Restituzione dei finanziamenti al socio: bancarotta fraudolenta patrimoniale o preferenziale?

19 Aprile 2024

La Corte di cassazione riafferma un principio di diritto, ormai consolidato, in tema di restituzione al socio di finanziamenti da questi effettuati a titolo di mutuo e corrispondente qualificazione di tale condotta come bancarotta preferenziale (e non come bancarotta fraudolenta patrimoniale).

Alla stesura del contributo ha partecipato il Dott. Mattia Passoni

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Massima

Solo il prelievo di somme di denaro a titolo di restituzione dei versamenti operati dai soci in conto capitale costituisce effettivamente una distrazione ed integra, pertanto, la fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale, mentre la restituzione di quelli operati dai soci a titolo di mutuo è punibile a titolo di bancarotta preferenziale, a prescindere dalla qualifica rivestita dal destinatario delle restituzioni all’interno della società.

Il caso

La Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema del discrimen tra bancarotta fraudolenta patrimoniale e preferenziale nel caso di prelievi di somme di denaro dalle casse sociali per la restituzione ai soci; argomento, peraltro, già ampiamente dibattuto sul quale può dirsi ormai consolidato un orientamento giurisprudenziale nettamente maggioritario che fa leva sulla natura delle somme oggetto del prelievo.

La questione scaturisce dalla pronuncia con la quale la Corte d'appello di Torino confermava la condanna dell'imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso nella qualità di amministratore unico, per aver posto in essere ingiustificati prelievi di denaro contante dalla cassa societaria e per aver effettuato restituzioni di finanziamenti a favore proprio e della moglie, entrambi soci della fallita.

Il difensore dell'imputato depositava un ricorso ex art. 606 c.p.p. con il quale chiedeva alla Suprema Corte di annullare la condanna del giudice d'appello, criticandola sotto diversi profili attinenti all'erronea applicazione della legge, all'assenza di motivazione e all'illogicità della medesima.

Con il primo motivo, unico rilevante in relazione all'argomento ivi trattato, l'imputato deduceva l'erronea applicazione dell'art. 216 l. fall., motivando che la Corte d'appello  di Torino avrebbe disatteso i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità secondo i quali, a fronte di operazioni con cui, in epoca di evidente dissesto societario, si restituiscano ai soci i finanziamenti effettuati, il delitto di bancarotta fraudolenta si realizzerebbe solo ove le restituzioni si riferissero a precedenti conferimenti in conto capitale e non, come nel caso di specie, a prestiti di altra natura, in relazione ai quali potrebbe esclusivamente ravvisarsi la diversa ipotesi di bancarotta preferenziale, a nulla rilevando che destinatario di tale reso sia lo stesso amministratore della società.

Tale motivo di censura veniva dichiarato inammissibile per l'assenza di un concreto interesse alla invocata riqualificazione giuridica del fatto (nel caso di specie, la riqualificazione del fatto sotto il titolo del meno grave reato di bancarotta preferenziale non avrebbe comportato alcun beneficio concreto per l'imputato) e perché in parte generico (non si confrontava integralmente con la sentenza di appello).

Ciononostante, la Corte, nel motivare l'inammissibilità del ricorso, coglieva l'occasione per riaffermare un ormai costante principio di diritto.

La questione

La questione giuridica che viene rimessa all’esame dei giudici di legittimità afferisce alla corretta qualificazione giuridica da dare alla condotta di restituzione di somme costituenti versamenti a titolo di mutuo.

La soluzione giuridica

Come anticipato, il provvedimento in oggetto si inserisce nel solco delle numerose sentenze secondo cui solo il prelievo di somme di denaro a titolo di restituzione dei versamenti operati dai soci in conto capitale costituisce effettivamente una distrazione ed integra, pertanto, la fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale, non rappresentando tali versamenti un credito esigibile nel corso della vita della società; mentre la restituzione di quelli operati dai soci a titolo di mutuo è punibile a titolo di bancarotta preferenziale, a prescindere dalla qualifica rivestita dal destinatario delle restituzioni all'interno della società (cfr., nello stesso senso, Cass. pen., sez. V, 10 marzo 2023, n. 18808; Cass. pen., sez. V, 11 aprile 2022, n. 20356; Cass. pen., sez. V, 21 giugno 2021, n. 32930; Cass. Pen., sez. V, 1° febbraio 2019, n. 8431).

Alla luce del suesposto principio di diritto, pertanto, al fine di inquadrare a titolo di bancarotta distrattiva ovvero di bancarotta preferenziale il comportamento degli amministratori o dei soci che abbiano prelevato in proprio favore somme durante il dissesto della società assume decisivo rilievo l'apprezzamento della ragione creditoria soddisfatta;in particolare: a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti “in conto capitale” operati dai soci in favore della società poi fallita, integra la bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall'articolo 2467 del codice civile; b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di “mutuo” o “prestito“, integra, invece, la bancarotta preferenziale, in quanto, in tal caso, i finanziamenti, non avendo natura di conferimenti di “capitale di rischio”, rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell'asse patrimoniale” (Cass. pen., sez. V, 21 giugno 2021, n. 32930).

In altre parole, nel caso di versamenti in conto capitale, alla somma versata viene assegnato un vincolo di destinazione che la assimila al capitale di rischio, per cui questa è del tutto inesigibile, salvo che non si proceda con lo scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale attivo residuo; nel caso, invece, di restituzione di somme costituenti versamenti operati dai soci a titolo di mutuo o prestito effettuata in violazione della disciplina sulla postergazione di cui all'art. 2467 c.c., la condotta integrerebbe la fattispecie di bancarotta preferenziale, in quanto la causa di tali attribuzioni è quella propria del prestito, che deve essere restituito al creditore.

Osservazioni e conclusioni

Il principio di diritto enucleato dal consesso di legittimità è confortato, dal punto di vista civilistico, dalla distinzione tra finanziamenti a titolo di mutuo e versamenti in conto capitale.

Infatti, i versamenti operati dai soci in conto capitale hanno una causa assimilabile a quella del capitale di rischio, sicché non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione.

Peraltro, tra la società ed i soci può altresì essere convenuta l'erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, ed i soci possono effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo, riservandosi così il diritto alla restituzione anche durante la vita della società, sebbene entro i limiti del principio della par condicio creditorum.

Pertanto, in linea con tale ricostruzione, l'erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta entro un determinato termine, ovvero di versamento, destinato a confluire in specifica riserva in conto capitale; versamento che peraltro non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali (cfr., ex multis, Cass. civ. sez. I, 23 marzo 2017, n. 7471 secondo cui “l'erogazione di somme che, a vario titolo, i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto del socio al patrimonio della società. La qualificazione, nell'uno o nell'altro senso, dipende dall'esame della volontà negoziale delle parti, e la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi, dovendosi, inoltre, avere riguardo, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà, alla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio, da reputarsi determinante per stabilire se si tratti di finanziamento o di conferimento, in considerazione della soggezione del bilancio all'approvazione dei soci”).

In ultima analisi, dunque, la conclusione di diritto cui perviene la Suprema Corte nella decisione in commento è che l'accertamento della diversa natura dei versamenti dei soci è imprescindibile per il giudice al fine di qualificare la condotta come bancarotta preferenziale (se si è proceduto a restituire, in fase di dissesto, somme erogate dai soci a titolo di mutuo) ovvero bancarotta per distrazione (se sono stati restituiti versamenti in conto capitale).

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