinanza: necessario riferimento alla normativa di settore come “effettivo presidio di conformità”, “riserva di attività” e “principio della vigilanza equivalente”

L'ordinanza della Corte presenta indubbie criticità, poiché non tiene conto di un poderoso e rilevante dibattito dottrinale e scientifico le cui coordinate, se ponderate con meditato giudizio, portano alla conclusione della sua assoluta inadeguatezza.

Per la Corte -ed è un grave vulnus- le norme di cui alla regolamentazione bancaria, seppure inderogabili ed imperative, non avrebbero una ricaduta civilistica.

Ma non è così.

I servicers -identificati come altri operatori finanziari diversi dalle banche- debbono essere iscritti nell'albo ex art. 106 del Testo Unico Bancario e l'attività da essi esplicata non ne può prescinde.

Il T.U.B. e la circolare n. 288/2015 di Banca di Italia, già mentovata, ne impongono l'iscrizione, atteso che l'attività di riscossione è motivata dalla necessità di garantire un effettivo presidio di conformità; la natura di banca/intermediario finanziario cui dovrebbe assurgere questo soggetto, infatti, implica la sottoposizione dello stesso alle più stringenti regole previste per gli operatori vigilati e, soprattutto, ai controlli di un'Autorità di Vigilanza, la Banca d'Italia.

Lo svolgimento di attività di riscossione di crediti cartolarizzati pone quella che si definisce “riserva di attività”. Si attua in ultima analisi nei confronti di questi operatori il “principio della vigilanza equivalente”, secondo cui gli altri operatori, diversi dalle banche, sono assoggettati allo stesso regime prudenziale previsto per queste ultime e ciò avviene con il fine precipuo che la disciplina prevista per gli intermediari e per le banche sia contemplata anche per altri operatori (in Commentario breve al Testo Unico Bancario a cura di Costi-Vella, Padova, 2019, commento all'art. 106).

L'autorizzazione di Banca d'Italia intesa, dalla migliore dottrina di diritto amministrativo, come costitutiva di fatto giuridico della capacità di agire

Il regime di riserva per lo svolgimento dell'attività di riscossione impone l'ottenimento di un'autorizzazione e l'iscrizione ad un apposito albo. Trattasi di condizioni di legittimità, dalla cui inosservanza  discende la nullità dei contratti conclusi dall'intermediario non iscritto all'albo per violazione dell'art. 1418 c.c. (così, Cass. civ., Sez. I, 06/04/2001, n. 5114).

L'autorizzazione è data dalla Banca d'Italia nel rispetto delle condizioni così come indicate nell'art. 107 del TUB. Essa, come è stato autorevolmente sostenuto, inerisce all'ambito delle autorizzazioni costitutive, nell'insegnamento di Massimo Severo Giannini. In altri termini “il provvedimento autorizzatorio è visto come fatto giuridico costitutivo della capacità di agire […]. Trattasi di tipico procedimento autorizzatorio, in funzione di controllo, in forza del quale il decidente deve verificare se sussistono condizioni che rendono possibile il relativo rilascio, perciò si dice che essi sono costitutivi di diritti” (Giannini M.S., Diritto Amministrativo, vol. II, III ed.. Giuffrè, 1993, 621-622).

La peculiarità dell'autorizzazione in ambito bancario e finanziario è proprio la sottoposizione del soggetto autorizzato ad una normativa speciale derogatoria rispetto al diritto comune, che si traduce, perciò, in un regime di vigilanza ad hoc.

Si rimarchi che la specialità della normativa bancaria e finanziaria, caratterizzata da una pervasiva regolamentazione a tutela di interessi pubblicistici che la distinguono da altre attività economiche, fu ricompresa tra le ipotesi di ordinamenti sezionali (Giannini M.S., Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Monete e credito, 1949).

Gli articoli 106 e 107 del TUB ricalcano la disposizione dell'art. 14, delineando come è stato autorevolmente sostenuto, “la configurazione giuridica della potestà autorizzatoria dell'attività bancaria come punto nodale tra controllo pubblico ed autonomia privata imprenditoriale. Di più: la qualificazione giuridica che si dà alla potestà amministrativa che condiziona l'ingresso dell'imprenditore nel mercato- ai suoi parametri ed ai suoi limiti- si riverbera sull'intero ordinamento bancario, concorrendo a definirne i caratteri, insieme con pochi altri elementi apicali.

1. Il raggruppamento degli operatori in un albo;

2. la massiccia presenza di una normazione secondaria e di prescrizioni operative, adottate incisivamente anche dalla Banca centrale europea e dalla Banca d'Italia oltreché dal Ministro dell'Economia;

3. la supervisione sulle banche sostanziata di forti poteri di intervento, correttivi e sanzionatori, ne costituiscono una riprova” (così: Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione; l'elencazione è nostra, nda).

Il principio di sana e prudente gestione

Deve essere posto in debita evidenza che l'intero procedimento autorizzatorio è ordinato a verificare che la sussistenza di tutte le condizioni prescritte garantisca, in prospettiva, la sana e prudente gestione della banca autorizzanda.

Trattasi di un principio a forma di endiadi che è molto diffuso a mo' di formula sacramentale nel seno della semantica del Testo Unico bancario.

Si tratta di un dosaggio del sistema, un parametro cui deve conformarsi la Banca d'Italia nell'analizzare la consistenza di tutte le condizioni ed i requisiti previsti dall'art. 107. Per esempio, è scritto nelle stesse Istruzioni che il programma, le linee di sviluppo in esse previste, non devono contrastare con la sana e prudente gestione.

La stessa giurisprudenza ha ricalcato l'assunto secondo cui la sana e prudente gestione impone un sindacato degli organi di vigilanza che si introietta nell'alveo della discrezionalità tecnica: “l'autorizzazione per lo svolgimento dell'attività bancaria si configura quale provvedimento finalizzato a controllare la sussistenza dei presupposti di legge ed implica il potere dovere della Banca d'Italia, quale autorità proposta alla vigilanza, di verificare che dalla sussistenza di tali presupposti risulti garantita la sana e prudente gestione della nuova banca, formulando un giudizio fondamentalmente tecnico sull'idoneità di essa ad operare sul mercato” (T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, Sentenza, 04/06/2010, n. 8315).

Allo stesso modo: “in tema di autorizzazioni rilasciate dalla Banca d'Italia, l'apprezzamento rimesso dalla legge alla Banca d'Italia in merito alla «sana e prudente gestione» (recte: alla compatibilità dell'operazione da autorizzare con la sana e prudente gestione del soggetto vigilato) è riconducibile alla categoria delle valutazioni tecniche complesse, per le quali è escluso un sindacato giurisdizionale caratterizzato dalla possibilità di sostituzione della valutazione del giudice a quella effettuata dall'amministrazione” (T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 09/08/2005, n. 3861).

È evidente, perciò, che l'attività di riscossione dei crediti ceduti ed il relativo pagamento nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, deve soggiacere a questo regime autorizzatorio che caratterizza e configura un apparato di norme inderogabile ed imperativo.

L'agere di questi operatori deve essere connotato da imparzialità e professionalità. Proprio quest'ultimo requisito si compendia in uno svolgimento dell'attività in parola che deve espletarsi in maniera stabile, duratura e sistematica.

L'obiettivo delle norme, infatti, è evitare un rischio sistemico che può ingenerarsi se questi operatori sfuggono all'articolatissima regolamentazione (in Commentario al Testo Unico. Commento a cura di Capriglione F. e Lemma V. all'art. 106, 1506 e ss.).

Le norme del TUB come inderogabili e sanzionatorie con ineludibile ricaduta nell'ambito civilistico. Uno sguardo alla teoria generale del diritto

Le norme di cui al Testo Unico Bancario sono inderogabili e sanzionatorie secondo i principi generali del diritto, perché sono precettive.

Vezio Crisafulli sostiene che le norme sono imperative, perché in primo luogo sono precettive: “il precetto in senso stretto si risolve nel diverso schema secondo cui poiché c'è A ci deve essere B” (Crisafulli V., Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, 1, Padova, 2007, 26).

Esse contengono il comando e la sanzione. E non si può certo ritenere che quelle contenute nel seno del Testo Unico Bancario non siano tali. Lo riconosce anche la Corte con l'ordinanza in commento, anche se tuttavia giunge ad una conclusione paradossale: che non hanno effetto civilistico. Come se si volesse sostenere per esempio che una norma che preveda che una determinata azione sia configurata come un reato, non sia anche un illecito civile.

 Perciò si approda all'incomprensibile.

Si segua quanto è statuito all'art. 132 del Testo Unico: “Chiunque svolge, nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, in assenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 107 o dell'iscrizione di cui all'articolo 111 ovvero dell'articolo 112, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 2.065 ad euro 10.329”. Se perciò questa norma ha un effetto penalistico ha anche una ricaduta civilistica. Essa è indubbiamente imperativa, in quanto “poiché il reato consiste nella violazione di un precetto dell'ordinamento giuridico-penale, sua nota fondamentale è il contrasto, l'opposizione col diritto: questa contraddizione viene indicata con il termine antigiuridicità ed anche illiceità. […] Allorché, invero, si parla di antigiuridicità, si esprime un giudizio su un fatto; si compie una valutazione, riconoscendo che il fatto è contrario ad un precetto dell'ordinamento giuridico” (Antolisei F., Manuale di Diritto Penale, X ed., A. Giuffré Editore, 1987, 165-166).

L'antigiuridicità pone la conseguenza di cui all'art. 1418 c.c: gli compiuti dagli intermediari privi delle autorizzazioni sono nulli.

La Comunicazione di Banca d'Italia agli Intermediari Finanziari dell' 11 novembre 2021 che costituisce suffragio e dimostrazione tangibile di come la violazione dell'impianto normativo comporti atti nulli

Si deve tener conto, infatti, che proprio la Banca d'Italia, con la citata comunicazione dal titolo “Servicers in operazioni di cartolarizzazione. Profili di rischiosità e linee di vigilanza”, ha ritenuto: “la scelta di rimettere a banche e intermediari finanziari i compiti di servicing nelle operazioni di cartolarizzazione dei crediti, risponde all'esigenza di assicurare un effettivo presidio di conformità su tali operazioni, mediante il coinvolgimento diretto di soggetti vigilati e specializzati nella gestione dei crediti e dei flussi di pagamento. Le verifiche effettuate in questi anni hanno, tuttavia, messo in luce la diffusione di prassi di mercato non pienamente coerenti con il descritto quadro normativo, suscettibili di ostacolare il raggiungimento dei citati obiettivi”.

Inoltre, sempre la Banca d'Italia: “Dal punto di vista organizzativo, gli assetti dei servicers vigilati sono risultati non sempre adeguati all'accresciuta complessità operativa, con conseguente esposizione degli intermediari a rischi di natura operativa e reputazionale. Sono state spesso riscontrate carenze nei sistemi di controllo e nel presidio dei rischi operativi, oltre che debolezze nella gestione dei rapporti con gli special servicers, sia in sede di valutazione iniziale dei soggetti incaricati, sia nel monitoraggio nel continuo delle relative performance di recupero. Quest'ultima attività è talvolta risultata, specie negli intermediari di minori dimensioni, priva di approfondimenti su entità e rilevanza degli scostamenti rispetto ai business plan e, pertanto, di spunti critici rappresentabili agli organi di governo nell'ambito delle informative periodiche sull'andamento delle operazioni gestite”.

Ne consegue, alla luce di quanto esposto, che la Suprema Corte debba rimeditare il suo pensiero, altrimenti saranno i giudici di merito ad avvalersi del nuovo strumento, previsto dalla Riforma Cartabia, di cui all'art. 363-bis c.p.c.: il rinvio pregiudiziale.

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