La nuova disciplina del gratuito patrocinio per mediazione e negoziazione assistita e il possibile disorientamento dei COA
Massimo Vaccari
22 Maggio 2024
Il focus ci guida, con mano esperta, lungo le insidie che potrebbero verificarsi dinanzi ai Consigli degli ordini forensi nell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in conformità alla disciplina speciale introdotta dal d.lgs. n. 149/2022, per la fase dinanzi agli organismi di mediazione e di negoziazione assistita , ove queste siano obbligatorie.
Le scelte del legislatore delegato
E' noto che è all'esame delle competenti commissioni parlamentari la bozza di decreto legislativo di modifica del d.lgs. n. 149/2002 che però non si occupa di una parte rilevante della riforma Cartabia, quella che ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina della mediazione e della negoziazione assistita obbligatorie, sebbene anch'essa necessiterebbe di più di un intervento correttivo, anche nella parte in cui ha esteso la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato anche alle predette tipologie di ADR che sfocino in una conciliazione.
Con un simile intervento è stata colmata, almeno in parte, una grave lacuna dell'ordinamento, che era stata evidenziata dai più attenti commentatori fin dall'introduzione di tali ADR nel nostro ordinamento.
A ben vedere l'impulso determinante a questa parte della riforma è stato dato dalla sentenza della Corte costituzionale 20 gennaio 2022, n. 10, che ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del d.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevedevano che il patrocinio a spese dello Stato fosse applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010, quando nel corso degli stessi sia stato raggiunto un accordo, nonché dell'art. 83, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.
Sulla spinta della succitata pronuncia la legge delega (l. n. 206/2021) aveva quindi previsto all'art. 1, comma 4, «l'estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita» e quindi a tutte le ipotesi di mediazione e di negoziazione assistita, non solo a quelle obbligatorie.
Va peraltro evidenziato che il legislatore delegato non si è limitato, come avrebbe potuto e dovuto fare per rispettare il principio della legge delega, a modificare gli articoli del TUSG scrutinati dalla Corte Costituzionale, aggiungendo la mediazione e la negoziazione assistita obbligatorie seguite dalla conciliazione ai procedimenti citati dagli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002, e attribuendo espressamente il potere di liquidazione del compenso dell'avvocato della parte non abbiente al giudice che sarebbe stato competente a decidere la controversia se essa non fosse stata risolta in via conciliativa.
Tale opzione avrebbe avuto l'indubbio vantaggio di comportare automaticamente l'applicazione dell'intera disciplina del TUSG e avrebbe richiesto solo l'individuazione del tipo di procedimento da utilizzarsi per ottenere la liquidazione del compenso relativo ad una ADR pre-giudiziale obbligatoria conclusasi con esito conciliativo (difficilmente avrebbe potuto provvedervi il giudice che aveva proceduto, perché non c'era stato un giudizio, e si sarebbe, quindi, dovuto introdurre un autonomo procedimento di cognizione).
La scelta è stata invece quella di inserire nel d.lgs. n. 28/2010 e nel d.l. n. 132/2014 due distinti complessi di norme (si tratta, rispettivamente, del capo II-bis e della sezione II, costituiti ciascuno da ben dieci articoli) che solo in parte sono riproduttive di quelle del TUSG mentre in diversi punti se ne discostano, regolando, in maniera parzialmente difforme dal d.P.R. n. 115/2002 anche la fase di ammissione al beneficio.
Le criticità della scelta del decreto delegato
Secondo il legislatore delegato (così la relazione ministeriale al d.lgs. n. 149/2022 a pag. 128) la collocazione della nuova disciplina nel d.lgs. n. 28/2010 e nel d.l. n. 132/2014 piuttosto che nel TUSG sarebbe coerente con le indicazioni date dalla Consulta con la sentenza n. 10/2022, atteso che tale pronuncia aveva fatto espressamente salva la possibilità per il legislatore di introdurre, nell'esercizio della sua discrezionalità, una compiuta e specifica disciplina della fattispecie, lasciando ampi margini di esercizio a tale discrezionalità.
Una simile indicazione, può invece obiettarsi, avrebbe però dovuto essere presente nella legge delega cosicchè, in mancanza di essa, di fatto è stata introdotta una disciplina speciale del patrocinio a spese dello Stato, che non era stata in essa prevista e la cui caratteristica più rilevante è costituita dall'attribuzione ai Consigli dell'ordine degli avvocati non solo, come era già nella disciplina generale, della fase di ammissione provvisoria al beneficio ma anche di parte di quella di liquidazione, che nella disciplina generale è invece attribuita al giudice del giudizio di merito, e finanche quella, eventuale, di revoca del beneficio, anch'essa attribuita al giudice dal TUSG.
Peraltro una simile scelta, che ha realizzato di fatto, una nuova e anche occulta forma di degiurisdizionalizzazione, è stata spiegata in modo assai poco persuasivo nella relazione ministeriale al d.lgs. n. 149/2022.
In essa si legge infatti che il sistema del TUSG sarebbe difficilmente adattabile alle ipotesi nelle quali la parte non abbiente è tenuta ad avviare una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, che si concluda con l'accordo prima dell'avvio di un'azione giudiziale dal momento che «in tale ipotesi la controversia è risolta senza necessità di proporre domanda giudiziale e, alla conclusione del procedimento, non risulterà possibile individuare una parte “soccombente” in senso tecnico-processuale nei confronti della quale avviare un'azione di recupero delle spese di lite corrisposte, in forza del patrocinio a spese dello Stato».
Tali considerazioni riguardano però la fase successiva alla conclusione del procedimento di ADR e le peculiarità di essa avrebbero casomai potuto giustificare una deroga solo alla corrispondente disciplina del TUSG, contenuta negli artt. 133 e 134.
Ancora, nella relazione si legge che le nuove norme hanno inteso anche evitare la previsione di un apposito procedimento che imponesse alla parte non abbiente e al suo difensore, a conclusione della procedura di mediazione, di adire l'autorità giurisdizionale al solo scopo di ottenere la liquidazione del compenso, in ossequio ai generali obiettivi di semplificazione e celerità che la legge n. 206 del 2021 si prefiggerebbe di raggiungere anche nel settore degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
A ben vedere però la semplificazione e la celerità delle ADR non rientrano tra i criteri direttivi della legge delega e, del resto, nemmeno l'articolata disciplina speciale in esame, come si vedrà, risulta conforme ad essi.
Il possibile disorientamento dei COA
In ogni caso, se la scelta di differenziare questa disciplina da quella del TUSG, a tutto voler concedere, si può giustificare, con riguardo alle fasi di liquidazione e di revoca, che inevitabilmente sono successive all'esito conciliativo, non può dirsi altrettanto con riguardo alla fase di ammissione, che si svolge quando quel presupposto non si è ancora verificato.
Il legislatore delegato, infatti, non ha considerato che, nel momento in cui il COA si trova a valutare l'istanza di ammissione provvisoria al beneficio, non è ancora possibile sapere se la mediazione o la negoziazione assistita avranno un esito conciliativo cosicché non è dato comprendere, quando ci si trovi in quella fase, se debba trovare applicazione la disciplina del testo unico spese di giustizia o quella introdotta dal d.lgs. n. 149/2022, che si differenzia dalla prima in più punti.
Ancora, va evidenziato che il legislatore delegato non ha nemmeno ritenuto opportuno aggiungere una norma di chiusura, che richiamasse, per gli aspetti non espressamente disciplinati, le corrispondenti norme del TUSG e ciò ha comportato che vi siano alcune rilevanti lacune nella disciplina creata ex novo, come quella relativa ai presupposti e alle modalità della liquidazione dei compensi del consulente del mediatore e del consulente della parte non abbiente, con conseguente sua illegittimità costituzionale, in parte qua, per contrasto con l'art. 3 Cost.
La scelta, in contrasto con la legge delega e assai poco comprensibile, fatta dal legislatore delegato comporta che i COA si troveranno nell'imbarazzo, non risolvibile, di dover optare per la disciplina generale o per quella speciale laddove esse siano differenti.
Vale la pena evidenziare tali difformità.
Dal terzo comma degli artt.11-quater del d.l. 132/2014 e 15-quaterdel d.lgs. n. 28/2010 si desume, sia pure implicitamente, che anche gli apolidi e gli stranieri, anche se non appartenenti alla Unione Europea, possono presentare l'istanza di ammissione al beneficio che sia funzionale, rispettivamente, alla negoziazione assistita o alla mediazione obbligatorie.
In mancanza di una precisazione sul punto però per gli stranieri non appartenenti alla Unione Europea non è necessario, a differenza di quanto prevede il regime generale, il requisito del regolare soggiorno sul territorio.
Tale differenza non appare però giustificata cosicchè può dubitarsi della conformità di questa parte della disciplina in esame con l'art. 3 della Costituzione.
Sempre, con riguardo ai presupposti soggettivi per l'ammissione al beneficio, è opportuno evidenziare come né nei predetti articoli in commento né in altre parti delle discipline in esame venga richiamato il disposto dell'art. 119 del TUSG, che estende il beneficio del patrocinio agli «enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica».
Tale omissione, per la sua ampiezza, risulta però in plateale contrasto con l'art. 3 della Costituzione, non potendo ovviarsi ad essa ritenendo che tali soggetti giuridici possano beneficiare del patrocinio erariale per il solo fatto che possono risultare soggette a negoziazione assistita delle controversie ad esse relative, ai sensi dell'art. 3, comma 1, d.l. n. 132/2014 o che tali soggetti giuridici possano beneficiare del patrocinio erariale per il solo fatto che sono ora soggette a mediazione le controversie relative alle società di persone, per effetto dell'ampliamento ad esse dell'art. 5, comma 1, operato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022.
Si noti che non è nemmeno previsto, a differenza di quanto stabilisce l'art. 127, comma 1, TUSG, che il COA trasmetta il provvedimento di ammissione all'Agenzia delle Entrate cosicchè tale soggetto di norma non sarebbe coinvolto nelle verifiche che di consueto può svolgere, anche in funzione della possibile revoca del beneficio, con conseguente minore efficacia dei controlli esplicabili sulla sussistenza e la permanenza dei requisiti per godere del beneficio.
A ben vedere non può escludersi che i COA inviino comunque all'Agenzia delle Entrate, di loro iniziativa, la delibera di ammissione, dal momento che non sono in grado di stabilire, per le ragioni già dette, se la procedura da seguire sia quella ordinaria o quella speciale.
Poiché però questa costituisce una mera eventualità, in mancanza della previsione di un coinvolgimento dell'Agenzia delle Entrate sarebbe stato opportuno estendere ai COA la facoltà di utilizzo di uno strumento che il giudice ha a disposizione per verificare le condizioni reddituali della parte non abbiente, anche se non risulta sia mai stato utilizzato, ossia la consultazione dell'anagrafe tributaria.
Essa risulta possibile tramite il servizio Siatel, messo a disposizione degli uffici giudiziari dall'Agenzia delle Entrate, in attuazione di un accordo di servizio concluso il 20 dicembre 2004 tra tale amministrazione e il Ministero della Giustizia - DGSIA.
Tra le finalità espressamente previste per l'utilizzo dei dati vi è, stando all'art. 3.4 dell'accordo, quella di consentire di «verificare i dati di natura tributaria (reddito complessivo e atti del registro) autocertificati da un soggetto, ai sensi dell'art. 71, comma 2, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in relazione, esemplificativamente, ai procedimenti di concessione del gratuito patrocinio (art. 96 del d.P.R. n. 115/2002), di dilazione nel pagamento di sanzioni e spese (art. 232 del d.P.R. n. 115/2002), nonché ogni altro procedimento di analoga tipologia».
Infine nelle discipline speciali in esame non è stata reiterata la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 79 TUSGcosicchè in esse non è contemplata la possibilità per i COA di chiedere, a pena di inammissibilità della istanza di ammissione, la produzione della documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto dichiarato nella autocertificazione sulle condizioni reddituali.
Riferimenti
Vaccari, La prima, errata, applicazione della nuova disciplina in tema di gratuito patrocinio nella mediazione, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it)
Vaccari, Il patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, Milano, 2020,155
Vaccari, in Giordano-Vaccari-Masoni, Arbitrato deflattivo, negoziazione assistita e mediazione, Milano, 2016.
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