Il MOG 231 come strumento di governo consapevole delle aziende in un’ottica ESG

30 Aprile 2024

Le aziende sono sistemi economici dinamici aperti teleologicamente orientati alla creazione di valore per tutti i soggetti che con esse interagiscono (cd. stakeholder). Per perseguire tale finalità, è necessario che le aziende vengano governate consapevolmente, nel senso che i processi di trasformazione e distribuzione delle risorse vengano indirizzati verso quelle attività che generano valore. In particolare, le strategie di sostenibilità ESG focalizzano la governance aziendale all'individuazione dei processi che consentono di creare valore nei tre ambiti (Environment, Social, Governance) più significativi per gli stakeholder. In tal senso, il MOG 231, essendo uno strumento di governo dei processi orientato alla riduzione dei rischi di reato presupposto, ben si presta ad essere utilizzato come sistema di governo consapevole delle aziende in un'ottica ESG.

Premessa

Le recenti riforme in tema di adeguati assetti organizzativi (art. 2086 c.c.), l'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza e, soprattutto, la crescente diffusione delle strategie di sostenibilità ESG, spinta anche dalle normative comunitarie (da ultima la CSRD - Direttiva 2022/2464/UE), hanno reso sempre più evidente la necessità di dotare le aziende di strumenti di governo consapevole, finalizzati a prevenire le crisi, governare i rischi ed indirizzare la gestione verso i processi generativi di valore sia per gli shareholder che per gli stakeholder.

In particolare, l'ottica della sostenibilità ESG è improntata al cd. stakeholder approach, ossia alla comprensione delle complesse dinamiche che consentono alle aziende di “perdurare nel tempo” garantendo la soddisfazione dei bisogni di tutti i portatori di interessi legittimi e non solo dei detentori del capitale di rischio.

Ciò ha ridato attualità ad uno strumento, ossia il MOG d.lgs. n. 231/2001, che, nonostante abbia oltre venti anni di vita dall'emanazione della norma, non aveva ancora avuto adeguata diffusione soprattutto nelle PMI, che costituiscono il tessuto del sistema economico italiano. Sebbene la sua finalità originaria, volta alla prevenzione dei rischi di commissione di reato, sia diversa da quella della sostenibilità, tale strumento si può dimostrare utile per supportare le scelte del soggetto economico aziendale, orientandole consapevolmente verso le attività maggiormente generatrici di valore (value drivers) per gli stakeholder in un'ottica ESG.

In particolare, con riferimento alla Governance, il MOG 231 è uno strumento di governo che, essendo basato sulla tracciabilità dei processi e sulla valutazione dei rischi e delle responsabilità, risponde pienamente all'esigenza di costruire assetti organizzativi adeguati alla dimensione e complessità del soggetto aziendale, finalizzati non solo alla rilevazione tempestiva della crisi e alla salvaguardia della continuità aziendale, ma anche alla sostenibilità ed allo sviluppo aziendale. 

La nozione di governo consapevole nelle discipline aziendali

Le recenti riforme normative, sia in tema di adeguati assetti che di crisi d'impresa, convergono nella direzione da sempre indicata dalle discipline aziendalistiche, le quali hanno a proprio fondamento un concetto di azienda che presuppone l'utilizzo di strumenti per il governo consapevole dei processi e dei rischi orientati a garantirne la longevità nel tempo.

Infatti, la dottrina economico aziendale, in particolare quella di matrice italiana, ha ampiamente superato nell'ultimo secolo quella visione ottocentesca, tipica della Scuola patrimonialista, recepita prima nel Codice del Commercio del 1882 e poi nel Codice civile del 1942 e che ancora oggi troviamo nell'art. 2555 c.c., nella quale si assimilano le aziende a complessi di beni organizzati per l'esercizio dell'attività di impresa, separando concettualmente il patrimonio e la gestione.

D'altra parte, il contenuto prettamente patrimoniale dei sistemi aziendali si è, nel tempo, sempre più ridotto a vantaggio dei contenuti immateriali, frutto di competenze e relazioni umane, che costituiscono i principali elementi del valore aziendale.

Le aziende non sono un insieme statico di beni, ma sistemi economici dinamici ed aperti, che attuano i cambiamenti in relazione interattiva con l'ambiente in cui operano e, così facendo, contribuiscono a definire ed a mutare non solo sé stesse ma anche l'ambiente. Per tale motivo, esse non possono essere semplicemente “custodite”, ma devono essere governate consapevolmente al fine di garantirne la sopravvivenza e, ove possibile, lo sviluppo durevole.

Essendo il frutto di scelte umane, adottate dal soggetto economico e da chi con esso collabora, le aziende possono essere definite come sistemi cognitivi aperti, teleologicamente orientati alla creazione di valore per tutti i soggetti che con essi direttamente e/o indirettamente interagiscono.

Per questa loro funzione di generatrici di "valore diffuso”, le aziende costituiscono una reale ricchezza per l'ambiente nel quale operano; "valore" che non si identifica soltanto con il profitto, ma anche con la produzione di prodotti e servizi utili e spesso necessari, erogazione di stipendi e salari, pagamento di imposte. Il numero e la "buona salute" delle aziende costituisce, quindi, un importantissimo e indispensabile "motore" per la crescita economica e sociale. Quest'ottica è stata nel tempo sviluppata dai fautori della Corporate Social Responsibility.

Affinché le aziende possano svolgere effettivamente ed efficacemente questa fondamentale funzione sociale, è necessario che scelte umane relative al loro governo, adottate dal soggetto economico e da chi con esso collabora, vengano orientate in modo da soddisfare obiettivi di carattere tecnico, economico, giuridico, sociale e morale. L'assenza del rispetto di dette condizioni porta, presto o tardi, l'azienda alla crisi.

L'azienda è innanzitutto un “sistema in quanto in essa i vari elementi che la compongono (umano, materiale, finanziario, ecc.) interagiscono secondo regole definite, al fine di perseguire uno scopo comune. Essa è un sistema “economico” in quanto le risorse dalla stessa utilizzate vengono trasformate per soddisfare bisogni umani attraverso l'erogazione di beni e servizi.

Essendo frutto dell'attività umana e avvalendosi del necessario contributo delle risorse, intellettuali e materiali, apportate dagli individui che in essa operano, l'azienda è un sistema “organizzato”. Essa è, inoltre, un sistema aperto e dinamico in quanto gli elementi materiali ed immateriali che la compongono interagiscono continuamente con l'ambiente che li circonda, ne vengono influenzati e, a sua volta, contribuiscono a determinarlo. Questo continuo processo di interazione produce un dinamico mutare degli assetti interni aziendali alla ricerca di condizioni di equilibrio con l'ambiente.

L'interazione ed interrelazione tra il sistema azienda e l'ambiente esterno che la circonda non è restringibile agli elementi prettamente fisici o materiali, che ovviamente influenzano i prodotti e/o servizi realizzati, ma deve essere altresì allargata agli aspetti immateriali e valoriali. Le aziende, infatti, non sono impermeabili ai contenuti dei sistemi morali, politici, religiosi e sociali dell'ambiente in cui operano. La razionalità economica è, quindi, frutto di un processo decisorio che non è indifferente al sistema valoriale degli attori decisionali. La formalizzazione ed esplicitazione di tale sistema valoriale è uno strumento di consapevolezza della gestione, sia per i soggetti decisori che per gli interlocutori sociali.

Tale considerazione porta a riflettere sul finalismo d'impresa che, secondo una corretta accezione, non può essere ristretto al perseguimento di obiettivi parziali e alla conseguente "assolutizzazione" di questi ultimi, come il conseguimento di utili per gli azionisti, la conquista di quote di mercato o il conseguimento del consenso sociale, ma deve essere inteso come un generale processo di creazione di valore per tutti i soggetti che interagiscono con essa.

Tra questi stakeholders vi sono sia quelli ricadenti nel cd. ambito competitivo (clienti, fornitori, concorrenti ecc.) sia quelli che operano nel cd. sistema degli interlocutori sociali (azionisti, lavoratori, organizzazioni sindacali, comunità locali, partiti politici ed enti religiosi ecc.). Solo generando valore per tutti questi soggetti l'azienda può garantire la propria longevità, ossia il perdurare nel tempo, attraverso un costante equilibrio tra risorse consumate e prodotte.

Già nel 1957 Gino Zappa, individuando nella longevità una caratteristica essenziale delle aziende, affermava: “L'azienda è un istituto economico destinato a perdurare nel tempo che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza” (Zappa, Le produzioni nell'economia delle imprese, Giuffré, 1957). In questa definizione c'è già tutto ciò che serve per comprendere perché l'utilizzo di uno strumento come il MOG 231, capace di analizzare e definire i singoli processi, possa essere un valido supporto alla governance, consentendo di orientare le scelte verso i processi che generano valore.

Il concetto zappiano di “durare nel tempo”, che più modernamente potremmo definire “longevità”, va correlato alla prospettiva del “going concerna cui vanno orientate le scelte gestionali e che è anche richiamato dai principi contabili nazionali ed internazionali.

Ma a questo punto si pongono due problemi:

  1. Come fanno gli amministratori (o più in generale il soggetto economico aziendale) a garantire che l'azienda abbia una prospettiva di continuità della gestione?
  2. Come fanno gli organi di controllo a valutare la prospettiva di continuità della gestione?

Anche qui la definizione citata ci viene incontro con il suo “ordina e svolge in continua coordinazione”, che richiama proprio il concetto di quegli “assetti organizzativi” che, a detta della norma codicistica, devono sempre essere adeguati.

Cosa vuol dire "adeguati"?

Tra gli allievi di Zappa, che si premurarono di svilupparne e chiarirne le intuizioni illuminanti, Egidio Giannessi parlò di “condizioni di equilibrio generale dell'impresa” ponendo l'attenzione sulla relazione tra forze interne ed esterne all'azienda. I processi aziendali devono generare attraverso i prodotti/servizi un valore maggiore del valore dei fattori produttivi consumati; in tal modo, si genera una condizione di equilibrio che consente all'azienda di durare nel tempo.

Di che equilibrio si tratta? Possiamo dire che si tratta di un equilibrio precario ed instabile, sempre soggetto alle turbolenze esterne.

L'azienda, infatti, nel suo essere un sistema aperto e dinamico, che continuamente interagisce con l'ambiente esterno in cui opera, deve essere governata in modo che l'ambiente interno (l'organizzazione, le risorse, i sistemi informativi) sia coerente con l'ambiente esterno. In pratica, l'ambiente organizzativo, amministrativo e contabile interno deve essere adeguato alla complessità del business, alla formula imprenditoriale, alla turbolenza ambientale (settoriale, geografica), alla dimensione dell'azienda, al sistema valoriale e normativo.

E poiché, come accennato, l'ambiente (sia interno che esterno) è in costante mutamento, l'adeguatezza è misurata dalla capacità proattiva del soggetto economico aziendale di prevedere i mutamenti esterni, adeguare l'ambiente interno e rendere coerenti i due aspetti.

Nella dinamica di questo rapporto osmotico tra ambiente esterno ed interno si inserisce il tema della sostenibilità aziendale.

Le strategie di sostenibilità ESG come strumento di longevità delle aziende

Come già accennato, negli ultimi decenni hanno avuto crescente diffusione i temi della sostenibilità aziendale, anche in considerazione degli scenari globali, legati alle crisi ambientali e sociali in atto, nonché all'evoluzione delle normative. Tale fenomeno, traendo spunto dagli studi di Corporate Social Responsibility, ha trovato fondamento giuridico in una serie di provvedimenti normativi, sia sovranazionali che nazionali, che hanno incentivato l'adozione di modelli di governance orientati alla sostenibilità.

Studi condotti da primari istituti di ricerca su campioni di imprese, dimostrano che l'azienda sostenibile è mediamente più longeva, in quanto perseguendo strategie tese a generare e distribuire valore a tutti i portatori di interesse risponde alla finalità intrinseca del sistema aziendale. La dimensione reddituale, in tali aziende, è governata al fine di soddisfare i bisogni di tutti i portatori di interessi legittimi. Nell'ottica ESG, l'azienda deve creare valore per l'ambiente e per la comunità, distribuendolo non solo agli shareholder, ma anche ai lavoratori, ai finanziatori, alla comunità in cui opera e anche alle istituzioni pubbliche. Le tre dimensioni sono tra loro collegate e, pertanto, un'azienda che intenda essere sostenibile, deve perseguire la prosperità economica, la qualità ambientale e l'equità sociale.

La prospettiva della sostenibilità, essendo fondata sui principi della CSR, ben si sposa con gli strumenti di governance che si basano sulla definizione delle responsabilità.

La responsabilità sociale dell'impresa può assumere diverse dimensioni: economiche, etiche, legali. Responsabilità economiche, essendo l'azienda la cellula economica di base della nostra società e, in tal senso, soddisfacendo i bisogni di beni e servizi dei consumatori attraverso processi di trasformazione che siano sostenibili, anche nel senso di generare profitti adeguati. Responsabilità etiche in quanto le scelte di governo aziendale non possono non tenere conto delle preoccupazioni per ciò che i consumatori, i dipendenti, gli azionisti e la comunità considerano come equo, giusto o appropriato per il rispetto e la salvaguardia dei propri diritti morali. Responsabilità legali in quanto i processi aziendali non possono non tener conto dei vincoli giuridici stabiliti dai legislatori nazionali ed internazionali.

Come accennato, diversi provvedimenti normativi hanno incentivato l'adozione di strategie ESG da parte delle aziende.

A livello internazionale, i primi spunti possono farsi risalire alla “United Nations Framework Convention on Climate Change” stipulata nel 1992 a Rio de Janeiro, con cui si è data la prima formalizzazione della definizione di sviluppo sostenibile inteso come “capace di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” contenuta nel Rapporto Brundtland, pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente e conosciuto anche come “Our Common Future. Ad essa hanno fatto seguito nel 1997 il Protocollo di Kyoto e, più di recente, il Global Compact delle Nazioni Unite del 2004, l'Accordo di Parigi nel 2015 e Agenda 2030.

A livello europeo sono stati adottati diversi provvedimenti che si inseriscono nell'ambito dell'Industrial Green Deal, con il quale l'Unione Europea ha sancito l'impegno a raggiungere entro il 2050 gli obiettivi di neutralità climatica, attraverso la creazione di un sistema economico-finanziario sempre più sostenibile. Già nel 2001 la Commissione Europea ha pubblicato il Libro Verde per promuovere un Quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, inteso come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

Successivamente sono stati emanati la Non-Financial Reporting Directive, direttiva 2014/95/EU (NFRD), che prevede tra l'altro la pubblicazione da parte delle società quotate e degli EIP di una dichiarazione non finanziaria nella quale vengano esplicitate le strategie adottate e i risultati conseguiti in ambito ESG, ed il Regolamento UE 2019/2088, noto come SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation).

Nel 2022 è stata pubblicata la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD, Direttiva 2022/2464/UE), volta a migliorare la rendicontazione non finanziaria, già prevista dalla NFRD, incentivando il flusso di investimenti verso imprese sostenibili. Le imprese rientranti nel campo di applicazione della CSRD dovranno perseguire una maggiore trasparenza ed accountability nei propri bilanci.

Tutti questi provvedimenti hanno sempre più spinto l'adozione di strategie aziendali orientate alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Orientando le proprie strategie alla sostenibilità le aziende hanno rafforzato la coerenza del proprio ambiente interno con quello esterno, in un'ottica di sviluppo integrale durevole.

Al fine di perseguire l'obiettivo di generare valore durevole nel tempo attraverso le strategie di sostenibilità, le aziende hanno bisogno di strumenti di governo consapevole che possano essere utilizzati per orientare le scelte del soggetto economico (imprenditore e/o manager) verso driver di valore che siano correlati, attraverso il materiality assessment, alle variabili ESG prioritarie per i propri stakeholder.

Il Modello Organizzativo d.lgs. 231 come strumento di governo consapevole in un'ottica ESG

Gli obiettivi ambientali e sociali delle strategie di sostenibilità aziendale non possono essere perseguiti senza l'adozione di adeguati strumenti di corporate governance.

Non a caso, nell'ottica di promuovere l'adozione di strumenti di governo orientati alla sostenibilità, il Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana nel Codice di Corporate Governance, afferma che “la sostenibilità dell'attività d'impresa, posta al centro dei compiti dei consigli di amministrazione, impegnati a rendere le società meno rischiose e più profittevoli perché considerano l'impatto dell'attività di impresa e i suoi rischi sotto tutti i profili e tengono in considerazione non solo la creazione di valore a beneficio degli azionisti, ma anche gli interessi degli stakeholder rilevanti, in una logica di lungo periodo”.

Per tale motivo, anche se apparentemente possono sembrare le meno attenzionate, le variabili di Governance assumono particolare rilevanza nell'ottica ESG.

Questa prospettiva, che indirizza la governance aziendale ad un'ottica di medio-lungo periodo, con la finalità di ridurre i rischi e garantire la continuità, fa emergere con chiarezza il legame tra sostenibilità ESG e la compliance ex d.lgs. n. 231/2001. Entrambe trovano proprio fondamento nella gestione dei rischi. Infatti, molti dei rischi che rientrano nell'ambito della compliance 231 sono rilevanti per i fattori ESG. In particolare, il MOG 231 costituisce uno strumento efficiente, consentendo di analizzare i processi aziendali ed evidenziandone i rischi correlati, anche con riferimento ai reati in materia ambientale, di salute e sicurezza del lavoro, di privacy, nei reati finanziari e nelle altre materie correlate agli aspetti sociali.

L'individuazione e gestione dei rischi grava sulla responsabilità degli amministratori e dell'organo di controllo della società, attraverso gli adeguati assetti, con sempre maggiori e più stringenti doveri di monitoraggio della situazione economico, patrimoniale e finanziaria dell'impresa nel corso della vita sociale. Monitoraggio che possiamo tradurre, in termini più aziendalistici, nel concetto di “governo consapevole delle imprese”.

Quali sono gli strumenti di “governo consapevole” delle imprese che consentono di comprendere i processi aziendali, gestire i rischi ad essi correlati e produrre performance adeguate?

Certamente è necessario adottare un adeguato sistema informativo aziendale, basato non solo sulla contabilità generale, ma anche strumenti di controllo manageriale. A seconda della complessità del sistema aziendale possono essere adottati strumenti come il business planning, l'activity based costing, la balanced scorecard e, con particolare efficacia, il modello organizzativo (MOG) D.lgs. 231.

È necessario, in tal senso, un cambiamento culturale, volto a utilizzare il sistema di controllo e gestione dei rischi come perno delle strategie dell'impresa. L'Enterprise Risk Management (ERM), integrato nelle scelte strategiche aziendali, può contribuire a migliorare la performance favorendo lo sviluppo sostenibile, in ottica ESG, delle aziende.

In tale visione, il controllo si emancipa dall'accezione tradizionale di “verifica ex post” (derivato del diritto amministrativo) evolvendosi in elemento essenziale del governo dell'impresa. Si perviene, quindi, ad una concezione del controllo come funzione fisiologica della gestione, che si innesta, cioè, nell'esercizio del potere amministrativo-gestorio come strumento di indirizzo e di correzione permanente della direzione degli affari verso obiettivi coerenti con le istanze dei propri stakeholder.

D'altra parte, anche in tema di adeguati assetti organizzativi è stato più volte osservato che i Modelli Organizzativi ex d.lgs. n. 231/2001 vengono ormai ascritti sistematicamente a quelle norme (ed in particolare al terzo ed al quinto comma dell'art. 2381 c.c. ed all'art. 2403 c.c.) che sanciscono il principio di “adeguatezza nel governo societario”.

Sul punto si sottolinea come il fondamento della policy aziendale sui principi di legalità preventiva, da facoltà/opportunità stia via via diventando un'esigenza, se non un obbligo. Ciò anche nella prospettiva ESG.

Nel contesto delineato, l'originaria opzione normativa di cui al d.lgs. n. 231/2001 sta gradualmente diventando un sostanziale connotato di “obbligo a carico di società ed enti di dotarsi di un adeguato assetto organizzativo, idoneo ad evitare la commissione, da parte dei loro amministratori e sottoposti, di reati suscettibili di arrecare danno ai terzi”.

L'adeguatezza degli assetti non può prescindere dalla definizione e adozione di policy e procedure adeguate in materia ESG e correlate alla prevenzione dei rischi di reato d.lgs.231/2001, dalla promozione di attività di formazione specifica per una migliore comprensione e gestione di rischi ed opportunità correlati ai temi ESG e al loro impatto sull'attività d'impresa. Così, come non può prescindere da una corretta e adeguata contestualizzazione negli assetti societari degli organismi di vigilanza 231; ciò anche in considerazione del crescente ruolo che ha assunto la prevenzione della corruzione in chiave ESG, a cui si dovranno conformare le società soggette alla DNF con i nuovi standard di rendicontazione EFRAG dedicati anche al tema della corruzione.

Quanto esposto consente di comprendere la tendenza delle Istituzioni di rendere l'adozione del modello 231 un requisito indispensabile per l'accesso delle aziende al mercato, politica questa che ha dato concreto impulso all'adeguamento della normativa in commento.

A conferma della rilevanza che il MOG 231 sta assumendo, il Ministero di Giustizia lo scorso 20 febbraio ha costituito un gruppo di lavoro per la formulazione di una proposta di riforma della disciplina. Tuttavia, non si può non notare che gli esperti chiamati dal Capo di Gabinetto della Giustizia a far parte di tale gruppo di lavoro sono tutti di matrice giuridica (magistrati, avvocati, docenti di diritto). Manca, in tal senso, la prospettiva degli aziendalisti che, per quanto fin qui rappresentato, può essere utile ad inquadrare la funzione che la compliance 231 può avere come strumento di governo consapevole dei rischi aziendali, sia nell'ottica degli adeguati assetti e della prevenzione della crisi d'impresa, che nella prospettiva della sostenibilità ESG.

In conclusione

La sintetica analisi riportata nel presente contributo consente di comprendere le strette correlazioni esistenti tra strategie di sostenibilità ESG e adozione della compliance 231 da parte delle aziende. Entrambi possono essere considerati strumenti di governo consapevole atti a garantire la longevità delle aziende nel tempo, orientando le scelte degli organi amministrativi verso drivers di valore coerenti con le esigenze degli stakeholder individuate tramite il materiality assessment.

Essendo il MOG 231 uno strumento fondato sull'analisi dei processi aziendali, esso può contribuire non solo all'individuazione dei rischi di reato connaturati con gli stessi, ma anche ad accrescere le performances aziendali nella direzione di un più efficace grado di soddisfazione dei bisogni di tutti i portatori di interessi legittimi.

In tal senso, il convergente utilizzo del MOG 231 e delle strategie di sostenibilità ESG può essere un valido strumento di governance aziendale orientata allo sviluppo durevole delle aziende ed alla loro longevità.

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