L’attuale vulnerabilità delle imprese secondo la Banca Centrale Europea

26 Aprile 2024

L’Autore analizza il livello di vulnerabilità delle imprese, messo in rapporto con il numero di fallimenti, alla luce del primo bollettino BCE del 2024.

Il Bollettino BCE n. 1/2024

Lo scorso 8 febbraio è stato pubblicato il primo bollettino economico della BCE. Come è noto, esso viene pubblicato due settimane dopo ciascuna riunione del Consiglio Direttivo avente ad oggetto la politica monetaria, per analizzare l’economia e le prospettive per la sua evoluzione. Tra i vari capitoli di cui esso si compone, assume rilievo quello dedicato alla vulnerabilità delle imprese emersa nell’indagine SAFE (Survey on the Access to Finance of Enterprises).

L’indagine SAFE

L’indagine SAFE dà conto della vulnerabilità delle imprese sulla base delle risposte fornite a livello di singola azienda. Sulla base di tale studio un’impresa è considerata vulnerabile se, negli ultimi sei mesi, ha registrato contemporaneamente un calo del fatturato, una diminuzione degli utili, una maggiore spesa per interessi e un rapporto tra il debito e le attività più elevato o invariato.

Dall’indagine effettuata è emerso che l’incremento delle imprese vulnerabili è direttamente proporzionale all’aumentare del numero di fallimenti.

A partire dalla seconda metà del 2022, infatti, vi è stato un significativo aumento dei fallimenti in tutta l’area Euro, che nel secondo e terzo trimestre del 2023 hanno addirittura superato i livelli precedenti la pandemia, raggiungendo il livello più elevato dal 2015. In questo periodo, la quota di imprese vulnerabili presenti nell’indagine SAFE ha raggiunto il 9%, in rialzo dal 6% della precedente edizione dell’indagine. Come evidenziato nel Bollettino de quo, posto che la dichiarazione di fallimento presuppone lo stato di insolvenza dell’impresa, le statistiche sulle procedure fallimentari rappresentano la punta dell’iceberg delle imprese in difficoltà finanziarie.

Il Bollettino segnala che, in una prospettiva storica, le dinamiche dell’indicatore di vulnerabilità finanziaria dell’indagine SAFE sono sostanzialmente allineate anche ad altri due indicatori di insolvenza, ulteriori rispetto ai fallimenti. Il primo indicatore è una “misura di solvibilità” che tiene conto dei dati di bilancio delle imprese: esso dà la misura della quota di imprese incapaci di coprire le perdite con capitale proprio.

Il secondo indicatore tiene conto dei dati di mercato e, sulla base di essi, registra la distanza dall’insolvenza.

Talché, mentre all’inizio della pandemia di Covid-19 le imprese erano protette dal rischio di fallimento grazie alle garanzie pubbliche (il c.d. “bankruptcy gap”), oggi, assieme all’evoluzione dei fallimenti ed all’indicatore di vulnerabilità finanziaria dell’indagine SAFE, anche la distanza dall’insolvenza viene considerato tra gli indicatori delle difficoltà delle imprese.

Quanto alla tipologia di imprese per le quali è stato registrato un incremento della vulnerabilità, l’indagine SAFE segnala, soprattutto, le imprese dell’industria, delle costruzioni e del commercio, con un incremento maggiore per le grandi imprese che per quelle piccole e medie (PMI). L’Italia, tra i quattro grandi Paesi dell’area, ha registrato, assieme alla Germania, la quota più alta di imprese vulnerabili (9%).

I risultati dell’indagine SAFE

Dall’analisi dell’indagine SAFE è emerso che l’incremento dei tassi di interesse incide significativamente sulla vulnerabilità delle imprese. Incidono meno le variazioni di debito, fatturato o profitti. Ciò suggerisce - secondo il Bollettino BCE - che gli aumenti dei tassi di interesse, necessari per ridurre l’inflazione da livelli molto elevati, potrebbero incidere sull’attività economica attraverso il loro impatto sulle imprese anche perché le imprese vulnerabili investono meno di quelle non vulnerabili. La vulnerabilità genera infatti minori investimenti fissi futuri e porta ad una riduzione dell’occupazione futura. Viepiù, le imprese vulnerabili hanno maggiore probabilità di avere crediti deteriorati rispetto alle imprese non vulnerabili.

Conclusioni

Lo studio riportato nel Bollettino BCE n. 1/24 rivela una maggiore fragilità delle imprese ed un conseguente aumento dei fallimenti a partire dal secondo semestre del 2022. L’incremento dei casi di imprese vulnerabili in Italia riguarda addirittura il 9%. Tra le cause principali ipotizzate dalla BCE vi è il significativo aumento dei tassi di interesse registrato nell’ultimo anno e mezzo. L’incremento dei tassi di interesse, posto in essere proprio dalla BCE, è stato dovuto alla galoppante inflazione che la guerra in Ucraina, gli alti costi energetici, le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime hanno spinto vertiginosamente. Tale ricetta però, se da un lato ha minato la salute delle imprese, dall’altro sembrerebbe aver prodotto i risultati sperati nella lotta all’inflazione, visto che questa si è notevolmente ridotta e l’obiettivo di una sua stabilizzazione intorno al 2% sembra non molto lontano. Sicché, è prevedibile – in realtà la BCE lo ha già fatto capire – che i tassi di interesse tornino a diminuire. Ciò dovrebbe, come conseguenza logica dei risultati di tale studio, attenuare la vulnerabilità delle imprese. Le quali, come è emerso nel bollettino e come è logico ipotizzare, sono meno propense ad investire in presenza di una quantità minore di liquidità: gli alti tassi di interesse disincentivano, infatti, il ricorso al credito. Viceversa, una riduzione dei tassi dovrebbe spingere gli investitori ad investire di più ed a porre le basi per una accresciuta produttività in termini reali. Per cui, se da un lato il bollettino BCE rivela un dato negativo sulla salute delle imprese, dall’altro contiene in sé la medicina – la riduzione dei tassi di interesse – che potrebbe rivitalizzarle.

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