Il caso
Nell'adempimento di un contratto di subappalto per l'installazione di luminarie e impianti elettrici su incarico del Comune, l'azienda X aveva noleggiato un veicolo per uso speciale - munito di braccio meccanico estensibile con cestello al proprio apice - collocandolo dentro un'area cantiere adiacente alla parte della carreggiata destinata al transito dei pedoni. La piattaforma sopraelevata si trovava entro il perimetro dell'area di cantiere (fuori della corsia di marcia dei veicoli) e operava ad un'altezza di 5 m dal livello della strada, all'interno della quale l'azienda provvedeva all'installazione delle luminarie. Le lavorazioni erano segnalate da un cartello di pericolo ed erano presenti un primo operaio munito di giacca catarifrangente, la bandierina in prossimità del veicolo per uso speciale e infine due coni catarifrangenti a delimitazione dell'area. Accadeva che un autoarticolato colpiva il cestello elevatore e conseguentemente all'impatto un secondo operaio dell'azienda – all'interno della piattaforma sopraelevata - subiva un danno alla persona.
Le misure di sicurezza non sufficienti riconosciute in appello
L'azienda appellava la sentenza del giudice di pace che aveva respinto il ricorso in opposizione al verbale notificato dal Comune con cui si contestava la violazione dell'art. 21 del Cds per aver eseguito i lavori in area destinata alla circolazione stradale senza adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza e senza segnalare adeguatamente la presenza della piattaforma sulla sede stradale, risultando così concausa del sinistro. Nel verbale si intimava all'azienda di pagare una sanzione di oltre 800 euro e procedere alla rimozione delle opere abusive. Il Tribunale rigettava l'appello ritenendo che «benché fosse vero che alcune precauzioni erano state certamente adottate dall'azienda per evidenziare la presenza del veicolo per uso speciale, benché fosse innegabile un rilevante concorso di colpa nell'accaduto a carico del conducente dell'autoarticolato – dal fatto stesso che si sia verificato l'impatto, si ricavava che tali misure di sicurezza non erano state oggettivamente sufficienti né adeguate ad evitare il sinistro».
L'azienda impugnava la sentenza di secondo grado attraverso due motivi. Lamentava innanzitutto che il giudice di appello avesse fondato la presunzione su un fatto storico privo di gravità, precisione e concordanza, non avrebbe inoltre chiarito quale comportamento l'azienda avrebbe dovuto tenere in concreto per evitare il sinistro, né l'apporto causale del conducente dell'autoarticolato rispetto alla verificazione del sinistro.
Il “fatto ignoto” (mancanza di idonei accorgimenti) deve dedursi da indizi gravi, precisi e convergenti
La Cassazione chiamata a decidere il caso de quo sottolineava che in tema di prova presuntiva «il giudice è tenuto, ai sensi dell'art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, dove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi».
Sottolinea inoltre che la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione dell'art. 2729 c.c, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. «può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ovvero – come nel caso di specie - fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota» (ex multis: Cass. sez. 2, n. 8829 del 29 marzo 2023; Cass. sez. 2, ordinanza n. 9054 del 21 marzo 2022, Rv. 664316 - 01; Cass. sez. 1, ordinanza n. 31214 del 2022; Cass. sez. L, sentenza n. 18611 del 30 giugno 2021, Rv. 661649 – 01).
Per la Suprema Corte, in conclusione, il Tribunale ha errato nel desumere il fatto ignoto (la mancanza di idonei accorgimenti) unicamente dal verificarsi del sinistro: «alla constatazione dell'accadimento storico determinato dal verificarsi del sinistro è mancata l'analisi della sua gravità, nonché di ulteriori elementi presuntivi desumibili anche dalle prescrizioni normative in tema di accorgimenti necessari per la sicurezza e fluidità della circolazione». I motivi di ricorso venivano accolti, portando alla cassazione della decisione impugnata e al rinvio per un nuovo giudizio.