Riparazione integrale ed effettiva per escludere il reato di bancarotta

29 Maggio 2024

A detta della Suprema Corte, il pagamento ad uno solo dei creditori – per quanto consistente – non è sufficiente ad integrare la bancarotta riparata.

Massima

La bancarotta riparata costituisce una manifestazione del giudizio di pericolo concreto che determina l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, a seguito dell’attività restitutoria posta in essere dall’imprenditore o dall’amministratore della società (prima della soglia cronologica della dichiarazione di fallimento), volta a ricostituire il patrimonio dell’impresa, nella sua effettività e integralità, precedentemente pregiudicato dagli indebiti prelievi, a nulla rilevando restituzioni parziali, inidonee a elidere totalmente le conseguenze pregiudizievoli per la massa creditoria, né versamenti fatti dall’amministratore ad altro titolo.

Il caso

La vicenda fattuale in commento prendeva le mosse da una sentenza resa dalla Corte di appello di Firenze, la quale, con decisione del 3 maggio 2022, in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, confermava la sentenza emessa in primo grado di condanna degli imputati per il reato anzidetto.

Nello specifico, era contestata la distrazione della somma di € 2.600.000,00, mediante le operazioni collegate alla stipula di un contratto preliminare che obbligava la società fallita ad acquistare il 70% delle quote di altra società.

Tale operazione, priva di valide ragioni economiche, era effettuata al solo fine di attribuire a terzi la somma di € 2.600.000,00, come dimostrato dal fatto che la società fallita si trovava in uno stato di grave difficoltà economica fin dalla sua costituzione e aveva registrato una perdita che aveva intaccato il capitale sociale, mentre la persona giuridica oggetto dell'acquisizione aveva un capitale sociale di soli € 62.000,00 e il suo ultimo bilancio depositato risaliva a diversi anni prima e risultava in perdita con un patrimonio netto negativo.

In sede di appello le difese dei diversi imputati evidenziavano che gli appellanti avevano provveduto ad estinguere i debiti della fallita società nei confronti di un istituto di credito, pagando la somma di € 3.250.000,00.

In ragione di ciò era invocata la cd. bancarotta riparata, ossia quell'istituto che si configura laddove la sottrazione dei beni venga annullata da un'attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell'impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori.

La Corte di appello, invece, si mostrava di opposto avviso, ritenendo che la predetta condotta non integrasse la bancarotta riparata, in quanto, da un lato, il pagamento era stato operato dagli appellanti non con la volontà di reintegrare il patrimonio della società fallita, ma al solo fine di evitare azioni di responsabilità connesse alla loro posizione di garanti dei debiti gravanti sull'impresa decotta e, dall'altro, con i suddetti pagamenti, non si sarebbe fatto entrare denaro nelle casse della società e, dunque, non si sarebbe compiuto un atto idoneo a reintegrare il patrimonio della fallita, in modo tale da far venir meno l'integrale pregiudizio per i creditori.

Inoltre, il pagamento era avvenuto a ben otto anni di distanza dall'atto distrattivo e non in prossimità di quest'ultimo.

Avverso la sentenza della Corte di appello tutti gli imputati proponevano ricorso per cassazione a mezzo dei loro difensori di fiducia, affidandolo a cinque differenti motivi.

La Corte di cassazione rigettava i ricorsi, affermando che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare (art. 216 l. fall., oggi confluito nell'art. 322 CCII) è un reato di pericolo concreto, in cui l'atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l'entità del patrimonio della società, in relazione alla massa dei creditori e deve permanere tale fino all'epoca che precede l'apertura della procedura fallimentare [v. Cassazione Pen., sez. V, 7 aprile 2017 (ud. 24 marzo 2017), n. 17819; sez. V, 2 novembre 2017 (ud. 14 settembre 2017), n. 50081].

Si può avere perciò bancarotta riparata quando vi sia una restituzione integrale e in favore dell'intera massa creditoria (non di un solo creditore): solo se presenta tali requisiti, la condotta successiva risulta idonea ad annullare la portata pregiudizievole della precedente condotta distrattiva [v. Cass. pen., sez. V, 28 dicembre 2017 (ud. 24 novembre 2017), n. 57759].

È peraltro onere dell'amministratore, che si sia reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare tale idoneità.

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa al caso in esame verteva nello stabilire se, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare, al fine di annullare la portata pregiudizievole della precedente condotta distrattiva, sia sufficiente una restituzione parziale o se, invece, sia necessaria una condotta riparatoria consistente in una restituzione integrale e in favore dell’intera massa creditoria.

La soluzione della questione giuridica

Con la bancarotta riparata, il debitore riesce a soddisfare i creditori e a ristabilire la sua solidità finanziaria.

La sottrazione dei beni viene quindi annullata da un'attività di segno contrario, che reintegra il patrimonio dell'impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio dei creditori [v. Cass. pen, sez. V, 15 dicembre 2014 (ud. 4 novembre 2014) n. 52077].

Alla base dell'istituto, secondo l'elaborazione giurisprudenziale, vi è la valorizzazione del bene giuridico protetto dalla norma penale – l'interesse dei creditori a soddisfare i propri diritti – e della situazione oggettiva del patrimonio aziendale che si presenta all'inizio della procedura fallimentare.

La bancarotta riparata si può realizzare attraverso vari mezzi, come un accordo di pagamento con i creditori, la vendita di beni per coprire i debiti o una ristrutturazione finanziaria.

Una volta che il debitore sia riuscito a riparare la sua situazione finanziaria, può essere in grado di evitare le conseguenze legali più gravi associate alla bancarotta e ripristinare la sua affidabilità creditizia.

Di recente, la Cassazione si è preoccupata di dare una definizione della bancarotta riparata affermando che si sostanzia “allorquando la sottrazione, quale elemento materiale del reato, venga annullata da un'attività di segno contrario diretta a reintegrare il patrimonio dell'impresa annullando il pregiudizio per i creditori, purché avvenga prima della dichiarazione di fallimento. La prova dell'integrale retrocessione delle risorse e della esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedenti grava sull'amministratore” [v. Cass. pen., sez. V, 10 luglio 2023 (ud. 30 maggio 2023), n. 29631].

Applicando questi principi, la Cassazione ha spiegato che l'attività di riparazione può consistere nella rinuncia a crediti certi ed esigibili, ma non rilevano i versamenti fatti dall'amministratore della fallita a titolo diverso dell'integrale riparazione degli atti distrattivi [v. Cass. pen. Sez. V, 2 dicembre 2020 (ud. 2 ottobre 2020) n. 34290], anche perché egli ha una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale [v. Cass. pen., sez. V, 7 settembre 2020 (ud. 10 luglio 2020), n. 25214].

Tornando al caso che ci occupa, gli imputati invocavano l'istituto della bancarotta riparata a fronte di una riparazione a favore di un solo creditore (una banca), sebbene fosse pacifica l'esistenza di una pluralità di creditori.

A detta della Suprema Corte, dunque, il pagamento ad uno solo dei creditori – per quanto consistente – non è sufficiente ad integrare la bancarotta riparata.

In coerenza con la natura di reato di pericolo concreto della bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare, la S. Corte  ritiene che la bancarotta riparata costituisca una manifestazione del giudizio di pericolo concreto che determina l'insussistenza dell'elemento materiale del reato, a seguito dell'attività restitutoria posta in essere dall'imprenditore o dall'amministratore della società (prima della soglia cronologica della dichiarazione di fallimento), volta a ricostituire il patrimonio dell'impresa, nella sua effettività e integralità, precedentemente pregiudicato dagli indebiti prelievi.

Non integra, cioè, fatto punibile come bancarotta per distrazione un comportamento, pure doloso o assertivamente fraudolento, la cui portata pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di un'attività di segno inverso, capace di reintegrare il patrimonio della fallita, prima della soglia cronologica costituita dall'apertura della procedura, impedendo l'insorgenza di alcun effettivo pregiudizio per i creditori (v. Cass. 8402/2011).

Diversamente non possono rilevare restituzioni parziali, inidonee ad elidere totalmente le conseguenze pregiudizievoli per la massa creditoria, né versamenti fatti dall'amministratore ad altro titolo.

È proprio al permanere o meno di tale pregiudizio per la massa creditoria, costituente sotto tale profilo l'offesa tipica dei reati di bancarotta, che deve essere riferita la valutazione sulla sussistenza di un'azione restitutoria idonea a rimuovere gli effetti distrattivi della precedente condotta.

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