Vendita diretta

Pasqualina Farina
03 Maggio 2024

In attuazione del criterio di cui alla lett. n) del comma 12 della legge delega, il legislatore del 2022 ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova modalità di vendita forzata immobiliare, alternativa rispetto a quella senza incanto. La nuova normativa dovrebbe favorire lo svolgimento di un'espropriazione più rapida ed il contenimento dei costi, facendo leva sulla collaborazione del debitore interessato alla conclusione del trasferimento in capo ad un acquirente “di fiducia”. 

Inquadramento

Prima di esaminare la nuova normativa va rilevato che, di là dalle intenzioni proclamate dal legislatore delegante, il legislatore del 2022 si è discostato dall'omologo istituto francese (la c.d. vente priveé), ed ha mutato l'aggettivo della nuova tipologia di vendita in «diretta», escludendo così, da un lato, che si tratti di una vendita privatistica o volontaria e, dall'altro, confermando che integra a tutti gli effetti un trasferimento coattivo.

In secondo luogo, il peculiare carattere della vendita diretta unitamente alla sistemazione del nuovo istituto subartt. 568-bis e 569-bis c.p.c., ne limitano l'ambito applicativo alla sola vendita forzata nell'espropriazione immobiliare, rendendolo insuscettibile di applicazione analogica. Fuori dal perimetro di tali disposizioni rimane, difatti, la disciplina della vendita mobiliare, quella della vendita delle quote societarie di cui all'art. 2471 c.c., della vendita immobiliare in sede di esecuzione esattoriale ex artt. 78 ss. d.P.R. n. 602/1973 e quella delle vendite concorsuali. Se così è, in queste diverse fattispecie, l'eventuale istanza di vendita diretta proposta ex art. 568-bis c.p.c. è senz'altro inammissibile.

Infine, questo nuovo istituto trova applicazione nelle sole procedure esecutive immobiliari intraprese dopo il 28 febbraio 2023, ex art. 35, comma 1, l. n. 206/2021, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), della l. n. 197/2022.

L'istanza

Il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell'udienza di cui all'art. 569, comma 1, c.p.c., può chiedere al g.e. - a mente dell'art. 568-bis c.p.c. - di disporre la vendita diretta dell'immobile pignorato per un prezzo almeno pari a quello indicato nella perizia di stima. Tale valore potrebbe, a ben guardare, divergere da quello base per non avere il g.e. (o il professionista delegato) ancora provveduto alla determinazione dello stesso. Pertanto, laddove il giudice opti per un prezzo base maggiore di quello contenuto nella perizia di stima, la suddetta offerta viene meno, ma resta salva la facoltà di una successiva integrazione. In altre parole, la proposizione dell'offerta da parte del terzo designato dal debitore in un momento in cui il g.e. ancora non si è pronunciato sulla stima, non intacca il suo potere d'individuare un diverso prezzo base, ai sensi del comma 1 dell'art. 569-bis c.p.c.

Il debitore è il solo soggetto legittimato alla proposizione dell'istanza, anche se una significativa eccezione potrebbe porsi per il coniuge in regime di comunione e per il terzo datore d'ipoteca, sulla scorta di quanto ha stabilito la giurisprudenza di legittimità in materia di conversione del pignoramento (Cass. civ., 12 luglio 1979, n. 4059.). Di contro nessuna limitazione sussiste, invece, per la designazione degli offerenti « di fiducia » del debitore che potranno essere amici, parenti, ecc.

L'istanza del debitore non richiede alcuna forma particolare; né, coerentemente con la struttura del procedimento esecutivo, è prescritta la necessità della difesa tecnica per il debitore esecutato o per l'offerente di fiducia. Ove i beni pignorati siano più d'uno, il debitore potrà proporre più istanze, una per ogni singolo bene o lotto.

L'istanza di vendita diretta è ammissibile se corredata da un'offerta irrevocabile (del terzo) per 120 giorni, sempre che sia stata prestata, a garanzia della serietà dell'offerta, cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto. Pur nel silenzio del dato normativo, la peculiare funzione svolta dalla cauzione impone che essa risulti validamente prestata solo se assicuri alla procedura l'effettiva disponibilità della provvista. Contrariamente alla disciplina della vendita con incanto, ex art. 576, comma 1, n. 5, c.p.c., il legislatore del 2022 non ha previsto una soglia massima per la cauzione. Di qui la convinzione che un diverso importo (superiore al dieci per cento) possa comunque essere fissato dal giudice dell'esecuzione in peculiari ipotesi.

L'istanza del debitore può essere presentata fino a 10 giorni prima dell'udienza di cui all'art. 569 c.p.c. L'ultimo comma dell'art. 568-bis c.p.c. per cui l'istanza può, a pena di inammissibilità, proporsi solo una volta, lascia intendere — in analogia a quanto previsto per il beneficio della conversione — che l'inutile decorso del termine consumi irrimediabilmente la facoltà del debitore di chiedere la vendita diretta.

Quest'ultima previsione è formulata in maniera rigorosa, senza deroghe di sorta, salvo specificare che ove l'offerta (e, conseguentemente, la cauzione) risulti d'importo inferiore ai parametri richiesti di cui s'è detto poc'anzi, il giudice fissa un termine di dieci giorni per l'integrazione.

Nulla si dice in relazione al soggetto cui comunicare tale provvedimento (ove adottato fuori udienza). A noi pare che il destinatario della comunicazione vada individuato non solo nel debitore istante ma anche nell'offerente, trattandosi del soggetto che ha assunto l'impegno economico che è onerato della suddetta integrazione e del reperimento, quindi, della necessaria provvista.

Effettuata la tempestiva integrazione dell'offerta e della cauzione, il giudice, nei successivi cinque giorni, apre il subprocedimento per la vendita diretta. Se, invece, ritiene inammissibile l'offerta e/o l'istanza ex art. 568-bis c.p.c., dispone la vendita nei modi e nei termini ordinari, vale a dire ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.c.

Qualora poi il g.e. non condivida la valutazione dell'esperto ed opti per un prezzo più elevato rispetto a quello individuato nella perizia di stima, è tenuto, anche in questo caso, a concedere un termine di dieci giorni perché l'offerente integri l'offerta e la cauzione, nel rispetto dell'art. 569-bis, comma 2, c.p.c.

In sintesi: il giudice concedere termine per integrare l'offerta e la cauzione quando: a) non siano conformi al prezzo base individuato dall'esperto stimatore; b) l'offerta e/o la cauzione siano conformi al prezzo individuato dall'esperto stimatore, ma esso sia stato successivamente rideterminato dal giudice dell'esecuzione. Da questa costruzione emerge poi che l'istanza di vendita diretta presuppone la redazione della perizia di stima con la determinazione del valore (sia pure non definitivo) del bene staggito; pertanto il debitore può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di vendita tutte le volte in cui non abbia ricevuto la perizia di stima perché, in tal caso, gli è stata preclusa la facoltà di depositare l'istanza di vendita diretta.

L'istanza e l'offerta sono notificate, a mente del comma 2 dell'art. 569-bis c.p.c., a cura dell'offerente o del debitore almeno cinque giorni prima dell'udienza di cui all'art. 569 al creditore procedente, ai creditori iscritti (intervenuti e non) e a quelli intervenuti prima del deposito dell'offerta medesima.

In sede di udienza di autorizzazione a vendita ex art. 569 c.p.c., il giudice — se ritiene ammissibile (e cioè tempestiva) l'istanza per la vendita e rituale sia l'offerta, sia la cauzione — provvede, aprendo il subprocedimento per tale tipologia di vendita.

La reazione dei creditori

Perché il bene possa trasferirsi in capo all'offerente individuato dal debitore è comunque necessario il consenso (espresso o tacito) dei creditori, ai quali il comma 4 dell'art. 596-bis c.p.c. attribuisce espressamente un potere di « opposizione » entro l'udienza di autorizzazione a vendita di cui all'art. 569 c.p.c.

Premesso che non si tratta di un'opposizione esecutiva in senso tecnico, ma di una mera contestazione (non può difatti essere ricondotta all'opposizione  ex art. 615 c.p.c., non avendo ad oggetto la contestazione dell'an del credito, e neppure può essere inquadrata nell'opposizione agli atti esecutivi ex art 617 c.p.c., non riguardando profili di legittimità̀ degli atti esecutivi) è evidente l'analogia con l'art. 483 c.p.c. che, in relazione al cumulo dei mezzi di espropriazione riconosce in capo al debitore una « opposizione » per reagire all'abuso di azione esecutiva.

Quanto al termine perché i creditori si « oppongano » all'aggiudicazione in capo all'offerente individuato dal debitore a noi pare che, analogamente a quanto previsto per l'intervento tempestivo dei creditori chirografari, tale opposizione/contestazione sia preclusa solo dall'effettivo svolgimento dell'udienza di autorizzazione a vendita di cui all'art. 569 c.p.c. (Cass. civ. 18 gennaio 2012, n. 689; Cass. civ., 24 gennaio 2012, n. 940).

L'art. 569-bis, comma 5, c.p.c. non vincola l'opposizione dei creditori alla sussistenza di particolari presupposti, né circoscrive l'oggetto della contestazione alla irritualità/inammissibilità dell'istanza del debitore o dell'offerta del terzo. Tale assetto, con ogni probabilità, tiene conto del fatto che l'aggiudicazione in capo al terzo, scelto dal debitore (pur non potendo essere formulata per un importo sotto-soglia a norma dell'art. 571 c.p.c.) risulterebbe sottratta alla gara. Sicché, in difetto del carattere c.d. competitivo, il pregiudizio determinato dalla vendita diretta nei confronti del ceto creditorio è in re ipsa. In breve  precludendo la gara si preclude, sebbene in thesi, la migliore soddisfazione dei creditori che sono titolari di un vero e proprio diritto alla prosecuzione dell'espropriazione nel rispetto delle regole (della gara) posto all'art. 573 c.p.c.: si vuol dire cioè che l'opposizione dei creditori è stata concepita dal legislatore come un mero veto che prescinde da particolari motivi o ragioni d'inammissibilità.

Quanto ai creditori legittimati a tale opposizione, il legislatore individua espressamente quelli titolati e quelli iscritti di cui all'art. 498 c.p.c. Nulla si dice per i creditori intervenuti privi di titolo, lasciando intendere che costoro, indipendentemente dalla circostanza che il relativo credito sia stato riconosciuto ai sensi dell'art. 499, ultimo comma, c.p.c., sono privi del summenzionato potere di veto (salvo però si tratti di creditori iscritti ex art. 498 c.p.c.).

A nostro parere, il potere dei creditori di opporsi, seppure disancorato da limiti di convenienza, ci sembra subisca una inevitabile contrazione qualora l'istanza di vendita diretta sia stata proposta (e garantita da rituale cauzione) per un importo talmente elevato da consentire la soddisfazione completa di tutte le spese ed i crediti menzionati dall'art. 495, comma 1, c.p.c., conformemente a quanto disposto dall'art. 504 c.p.c., in materia di cessazione della vendita forzata. In questa peculiare ipotesi, e pur in difetto di un'espressa previsione normativa, ci pare che l'opposizione eventualmente proposta da uno o più creditori non precluda l'apertura del subprocedimento di vendita diretta e la successiva aggiudicazione.

Sotto altro profilo è possibile scorgere nel nuovo istituto della vendita diretta un favor debitoris parzialmente analogo e complementare rispetto a quello proprio della conversione del pignoramento. Ciò specie ove si consideri che l'imposizione in capo a ciascun creditore concorrente nell'espropriazione immobiliare, dell'onere di precisare - in funzione dell'eventuale istanza di conversione - l'ammontare del residuo credito per cui si procede e di notificare tale atto al debitore (nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal debitore secondo l'invito contenuto nell'atto di pignoramento o, in difetto, nella cancelleria del giudice adito), nonché di depositarlo nella cancelleria del giudice almeno trenta giorni prima dell'udienza, consente al debitore (e, correlativamente, all'offerente di fiducia) di individuare per tempo i creditori che rimarranno insoddisfatti dal compimento della vendita diretta e che potrebbero avere interesse all'opposizione, così da aprire con costoro eventuali trattative.

Sempre dalla prospettiva dei creditori va pure considerato che la vendita diretta potrebbe — almeno sulla carta — risultare più conveniente delle modalità di vendita di cui agli artt. 571 c.p.c. ss. , in quanto esclude automaticamente l'offerta minima e, quindi, il rischio che l'aggiudicazione possa disporsi per tale importo.

In difetto di opposizione il giudice aggiudica l'immobile « direttamente » all'offerente, bypassando sia la gara, sia eventuali istanze d'assegnazione. Ed infatti, in caso di mancata opposizione, anche da parte di un solo creditore (come pure di opposizione tardivamente formulata), il giudice dell'esecuzione (o il professionista delegato) stabilisce le modalità di pagamento del prezzo, da versare entro 90 giorni (o nel termine inferiore eventualmente indicato dall'offerente), a pena di decadenza. Versato il prezzo (e verificato l'assolvimento degli obblighi sulla normativa antiriciclaggio), il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a favore dell'offerente prescelto dal debitore e ordina la purgazione dei gravami.

L'opposizione dei creditori

In seguito all'opposizione di un creditore titolato o di uno di quelli iscritti di cui all'art. 498 c.p.c. il giudice emana un'ordinanza con cui:

a) fissa un primo termine non superiore a quarantacinque giorni per l'effettuazione della pubblicità, ex art. 490 c.p.c., dell'offerta pervenuta e della vendita;

b) fissa un ulteriore termine di novanta giorni per la formulazione di offerte d'acquisto, per un prezzo non inferiore a quello dell'offerta già presentata, garantite da cauzione in misura non inferiore ad un decimo del prezzo;

c) convoca il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti (titolati e non), i creditori iscritti e gli offerenti a un'apposita udienza per la deliberazione sull'offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti;

d) dispone, salvo pregiudichi gli interessi dei creditori o il sollecito svolgimento della procedura, che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti ed il pagamento del prezzo siano effettuati con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui all'art. 161-ter disp. att. c.p.c.

Perché il giudice disponga lo switch della modalità della vendita, è sufficiente una presa d'atto del dissenso (opposizione) da parte di un solo creditore: così il prosieguo del procedimento travalica il percorso tracciato dall'art. 569-bis c.p.c., perché riprenda il suo corso il procedimento ordinario a partire dalla disciplina di cui all'art. 573 c.p.c. che - seppur non richiamato - è riprodotto nel corpo dell'art. 569-bis, comma 5, n. 4. L'opposizione del creditore restituisce, dunque, al procedimento la disciplina della vendita senza incanto, salvo precisare che porre alla base della futura gara l'importo offerto dal soggetto prescelto dal debitore esclude che l'aggiudicazione avvenga per un'offerta minima; e, quindi, l'ammissibilità di eventuali istanze d'assegnazione del bene (che presuppongono exartt. 572 s. c.p.c. che la migliore offerta non superi il prezzo base).

Sotto altro profilo, quando la procedura, in seguito alla contestazione di uno o più creditori, vira di nuovo verso la disciplina della vendita senza incanto, l'offerta acquisita con l'istanza di vendita diretta rimane ferma; tanto da rappresentare essa stessa il prezzo base per la futura gara. L'offerta formulata dal soggetto individuato dal debitore è, ex art. 568-bis c.p.c., irrevocabile per centoventi giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita. Questo significa che il professionista delegato deve evadere tutti gli adempimenti prodromici alla gara senza ritardi o dilazioni di sorta; al contempo, il creditore è tenuto a versare in maniera sollecita il fondo spese per consentire, ad es., lo svolgimento della pubblicità. Del resto, che la fase di vendita sia scandita oggi da tempi strettissimi è confermato dal comma 2 dell'art. 591-bis c.p.c. che impone al professionista delegato lo svolgimento di tre tentativi di vendita (mediamente di 120 gg. ciascuno) in un anno.

Con il provvedimento di aggiudicazione dell'immobile al migliore offerente, dopo l'eventuale gara, il giudice stabilisce le modalità di pagamento del prezzo da versare entro 90 giorni, a pena di decadenza ex art. 587 c.p.c. Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice pronuncia il decreto con il quale trasferisce il bene all'aggiudicatario. Di contro, se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, o in ogni altra ipotesi in cui il bene immobile non è aggiudicato, il giudice con decreto dispone la vendita nei modi e nei termini già fissati ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.c.

Da un punto di vista pratico-operativo, per i creditori la vendita diretta dovrebbe essere più conveniente se i beni sono poco appetibili per il mercato di riferimento, perché con questa modalità si evitano quei fattori che potrebbero incidere negativamente sulla futura soddisfazione, quali i costi ed i tempi richiesti dalla gara.

Laddove il bene abbia, invece, un valore di mercato « certo », l'opposizione del creditore dovrebbe comunque essere particolarmente conveniente perché: a) esclude l'aggiudicazione per un'offerta minima ex art. 571 c.p.c.; b) assicura che, nell'ipotesi di più offerte, si svolga la gara a norma dell'art. 573 c.p.c. affinché l'aggiudicazione avvenga per un prezzo congruo rispetto al mercato di riferimento, indipendentemente dal fatto che il miglior offerente sia quello individuato dal debitore o altro soggetto.

Resta fermo che in nessun caso alla mancata reazione/opposizione del creditore potrebbe attribuirsi valenza extraprocessuale. Tale strumento presenta, difatti, una mera efficacia endoprocessuale, limitata al solo procedimento di vendita, inidonea ad incidere sul diritto al riparto, sui privilegi sostanziali o sulle prerogative riconosciute ai creditori nella successiva fase distributiva dell'espropriazione. In buona sostanza, l'aggiudicazione a favore dell'offerente « designato » dal debitore (o ad altro offerente in esito alla gara) esclude — dalla prospettiva del creditore — soltanto che questi possa proporre un'eventuale istanza d'assegnazione, inclusa quella a favore del terzo ex art. 590-bis c.p.c.

Non v'è dubbio che la vendita diretta si basa su un meccanismo complesso, destinato ad avere modesta rilevanza pratica, specie ove si consideri che il medesimo risultato può essere conseguito dall'offerente amico del debitore, formulando un'offerta minima a norma dell'art. 572 c.p.c. che consente sempre di rilanciare se vi sono più offerte che sfociano nella gara di cui all'art. 573 c.p.c.; ovvero può conseguirsi con la ben più agevole prassi per cui il debitore individua un acquirente per il bene pignorato; quindi il g.e., col consenso dei creditori, sospende l'espropriazione ex art. 624-bis c.p.c. in attesa del perfezionamento dell'accordo, cui segue l'atto traslativo confezionato dal notaio contestualmente alla rinuncia all'esecuzione.

Di là da queste considerazioni e tornando alla disciplina della vendita diretta resta fermo che laddove il giudice dichiari ammissibile l'offerta ed aggiudichi, a norma del comma 4 dell'art. 569-bis, « direttamente » il bene in capo all'offerente scelto dal debitore, nonostante le contestazioni (tempestive) dei creditori, il provvedimento può essere opposto dai creditori a norma dell'art. 617 c.p.c. Stesso discorso va fatto nei confronti del debitore che può opporre, a norma dell'art. 617 c.p.c., il provvedimento emesso dal g.e. a norma dell'art. 569-bis, comma 5, c.p.c., pur in difetto di contestazioni/opposizioni da parte dei creditori (ovvero laddove le uniche contestazioni siano state formulate tardivamente oppure provengano da creditori non iscritti e privi di titolo).

Il trasferimento del bene

Per l'ultimo comma dell'art. 569- bis c.p.c. il giudice, su istanza dell'aggiudicatario, lo autorizza alla stipula di un atto negoziale, ordinando — contestualmente alla trascrizione di quest'ultimo — la cancellazione dei vincoli ex art. 586 c.p.c. Il notaio stipulante, dal proprio canto, è tenuto a trasmettere copia dell'atto al cancelliere o al professionista, che provvedono al deposito nel fascicolo della procedura.

Da questo assetto, analogo al disposto dell'art. 217, comma 2, c.c.i. (corrispondente all'art. 108, comma 2, l. fall. per le vendite «   competitive   ») emerge subito che l'art. 569- bis c.p.c. non riconosce al giudice dell'esecuzione, diversamente da quanto stabilito nella prima parte dell'art. 586 c.p.c. per la vendita senza o con incanto, il potere di sospensione perché ritiene il prezzo offerto inferiore a quello giusto. Tanto basterebbe ad affermare che la stabilità dell'aggiudicazione sia, dunque, maggiore nella vendita diretta rispetto a quella propria della vendita che ha seguito le modalità del «   senza o con incanto   ». In realtà a noi pare che ove il giudice dell'esecuzione si renda conto che sussista una fattispecie conforme a quelle individuate dalla Cassazione possa comunque ordinare la sospensione — recte la revoca — della vendita diretta. Segnatamente si tratta di una delle seguenti situazioni: a ) si siano cioè verificati fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b ) siano emerse interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c ) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia risultato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d ) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione (Cass. civ., 21 settembre 2015, n. 18451).

In secondo luogo, dal riferimento espresso all'art. 586 c.p.c. e dal richiamo alla necessaria cancellazione dei gravami si evince che la vendita diretta risulti comunque funzionale alla soddisfazione dei creditori, nel rispetto del principio della responsabilità patrimoniale. Si vuol dire cioè che la vendita diretta integra, inequivocabilmente e a tutti gli effetti, una vendita forzata regolata dai principi sanciti dagli artt. 2919 ss. c.c. e non da quelli tipici delle vendite negoziali (come, ad es., l'art. 1490 c.c., sui vizi della cosa venduta, l'art. 1497 c.c., sulle qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata). Sicché laddove l'aggiudicatario — che coincide con l'offerente designato dal debitore — intenda risolvere o contestare la vendita sarà comunque tenuto all'opposizione ex art. 617 c.p.c., da esperire entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell'atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile con una diligenza ordinaria ( Ex multis , Cass. civ., 22 giugno 2021, n. 17811) . In nessun caso il decreto di trasferimento può essere opposto dall'aggiudicatario nella vendita diretta per i vizi dell'immobile noti o comunque contenuti nella relazione del perito (Cass. civ., 25 ottobre 2016, n. 21480). Né della natura forzata della vendita diretta potrebbe dubitarsi solo perché l'atto è rogato dal notaio oppure perché il trasferimento è disposto a favore del soggetto individuato dal debitore. In entrambi i casi sussiste l'ordine di cancellazione e, quindi, il conseguente effetto purgativo, effetto che è e rimane un carattere esclusivo delle vendite forzate.   Resta da dire che anche nella vendita diretta opera il principio elaborato dalle Sezioni unite in forza del quale l'ordine impartito dal g.e. ( ex art. 586 c.p.c. ovvero dal g.d. ex artt. 107, comma 2, ovvero 108, comma 2, l. fall.) al conservatore di cancellare le formalità pregiudizievoli trova immediata attuazione, non essendo prevista la notifica del decreto di trasferimento, né la soggezione degli effetti a condizione o termine (Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2020, n. 28387 ).

Riferimenti

Canella, P roposte in materia di esecuzione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 1038 ss.;

Crivelli-Mercurio, Annotazioni sulla legge di delegazione per la riforma del codice di rito, con riferimento alle disposizioni in tema di processo esecutivo, in Riv. esec. forz., 2021, 1016;

D'Alonzo, La vendita dell'immobile pignorato da parte del debitore. Prassi correnti e prospettive di riforma, in www.inexecutivis.it; Didone, Il processo esecutivo nel prisma degli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in, Riv. esec. forz., 2021, p. 454 ss.;

Farina, L'ultima sistemazione dell'esecuzione forzata: una prima lettura della nuova normativa, in Riv. esec. forz., 2022, p. 1119, ss.;

Miccolis, L'esecuzione forzata nella riforma che ci attende, in Questione Giustizia, 3, 2021, 112 e ss.;

Pilloni, L'esecuzione forzata nell'epoca della riforma perenne: le innovazioni prospettate dalla legge delega n. 206/2021, in Judicium, 2022, 149 ss.

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