La revoca del permesso di soggiorno deve essere oggetto di un ricorso effettivo
30 Aprile 2024
L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità di uno Stato membro revochino o rifiutino di rilasciare un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo familiare di cittadini dell’Unione, cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver preliminarmente esaminato se esista tra tale cittadino di un paese terzo e tali cittadini dell’Unione un rapporto di dipendenza che costringerebbe, di fatto, detti cittadini dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione europea, considerato nel suo insieme, per accompagnare tale familiare, qualora, da un lato, a detto cittadino di un paese terzo non possa essere concesso un diritto di soggiorno in applicazione di un’altra disposizione applicabile in detto Stato membro e, dall’altro, tali autorità dispongano di informazioni sull’esistenza di legami familiari tra il medesimo cittadino di un paese terzo e gli stessi cittadini dell’Unione. L’articolo 20 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone alle autorità nazionali di revocare o di rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno, per un motivo di sicurezza nazionale, a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo, sulla sola base di un parere vincolante non motivato adottato da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego. Il principio generale di buona amministrazione e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un permesso di soggiorno, adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo 20, si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, tale cittadino di un paese terzo o il suo rappresentante possono accedere a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non viene loro comunicato nemmeno il contenuto essenziale dei motivi sui quali simili decisioni sono fondate e non possono, in ogni caso, utilizzare, ai fini dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso. L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letto in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non impone che un giudice, al quale spetta controllare la legittimità di una decisione relativa al soggiorno ai sensi di tale articolo 20, fondata su informazioni classificate, disponga della competenza a verificare la liceità della classificazione di tali informazioni nonché ad autorizzare l’accesso della persona interessata all’insieme di dette informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che tale classificazione sia illecita, o al contenuto essenziale delle stesse informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che detta classificazione sia lecita. Per contro, tale giudice deve, al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa di tale persona, trarre, se del caso, le conseguenze di un’eventuale decisione delle autorità competenti di non comunicare in tutto o in parte i motivi di tale decisione e gli elementi di prova pertinenti. |