Violazione del divieto di assistenza finanziaria e nullità dell’operazione

23 Maggio 2024

La Cassazione analizza il tema dell'acquisto di azioni proprie da parte di una s.p.a., concentrandosi in particolare sulle conseguenze della violazione del divieto di assistenza finanziaria di cui all'art. 2358 c.c.

Massima

In tema di società per azioni, l'attuale testo dell'art. 2358 c.c., pur consentendo il prestito per l'acquisto di azioni proprie in presenza di specifiche condizioni (quali l'autorizzazione dell'assemblea straordinaria e la predisposizione di una relazione illustrativa da parte degli amministratori), prevede ancora un divieto generale di tali operazioni di assistenza finanziaria - volto a tutelare l'interesse di soci e creditori alla conservazione del patrimonio sociale - la cui violazione, trattandosi di norma imperativa di grado elevato, comporta la nullità ex art. 1418 c.c. del finanziamento e dell'atto di acquisto a condizione che chi intenda far valere la nullità dell'operazione nel suo complesso dimostri, anche mediante presunzioni, il loro collegamento funzionale.

Il caso

Una società proponeva domanda di ammissione al passivo del fallimento di altra società per un credito a titolo di corrispettivo, non integralmente versato, della vendita alla fallita di un quantitativo di azioni emesse da una terza società e costituite in pegno a garanzia del credito stesso. Il giudice delegato escludeva il credito dal passivo fallimentare, in quanto la vendita era avvenuta in esecuzione di un contratto preliminare tra la società poi fallita e i soci della società emittente le azioni cedute, il quale prevedeva, tra l'altro, un'opzione di vendita delle medesime azioni in favore di diversi soggetti, tra cui anche la stessa società venditrice. In particolare, il giudice delegato riteneva che il contratto preliminare in questione, così come l'opzione di vendita e la conseguente vendita, fosse da considerare nullo per contrarietà all'art. 2358 c.c. poiché, attraverso detto contratto preliminare, nonché attraverso un contratto di appalto e uno di finanziamento ritenuti ad esso collegati, la società emittente le azioni avrebbe finito per accordare prestiti o garanzie per l'acquisto delle proprie azioni, in assenza delle condizioni di legge: il giudice delegato evidenziava che, nel caso di specie, l'efficacia del contratto preliminare era stata sottoposta alla duplice condizione sospensiva dell'ottenimento di un finanziamento bancario da parte della società emittente le azioni e della stipula, da parte della medesima, di un contratto di appalto con la società poi fallita, con la conseguenza che l'erogazione dell'acconto previsto dal contratto di appalto aveva poi consentito a quest'ultima di acquistare le azioni.

La società istante proponeva opposizione allo stato passivo, sostenendo che il finanziamento concesso alla società emittente le azioni fosse stato semplicemente finalizzato a dotarla delle risorse necessarie alla realizzazione di un progetto di sviluppo immobiliare e, in tal modo, le somme versate da quest'ultima alla fallita avrebbero rappresentato l'anticipo del corrispettivo dell'appalto, dopodiché essa istante aveva esercitato l'opzione contrattuale, alla quale era poi seguita la vendita delle azioni di cui era titolare, ma non anche il pagamento del prezzo da parte della società acquirente, poi fallita. Con la propria opposizione, la società opponente sosteneva che l'art. 2358 c.c. si sarebbe dovuto applicare alle sole erogazioni a titolo di prestito o garanzia, non anche ai corrispettivi o agli acconti di un contratto di appalto; essa evidenziava, inoltre, che nel caso specifico il credito insinuato al passivo era riferito a una cessione azionaria, successiva ad altra cessione relativa al 70% delle azioni, per la quale non erano stati utilizzati acconti del contratto di appalto, e rilevava che, in ogni caso, l'art. 2358 c.c. avrebbe potuto coinvolgere solo il finanziamento, non anche l'acquisto delle azioni.

La curatela resisteva alla domanda e il tribunale rigettava l'opposizione affermando: (i) che il concetto di dare prestiti andasse inteso, anche ai fini dell'art. 2358 c.c., in senso ampio, essendo il divieto di assistenza finanziaria diretto alla tutela dell'effettività del patrimonio sociale; (ii) che la vendita delle azioni, da cui era sorto il credito oggetto dell'istanza di ammissione, non potesse considerarsi autonoma e indipendente dal resto dell'operazione complessiva, in virtù del collegamento negoziale tra i contratti; (iii) che il fine ultimo di detta operazione nel suo complesso fosse stato quello di attuare la cessione totalitaria delle azioni dell'emittente, già indebitata, mediante l'ottenimento del finanziamento che si sarebbe dovuto utilizzare per il pagamento dell'anticipo dell'appalto, e (iv) che la nullità ai sensi dell'art. 2358 c.c., lungi dall'avere come oggetto il semplice finanziamento, fosse tale da travolgere anche l'acquisto delle azioni, altrimenti finendo per essere frustrata la finalità della norma in ordine alla tutela del patrimonio della società bersaglio.

La società istante proponeva ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, svolgendo sei motivi e lamentando, per quanto qui di interesse: l'omesso esame di fatti decisivi posti a dimostrazione dell'insussistenza dell'assistenza finanziaria; la violazione o falsa applicazione dell'art. 2358 c.c., nella parte in cui la decisione aveva ritenuto che il concetto di assistenza finanziaria andasse inteso in senso estensivo e tale da ricomprendere anche il versamento di acconti di un contratto di appalto; la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere la decisione ravvisato l'esistenza di indici presuntivi escludenti la genuinità dell'appalto; la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1418,1419 e 2358 c.c., nella parte in cui la decisione aveva ritenuto di escludere il credito dallo stato passivo per il collegamento funzionale dei contratti, pur riconoscendo che esso era stato originato da una seconda cessione, così da non poter essere finanziato dagli acconti dell'appalto; la violazione o falsa applicazione degli artt. 2358,1418 e 1419 c.c., per avere la decisione impugnata affermato che la nullità, pronunciata ai sensi dell'art. 2358 c.c. in relazione al finanziamento, si sarebbe dovuta estendere anche all'acquisto delle azioni, a dispetto del riferimento testuale contenuto della disposizione.

Le questioni giuridiche e la soluzione

L'ordinanza in commento si concentra sul tema del divieto di assistenza finanziaria gravante sulla società di capitali per l'acquisto di azioni proprie, con particolare riguardo alle conseguenze della relativa violazione.

Come ricordato dalla stessa ordinanza, si tratta di divieto che nella disciplina antecedente il recepimento della direttiva 2006/68-CE del 6 settembre 2006, ad opera del d.lgs. 4 agosto 2008, n. 142, era formulato in termini assoluti e dalla cui violazione l'orientamento prevalente faceva conseguire la nullità delle operazioni di assistenza finanziaria, in ragione della loro contrarietà a norme imperative volte a tutelare l'integrità del capitale sociale (Cass. 19 giugno 2013, n. 15398, Cass. 24 novembre 2006, n. 25005; in dottrina, tra gli altri, C. Angelici, La partecipazione azionaria nella società per azioni, in Trattato Rescigno, XVI, II, Torino 1985, 352 ss.; S. Fortunato, Anticipazioni, prestito, garanzie per l'acquisto di azioni proprie, in La seconda direttiva Cee in materia societaria, a cura di L. Buttaro e A. Patroni Griffi, Milano 1984, 495; G. Partesotti, Le operazioni sulle azioni, in Trattato sulle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 2*, Torino 1992, 482 ss; V. Calandra Bonaura, Il potere di rappresentanza degli amministrazioni di società per azioni, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino 2007, II, 666 ss.). La giurisprudenza di legittimità, in particolare, considerava vietata qualsiasi forma di agevolazione finanziaria – antecedente o successiva all'acquisto – e attribuiva rilevanza al nesso strumentale tra il prestito o la garanzia e l'acquisto di azioni proprie, funzionale al raggiungimento da parte della società dello scopo vietato (Cass. 19 giugno 2013, n. 15398, cit.).

Con il recepimento della direttiva 2006/68-CE, tuttavia, il divieto in questione è stato oggetto di una diversa ricostruzione sul presupposto che lo stesso non abbia più carattere assoluto, ma relativo; la stessa ordinanza in commento ricorda, infatti, che in dottrina sono state ipotizzate diverse conseguenze derivanti dalla violazione del divieto nella sua attuale formulazione, a seconda del tipo di violazione commessa, distinguendosi, da un lato, l'omissione dell'autorizzazione assembleare, comportante l'inefficacia o, comunque, l'inopponibilità nei riguardi della società degli atti di assistenza finanziaria, in quanto tali, per superamento di un limite legale ai poteri di rappresentanza degli amministratori (I. Demuro, L'assistenza finanziaria nell'acquisto di proprie azioni, in Giur. comm., 2010, I, 242; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Milano 2020, 246); dall'altro, l'adozione di una delibera di autorizzazione in contrasto con l'art. 2358 c.c., determinante l'invalidità del finanziamento, ma solo in presenza di un motivo illecito comune anche al terzo contraente (A. Paolini, Nullità delle operazioni di assistenza finanziaria, in Corr. giur., 2016, 1581; S. Cacchi Pessani, Banche popolari e assistenza finanziaria: l'applicabilità dell'art. 2358 c.c. alle società cooperative e le conseguenze della sua violazione, in Soc., 2021, 193).

L'ordinanza in commento, tuttavia, ritiene che nell'attuale disciplina l'operazione di assistenza finanziaria rimanga un'operazione vietata e che il relativo divieto costituisca regola generale, posta a presidio di interessi generali, quali quelli dei terzi (e dei creditori) all'integrità patrimoniale della società, come si deve evincere dal limite quantitativo imposto dalla norma a fronte degli utili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Per queste ragioni, essa ritiene che l'operazione realizzata in violazione dell'art. 2358 c.c., costituisca inosservanza di una norma imperativa di grado elevato, qual è quella tesa a tutelare interessi di sistema, e che, pertanto, anche nell'attuale formulazione, debba confermarsi l'orientamento tradizionale secondo cui il mancato rispetto del divieto, in assenza delle condizioni stabilite dalla legge, produce la nullità dell'operazione di assistenza finanziaria nel suo complesso (in questo senso, tra le altre, nella giurisprudenza di merito, Trib. Venezia 24 giugno 2022, Trib. Padova 16 luglio 2020, Trib. Venezia 29 luglio 2019, tutte in DeJure; nel senso dell'inefficacia, invece, Trib. Treviso 13 gennaio 2021, in DeJure).

Secondo il provvedimento in commento, proprio perché riferita all'intera operazione di assistenza finanziaria la sanzione di nullità si propaga dal finanziamento anche al contratto di acquisto delle azioni, trattandosi di atti tesi al perseguimento dell'unico risultato economico integrato dall'acquisto delle partecipazioni, a condizione, però, che risulti evidente la connessione funzionale tra atti formalmente distinti, ma tra essi interdipendenti (connessione agevole da dimostrare ove vi sia contestualità, meno agevole ove quest'ultima manchi). Per il provvedimento in commento la prova di tale connessione funzionale, per quanto non necessariamente emergente dai contratti e suscettibile di palesarsi in base a indici anche presuntivi, deve in ogni caso essere fornita a onere di chi intenda far valere la nullità dell'operazione nel suo complesso.

Nel caso deciso, ricostruito il divieto nei termini anzidetti, la Suprema Corte censura il ragionamento svolto dal tribunale nella propria motivazione, che aveva collegato l'acquisto delle azioni al pagamento, da parte della società emittente e in favore della società acquirente, di un anticipo versato in forza del contratto di appalto concluso tra le parti e, sulla base di tale unica circostanza, aveva ritenuto nulla l'intera operazione.

Osservazioni

L'ordinanza in commento, ponendosi in ideale continuità con l'orientamento formatosi nella previgente disciplina, riconosce portata generale al divieto di assistenza finanziaria, benché l'attuale formulazione dell'art. 2358 c.c. ne ammetta il superamento alle condizioni da esso indicate (per la diversa prospettiva secondo cui il divieto di assistenza finanziaria costituisce «l'eccezione, piuttosto che la regola», si veda, invece, N. de Luca, Operazioni sulle proprie azioni, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi, II, Milano, 2022, 815; analogamente M.S. Spolidoro, Attuazione della direttiva 2006/68/CE su conferimenti non in contanti, acquisto di azioni proprie e assistenza finanziaria, in Notariato, 2009, 74, il quale fa ricorso al «paradosso di Epimenide» per contrapporre il primo comma dell'art. 2358 c.c., che prevede il divieto di assistenza finanziaria, con la restante parte della disposizione, che fissa le condizioni in cui detta assistenza è permessa; nel senso che la nuova formulazione abbia comportato un'abrogazione del divieto è S. Cacchi Pessani, op. cit., 191). Secondo il provvedimento in esame, la possibilità del superamento del divieto non vale ad alterare la sua portata generale e la sua stessa funzione di tutela degli interessi ad esso sottesi - interessi a presidio dei quali, viene precisato, risultano poste le condizioni previste dal medesimo art. 2358 c.c. (principalmente, il limite quantitativo dell'intervento di assistenza finanziaria) - il cui carattere generale porta ad attribuire alla norma natura imperativa, con conseguente sanzione della nullità per il caso di sua violazione. La conclusione si presta ad alimentare qualche dubbio rispetto al diverso trattamento riconosciuto all'ipotesi di violazione del divieto di acquisto di azioni proprie, pur caratterizzato da formulazione e finalità analoghe, per la quale, invece, si esclude la nullità dell'operazione (E. Ginevra, Le azioni proprie e le partecipazioni sociali della s.p.a., in Diritto commerciale, 3, Torino 2020, 356; S. Cacchi Pessani, op. cit., 191); tuttavia, per il divieto di assistenza finanziaria, proprio in ragione dell'assenza della previsione di una diversa e specifica sanzione, nonché muovendo dal presupposto della natura imperativa della norma che lo sancisce, la nullità (virtuale) sembra conseguenza inevitabile della relativa violazione (cfr., sul punto, G.B. Portale-A. Cetra, in Banca, borsa, tit. cred., 2023, I, 159).

Conclusioni

In ogni caso, muovendo dalla soluzione cui è pervenuta l'ordinanza in commento, pare condivisibile l'affermazione relativa alla nullità non solo del finanziamento, ma anche dell'atto di acquisto (in senso contrario M.S. Spolidoro, op. cit., 76), a condizione che la parte che intenda farla valere dimostri, anche mediante presunzioni, il collegamento negoziale tra i due atti. A riguardo, assumerà rilievo, anche sotto il profilo probatorio, il collegamento funzionale, più che cronologico, tra le due operazioni, non risultando a tal fine decisivo il momento in cui sia intervenuto il finanziamento rispetto all'acquisto delle azioni (Cass. 19 giugno 2013, n. 15398, cit., Cass. 14 maggio 2004, n. 9194, in Soc., 2004, 1111, Trib. Ivrea 12 agosto 1995, in Giur. it., 1996, I, 2, 196; in senso contrario Trib. Genova 13 ottobre 1986, in Giur. comm., 1989, II, 661, secondo cui sarebbe necessaria l'anteriorità del finanziamento rispetto all'acquisto).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.