Le modifiche della disciplina processuale
Le modifiche sostanziali
Innanzitutto, l’art. 3, comma 6, lett. a), Decreto integrativo e correttivo modifica l’art. 473-bis c.p.c.
In primo luogo, specifica l’ambito applicativo del nuovo rito unico in materia familiare e personale, precisando, da un lato, che anche le domande di risarcimento del danno conseguente a violazione di doveri familiari (c.d. danno endofamiliare) rientrano nell’ambito applicativo del nuovo rito, riconoscendo quanto auspicato dalla più attenta dottrina e, dall’altro lato, esclude dall’ambito di applicazione la domanda volta ad ottenere lo scioglimento della comunione legale.
In secondo luogo, viene introdotta la disciplina del mutamento del rito (cfr. artt. 473-bis, comma 3-5, c.p.c.): laddove uno dei procedimenti assoggettati al rito speciale venga promosso in forme diverse, l’Autorità Giudiziaria procedente ordina il mutamento del rito e fissa l’udienza di prima comparizione regolata dall’art. 473-bis.21 c.p.c., assegnando alle parti termini perentori per l’eventuale integrazione degli atti. Quando, al contrario, è promossa con le forme del rito speciale una causa che deve invece essere trattata secondo un rito diverso, l’Autorità Giudiziaria procedente, se la causa stessa rientra nella sua competenza, ordina il mutamento del rito dando le disposizioni per l’ulteriore corso del processo, altrimenti dichiara la propria incompetenza e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa con il rito corretto.
La modifica normativa risponde all’esigenza di evitare che la non corretta scelta del rito processuale possa comportare una pronunzia in rito costringendo la parte ricorrente ad introdurre nuovamente la medesima domanda. La ratio dell’intento normativo deve essere individuata nella volontà di garantire una maggiore contrazione dei tempi processuali come dimostra anche il fatto che i provvedimenti di mutamento del rito dovranno essere assunti entro la prima udienza e che gli effetti sostanziali e processuali della domanda di producano secondo le forme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate prima del mutamento stesso.
L’art. 3, comma 6, lett. b), Decreto integrativo e correttivo introduce l’art. 473-bis.14, comma 6, c.p.c. che consente all’Autorità Giudiziaria procedente, in caso di urgenza, di ridurre fino alla metà i termini per la costituzione del convenuto e per il deposito delle memorie integrative di cui all’art. 473-bis.17 c.p.c.
Il c.d. correttivo Nordio interviene anche sulla disciplina dei provvedimenti indifferibili ed urgenti di cui all’art. 473-bis.15 c.p.c.
In primo luogo, l’art. 3, comma 6, lett. c) Decreto integrativo e correttivo prevede che l’udienza successiva al provvedimento assunto inaudita altera parte debba essere fissata avanti al Giudice che ha emesso il provvedimento e, dunque, avanti al Presidente o al Giudice delegato. Tale precisazione normativa consente di chiarire, superando un dubbio interpretativo, che l’udienza ove si discute della conferma, della modifica o della revoca del provvedimento indifferibile assunto inaudita altera parte non debba essere celebrata avanti al collegio giudicante.
In secondo luogo, l’art. 3, comma 6, lett. c), Decreto integrativo e correttivo introduce l’art. 473-bis.15, comma 2, c.p.c. il quale – apparentemente risolvendo il problema della reclamabilità – prevede che l’ordinanza con cui il Giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti adottati inaudita altera parte sia reclamabile unitamente ai provvedimenti provvisori emessi ad esito della prima udienza di comparizione (cfr. art. 473-bis.22 c.p.c.) e, dunque, con il reclamo di cui all’art. l’art. 473-bis.24 c.p.c.
L’art. 3, comma 6, lett. f), Decreto integrativo e correttivo, modificando l’art. 473-bis.34 c.p.c., prevede che anche i provvedimenti temporanei emessi dalla Corte d’Appello siano reclamabili nei limiti di cui all’art. 473-bis.24 c.p.c., e che il reclamo deve essere proposto alla medesima Corte d’Appello che decide in diversa composizione. Ove, tuttavia, non sia possibile comporre altro collegio specializzato, ad esempio perché le tabelle di organizzazione dell’ufficio non prevedono un secondo collegio che si occupi delle materie in esame, gli atti saranno trasmessi d’ufficio alla Corte d’Appello più vicina. La novità normativa risponde all’esigenza, non solo di chiarire la competenza e l’individuazione del giudice del reclamo, ma anche di mantenere la competenza in materia familiare del collegio giudicante.
Il c.d. correttivo Nordio (art. 3, comma 6, lett. g, Decreto integrativo e correttivo) interviene sull’art. 473-bis.38 c.p.c., precisando che la competenza per l’attuazione dei provvedimenti sull’affidamento del minore e per la soluzione delle controversie in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale deve essere determinata alla luce di quanto prevede l’art. 473-bis.38, comma 1, c.p.c. se pende tra le parti un procedimento avente ad oggetto la titolarità e l’esercizio della responsabilità genitoriale. Pertanto, per «procedimento in corso» si intende, non solo il procedimento nell’ambito del quale sono stati emessi i provvedimenti che necessitano di attuazione, ma, più in generale, un qualunque procedimento che abbia ad oggetto la titolarità o l’esercizio della responsabilità genitoriale. Il fine perseguito è quello di ottenere, nell’interesse del minore, una sempre maggiore concentrazione delle tutele davanti al medesimo giudice.
L’art. 3, comma 6, lett. h), Decreto integrativo e correttivo interviene sulla disciplina dei procedimenti di separazione, divorzio, scioglimento dell’unione civile e di regolamentazione della responsabilità genitoriale, precisando che in mancanza di figli minori la competenza possa essere determinata, non solo facendo riferimento alla residenza, ma anche al domicilio dell’attore (cfr. art. 473-bis.47, comma 1, c.p.c.). Inoltre, viene introdotto l’art. 473-bis.47, comma 2, c.p.c. in forza del quale il pubblico ministero può impugnare la sentenza che definisce il giudizio, limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci, accorpando nella disciplina processuale quanto previsto dall’art. 5, comma 5, l. n. 898/1970 (che viene contestualmente abrogata dall’art. 6 Decreto integrativo e correttivo).
Da ultimo, il c.d. correttivo Nordio interviene sugli ordini di protezione contro gli abusi familiari. Innanzitutto, l’art. 1, comma 1, Decreto integrativo e correttivo abroga gli artt. 342-bis e 342-ter c.c., facendo venire meno un difetto di coordinamento posto che la c.d. Riforma Cartabia aveva sostituito la disciplina con gli artt. 473-bis.69 - 473-bis.71 c.p.c., senza però espungere dall’ordinamento la disciplina codicistica.
Viene introdotto l’art. 473-bis.71, comma 6, c.p.c., in forza del quale quando la condotta pregiudizievole è tenuta dalla parte che ha introdotto o nei confronti della quale è stato introdotto un procedimento di separazione, divorzio, scioglimento dell’unione civile o di regolamentazione della responsabilità genitoriale, la domanda si propone al Giudice davanti a cui pende la causa, che può assumere provvedimenti aventi i contenuti indicati nell’art. 473-bis.70 c.p.c. (art. 3, comma 6, lett. n, Decreto integrativo e correttivo).
Inoltre, viene introdotto l’art. 473-bis.72 c.p.c. – rubricato Pericolo determinato da altri familiari – secondo cui la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari si applica, in quanto compatibile, anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell’unione civile o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell’unione civile o dal convivente. In tal caso l’istanza è proposta dal componente del nucleo familiare in danno del quale è tenuta la condotta pregiudizievole (art. 3, comma 6, lett. o, Decreto integrativo e correttivo).
Entrambe le modifiche rispondono ad un’esigenza di razionalizzazione e coordinamento nella misura in cui incorporano all’interno del codice di rito quanto previsto dagli artt. 5 e 8 l. n. 154/2001, che vengono contestualmente abrogate (art. 6, comma 4, Decreto integrativo e correttivo).
Da ultimo, l’art. 5 Decreto integrativo e correttivo apporta una modifica all’art. 387-bis c.p. nella misura in cui sostituisce il riferimento all’art. 342-ter, comma 1, c.c. con il riferimento all’art. 473-bis.70, comma 1, c.p.c. di uguale contenuto rispetto alla disciplina del codice civile contestualmente abrogata.
Le modifiche formali e di coordinamento
L’art. 3, comma 6, lett. d), Decreto integrativo e correttivo interviene sull’art. 473-bis.19 c.p.c. precisando – attraverso l’introduzione del riferimento all’art. 473-bis.16 c.p.c. – che il sistema di decadenze previsto dal rito unito in materia familiare e personale si applica anche al convenuto.
Anche la modifica apportata dall’art. 3, comma 6, lett. e), Decreto integrativo e correttivo all’art. 473-bis.24 c.p.c. si risolve in una differente formulazione della norma che non modifica la disciplina attualmente vigente, ma si limita a chiarire che il reclamo relativo ai provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché a quelli che prevedono sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l’affidamento a soggetti diversi dai genitori, non si differenzia, per natura e contenuto, dal reclamo proposto avverso i provvedimenti temporanei ed urgenti di cui all’art. 473-bis.22 c.p.c.
L’art. 3, comma 6, lett. i), Decreto integrativo e correttivo corregge due errori formali contenuti nell’art. 473-bis.51 c.p.c.: si sostituisce il rinvio ai numeri dell’art. 473-bis.12, comma 1, c.p.c. – richiamando, però, l’intero comma 1 dell’art. 473-bis.12, comma 1, c.p.c. in modo che anche la determinazione dell’oggetto della domanda e l’indicazione dei documenti che la parte offre in comunicazione, prima esclusi dal richiamo, siano elementi che devono essere contenuti anche nell’atto introduttivo del procedimento a domanda congiunta – e l’errato riferimento all’art. 473-bis.13, comma 3, c.p.c.
Inoltre, si sostituisce il riferimento alla Pretura contenuto nell’art. 473-bis.65 c.p.c. con il corretto richiamo al Tribunale (cfr. art. 3, comma 6, lett. l, Decreto integrativo e correttivo) e vengono abrogati gli artt. 473-bis.67 e 473-bis.68 c.p.c. in quanto riferiti all’istituto del patrimonio familiare abrogato nel 1975 (cfr. art. 3, comma 6, lett. m, Decreto integrativo e correttivo).