Azioni rappresentative a tutela dei consumatori e provvedimenti inibitori

La Redazione
07 Maggio 2024

L’urgenza di provvedere è legata al pericolo di reiterazione delle violazioni, con aggravio dei pregiudizi arrecati alla classe interessata nel suo insieme. 

Nel diritto europeo, la direttiva 2020/1828, trasposta in diritto interno con gli artt. 140-ter cod. consumo, obbliga gli Stati membri a prevedere provvedimenti inibitori anche in forma di un «provvedimento provvisorio teso a far cessare una pratica o, se del caso, a vietare una pratica, nel caso in cui tale pratica sia stata ritenuta costituire una violazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1» (art. 8, par. 1), senza subordinare tale possibilità a specifici requisiti particolarmente stringenti. Non è implausibile affermare che «l’urgenza» di provvedere richieda, se non la manifestazione di danni già verificatisi, la cui prova non è richiesta per la concessione dell’inibitoria (art. 8 par. 3: «L’ente legittimato non è tenuto a provare: a) le perdite o i danni effettivi subiti dai singoli consumatori lesi dalla violazione ecc.»), almeno una situazione di pericolo. Tuttavia, la Direttiva non richiede «gravità e irreversibilità» del danno, perché i due requisiti sono presentati in via discorsiva ed esemplificativa. Inoltre, il metro di giudizio non può consistere nella gravità dell’impatto della violazione sul singolo consumatore appartenente al gruppo che l’azione rappresentativa intende tutelare (art.140-septies, comma 8, lett. b), ma sull’interesse collettivo dei consumatori. L’urgenza di provvedere è dunque legata al pericolo di reiterazione delle violazioni, con aggravio dei pregiudizi arrecati alla classe interessata nel suo insieme. Correttamente è stato osservato che la gravità dipende non soltanto «dalla astratta idoneità della clausola nulla a essere inserita in nuovi stipulandi contratti perfezionati con il richiamo alle medesime condizioni generali di contratto», ma anche dalla «capacità delle clausole contestate di continuare a produrre i loro effetti in quanto inserite in contratti di durata, aggravando in tal modo il prospettato effetto pregiudizievole a carico dei consumatori» (Trib. Milano 3.4.2015, in motivazione). Per l’estensione dei provvedimenti inibitori anche a una pratica «cessata prima della proposizione delle azioni rappresentative» e quindi a fortiori al contratto stipulato ma ancora pendente e capace di produrre effetti pregiudizievoli cfr. il citato considerando (40), che fa il caso dell’accertamento «al fine di agevolare azioni complementari volte a ottenere provvedimenti risarcitori».  Nella specie, la prestazione di garanzie personali accompagna normalmente la concessione di credito alla clientela, che è il cuore dell’impresa di una banca c.d. commerciale, come Banca (omissis). Pertanto, deve ritenersi che le clausole vessatorie esaminate in quest’ordinanza, rimaste stabili nel tempo, nonostante le acquisizioni della giurisprudenza europea e italiana, siano di uso quotidiano da parte della Banca, sia per l’inserimento nei contratti nuovi, sia per la gestione del credito e delle garanzie nei contratti già stipulati e ancora pendenti. Tali considerazioni sono sufficienti a ritenere integrato il requisito dei giusti motivi d’urgenza.

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