Concordato preventivo: amministratore giudiziario per l’esecuzione (CCII)

15 Maggio 2024

Lo scritto espone le ipotesi di nomina dell’amministratore giudiziario per l’esecuzione della proposta omologata di concordato preventivo in caso di ritardi o omissioni del debitore, descrivendo i poteri attribuiti a tale organo dalla legge.

Premessa

A seguito della omologazione della proposta di concordato preventivo, il debitore deve, ai sensi dell’art. 118 comma 3, c.c.i.i., compiere tutte le attività previste nella proposta e nel piano di concordato, al fine di realizzare, nel caso di concordato in continuità, quel turnaround che consente all’impresa di ripartire oppure, in caso di concordato liquidatorio, semplicemente al fine reperire la provvista necessaria per poter soddisfare i creditori.

Le modalità di esecuzione e i poteri/doveri del debitore a tale riguardo variano, quindi, a seconda della tipologia di concordato: in continuità (diretta o indiretta) oppure liquidatorio.

Nel concordato in continuità aziendale, il debitore deve proseguire la sua attività di impresa secondo le previsioni del piano se si tratta di continuità diretta, oppure provvedere alla cessione, usufrutto o affitto o conferimento di azienda se invece si tratta di continuità indiretta.

Se la proposta prevede un concordato liquidatorio, sarà il liquidatore giudiziale nominato dal tribunale con la sentenza di omologazione a provvedere, sotto la vigilanza del comitato dei creditori, alla cessione di tutti i beni del debitore secondo le previsioni del piano e a soddisfare i creditori con il ricavato, nonché ad esercitare ogni azione prevista dalla legge al fine di recuperare i beni compresi nel patrimonio del debitore, sempre al fine della loro liquidazione a favore dei creditori.

Esecuzione “in forma specifica” del concordato e ipotesi di nomina dell’amministratore giudiziario

In tutte le tipologie di concordato il commissario giudiziale svolge l’attività di vigilanza durate tutta la fase di esecuzione della proposta e del piano, riferendo al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 118 comma 1, c.c.i.i. Sono, infatti, di immediata evidenza le conseguenze negative che sull’esecuzione del concordato possono avere gli scostamenti dal piano, la mancata realizzazione degli obiettivi ivi previsti oppure il mancato compimento di deliberazioni e atti strumentali previsti. Qualora, quindi, il debitore non ponga in essere le attività necessarie per la sua esecuzione oppure ne stia ritardando il compimento, il commissario giudiziale ne riferisce al tribunale che, ai sensi dell’art. 118 comma 4, c.c.i.i. potrà attribuirgli i poteri necessari a provvedere, in luogo del debitore, al compimento degli atti richiesti.

È quindi prevista una sorta di esecuzione specifica del concordato preventivo omologato: già solo la minaccia di inasprire lo spossessamento, attribuendo poteri gestionali al commissario, dovrebbe indurre il debitore ad adempiere ai suoi obblighi di attuazione ed esecuzione del piano.

Caso particolare è quello della proposta di concordato concorrente, approvata e omologata dai creditori. L’art. 118 comma 5, c.c.i.i. prevede un intervento ancora più invasivo in caso di inerzia del debitore: qualora il debitore non ponga in essere le attività necessarie per la sua esecuzione, oppure ponga addirittura in essere condotte ostruzionistiche finalizzate ad impedire o ritardare l’esecuzione del concordato (in quanto non da lui previsto e disegnato), il soggetto che ha formulato la proposta di concordato concorrente può denunciare i ritardi e le omissioni del debitore al tribunale, mediante ricorso notificato al debitore e al commissario giudiziale, chiedendo di attribuire a quest’ultimo i poteri necessari per provvedere al compimento degli atti oppure di modificare dall’interno l’assetto organizzativo societario, revocando l’organo amministrativo, se si tratta di società, e nominando un amministratore giudiziario in sua sostituzione. In tal caso, ai sensi dell’art. 118 comma 6, c.c.i.i., il tribunale determina la durata dell’incarico e gli attribuisce i poteri specifici per compiere gli atti necessari a dare esecuzione alla proposta omologata, ivi incluso il potere di convocare l’assemblea per le modifiche statutarie previste dalla proposta e dal piano di concordato e l’esercizio del diritto di voto in tali assemblee, come meglio si illustrerà nel prosieguo.  La norma precisa che, in caso di concordato liquidatorio, il liquidatore stesso può essere nominato amministratore giudiziario.

È poi previsto che venga data idonea pubblicità alla nomina dell’amministratore giudiziario, mediante iscrizione nel Registro delle imprese a cura del cancelliere, entro 5 giorni dal provvedimento di nomina.

La ratio della norma è evidente: integrare i poteri del proponente e ridurre i poteri degli organi sociali e dei soci, al fine di conseguire coattivamente il piano proveniente da soggetti terzi diversi dal debitore.

Si pensi, ad esempio, ad una proposta che proviene dall’esterno dell’organizzazione sociale e che prevede un nuovo assetto organizzativo (in tal senso cfr. V. Pinto, Concordato preventivo e organizzazione sociale, in Riv. Società, 2017, 123 ss.), quale ad esempio il conseguimento della partecipazione di controllo della società oppure l’ingresso di nuovi soci che abbiano la capacità di dotare la società di nuove risorse finanziarie in grado di consentire la soddisfazione dei creditori come prevista nel piano, nuova organizzazione che – come tale – potrebbe non essere vista di buon grado dalla compagine sociale e dall’organo amministrativo.

Analoga possibilità di nomina dell’amministratore giudiziario è prevista in caso di proposta di concordato preventivo formulata dalla società stessa e non da terzi, ma non eseguita dal suo organo amministrativo, e che preveda la riduzione o l’aumento del capitale sociale o altre modifiche statutarie: l’art. 120-quinquies c.c.i.i. consente al tribunale, su richiesta di qualsiasi interessato e sentiti gli amministratori, di nominare un amministratore giudiziario, attribuendogli i poteri necessari a provvedere in luogo di costoro alle modifiche statutarie previste nel piano e nella proposta di concordato, previa revoca dell’organo amministrativo per giusta causa.

Peraltro è stato giustamente osservato che il tenore letterale della norma non consente di desumere che l’attribuzione di poteri al commissario giudiziale e all’amministratore giudiziario sia alternativa: può, infatti, verificarsi il caso di attribuzione di poteri ad entrambi, ad esempio, in caso di concordato c.d. misto in cui possa essere utile per il “settore liquidatorio” l’attribuzione di compiti al commissario e per il “settore della continuità” la revoca dell’organo amministrativo (in tal senso cfr. Guidotti, op. cit., 21 ss.).

I poteri dell’amministratore giudiziario

Ai sensi dell’art. 118 comma 6, c.c.i.i. il tribunale provvede in camera di consiglio sulla richiesta di nomina dell’amministratore giudiziario, previo contraddittorio con il debitore e il commissario giudiziale. Come anticipato, con il provvedimento di nomina, il tribunale stabilisce la durata dell’incarico dell’amministratore giudiziario e i poteri necessari per compiere gli atti indispensabili a dare esecuzione alla proposta omologata. Tra questi poteri la norma prevede espressamente, qualora la proposta preveda un aumento di capitale sociale della società debitrice o altre deliberazioni di competenza dell’assemblea dei soci (quali ad esempio la modifica dello statuto, l’emissione di strumenti finanziari o un’operazione straordinaria), il potere di convocare l’assemblea dei soci e l’esercizio del diritto di voto nelle stesse assemblee per le azioni o quote facenti capo al socio o ai soci di maggioranza.

Sembra quindi che il legislatore sia partito, nella redazione della norma, dal presupposto che l’inerzia dell’organo amministrativo derivi di fatto dall’inerzia dei soci di maggioranza, non intenzionati a deliberare l’aumento di capitale o l’operazione straordinaria previsti nel piano redatto ad esempio dal terzo proponente, approvato dai creditori e omologato dal tribunale.

Restano, comunque, sempre fermi – per espressa previsione normativa – i diritti di informazione e di voto dei soci di minoranza, con ciò anche qui dando il legislatore forse per scontato che vi sia una frattura tra i soci di minoranza e i soci di maggioranza all’interno della società in concordato, che consenta di far ritenere a favore delle modifiche previste nel piano i soci non di maggioranza (in merito a tali assunti cfr. R. Sirto, La chiusura della procedura e gli effetti sul concordato, in L. Jeantet (a cura di), Il concordato preventivo dalla legge fallimentare al codice della crisi di impresa, , Milano, 2021, 311 e ss.).

Per completezza, giova, infine, ricordare il riparto di competenze tra gli organi della società in concordato: se si tratta di un concordato liquidatorio, il potere di amministrazione e disposizione sul patrimonio destinato ai creditori è attribuito al commissario giudiziale nominato dal tribunale e agli organi sociali resteranno i poteri di gestione della parte di patrimonio non messa a disposizione dei creditori ed i poteri di organizzazione societaria (convocazione assemblee, bilancio di esercizio, ecc.). Se invece si tratta di un concordato in continuità gli organi sociali mantengono i loro poteri, ma sono sottoposti alla vigilanza del commissario giudiziale e del giudice delegato per tutta la durata del piano: il piano vincola la società debitrice, e quindi gli amministratori, a darvi attuazione (cfr. G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2021, 149 ss.).

Il sindacato del tribunale in merito alla eventuale revoca  dell’organo amministrativo e nomina, in sua sostituzione, di un amministratore giudiziario verte sulle ragioni del ritardo nel compimento degli atti necessari alla esecuzione del concordato: la norma non stabilisce un tempo entro il quale il tribunale deve provvedere, con ciò lasciando intendere che il tribunale potrebbe decidere sia di procedere temporaneamente ad una attività di monitoraggio della società al fine di poter decidere in merito alla nomina dell’amministratore giudiziale successivamente all’esito della fase di controllo, oppure fissare sin da subito un termine entro il quale il debitore debba procedere all’adempimento di tali atti, alla scadenza del quale si riserva di assegnare al commissario giudiziario i poteri necessari oppure nominare un amministratore giudiziale.

Infine, con riguardo all’ampiezza dei poteri assegnati, si evidenzia che i poteri che il tribunale attribuisce in caso di inerzia al commissario giudiziale o all’amministratore giudiziario non possono che aderire ai contenuti del piano e della proposta di concordato: il tribunale deve soltanto rimediare all’inadempimento del debitore, non modificare il contenuto del piano e della proposta di concordato.

Sembrerebbe scontato dal tenore letterale della norma che una volta decorso il termine di durata attribuito dal tribunale alla carica di amministratore giudiziario, l’assemblea dei soci debba provvedere alla nomina di un nuovo organo amministrativo.

L'amministratore giudiziario in sostituzione degli organi sociali: interferenze

Di norma l'esecuzione del concordato non pone particolari problemi, in quanto il piano per fronteggiare la crisi è elaborato dagli amministratori, i quali dovrebbero godere del sostegno della maggioranza dei soci. Ai sensi dell'art. 2086 c.c. gli amministratori devono, infatti, attivarsi tempestivamente per l'adozione e l'attuazione degli strumenti previsti per la composizione della crisi e il recupero della continuità aziendale, tenendo conto degli interessi della società e di quelli dei creditori. Il percorso da essi individuato, tuttavia, potrebbe non trovare piena condivisione nei soci, i quali potrebbero, ad esempio, non gradire l'ingresso di un nuovo socio, disponibile a fornire le risorse per il superamento della crisi ma al prezzo dell'acquisto del controllo della società.

Il rischio che l'esecuzione della proposta e del piano di concordato venga osteggiato dai soci e/o dagli amministratori è ovviamente ancora più concreto, come anticipato, qualora la proposta di concordato provenga da un terzo, ovvero si tratti di proposta concorrente: in tal caso il piano elaborato dal terzo potrebbe avere necessità sia della collaborazione dell'organo amministrativo della società sia di operazioni che necessitano della approvazione dei soci (in tal senso cfr. M. Aiello, Concordato preventivo e proposte concorrenti: i casi di nomina dell'amministratore giudiziale e dell'aumento del capitale, in ritrutturazioniaziendali.it, 26 gennaio 2022), i quali potrebbero non avere intenzione o interesse ad adempiere.

Come sopra esaminato, il legislatore ha approntato una serie di controlli e sanzioni per assicurare la cooperazione del debitore nell'esecuzione del concordato, che interferiscono segnatamente con l'organizzazione della società, rafforzati ulteriormente nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza rispetto a quanto previsto nella legge fallimentare a seguito della riforma del 2015, e vanno dai casi di inadempimento di minore entità nei quali è prevista la attribuzione di specifici poteri al commissario giudiziale, ai casi di particolare gravità nei quali tali controlli sono molto pregnanti e comportano la revoca dell'organo amministrativo e la nomina di un amministratore giudiziario in sostituzione.

La tendenza a ricapitalizzare forzosamente la società in crisi, attraverso la conversione di crediti in capitale o la sottoscrizione di aumenti di capitale riservati o altre operazioni straordinarie quali fusione, scissione o scorporo, con l'obiettivo di accelerare e implementare la realizzazione dell'interesse dei creditori a prescindere dall'interesse e la volontà dei soci, comporta la necessità di individuare un nuovo punto di equilibrio nella realizzazione degli interessi interni ed esterni all'impresa in crisi (in tal senso cfr. F. Guerrera, L'esecuzione “forzata” del concordato preventivo nell'art. 185 legge fall. e nell'art. 118 del nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in Dir. fall. e soc. comm., 2024), riservando quindi la attribuzione di poteri così pregnanti come l'aumento di capitale a soggetti esterni alla compagine sociale, quali l'amministratore giudiziario; così come nei casi, effettivamente più gravi, ove l'inadempimento persistente dell'organo amministrativo paralizza l'esecuzione del concordato e conseguentemente il risanamento dell'impresa in crisi. 

A tale riguardo si osserva che la possibilità di revoca dell'organo amministrativo e della conseguente nomina di un amministratore giudiziario nel corso dell'esecuzione del concordato preventivo richiama alla mente, secondo una opinione, la previsione di cui all'art. 2409 c.c., che – in caso di gravi irregolarità da parte degli amministratori nella gestione, tali da recare danno alla società – consente al tribunale su denuncia dei soci che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale (il ventesimo nel caso delle società quotate), nei casi più gravi, di revocare gli amministratori e di nominare un amministratore giudiziario determinandone durata e poteri (in tal senso cfr. R. Guidotti, Le proposte (e le offerte) concorrenti, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e Insolvenza nel nuovo codice – commento telematico ai dd.lgs. nn. 14/19 e 83/22, , Bologna, 2022, 796 ss.; nello stesso senso la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Napoli 2 aprile 2022. in ilcaso.it; di contraria opinione G. Fauceglia, Brevi note sul concordato preventivo, operazioni societarie e nomina dell'amministratore giudiziario, in Il Fallimento, 2022, 1121 ss., secondo il quale i poteri attribuiti ai sensi della normativa fallimentare sono una prerogativa extra ordinem che deroga al riparto delle competenze organiche e che oltrepassa il potere che potrebbe attribuirsi ad un amministratore giudiziario nominato nel contesto di cui all'art. 2409 c.c.).

D'altronde, anche nel caso in esame, si tratta di gravi irregolarità degli amministratori che non adempiono il concordato approvato ed omologato, tali da legittimare la loro revoca e la nomina di un amministratore giudiziario.

A nostro avviso si tratta, infatti, di realizzare non solo l'oggetto sociale e di perseguire lo scopo lucrativo della società, ma anche di soddisfare l'esigenza di non lasciare la fase esecutiva del concordato in balia del debitore, laddove vi sono interessi dei creditori ed interessi pubblici al mantenimento in vita di una impresa ristrutturata.

Se non vi fosse la possibilità di sostituire in qualche modo il debitore inerte, il concordato non potrebbe essere eseguito e resterebbe, quale unico rimedio, la risoluzione del concordato con  apertura della liquidazione giudiziale, che dovrebbe invero costituire soltanto ipotesi residuale, solo laddove nemmeno il commissario giudiziale o l'amministratore giudiziario riescano a dare esecuzione alla proposta di concordato approvata dai creditori e omologata (nel senso della residualità del rimedio risolutorio cfr. anche G. Fauceglia, op. cit.).

La responsabilità dell'amministratore giudiziario

Ci si interroga in dottrina circa la sindacabilità degli atti dell'amministratore giudiziario in quanto non si rintraccia nel codice nessuna norma in tal senso.

Parte della dottrina (in tal senso cfr. inter alia, R. Guidotti, Le proposte (e le offerte) concorrenti nel concordato preventivo dopo il recepimento della direttiva Insolvency, in ristrutturazioniaziendali.it, 29 settembre 2022), tuttavia, applica anche all'amministratore giudiziario nominato in sede di esecuzione del concordato preventivo le norme che si applicano all'amministratore nominato ex art. 2409 c.c., ovvero gli artt. 92 comma 5 e 94 disp. att. c.c.

In particolare, per quel che riguarda il tema posto, applica l'art. 94 disp. att. c.c., che ripropone la formula impiegata per il regime di responsabilità degli amministratori e dei sindaci, richiamando il principio di responsabilità di cui all'art. 1176 c.c. sull'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di una attività professionale: l'art. 94 disp. att. c.c. prevede, infatti, che non sono ammesse contestazioni relative ai criteri tecnici della gestione, nei limiti dei poteri conferiti all'amministratore.

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