Rendita vitalizia e dies a quo della prescrizione in danno del lavoratore: la questione alle Sezioni Unite

La Redazione
17 Maggio 2024

Con ordinanza interlocutoria 14 maggio 2024, n. 13229, la sezione lavoro ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, di una questione ritenuta di massima di particolare importanza.

In particolare, è stata rimessa alle Sezioni Unite la questione «se, nella rendita vitalizia ex art. 13 l. n. 1338/1962, il dies a quo della prescrizione in danno del lavoratore debba essere individuato nella data di prescrizione dei contributi o, invece, in quella in cui matura il danno di cui all'art. 2116, comma 2, c.c., ossia nel momento in cui, verificatosi l'evento protetto, l'ente previdenziale non paga la prestazione pensionistica in conseguenza dell'omissione contributiva».

Il Collegio ha in proposito richiamato il contrasto più volte occorso nella giurisprudenza della Corte circa l'interpretazione dell'art. 13 l. n. 1338/1962. Invero, la meno recente giurisprudenza si era pressoché univocamente attestata nel ritenere che l'art. 13 l. n. 1338/1962, riconosca la facoltà di regolarizzare senza limiti temporali la posizione assicurativa per i periodi per i quali sia intervenuta la prescrizione dei contributi (cfr., fra le numerose, Cass. civ. nn. 1304 del 1971, 1374 del 1974, 1298 del 1978, 5487 del 1983); tuttavia, Cass. civ. n. 6361 del 1984 ritenne per contro di poter affermare come «conforme a diritto» che l'azione di cui all'art. 13 cit., non sarebbe imprescrittibile, ma soggetta al termine prescrizionale di cui all'art. 2946 c.c.

Ancora, nonostante Cass. civ. n. 7853/2003, cit. avesse ribadito il meno recente orientamento di questa Corte di legittimità, la di poco successiva Cass. civ. n. 13836/2003 è tornata ad affermare il diverso principio secondo cui l'azione in questione sarebbe assoggettata a prescrizione, limitandosi peraltro a richiamare a proprio sostegno Cass. civ. nn. 14680/1999 e Cass. civ. n. 3756/2003.

Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte hanno richiamato adesivamente i principi di diritto affermati da Cass. civ. nn. 3756/2003, 12213/2004 e 983/2016, affermando che il diritto del lavoratore alla costituzione, a spese del datore di lavoro, della rendita vitalizia di cui all'art. 13 l. n. 1338/1962, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, decorrente dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'INPS, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva.

In motivazione viene inoltre evidenziato che, sebbene possa ormai considerarsi assurto a diritto vivente il principio secondo cui esigenze di certezza del diritto imporrebbero di ritenere che il lavoratore possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui all'art. 13 l. n. 1338/1962, entro il termine ordinario decennale di prescrizione decorrente dalla maturazione della prescrizione del diritto al recupero dei contributi da parte dell'INPS (così, espressamente, Cass. civ., sez. un.,  n. 21302/2017), il Collegio ha reputato tale conclusione suscettibile di rimeditazione. 

Soccorrono al riguardo ragioni letterali strettamente connesse alla ratio dell'art. 13 l. n. 1338/1962. Sul punto, Cass. civ. n. 31337/2022 ha recentemente rimarcato, sulla scorta dei lavori preparatori, che lo scopo della norma consiste nell'attuare un congegno di regolarizzazione contributiva che consente di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione e che, proprio per ciò, deve considerarsi strettamente collegata alla previsione di cui all'art. 2116, comma 2, c.c., a norma del quale «nei casi in cui […] le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro», costituendo una forma di reintegrazione in forma specifica del danno derivante dall'omessa contribuzione.

Proprio per ciò, è stato escluso che l'azione proposta dal lavoratore ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. n. 1338/1962, sia assoggettabile alla decadenza triennale di cui all'art. 47 d.P.R. n. 639/1970 (così Cass. civ. n. 32500/2021), o necessiti della previa proposizione di una domanda amministrativa (Cass. civ. n. 31337/2022, cit.), trattandosi di azione che non ha ad oggetto una prestazione previdenziale, ma si propone piuttosto di rimediare alla decurtazione pensionistica conseguente all'omesso versamento dei contributi dovuti.

Escludendo la tesi della imprescrittibilità nei confronti dell'ente previdenziale dell'azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, le ragioni testuali, logiche e finalistiche che sopra si sono evidenziate nell'interpretazione dell'art. 13 l. n. 1338/1962, militerebbero quanto meno per ancorare la decorrenza della prescrizione in danno del lavoratore non già alla data di prescrizione dei contributi (rectius, alla data di prescrizione della facoltà del datore di lavoro di versare la riserva matematica, a sua volta decorrente da quella di prescrizione dei contributi), ma alla stessa data in cui matura il danno di cui all'art. 2116 comma 2, c.c., ossia al momento in cui, verificatosi l'evento protetto, l'ente previdenziale non è tenuto al pagamento della prestazione pensionistica in conseguenza dell'omissione contributiva.

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