Le responsabilità del conduttore che cede l’azienda e gli obblighi del soggetto che subentra nel rapporto locatizio

06 Maggio 2024

Il legislatore del 1978, per quel che concerne le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, ha stabilito che il conduttore possa cedere il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore. Tale comunicazione ha unicamente l'effetto di determinare l'opponibilità al medesimo locatore della cessione, laddove quest'ultimo può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della stessa. Il presente contributo approfondisce gli aspetti più problematici, per un verso, relativi alla permanente responsabilità, in capo al conduttore-cedente, nelle ipotesi di inadempimento del conduttore-cessionario e, per altro verso, riguardanti i vari obblighi, nei confronti del locatore-ceduto, del soggetto che subentra nel rapporto locatizio.

Il quadro normativo

L'art. 36 della l. n. 392/1978 - peraltro, non suscettibile di deroga convenzionale - delinea la disciplina della cessione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo e, quindi, si occupa di una delle possibili modificazioni soggettive della posizione contrattuale, segnatamente ex latere conductoris, con una disposizione speciale rispetto al regime codicistico, rispondendo alla duplice necessità, da un lato, di agevolare il trasferimento delle aziende che esercitano attività imprenditoriali e, dall'altro, di tutelare l'avviamento commerciale.

Il legislatore del 1978 ha inteso così coordinare la disciplina codicistica della cessione di azienda con la disciplina generale delle locazioni ad uso diverso, allo scopo di contemperare la tutela del locatore-ceduto con la conservazione del valore economico del complesso aziendale, e con la sua (quanto più ampia possibile) commerciabilità; è questa, dunque, la ratio della scelta legislativa, per cui il consenso del locatore-ceduto è espunto dagli elementi costitutivi della cessione, né rientra nel novero degli elementi di efficacia del tessuto negoziale: una diversa opzione normativa avrebbe, infatti, incentivato comportamenti opportunistici del locatore, addirittura inducendolo, autorizzatovi ex lege, a subordinare il proprio consenso alla corresponsione di un ulteriore, quanto indebito, compenso, così gravando di costi addizionali, quanto impropri, le cessioni di azienda, e disincentivando, poco lodevolmente, le relative operazioni economiche.

In termini generali, nella cessione del contratto, il conduttore sostituisce a sé un altro soggetto conduttore, il quale subentra in tutti gli obblighi ed i diritti che l'originario contraente aveva nei confronti del locatore; riguardo alle locazioni ad uso non abitativo, invece, l'art. 36 fa propendere la protezione legislativa verso l'impresa, sacrificando le esigenze proprietarie del locatore: la speciale disciplina di successione legale, allestita dal legislatore del 1978, per un verso, non si esaurisce nel trasferimento della mera qualità di contraente del rapporto di locazione, e, per altro verso, finisce per prescindere dal consenso del locatore-ceduto, rifiutando qualsiasi configurazione strutturale di tipo trilaterale.

Mette punto rammentare, però, che l'ambito di applicazione dell'art. 36 della l. n. 392/1978, benché più ampio di quello delle norme strettamente poste a tutela dell'avviamento - indennità, prelazione e riscatto (rispettivamente, contemplati negli artt. 34, 38 e 39) - non coincide, ossia è più ridotto di quello desumibile dall'art. 27 della l. n. 392/1978, presupponendo la norma la destinazione dell'immobile locato ad elemento costitutivo di una struttura aziendale, con conseguente inapplicabilità in caso di destinazione dell'immobile allo svolgimento di un'attività professionale, sempre che essa non sia organizzata in forma imprenditoriale.

Il protrarsi della responsabilità del cedente

L'irrilevanza del consenso del locatore, ai fini del perfezionamento della cessione, è compensata dalla regola posta dal comma 1 dell'art. 36 della l. n. 392/1978, in forza della quale, ove non abbia liberato il conduttore-cedente, il locatore può agire nei confronti di questi, qualora il cessionario si renda inadempiente.

In altri termini, stante che la vicenda traslativa si realizza senza il concorso della volontà del locatore, quest'ultimo può contare, comunque, sul protrarsi della responsabilità del cedente, nel caso di inadempimento del cessionario, salvo che egli stesso dichiari espressamente di liberarlo (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2015, n. 19531; Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2007, n. 26234).

La volontà del locatore , non idonea ad impedire la cessione, in difformità dal principio generale di cui all'art. 1406 c.c., recupera, quindi, un ruolo centrale: solo attraverso il suo intervento, il cedente può uscire completamente di scena, rendendosi estraneo alle successive vicende contrattuali.

Sul punto, si è giustamente osservato che la disposizione è coerente con la configurazione che nell'art. 36 assume la cessione della locazione: potendo, infatti, questa perfezionarsi indipendentemente dal consenso del locatore, è logico che il locatore stesso conservi, salva una sua rinuncia, la garanzia del contraente originario.

Ad avviso della giurisprudenza di merito, il congegno della permanente responsabilità del cedente opera con riferimento a tutte le obbligazioni contrattuali, da quella avente ad oggetto il canone a quella per il risarcimento dei danni cagionati all'immobile (Pret. Brescia 4 febbraio 1993), nonché a quella di risarcimento del danno da ritardata restituzione ex art. 1591 c.c., quanto meno per il pagamento della c.d. indennità di occupazione commisurata al canone locatizio (Trib. Milano 11 dicembre 1995), e, in via generale, a quella di rilascio dell'immobile (Trib. Salerno 3 marzo 2006); è esclusa, tuttavia, la responsabilità del cedente nell'ipotesi in cui il cessionario ed il locatore stipulino un nuovo contratto di locazione (Pret. Roma 13 dicembre 1989).

Il meccanismo sussidiario dell'accollo

Si discute se l'art. 36 della l. n. 392/1978 istituisca un'ipotesi di responsabilità solidale “pura” o soltanto “sussidiaria” del cedente, ossia se il locatore possa indifferentemente ed indistintamente rivolgersi all'uno o all'altro dei debitori, oppure se possa invocare la responsabilità del cedente solo dopo aver fatto valere quella del cessionario.

Secondo un primo indirizzo, la disposizione ricalcherebbe la previsione dell'art. 5 della l. n. 19/1963, la quale prevedeva espressamente che il conduttore rimanesse obbligato in solido con il cessionario dell'azienda riguardo al pagamento del fitto e per l'osservanza di tutte le condizioni del contratto.

Si è evidenziato, in proposito, che la ratio del principio sancito dall'art. 36 va rinvenuta nell'apprestare una garanzia più ampia al locatore ceduto, al fine di bilanciare la compressione del suo diritto di scegliere (anche in ragione delle garanzie offerte) la controparte, per cui, qualora si obbligasse il locatore ad agire previamente contro il cessionario anche nell'ipotesi in cui fosse evidente la maggiore solidità patrimoniale del cedente, si renderebbe più difficoltosa per il locatore la realizzazione del suo diritto.

Anche nella giurisprudenza di merito (Trib. Alessandria 16 aprile 1986) è stato affermato il principio secondo cui non vi sarebbe alcun ordine preferenziale tra gli obbligati.

Altri, invece, qualificano la responsabilità del cedente come sussidiaria: si sottolinea, al riguardo, che il meccanismo dell'accollo cumulativo non implicherebbe che il creditore possa indifferentemente rivolgersi all'accollato o all'assuntore, e viene pure posto l'accento sulla diversità di formulazione dell'art. 36 della l. n. 392/1978 rispetto all'art. 5 della l. n. 19/1963.

Rilevante, secondo alcuni, è il ruolo di conduttore iure proprio assunto dal cessionario, derivante dalla circostanza che, per legge, la cessione de qua si può realizzare anche senza il consenso del locatore, valendo, peraltro, tale principio per tutte le obbligazioni correlate al contratto di locazione, ivi comprese quelle risarcitorie (potendo, ad esempio, il locatore ceduto rivolgersi al cedente per il ristoro dei danni riconducibili all'attività del cessionario); così al potere esclusivo di scelta del cessionario da parte del cedente fa da contraltare l'esigenza che il locatore - che, a tale scelta, non ha titolo e non ha potere di opporsi alla cessione se non per gravi motivi - sia tenuto indenne delle negative conseguenze che possano derivargliene.

Nella giurisprudenza di merito, è stato parimenti affermato (App. Torino 24 ottobre 1986) che l'art. 36 non configura un'obbligazione solidale fra cedente e cessionario nei confronti del locatore, bensì un'obbligazione del cedente con responsabilità subordinata all'inadempimento del cessionario, conseguendone che, qualora il locatore pretenda il risarcimento del danno relativo all'inadempimento contrattuale di mantenere la cosa locata in buono stato locativo - inadempimento che sorge necessariamente dalla messa in mora del cessionario, ex art. 1219 c.c. - una volta che la suddetta messa in mora non sia stata effettuata, il locatore non può agire nei confronti del cedente; pertanto, in ipotesi di cessione di contratto di locazione, se il locatore-ceduto non abbia liberato il cedente, quest'ultimo non è responsabile in solido con il cessionario, mentre il locatore non può agire direttamente contro di lui, che è solo un obbligato con responsabilità subordinata all'inadempimento del cessionario.

Lo stesso orientamento è stato fatto proprio anche dagli ermellini (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 1993, n. 1833), secondo i quali il significato della norma starebbe in ciò che la responsabilità del cedente è subordinata all'inadempimento del cessionario, sicché, solo verificatasi tale condizione (sufficiente ma necessaria), il locatore-ceduto, il quale pretenda l'adempimento degli obblighi contrattuali non adempiuti dal cessionario, può rivolgersi direttamente contro il conduttore-cedente, senza necessità di chiamare in giudizio il conduttore-cessionario.

In seguito, si è ribadito (Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2002, n. 13297) che l'art. 36 consente al locatore, il quale, ovviamente, non abbia liberato il cedente, di agire contro quest'ultimo qualora il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte, il che sta a significare che la responsabilità del cedente è subordinata all'inadempimento del cessionario, responsabilità, quindi, sussidiaria e non solidale.

Dalla ricostruzione prospettata nelle summenzionate decisioni, deriva che il locatore non sia tenuto a citare in giudizio il cessionario, con conseguente esclusione di un beneficium excussionis in favore del cedente (Trib. Milano 11 dicembre 1995, cit.); la posizione del cedente sarebbe piuttosto da accostare a quella di chi si giovi del c.d. beneficium ordinis (art. 1268, comma 2, c.c.), in forza del quale il creditore, senza essere obbligato ad agire preventivamente nei confronti di un certo debitore, deve comunque indirizzare a questo la propria prima richiesta di adempimento.

Sul punto, i magistrati di Piazza Cavour, in un primo tempo, avevano escluso che il cedente godesse del beneficium ordinis (Cass. civ., sez. III, 1° giugno 2004, n. 10485); successivamente, gli stessi giudici sono andati in contrario avviso, affermando la natura sussidiaria della responsabilità del cedente (Cass. n. 9486/2007, cit.).

D'altronde, il legislatore del 1978 mostra consapevolmente di escludere la solidarietà c.d. pura, sia perchè non riporta la dizione contenuta nel precedente art. 5 della l. n. 19/1963 - secondo cui il conduttore-cedente rimaneva obbligato, in solido con il cessionario, “per il pagamento del fitto e per l'osservanza di tutte le condizioni del contratto” - sicché “la mancata riproduzione dell'esplicito lemma sulla solidarietà nell'attuale testo e l'evidente omogeneità morfologica con l'art. 1408 c.c.in parte qua depone piuttosto nel senso di una chiara e ponderata scelta normativa in favore della sussidiarietà”, sia perché le (pur legittime) argomentazioni svolte in favore della solidarietà appaiono improntate piuttosto ad un'analisi funzionale (se non di analisi economica del diritto) della fattispecie, sorvolando sia sul dato letterale della norma (che subordina esplicitamente all'inadempimento del cessionario l'azionabilità della pretesa verso il cedente), sia su quello strutturale della fattispecie, modellata pur sempre sul più generale archetipo della cessione del contratto, che postula, a sua volta, l'inadempimento del cessionario alle obbligazioni assunte per poter agire contro il cedente ex art. 1408, comma 2, c.c.” (così Cass. n. 9486/2007, cit.).

In particolare, si è ritenuto operante il principio secondo cui l'azione nei confronti del cedente sarebbe subordinata all'inadempimento del cessionario, cui andrebbe rivolta la prima richiesta: in altri termini, in caso di cessione del contratto di locazione ai sensi dell'art. 36, qualora il locatore non abbia liberato il cedente, tra quest'ultimo ed il cessionario, divenuto successivo conduttore dell'immobile, viene ad instaurarsi un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzato dal beneficium ordinis, che consente, perciò, al locatore di agire nei confronti del cedente per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti al suddetto contratto - ivi comprese quelle riguardanti le pretese risarcitorie connesse alla perdita o al deterioramento del bene locato, di cui all'art. 1588 c.c. - solo dopo che si sia venuto a configurare l'inadempimento del nuovo conduttore, nei cui confronti è necessaria la preventiva richiesta di adempimento mediante la semplice modalità della messa in mora (v., altresì, Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2015, n. 23111; Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2009, n. 12896).

Il termine per dare notizia dell'inadempimento

In collegamento con il tema della responsabilità del cedente, sorge il quesito se, in tema di cessione del contratto di locazione di immobile urbano destinato ad uso non abitativo, trovi applicazione la disposizione di cui all'art. 1408, comma 3, c.c., secondo cui il contraente ceduto è tenuto a dare notizia al cedente dell'inadempimento del cessionario, entro quindici giorni dalla data in cui questo si è verificato.

La tesi negativa è stata sostenuta da alcuni sul rilievo che un temine di decadenza, connesso ad un onere di avviso, non potrebbe essere esteso a fattispecie per le quali esso non sia espressamente richiamato.

Si è, inoltre, osservato che, mentre nell'ipotesi regolata dal comma 3 dell'art. 1408 c.c. l'obbligo di comunicazione è collegato ad un patto espresso, nella cessione di cui all'art. 36 della l. n. 392/1978 esso sarebbe correlato ad un effetto legale, e ciò che indurrebbe perplessità quanto all'applicabilità, all'ipotesi in esame, della disciplina codicistica.

In proposito, la giurisprudenza non si presenta uniforme.

Da un lato, l'assoggettamento del locatore-ceduto all'obbligo di cui all'art. 1408, comma 3, c.c. è stato talvolta accolto da qualche giudice di merito (Trib. Pavia 24 giugno 1988), in base all'assunto secondo cui la specialità della disciplina posta dall'art. 36 non impedirebbe l'applicazione delle norme codicistiche laddove non incompatibili.

In senso contrario, altra pronuncia (App. Milano 14 marzo 1995) ha ritenuto, invece, che la specialità dell'istituto della c.d. cessione forzata del contratto di locazione prevista dall'art. 36 impone di far riferimento solo a tale disposizione, con esclusione dell'applicazione in via estensiva o analogica di qualsiasi altra norma.

Quest'ultima soluzione è stata accolta anche dai magistrati del Palazzaccio (Cass. n. 9486/2007, cit.), i quali hanno affermato che l'obbligo di comunicazione al cedente dell'inadempimento del cessionario entro un termine stabilito è previsto per l'istituto generale della cessione del contratto, ma non anche per la cessione della locazione ex art. 36, e, trattandosi di un onere gravante sul contraente “debole” della vicenda trilatera, non è lecito invocarne l'applicazione nemmeno in via analogica in favore del cedente.

La liberazione da parte del locatore-ceduto

Si è accennato che l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 36 della l. n. 392/1978 fissa la regola della responsabilità del cedente per l'inadempimento da parte del cessionario delle obbligazioni assunte, fatta salva la facoltà dello stesso locatore di “liberare” il cedente medesimo.

La volontà del locatore di liberare il cedente può essere manifestata in ogni modo, non essendo dalla legge previsto alcun requisito di forma, per cui può essere manifestata sia espressamente, sia per fatti concludenti, senza che sia necessaria la contestualità della liberazione rispetto alla cessione del contratto.

La liberazione del cedente potrebbe essere condizionata ad una controprestazione e, in particolare, al versamento di un corrispettivo o indennizzo, da parte del cedente, senza che il relativo accordo sia sanzionato dalla nullità prevista dall'art. 79 della l. n. 392/1978.

In quest'ottica, un giudice lombardo (Trib. Milano 27 ottobre 1994) ha ritenuto pienamente lecito, in riferimento al citato art. 79, l'accordo con il quale, in concomitanza ed in relazione alla cessione del contratto di locazione e dell'azienda ai sensi dell'art. 36, il locatore-ceduto ed il conduttore-cedente abbiano regolato i loro rapporti prevedendo a carico di quest'ultimo il versamento di una somma di denaro in cambio della sua definitiva liberazione da ogni obbligazione derivante dal contratto.

Resta fermo ( ad avviso di Cass. 23 marzo 2017, n. 7430) che è onere del conduttore cedente provare l'esistenza della dichiarazione con cui il locatore, per l'ipotesi in cui il cessionario non adempia, lo abbia liberato dalla responsabilità sussidiaria, trattandosi di fatto estintivo della corrispondente obbligazione.

I riflessi rispetto al conduttore-cessionario

La cessione comunicata o accettata determina, ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978, purché ovviamente avvenga con la cessione dell'azione del conduttore, l'efficacia nel negozio traslativo nei confronti del locatore e, al contempo, il subentro del cessionario nel contratto di locazione (v., per tutte, Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2013, n. 5845).

In altri termini, nel caso di cessione del contratto di locazione di immobile locato ad uso non abitativo, si verifica la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente, sicché l'originario conduttore risulta del tutto estraneo al rapporto locatizio che, pur restando assoggettato al medesimo regime giuridico, viene ad instaurarsi, con il consenso del locatore, direttamente tra il cessionario ed il medesimo locatore (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2003, n. 3996).

Non è apparsa persuasiva l'opposta affermazione secondo cui, in caso di opponibilità non seguita dalla liberazione del conduttore cedente, permane, sul piano processuale, la legittimazione passiva dell'originario conduttore per tutte le azioni attinenti alla prosecuzione o all'estinzione del rapporto locatizio, senza che il terzo cessionario del contratto abbia titolo per pretendere un'estensione necessaria del contraddittorio nei suoi confronti e per rivendicare la posizione di legittimato passivo (Cass. civ., sez. III, 17 marzo 2009, n. 6427; Cass. civ., sez. III, 23 dicembre 2003, n. 19772).

È il cessionario, infatti, la parte necessaria del giudizio di rilascio promosso dal locatore cui la cessione sia stata comunicata, per cui si è conseguentemente affermato (Cass. civ., sez. III, 30 luglio 1997, n. 7110) che, avverso il provvedimento di rilascio emesso nei confronti del conduttore-cedente, il suddetto cessionario, siccome titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con la decisione resa inter alios, è legittimato a spiegare opposizione di terzo semplice, a norma dell'art. 404, comma 1, c.p.c.; viceversa, se la cessione ha luogo nel corso del giudizio vertente sulla locazione, è attribuito al cessionario il rimedio dell'opposizione all'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2007, n. 23289).

I giudici di legittimità (Cass. n. 10485/2004, cit.,) hanno ritenuto che il cessionario risponde anche delle obbligazioni non adempiute dal cedente; tale responsabilità del cessionario, peraltro, ha natura solidale, ed i rapporti interni tra i coobbligati sono disciplinati dall'art. 1298 c.c., conseguendone che, mentre tutti i cedenti e tutti i cessionari sono responsabili solidalmente verso il locatore per il danno prodotto alla cosa locata, nell'àmbito dei rapporti interni tra i vari conduttori, il debito va ripartito secondo il criterio dell'imputabilità e, nell'ipotesi in cui non sia possibile riferire i deterioramenti all'uno o all'altro conduttore, deve presumersi che le parti del debito solidale siano uguali.

Dunque, in caso di affitto di azienda con contestuale cessione del contratto di locazione dell'immobile nel quale l'azienda stessa è esercitata, l'art. 36, anche se non affronta direttamente il problema, non deroga al principio generale, ricavabile dall'art. 1408 c.c., per cui, nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, il cedente risponde delle obbligazioni divenute esigibili anteriormente alla cessione ed inadempiute, in quanto prevede la responsabilità sussidiaria del cedente per le obbligazioni successive alla cessione del contratto di locazione che il cessionario non abbia adempiuto, ma non esime il cedente medesimo dall'adempimento delle obbligazioni sue proprie e già scadute alla data della cessione (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2010, n. 10964).

L'affermazione secondo cui il cessionario è responsabile nei confronti del locatore-ceduto per le obbligazioni a carico del conduttore-cedente che siano rimaste inadempiute ha trovato conferma anche successivamente (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11010; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2008, n. 7686).

Al contempo, sia pure in una fattispecie soggetta al regime dell'art. 5 della l. n. 19/1963, ma esportabile anche nell'alveo dell'art. 36 della l. n. 392/1978, si è ricordato che la norma la quale consente al conduttore la cessione del contratto di locazione di immobile adibito all'esercizio di attività commerciale o artigianale, senza il consenso del locatore - il quale può solo opporsi entro breve termine per gravi motivi - purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, non esonera il locatore da quei correlativi “adempimenti accessori”, ispirati a correttezza e buona fede nonché a solidarietà sociale, che consentono il pieno soddisfacimento di tale diritto riconosciuto al conduttore dalla legge (Cass. civ., sez. III, 13 novembre 1987, n. 8351).

Con riferimento alla ripetizione dei canoni corrisposti indebitamente, una pronuncia di merito (Pret. Verona 7 novembre 1986) ha statuito che il cessionario possa agire per ottenere anche le somme corrisposte dal cedente prima del suo subentro: ciò perché la cessione, da parte del conduttore, del contratto di locazione cui si accompagni la cessione dell'azienda si perfeziona con l'incontro delle volontà del cedente e del terzo, indipendentemente dal consenso del locatore, sicché, perfezionatasi la cessione, si trasferisce l'intero contratto, nel suo insieme unitario di diritti ed obbligazioni; ne consegue la possibilità per il conduttore-cessionario di agire in giudizio per ottenere la restituzione di quanto versato, a titolo di canone, oltre il dovuto, nel corso di tutto il rapporto locatizio.

D'altronde, il cessionario che agisce per la restituzione degli importi corrisposti in eccedenza rispetto al dovuto fa valere un diritto di credito inerente all'azienda ceduta, e con essa trasferito, configurandosi la cessione della locazione, avente ad oggetto l'immobile in cui è ubicata l'azienda, come un effetto naturale della cessione di azienda.

Qualora la cosa locata sia affetta da vizi che ne diminuiscano il godimento, il cessionario non può, però, avvalersi delle azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del canone: difetta in detta ipotesi, infatti, il presupposto cardine per l'applicabilità dell'art. 1578 c.c., e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore, e conseguentemente non si applica neppure l'art. 1579 c.c., concernente la deroga pattizia con la quale si escluda o si limiti la responsabilità del locatore per i vizi della cosa (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2007, n. 10298).

In conclusione

Una volta subentrato nel contratto, il cessionario ha il medesimo diritto del cedente di esercitare il recesso, e parimenti sconta la stessa soggezione che aveva il proprio dante causa nei confronti delle iniziative poste in essere dal locatore per far cessare il rapporto (artt. 28 e 29 l. n. 392/1978); inoltre, egli succede nella situazione soggettiva che sia già insorta per effetto della comunicazione di disdetta, onde subentra nell'obbligo di rilascio che il locatore faccia valere servendosi della disdetta precedentemente intimata.

In giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 5 novembre 1985, n. 5357), si è sottolineato che l'azione di recesso del locatore per necessità debba essere tenuta ben distinta da quella intentata per ottenere la riconsegna dell'immobile in presenza dei gravi motivi di opposizione alla sublocazione o alla cessione; nell'ipotesi dell'azione di recesso del locatore per necessità, l'indagine del giudice deve essere unicamente rivolta all'accertamento se sussistano, o meno, le circostanze di fatto dedotte dall'istante e se esse integrino quella situazione di intenso disagio che giustifica la cessazione anticipata del rapporto locatizio, mentre le esigenze del conduttore non hanno alcun rilievo ai fini di detta indagine, avendo il legislatore preventivamente valutato, per insindacabili ragioni di politica legislativa, la prevalenza della necessità del locatore rispetto quella del conduttore; nel caso, invece, di cessione del contratto di locazione da parte del conduttore, assumono rilievo, invece, i “gravi motivi” di opposizione, i quali devono essere attinenti alla persona del nuovo conduttore, alla sua affidabilità e alla sua posizione economica, oppure al complesso dell'operazione progettata, con esclusione di motivi che attengano, in via immediata e diretta, alle esigenze e alla situazione del locatore.

Si è osservato che il cessionario possa far valere, nei confronti del locatore, i diritti in tema di migliorie e addizioni, ancorché queste siano state realizzate dal cedente in epoca precedente alla cessione.

Alla scadenza del contratto, ed a seguito della riconsegna, il cessionario avrà, altresì, diritto alla restituzione del deposito cauzionale costituto dal cedente, e detenuto dal locatore: questa, infatti, costituisce un'ulteriore conseguenza del trasferimento, in capo al cessionario, della posizione contrattuale facente già capo all'originario conduttore.

Sul presupposto, circa il momento di perfezionamento della cessione del contratto di locazione, coincidente con il semplice incontro delle volontà del cedente e del terzo, a prescindere dal consenso del locatore - relegandosi la comunicazione contemplata a favore di quest'ultimo ad una questione di mera “opponibilità” di una cessione già perfetta, comportando, tra l'altro, l'immediata ed incondizionata sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente - si è ritenuto (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1997, n. 12325) che il cessionario succede anche nell'obbligazione avente ad oggetto la riconsegna della cosa locata, ex art. 1590 c.c., nello stesso stato in cui la stessa era stata ricevuta dall'originario conduttore (e, comunque, in buono stato di manutenzione), rimanendo obbligato a rimborsare al cedente quanto a suo tempo versato al locatore a titolo di deposito cauzionale (tra le pronunce di merito, si segnalano: Trib. Milano 14 novembre 1994; Pret. Firenze 29 marzo 1993).

Riferimenti

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Valenza, Cessione di azienda e locazione dell'immobile, in Contratti, 2000, 816;

Piombo, La posizione del cedente e del cessionario rispetto alle obbligazioni contrattuali nell'ipotesi di cessione del contratto di locazione ai sensi dell'art. 36 l. 392 del 1978, in Arch. loc. e cond., 1996, 853;

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Cuminetti, Cessione di azienda ed attività svolta dai conduttori cedente e cessionario, in Arch. loc. e cond., 1989, 536;

Paparella, Le articolazioni dell'azienda nella vicenda della cessione del contratto di locazione, in Rass. equo canone, 1985, 48;

Gazzoni, Cessione di azienda e successione nel rapporto locatizio, in Giust. civ., 1980, II, 197.

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