Codatorialità e criteri di individuazione: nullità del licenziamento disciplinare se intimato da un datore di lavoro diverso da quello effettivo

23 Maggio 2024

Il multifenomeno della codatorialità, tra reti di imprese, gruppi di imprese e datori di lavoro distinti ma simultanei. La giurisprudenza individua gli elementi utili ad individuare il datore di lavoro plurilaterale.

MASSIMA

Deve ritenersi sussistere la codatorialità quando uno stesso lavoratore presti contemporaneamente servizio per due o più datori di lavoro e la sua opera sia tale che in essa non possa distinguersi quale parte sia svolta nell'interesse di un datore di lavoro e quale nell'interesse dell'altro.

IL CASO

La questione oggetto di scrutinio riguardava una lavoratrice assunta mediante quattro contratti a tempo determinato part-time senza intervalli intermedi alle dipendenze di una persona fisica, con inquadramento nella qualifica di amministratrice dei beni di famiglia e mansioni di addetta con compiti di gestione dei beni personali della parte datoriale.

Nel ricorso introduttivo del giudizio, la ricorrente evidenziava che il rapporto di lavoro aveva avuto uno svolgimento non conforme ai contratti di assunzione, in quanto la prestazione di lavoro si era svolta in un luogo diverso da quello indicato all'atto dell'assunzione, il datore di lavoro da cui riceveva le direttive era costituito da soggetti diversi (i figli) da quello risultante dall'assunzione, le mansioni svolte consistevano indistintamente nella gestione degli immobili dei resistenti, nella cura della pubblicità dei locali da affittare, nonché nella organizzazione dei relativi appuntamenti, indistintamente a favore di tutti i soggetti evocati in giudizio.

Richiedeva pertanto al tribunale, previo accertamento della sussistenza di un fenomeno di codatorialità tra le parti convenute in giudizio, ovvero, ed in subordine, di un fenomeno interpositorio, dichiararsi la nullità del licenziamento disciplinare intimatole, in quanto proveniente da un soggetto diverso dal formale datore di lavoro e comunque privo di previa contestazione degli addebiti, in violazione dell'art. 7 Stat. lav.

La domanda della lavoratrice veniva contrastata dai resistenti, i quali insistevano nell'affermare che la prestazione lavorativa si era svolta solo in favore dell'anziana madre, cui i figli, parimenti evocati in giudizio quali codatori, fornivano unicamente supporto; evidenziavano altresì che la circostanza che la prestazione lavorativa si fosse svolta in un luogo diverso dall'abitazione dell'anziana non poteva assumere giuridica rilevanza ai fini dell'individuazione della effettiva parte datoriale, essendo detto luogo comunque ubicato nello stesso immobile in cui viveva l'anziana.   

LE QUESTIONI

La questione sottoposta al Tribunale capitolino riguardava, in presenza di una prestazione di lavoro resa in favore di più soggetti legati da vincolo familiare, formalmente contrattualizzata solo in favore di uno di essi (la madre) l'accertamento della sussistenza di una codatorialità (e, in subordine, di un fenomeno interpositorio, risultando le prestazioni di lavoro rese formalmente in favore di un soggetto datoriale diverso da quello effettivo), con conseguente nullità del licenziamento disciplinare subito, in quanto intimato da un datore di lavoro diverso da quello effettivo.

La codatorialità – al netto della scarna definizione e disciplina contenute nell'art. 30 comma 4-ter, del decreto legislativo n. 276/2003 con riferimento alle reti di impresa – è stata dalla giurisprudenza individuata nelle ipotesi in cui la prestazione lavorativa di un unico soggetto viene resa in maniera promiscua e contemporanea in favore di più datori di lavoro; l'art. 2094 c.c. non esclude, infatti, che la prestazione lavorativa in regime di subordinazione possa essere contestualmente resa in favore di più soggetti creditori della prestazione; in tali ipotesi, indipendentemente dalla titolarità del contratto, il rapporto di lavoro – che rimane unico – vede da un lato il prestatore di lavoro, quale unico debitore della prestazione, e dall'altro due o anche più parti, creditori della prestazione ed al contempo coobbligati rispetto agli obblighi nascenti dal contratto di lavoro. Trattasi di obbligazione solidale, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1292 e ss. c.c., che viene pertanto a determinarsi tra i contitolari del rapporto di lavoro, per identificare i quali l'accertamento giudiziale deve essere teso a verificare chi effettivamente eserciti sul prestatore di lavoro il potere direttivo, organizzativo e disciplinare (cd. principio di effettività).

Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto che si ha unicità di rapporto di lavoro qualora uno stesso lavoratore presti contemporaneamente servizio per due o più datori di lavoro e la sua opera sia tale che in essa non possa distinguersi quale parte sia svolta nell'interesse di uno o dell'altro datore di lavoro, con la conseguenza che entrambi i fruitori dell'attività lavorativa devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, ai sensi dell'art. 1294 c.c., che stabilisce una presunzione di solidarietà in caso di obbligazione con pluralità di debitori, ove dalla legge e dal titolo non risulti diversamente (Cass. 28 marzo 2018 n. 7704; Cass. 2 luglio 2015 n. 13646).

LE SOLUZIONI GIURIDICHE

Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda, evidenziando come dal compendio istruttorio risultasse provato che le mansioni svolte dalla ricorrente non riguardassero in via esclusiva la gestione dei beni dell'anziana datrice di lavoro, ma anche quelli di proprietà dei suoi figli, estranei al patrimonio della formale datrice di lavoro.

Conferma documentale del fatto che la ricorrente si occupasse, oltre che della gestione dei beni della madre, anche dei beni rientranti nel patrimonio dei figli si ricavava, altresì, dalla lettera di licenziamento, con la quale si addebitava alla lavoratrice di aver eseguito negligentemente la redazione un annuncio pubblicitario riguardante la locazione di un immobile non facente parte del patrimonio della parte datoriale formale. L'istruttoria espletata aveva altresì dimostrato che la ricorrente riceveva le direttive in ordine al lavoro da svolgere anche dai figli della datrice di lavoro e che la risoluzione del rapporto di lavoro era da attribuirsi anche alla volontà di questi ultimi.

Sulla scorta del materiale acquisito, quindi, il Tribunale, accertato che la prestazione lavorativa si era svolta in regime di codatorialità con i tre resistenti, dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti in causa in ragione della nullità dei termini apposti ai plurimi contratti a tempo determinato intercorsi, nonché l'inefficacia del licenziamento intimato alla lavoratrice, ritenuto non idoneo a risolvere il rapporto di lavoro in essere essendo stato intimato da uno solo dei tre codatori.

OSSERVAZIONI

Il Tribunale di Roma, con la sentenza in commento, pare collocarsi in linea di continuità con l'orientamento di legittimità in tema di codatorialità, fenomeno rispetto al quale l'assenza di una disciplina definitoria e regolativa – al netto delle disposizioni di cui all'art. 30 comma 4-ter del decreto legislativo 276/2003, che autorizza l'utilizzo condiviso dei dipendenti assunti nell'ambito di un contratto di rete tra imprese – ha comportato differenti interpretazioni in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie.

In particolare, il fenomeno della codatorialità – che sussiste ove il lavoratore presti indistintamente la propria attività lavorativa in favore di due o più parti datoriali – viene molto spesso dalla giurisprudenza ravvisato ove tra le parti evocate in giudizio si ravvisi un unico centro di imputazione giuridica di interessi, che si realizza in presenza:

a) di una unicità della struttura organizzativa e produttiva;

b) dell'integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e nel correlativo interesse comune;

c) nel coordinamento tecnico ed amministrativo – finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;

d) della utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (Cass. 18135 del 24 giugno 2021n. 18135; Cass. 9 gennaio 2019 n. 267; Cass. 28 marzo 2018 n. 7704).

Con riferimento ai gruppi di imprese, l'unicità del centro di imputazione è ravvisabile anche in presenza di gruppi genuini, ove il lavoratore sia inserito nell'organizzazione economica complessiva cui appartiene il datore di lavoro formale e presti la sua attività lavorativa in maniera condivisa dalle società del gruppo, che esercitano i tipici poteri datoriali, al fine di soddisfare l'interesse di gruppo (Cass. ord. 27 aprile 2022 n. 13207).

In realtà, come correttamente evidenziato da altre pronunce, il fenomeno della codatorialità non presuppone necessariamente che sussista tra le parti datoriali un unico centro di imputazione giuridica, posto che la prestazione lavorativa, resa in maniera indistinta tra tutte le parti datoriali, può realizzarsi anche nelle ipotesi in cui non sussista tra le parti datoriali un unico soggetto direttivo ed uno scopo comune perseguito tra le attività esercitate dai datori di lavoro, ma anche nelle ipotesi in cui la prestazione lavorativa sia resa in favore di più soggetti, indistintamente, la cui attività ed i correlativi interessi rimangono diversi, fermo restando l'utilizzo condiviso ed indistinto del prestatore di lavoro (Cass. 9 ottobre 2019, n. 3899).

In tali ipotesi, quindi, sul lavoratore grava unicamente l'onere di provare di aver prestato attività lavorativa contemporaneamente a favore di diversi datori di lavoro e che l'attività sia stata svolta in modo indifferenziato, così che in essa non possa distinguersi quale parte sia stata svolta nell'interesse di un datore di lavoro e quale nell'interesse degli altri; nell'accertamento giudiziale, di conseguenza, l'individuazione del datore di lavoro va effettuata – sulla base di una “concezione realistica”- in chi effettivamente utilizza la prestazione di lavoro ed è titolare dell'organizzazione produttiva in cui la prestazione stessa è destinata ad inserirsi (Cass. 29 novembre 2011, n. 25270).

Il caso oggetto di commento riguarda proprio un'ipotesi di “codatorialità sostanziale”, in cui la lavoratrice, assunta da un soggetto fisico quale amministratrice di beni di famiglia, aveva reso la sua prestazione lavorativa anche in favore di altri soggetti, legati da vincolo familiare alla parte datoriale, ma con patrimoni distinti da quello della datrice di lavoro formale; dimostrato che tutti i soggetti evocati in giudizio avevano indistintamente esercitato il potere direttivo e disciplinare sulla lavoratrice, e che la volontà di risolvere il rapporto di lavoro era ascrivibile ad un soggetto diverso dal datore di lavoro formale, il Tribunale di Roma ha correttamente ritenuto sussistere una ipotesi di codatorialità.

Interessante pare, altresì, evidenziare le conseguenze che il Tribunale di Roma ha tratto dall'accertata plurilateralità datoriale, in termini di responsabilità solidale tra i convenuti; essendosi il rapporto di lavoro della lavoratrice svolto  con le modalità innanzi riportate sin dalla sua costituzione, il Tribunale ha in primo luogo – previa declaratoria di nullità del termine apposto ai contratti di lavoro – dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ab origine tra tutte le parti resistenti e, successivamente, dichiarato l'inefficacia del licenziamento subito dalla ricorrente, ritenuto inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro in essere, in quanto intervenuto da uno solo dei tre codatori di lavoro, con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro gravante su tutti i soggetti datoriali convenuti.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

M. Biasi, Dal divieto di interposizione alla codatorialità: le trasformazioni dell'impresa e le risposte dell'ordinamento, in WP CSDLE “Massimo D'Antona”.IT – 218/2014; M. Marinelli, Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori, Torino, 2002; O. Mazzotta, Gruppi di imprese, codatorialità e subordinazione, in Riv. giur. lav. e prev. soc., 2013, I, 19 e ss. 

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