Le nuove norme sul curatore speciale nei giudizi in tema di filiazione

15 Maggio 2024

Può dirsi che la riforma per quanto concerne il curatore speciale si è concretata in un riordino dei testi secondo una logica che ha inteso contrapporre una previsione di ambito esente da limitazioni applicative e l'apprestamento di regole specifiche al processo familiare. La contrapposizione, comunque, non ha nulla di radicale ma risponde ad una semplificazione schematica di concetti.

Premessa

Il d.lgs. n. 149/2022 (ormai noto come apportatore della “Riforma Cartabia”), ha modificato, in questo preceduto dalla legge delega n. 206/2021, la disciplina dettata a proposito del curatore speciale. Le innovazioni hanno inciso ben poco sulla normativa che indica i casi di nomina, dispersa in numerose disposizioni del codice civile, e maggiormente ha riguardato quella strettamente processuale, attualmente contrassegnata da due norme di ambito applicativo generale (gli artt. 78 e 80 c.p.c.) e da alcune norme specifiche  al nuovo processo per le controversie in materia di stato delle persone, di famiglia e di minorenni. Le modifiche alle disposizioni di contenuto generale hanno comportato in primo luogo una risistemazione dell'esposizione testuale, posto che l'elencazione dei casi di nomina del curatore speciale di cui all'art. 78 c.p.c. è stata trasferita nell'art. 473-bis.8 c.p.c., senza rilevanti mutazioni; e che nello stesso articolo è stata spostata la disposizione del terzo comma dell'art. 80 (già sostituito dalla legge delega) relativo ai poteri del curatore speciale ed all'eventualità della sua revoca. Può dirsi che la riforma per quanto concerne il curatore speciale si è concretata in un riordino dei testi secondo una logica che ha inteso contrapporre una previsione di ambito esente da limitazioni applicative e l'apprestamento di regole specifiche al processo familiare. La contrapposizione, comunque, non ha nulla di radicale ma risponde ad una semplificazione schematica di concetti.

Curatore speciale, soggetto minorenne, soggetto incapace

Sebbene l'attenzione in questa sede sia rivolta alla filiazione, resta da ricordare che il curatore speciale può essere nominato a tutela dell'incapace, sia esso un incapace naturale, un interdetto o un inabilitato: per questi soggetti, tuttavia, la nomina è limitata a pochi casi residuali. Per l'amministrazione di sostegno, infatti, l'art. 405 c.c. prevede la nomina di un amministratore provvisorio. Per l'interdizione e l'inabilitazione l'art.  414 c.c. consente la nomina, rispettivamente, di un tutore provvisorio e di un curatore provvisorio. Le fattispecie di incarico ad un curatore speciale, a protezione dell'incapace, si riducono alle circostanze oggetto dell'art. 245, ultimo comma, c.c. (per il quale quando  il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente l'azione di disconoscimento della paternità può essere promossa da un curatore speciale nominato dal giudice) e dell'art. 247, ultimo comma, c.c. (per il quale se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti e mancano gli altri legittimati passivi indicati dalla legge, l'azione di disconoscimento è proposta nei confronti di un curatore speciale, parimenti nominato dal giudice). Il numero limitato di queste fattispecie dimostra che l'istituto della curatela speciale si profila come uno strumento tutelativo predisposto essenzialmente per un soggetto incapace di provvedere ai propri interessi a causa della sua età minore. Questa funzione protettiva verso il minorenne è stata accentuata dalla riforma recente, la quale ha lasciato nella porzione del codice di rito dedicata alle parti e ai difensori soltanto le norme riguardanti la supplenza urgente del curatore speciale in mancanza del rappresentante o dell'assistente e il conflitto di interessi, per dettare poi, nel contesto della disciplina dei poteri del giudice nel processo familiare, le disposizioni sulla nomina facoltativa, sulla nomina obbligatoria e sui poteri del curatore speciale per il minorenne.

In questo specifico ambito l'art. 473-bis.2 c.p.c. dispone che il giudice, a tutela dei minori, può nominare il curatore speciale nei casi previsti dalla legge, anche d'ufficio. Due sono, dunque, le proposizioni contenute nella norma citata: il riferimento a casi determinati dalla legge e l'officiosità del potere conferito al giudice.

I casi previsti dalla legge

La prima proposizione nulla aggiunge alla disciplina previgente e a quella innovata. Essa ha il valore di una disposizione riassuntiva e riaffermativa di quanto era desumibile dal diritto positivo che, sia nel corpo del codice civile e sia nel codice di rito processuale, indica di volta in volta le situazioni cui provvedere con la nomina del curatore. Il riferimento esplicito ai casi previsti dalla legge lascia pensare alla tassatività di queste previsioni, per non essere consentito al giudice di conferire l'incarico a sua discrezione al di fuori delle fattispecie disciplinate. Nello stesso senso induce a ritenere il disposto dell'art. 473-bis.8 c.p.c., che elenca nei primi due commi  le circostanze di fatto che motivano il giudice a disporre la nomina. In realtà, singole norme rimettono l'adozione del provvedimento al prudente arbitrio del giudice, dando così luogo ad una breve casistica di provvedimenti facoltativi: per essi intesi i provvedimenti pur sempre consentiti dalla legge ma la cui emanazione è affidata alla valutazione discrezionale del caso concreto ed all'opportunità dell'intervento. Ne costituisce esempio  il caso del conflitto di interessi, che non riguarda soltanto la filiazione e che richiede l'apprezzamento dello stato dei rapporti tra le parti e l'utilità di frapporre tra esse l'operato di un soggetto estraneo. Una esauriente casistica è inoltre offerta dalle fattispecie in cui al giudice è esplicitamente affidata la scelta di provvedere o meno alla nomina, come avviene nei casi di cui al primo comma dell'art. 273 c.c., a tenor del quale l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità può essere promossa dal tutore, autorizzato dal giudice, ma il tribunale può nominare un curatore speciale; e di   cui all'ultimo comma dell'art. 274 c.c., per il quale il tribunale anche prima di ammettere l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale può nominare al minore o all'incapace un curatore speciale che lo rappresenti in giudizio. Altri casi sono costituiti dalle fattispecie di nomina del curatore richiesta da soggetti diversi dal minore ultraquattordicenne: il genitore, il pubblico ministero, qualunque interessato. Il giudice non è tenuto ad accogliere le istanze ed è rimessa alla sua valutazione di utilità la scelta di provvedere come domandatogli. Un'altra fattispecie esemplare è regolata dall'art. 473-bis.8, secondo cui il giudice può nominare un curatore speciale quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore. La disposizione era stata introdotta dalla legge delega n. 206/2021 ma la giurisprudenza aveva già applicato il principio che ne deriva a proposito del conflitto tra genitori in ambito di separazione o di divorzio.

Questi e simili casi di discrezionalità sono stati intesi con larghezza soprattutto dalla giurisprudenza di merito. Soprattutto la nozione di conflitto di interessi è stata estesa nel senso di ottenerne una più incisiva protezione del minore. La Corte di cassazione ha affermato che nei procedimenti de potestate l'interesse dei genitori e quello del minore devono essere considerati sempre in conflitto e ciò anche quando della nomina del curatore sia fatta richiesta e questa riguardi unicamente uno dei genitori (Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2014, n. 7478). La riforma recente nulla ha mutato in ordine alla interpretazione del concetto di conflitto di interessi. Resta inteso che esso non può consistere in un semplice contrasto ma deve risolversi in una vera e propria situazione di incompatibilità; non la integra il solo disaccordo (Cass. civ., sez. I, 11 maggio 2018, n. 11554) mentre integra il conflitto l'inconciliabilità degli interessi del rappresentante e del rappresentato (Cass. civ. sez. I, 13 aprile 2001, n. 5531). Il semplice divario di opinioni tra genitori è risolto direttamente dal giudice (art. 337-ter c.c.). Un caso particolare è disciplinato dall'art. 321 c.c. in tema di impossibilità o di rifiuto dei genitori o del genitore affidatario a compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione: su istanza del figlio, del pubblico ministero o di un parente che vi abbia interesse, al figlio può essere nominato un curatore speciale autorizzato a compiere l'atto.

I casi di nomina obbligatoria del curatore speciale, rivisitati dalla riforma Cartabia sono i seguenti.

Richiesta di decadenza dalla responsabilità genitoriale proposta dal pubblico ministero o da uno dei genitori nei confronti dell'altro. Il riferimento è all'art. 330 c.c. che prevede la pronuncia della decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i propri doveri o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

Adozione di provvedimenti ai sensi dell'art. 403 c.c.; affidamento del minore ai sensi degli artt. 2 ss. della l. 4 maggio 1983, n. 184. La prima fattispecie riguarda l'intervento della pubblica autorità a favore dei minori moralmente o materialmente abbandonati o esposti, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per l'incolumità psico-fisica e vi è urgenza di provvedere. La nomina del curatore speciale è misura provvisoria da adottare nel procedimento che conduce alla convalida del collocamento del minore ad opera del tribunale per i minorenni. Il secondo caso concerne il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo nonostante gli interventi di sostegno e aiuto dei pubblici operatori. Anche in questa situazione la nomina di un curatore speciale è misura di soccorso nel contesto della procedura che conduce al provvedimento di affidamento del minore ad una famiglia in grado di assicurare il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno; o in caso di impossibilità, l'affidamento ad una comunità di tipo familiare o ad un istituto di assistenza.

Emersione dai fatti del procedimento di una situazione di pregiudizio per il minore tale da precludere l'adeguata rappresentanza processuale di entrambi i genitori.  La disposizione è riferita alla sola rappresentanza processuale e non anche ai rapporti sostanziali. E' chiaro, tuttavia, che proprio attraverso la compartecipazione al processo possono essere fatti valere i diritti e gli interessi del minore, nel contesto di quelli dibattuti tra i genitori. Una applicazione della regola che impone la nomina del curatore speciale è costituita dai dissapori aspri intercorsi tra i separandi o i divorziandi in ordine all'affidamento della casa familiare, all'attribuzione della responsabilità genitoriale ed ai provvedimenti patrimoniali.

Richiesta del minore che ha compiuto i quattordici anni. La norma fu aggiunta dalla legge delega della riforma Cartabia ed ha costituito attuazione dell'art. 4 della Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996 che, più ampiamente, riconosceva al minore il diritto ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni in merito ai provvedimenti da altri richiesti  che lo riguardano. L'obbligatorietà della nomina rappresenta una delle più significative novità introdotte dalla riforma. Si è da subito accennato, imaginificamente, al curatore speciale come voce del minore, impossibilitato per la sua età a farsi sentire ed a partecipare. Va ricordato che in parte si era già proceduto su questa strada, con norme che progressivamente avevano attribuito al minorenne la facoltà di fare richieste al giudice (di nominargli un curatore speciale per l'esercizio di azioni); di fornire un assenso in caso di esercizio di azioni altrui (al riconoscimento come figlio nato fuori dal matrimonio; alla propria adozione); e di prestare il proprio consenso (all'azione per dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, art. 273 c.c.). In questo quadro si inserisce, con notevole rilievo, l'obbligo di sentire il minore nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano (attualmente, artt. 473-bis.4 c.p.c., artt. 152-quater e quinquies disp. att. c.p.c.).

Nomina d'ufficio

L'art. 473-bis.2 c.p.c. attribuisce al giudice il potere di nominare il curatore speciale anche d'ufficio: vale a dire, di propria iniziativa e senza che ne sia fatta richiesta. L'innovazione è evidente rispetto alle disposizioni della normativa previgente che sottoponevano in modo chiaro l'esercizio del potere del giudice ad una istanza di parte o del pubblico ministero. Basterà leggere l'art. 79 c.p.c. e porlo in relazione con il precedente art. 78 per rendersi conto che una nomina officiosa non era prevista anteriormente alla riforma del 2022, quanto meno come istituto avente una applicazione generalizzata. Singoli ed esigui casi mandavano al giudice di provvedere con l'incarico al curatore speciale direttamente, prima ancora di una espressa sollecitazione, ma si trattava pur sempre di situazioni originate da iniziative altrui. Una di queste fattispecie è ancora prevista dall'art. 80 che, nel disciplinare le modalità della nomina conferisce la competenza a provvedervi, appunto anche d'ufficio, al giudice procedente quando la necessità del provvedimento sorge nel corso di un procedimento. Si tratta, in un certo senso, di un intervento necessitato, comunque doveroso, a fronte di emergenze che sollecitano una misura protettiva o di integrazione del contraddittorio.

La nuova norma pone all'interprete un quesito riguardante il rapporto da stabilire tra l'officiosità del potere riconosciuto al giudice ed i casi nei quali l'iniziativa di chiedere un curatore speciale è affidata, nel testo normativo, alle istanze degli interessati ed al pubblico ministero. Può ritenersi, da un lato, che l'autonomia conferita al giudice si aggiunga alle facoltà delle parti e del pubblico ministero, nel senso pratico di un allargamento dei soggetti cui è consentita l'iniziativa. L'organo giudicante si aggiungerebbe, in sostanza, agli interessati nel possibile promovimento della nomina. Per altro verso potrebbe pensarsi che il potere officioso del giudice incontra un limite là dove il diritto positivo richiede la proposizione di una istanza: e ciò in quanto esso tutela l'interesse dei legittimati a risolversi alla richiesta, affidando soltanto ad essi la scelta in proposito. Nel primo senso militano le considerazioni della più intensa protezione ricercata e disposta dal legislatore, anche in attuazione di accordi internazionali, che vede nel giudice l'organo preposto ad assicurare in ogni occasione di contesa il benessere dei minori in essa coinvolti. Per l'altra soluzione del quesito intervengono alcune considerazioni che ci sembrano non irrilevanti. Lasciare al giudice la nomina del curatore speciale quando si tratta di intraprendere un'azione in giudizio, mediante l'affidamento del relativo incarico ad un nominando curatore speciale, significherebbe lasciare al giudice la scelta di agire oppur no, a sua scelta incontestabile. Ad esempio, l'art. 244 c.c., ultimo comma, dispone che l'azione di disconoscimento di paternità può essere promossa da un curatore speciale nominato dal giudice su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni (ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratta di età inferiore). L'esclusività dell'istanza appare indubbia, in questo caso, ed estendere l'iniziativa al giudice costringerebbe a far subire al minore conseguenze che non ha cercato, almeno prima di rendersi conto delle circostanze con l'acquisto dell'età matura. La scelta di disconoscere una realtà formatasi e vigente non può che essere riservata a chi la sta vivendo e la vivrà in futuro, senza che qualcun altro decida per lui. Altrettanto può dirsi dell'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, proponibile dal curatore speciale sempre su istanza del figlio che ha compiuto i quattordici anni (art. 264 c.c.).

Sembra poi di dover affermare che il potere officioso di far rappresentare il minore da un curatore speciale incontra un preciso limite quando la legge chiede al minore di esprimere un assenso o il proprio consenso. L'uno e l'altro sono espressione di una volontà personale, non delegabile né manifestabile da altri.

L'ascolto del minore

L'art. 315-bis c.c., introdotto dalla l. n.219/2012, aveva fatto dell'ascolto del minore un vero e proprio suo diritto in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. La disposizione trovava precedente in Convenzioni internazionali (di Strasburgo, sull'esercizio dei diritti del fanciullo, delli 25 gennaio 1996, ratificata con l. 20 marzo 2003, n. 77; di New York sui diritti del fanciullo, delli 20 novembre 1989, ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176; e in altre fonti, tra cui il Regolamento CE 27 novembre 2003, n. 2201). Con l'inserimento della norma citata le singole e rare disposizioni che prevedevano l'audizione dei figli minori nei casi di affidamento familiare, di adozione e di separazione coniugale (art. 155-sexies, dovuto alla l. 8 febbraio 2006, n. 54) furono iscritte in un principio avente portata più generale  e fondamento in una vera e propria aspettativa giuridica tutelabile. L'ascolto era disegnato come un adempimento riservato al giudice, presidente del tribunale o giudice delegato, a seconda dei casi; e da condursi di persona, anche se era consentito l'ausilio di esperti e consulenti (art. 336-bis c.c.). Le disposizioni di attuazione (art. 38-bis) regolavano poi le modalità dell'ascolto, variamente disciplinando la possibilità di una presenza di familiari e di difensori delle parti.

La regola dell'ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano ad opera del giudice è stata trasferita dalla riforma Cartabia nell'art. 473-bis.5. La modifica è avvenuta con l'apporto di disposizioni di dettaglio circa le modalità di effettuazione e di compartecipazione dei genitori e dei difensori ma è stata conservata nel testo della norma la riserva dell'audizione al giudice. E' con l'introduzione dell'art. 473-bis.8, nel corpo delle norme dedicate al processo uniforme in materia di famiglia, che la legittimazione ad effettuare l'ascolto è stata estesa al curatore speciale. Si è trattato di una innovazione che era stata preceduta dalla legge di delega della riforma Cartabia e che rappresenta un passo avanti nella tutela dei soggetti minorenni. Può sembrare inappropriato affidare a soggetti diversi dall'organo giudiziario un adempimento delicato qual è quello di assumere informazioni ed opinioni da minori degli anni 12 o di età anche inferiore, per poi doverne tener conto in vista di decisioni da adottare. Ma va considerato che il curatore speciale viene nominato perché tuteli l'interesse del soggetto incapace per età e che a questo scopo proprio il colloquio con questi può fornire le indicazioni utili ad esercitare l'azione o a resistervi: come pure a rinunciarvi se l'approfondimento arrecato dai chiarimenti ricevuti e dalle opinioni raccolte conducono a rappresentare una realtà diversa da quella originariamente ipotizzata.

Poteri di rappresentanza sostanziale

La possibile attribuzione al curatore speciale di poteri di natura sostanziale costituisce l'ultima rilevante novità dovuta alla recente riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022. Dispone in proposito l'art. 473-bis.8, comma 3, c.p.c. che il giudice con il provvedimento di nomina o successivamente può attribuire al curatore speciale specifici poteri di rappresentanza sostanziale. La regola così introdotta sfonda il cerchio costituito dall'ambito processuale di rappresentanza del minore in quanto legittima il curatore speciale a compiere atti fuori dal processo, a condizione che esso si riferiscano a situazioni specifiche e adempiendo ad un mandato del giudice. Non si tratta, infatti, di una delega in bianco a compiere negozi in nome e per conto del minorenne; si tratta di adottare misure circoscritte per la tutela di interessi che esulano dal corso e dalla sorte del processo finalizzate a provvedere ad esigenze di natura pratica, in genere patrimoniale. La dottrina che sino ad ora si è espressa concorda nell'affermare che al curatore non è affidato un potere di scelta bensì l'incarico di compiere uno o più atti che il giudice gli deve indicare chiaramente. Si afferma, inoltre, che spetta al curatore di dare attuazione effettiva alle scelte assunte dai soggetti che hanno il potere di fassumerle (si indica ad esempio l'art. 473-bis.38 c.p.c., in tema di attuazione dei provvedimenti sull'affidamento), in quanto i poteri di rappresentanza sostanziale non coincidono né si sostituiscono alla responsabilità genitoriale, non spettante al curatore speciale.

Funzioni nella rappresentanza processuale

La funzione tradizionale del curatore speciale è quella di provvedere ad una situazione transitoria, temporanea e urgente. Lo scopo della nomina è di riparare alla mancanza di un rappresentante o al difetto della rappresentanza, nell'attesa che subentri colui che al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza. Scopo ulteriore, che si inserisce nella regola della provvisorietà è quella della risoluzione di un conflitto di interessi, sciolto il quale la nomina è revocata. Il codice civile prevede tuttavia ipotesi diverse nelle quali l'incarico non è così effimero ma dà luogo ad un rapporto suscettibile di prolungarsi nel tempo e di articolarsi in prosieguo.

Il curatore speciale è abilitato a promuovere, su istanza del minore: l'azione per il reclamo dello stato di figlio (artt. 239 e 249 c.c.) e l'azione di disconoscimento della paternità (art. 244 c.c). Può promuovere l'azione di disconoscimento se il figlio si trova in stato di interdizione o di grave infermità di mente (art. 245 c.c.) o quando il figlio è morto e mancano gli altri legittimati (artt. 245 c.c.); e così pure nei casi di cui agli artt. 248,249,263,267 e 270 c.c. Su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la responsabilità genitoriale può promuovere l'azione per far ottenere al figlio nato fuori dal matrimonio il mantenimento, l'istruzione e l'educazione nonché gli alimenti nei casi di cui all'art. 279 c.c.

In altre situazioni il curatore speciale non ha poteri di iniziativa ma è chiamato in causa nell'interesse del minore. Questo è il caso in cui il tutore dl minore o dell'interdetto esercita l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità fuori dal matrimonio (art. 273 c.c.) e il caso in cui il tribunale deve compiere l'accertamento di ammissibilità dell'azione per la stessa dichiarazione giudiziale (art. 274 c.c.).

In altre fattispecie il curatore speciale è legittimato passivo nell'azione esercitata da altri. Questo avviene nel caso della proposizione della domanda di disconoscimento quando una delle parti è minore o interdetta o se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti (art. 247 c.c.) come pure con riguardo all'esercizio dell'azione per contestazione dello stato di figlio (art. 248 c.c.) o dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità (art. 279 c.c.).

Il curatore speciale resta in carica finchè non viene meno la situazione contingente che ne ha reso necessaria la nomina, con la conseguenza per cui, non esaurendosi i relativi poteri con la pronuncia della sentenza conclusiva del grado di giudizio nel corso del quale la nomina è avvenuta, lo stesso è abilitato non solo a proporre impugnazione ma anche a resistere all'impugnazione proposta ex adverso (così Cass. civ., sez. VI, 15 dicembre 2017, n. 30253).

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