Validità della clausola arbitrale in materia societaria
22 Maggio 2024
Fino alla riforma del diritto societario, avvenuta oramai nel lontano 2003, non vi era alcuna previsione speciale in ordine alla nomina degli arbitri ed alla conseguente costituzione dell'organo arbitrale, tanto che negli statuti societari si rinvenivano sovente clausole arbitrali dove era prevista la nomina degli arbitri, solitamente nel numero di tre, uno per ciascuna parte e la nomina del presidente del collegio arbitrale effettuata ad opera dei due arbitri così nominati. Nulla di male fino a che venne introdotta una norma speciale, l'art. 34, comma 2, d.lgs. n. 5/2003, a mente del quale «La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale». Si assistette, pertanto, a numerose modifiche statutarie per adeguare le clausole arbitrarie già presenti negli statuti societarie ma non corrispondenti alla nuova previsione normativa. Con la recente riforma Cartabia è stato abrogato definitivamente quel poco che era rimasto del d.lgs. n. 5/2003 ed in specie anche il citato art. 34. Le norma ivi contenute in materia di arbitrato sono state sostanzialmente trasposte nel codice di rito dove all'art. 838-bis, comma 2, c.p.c. oggi, si prevede che «La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Se il soggetto designato non provvede, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale». Nonostante, come si è detto, le clausole statutarie furono modificate già con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003 conformandosi a quella disciplina, la stessa, per quanto riguarda la nomina degli arbitri, contenuta nel novellato art. 838-bis c.p.c., non è infrequente il caso in cui statuti societari abbiano mantenuto la vecchia formulazione non essendosi mai adeguati alle nuove previsioni normative in materia di clausola arbitrale. In mancanza di una norma che prevedesse una disciplina transitoria relativa alle clausole già presenti negli statuti societari e non adeguate, ci si è chiesti se le stesse si potessero ritenere valide o travolte dalla loro contrarietà alla legge. Nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale è prevalsa la posizione più lineare e cioè che tali clausole statutarie, ove non più rispondenti ai requisiti previsti dalla nuova normativa in merito alla nomina degli arbitri, fossero travolte da insanabile nullità per contrarietà ad una norma imperativa. In questo senso si è espressa la giurisprudenza sia di merito che di legittimità. Infatti, secondo Trib. Perugia, sez. II, 1 luglio 2021, n. 965, «La clausola compromissoria contenuta nello statuto societario che non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla società al fine di garantire l'assoluta terzietà degli arbitri è radicalmente nulla». Allo stesso modo, recentemente, Cass. civ., sez. I, 19 settembre 2023, n. 26784, con argomentazione analitica, ha affermato che «La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di società di persone, che (non) rimetta la nomina degli arbitri ad un soggetto estraneo alla società e non risulti conforme all'art. 34, d.lgs. n. 5/2006, ove stipulata prima della sua entrata in vigore, è affetta da nullità sopravvenuta rilevabile d'ufficio, seppur relativa ad arbitrato irrituale, poiché la disciplina sull'arbitrato societario non può ritenersi superata dalla disciplina transitoria dettata dal d.lgs. n. 40/2006». Si tratta, a ben vedere, di pronunce anteriori alla riforma Cartabia e non risulta, allo scrivente, che vi siano pronunce relative alla nuova normativa introdotta dall'art. 838-bis c.p.c. e ciò in quanto da poco entrata in vigore. Tuttavia, non si dubita che la ratio che sostiene la nuova norma ed il suo tenore, siano, per quel che ci riguarda, del tutto sovrapponibili alla normativa precedente. Pertanto, si può ritenere con buona certezza che anche con l'introduzione dell'art. 838-bis c.p.c. le clausole statutarie che non prevedano la nomina degli arbitri da parte di soggetti terzi rispetto alla compagine sociale siano affette da insanabile nullità per contrarietà a norma imperativa e come tale rilevabile d'ufficio sia in sede giudiziale che in sede arbitrale. |