Omessa diagnosi di malformazione del feto e lesione del diritto all’autodeterminazione della gestante
08 Maggio 2024
Nella specie, gli attori avevano promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello che, confermando la decisione di primo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti del medico e della casa di cura. In particolare, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che, sulla base della perizia officiosa svolta, la refertazione del sanitario risultava incompleta ma che la descritta responsabilità omissiva non poteva condurre all'accoglimento della domanda, non essendo stato allegato e provato, seppure con presunzioni, che la parte, qualora compiutamente informata, avrebbe deciso d'interrompere la gravidanza. Gli originari attori impugnavano così la pronuncia in cassazione, contestando, per quanto d'interesse, l'errore della Corte d'appello per la mancata considerazione del fatto che il difetto di refertazione non aveva permesso una corretta formazione del consenso, ledendo il diritto all'autodeterminazione del paziente. La Corte ha accolto il motivo di ricorso, richiamando consolidati principi secondo cui l'acquisizione del «consenso informato» del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento medico, con la conseguenza che l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo, in ipotesi, a un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo d'informazione. E ciò anche in ragione della diversità dei diritti - rispettivamente, alla “autodeterminazione” delle scelte mediche e all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi. In altri termini, i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all'autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che siano connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita. Ad esempio, il ricorso, per tempo, a una psicoterapia o quanto meno la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio (Cass. civ. n. 2798/2023, in linea con la ricostruzione ed esposizione sistematica riassunta da Cass. civ. n. 16633/2023). In questo senso, ad esempio, si è concluso che «il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti (Cass. civ. n. 30727/2019). … Ad una corretta informazione consegue la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell'intervento, ove queste risultino, sul piano post-operatorio riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili quanto inaspettate per il paziente a causa dell'omessa informazione» (Cass. civ. n. 2798/2023, cit.). |