La competenza del tribunale fallimentare in presenza di domanda risolutoria precedente al fallimento e di opposizione a decreto ingiuntivo

Cecilia Cardani
24 Maggio 2024

La Corte si occupa di alcuni profili relativi all’individuazione del giudice competente in caso di fallimento sopravvenuto di una delle parti di un rapporto contrattuale, in relazione alle domande di risoluzione contrattuale e restituzione nonché alle domande di opposizione a decreto ingiuntivo.

Massima

La domanda prodromica alla risoluzione contrattuale può proseguire in sede di giudizio di cognizione ordinaria nella sopravvenienza del fallimento del convenuto, solamente se è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, poiché la relativa sentenza è opponibile alla massa dei creditori in ragione dell’effetto prenotativo della trascrizione. Di converso, le pretese accessorie, di restituzione e risarcimento del danno, avendo ad oggetto delle domande necessariamente assoggettate alla regola del concorso, devono essere fatte valere, previa separazione dalla domanda principale di risoluzione del contratto, avanti al giudice fallimentare, tramite le forme previste per la verifica dei crediti.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione. Ne deriva che nell'opposizione a decreto ingiuntivo, il fallimento del creditore opposto non determina l'improcedibilità dell'opposizione.

Il caso

La vicenda può essere così riassunta. La controversia nasce da un contratto avente ad oggetto la fornitura completa di un arredamento per bar, stipulato nel 1990. Il contratto prevedeva il pagamento di un anticipo e il saldo in rate, previa approvazione da parte della società di leasing. L'acquirente riscontrò difetti qualitativi e quantitativi nella merce e chiese la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni. La società fornitrice, invece, richiese il pagamento immediato dell'intero importo, comprensivo di beni non consegnati, in quanto la società di leasing non aveva concesso il finanziamento, ottenendo l'emissione di un decreto ingiuntivo.

L‘acquirente diede quindi avvio a due procedimenti: il primo, con una domanda di risoluzione del contratto, e il secondo con un atto di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal venditore. I procedimenti vennero riuniti e, successivamente, intervenne la dichiarazione di fallimento della convenuta-venditrice. La curatela fallimentare procedette quindi alla riassunzione del processo, prima interrotto. Alla successiva udienza, l'attrice-opponente dichiarò di rinunciare alle domande di restituzione e risarcimento, avendo già proposto per le relative somme richiesta di inserimento allo stato passivo, insistendo sulla sola richiesta di risoluzione contrattuale. Tuttavia, in sede di precisazione delle conclusioni, le pretese restitutorie e risarcitorie precedentemente rinunciate furono riproposte.                                            

Il tribunale di Reggio Calabria accolse le domande dell'acquirente, risolvendo il contratto e ordinando la restituzione dell'anticipo con gli interessi legali fino alla dichiarazione di fallimento della società fornitrice, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando il curatore fallimentare alle spese di lite. Il curatore fallimentare impugnò quindi la sentenza, sostenendo che la causa avrebbe dovuto essere devoluta al giudice fallimentare. La Corte d'appello accolse l'appello, dichiarando inammissibili le domande di risoluzione del contratto e di opposizione al decreto ingiuntivo e condannando l'acquirente alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

L'acquirente propose ricorso per cassazione su tre motivi.

Il primo motivo denunciava la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 184 e 112 c.p.c., sostenendo che la Corte d'appello avrebbe erroneamente considerato come riproposte le domande restitutoria e risarcitoria, nonostante la rinuncia espressa da parte del ricorrente. Il ricorrente sostenne inoltre che la Corte d'appello avrebbe ecceduto i limiti del thema decidendum, occupandosi della questione dell'opposizione all'ingiunzione, che non era stata impugnata dalla curatela del fallimento.

Il secondo motivo censurava la violazione e falsa applicazione dell'art. 72 comma 5, l. fall., come modificato dal d.lgs. n. 169/2007, affermando che la Corte d'appello avrebbe erroneamente applicato tale norma al caso di specie, invece delle disposizioni combinate degli articoli 24,52 e 93 l. fall. vigenti al momento della dichiarazione di fallimento. Il ricorrente asserì che la Corte d'appello avrebbe trascurato la giurisprudenza che esclude dalla competenza del giudice fallimentare le azioni di risoluzione contrattuale iniziate prima della dichiarazione di fallimento.

Il terzo motivo riproponeva, in sostanza, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 72 comma 5, l. fall., come modificato dal d.lgs. n. 169/2007, in luogo delle disposizioni combinate degli artt. 24,52 e 93 l. fall. vigenti al momento della dichiarazione di fallimento. Il ricorrente rilevò come la Corte d'appello avrebbe errato nell'aver dichiarato inammissibile l'opposizione all'ingiunzione, sostenendo che il giudice ordinario avrebbe dovuto avere la giurisdizione su tale opposizione. Il ricorrente ribadì gli argomenti del primo motivo di ricorso riguardo all'inapplicabilità dell'art. 72 comma 5, l. fall. al caso di specie e lamenta un errore di applicazione della norma modificata.

Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione rigetta i primi due motivi, relativi alla risoluzione del contratto, mentre accoglie il terzo, relativo all'opposizione al decreto ingiuntivo, cassando la decisione della Corte d'appello, con rinvio per un nuovo esame della medesima Corte d'appello in diversa composizione, nonché per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

La questione

Con il provvedimento in oggetto la Corte di cassazione si occupa dunque di diversi profili inerenti l’individuazione del giudice competente in caso di fallimento sopravvenuto di una delle parti, con riferimento alle domande di risoluzione contrattuale e restituzione e alle domande di opposizione a decreto ingiuntivo.

Le soluzioni giuridiche

La S. Corte rigetta il primo motivo rilevando anzitutto come la giurisprudenza di legittimità, già prima della riforma del 2007 che ha introdotto l'articolo 72, comma 5, della legge fallimentare – effettivamente non applicabile al caso di specie – avesse riconosciuto come solo le domande principali (prodromiche) di risoluzione contrattuale trascritte anteriormente alla dichiarazione di fallimento della parte convenuta in giudizio possano proseguire legittimamente con il rito ordinario, attesa l'opponibilità della relativa sentenza alla massa dei creditori in ragione dell'effetto prenotativo della trascrizione. Posto tale principio, la Corte di Cassazione conclude osservando l'assenza, nel caso di specie, del requisito della trascrizione della domanda giudiziale di risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento dell'acquirente, trattandosi di questione di fornitura di beni mobili.

Diversamente, argomenta la Suprema Corte, le pretese accessorie di restituzione e risarcimento del danno, devono necessariamente procedere, previa separazione dalle domande di risoluzione contrattuale, tramite insinuazione al passivo, nelle forme degli artt. 93 e seguenti, l. fall., in quanto assoggettate alla regola del concorso e non suscettibili di sopravvivere in sede ordinaria.

La Corte conclude quindi osservando come sia destinata a rimanere di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria solo la domanda di risoluzione diretta a conseguire finalità estranee al concorso (come la liberazione della parte in bonis dagli obblighi contrattuali o l'escussione di una garanzia di terzi) ed osserva come anche tale circostanza non si sia verificata nel caso di specie, in quanto il ricorrente in sede di precisazione delle conclusioni ha, di fatto, riproposto le domande restitutorie e risarcitorie precedentemente rinunciate, a nulla valendo osservare come queste costituissero “conseguenza automatica, come per legge, della declaratoria di risoluzione del contratto”, essendo invece nell'autonomia delle parti disporre delle conseguenze della risoluzione tra cui, la restituzione della prestazione eseguita in base al contratto risolto e rimasta senza causa.

La Corte, affrontando poi il secondo motivo, attinente alla competenza del giudice fallimentare in presenza di una domanda risolutoria proposta prima della dichiarazione di fallimento, chiarisce come l'affermazione – sostenuta della ricorrente – secondo cui sono escluse dalla vis attrattiva della competenza del tribunale fallimentare le azioni esperite prima della dichiarazione di fallimento, sia corretta solo per le domande giudiziali di risoluzione che siano state non solo proposte, ma anche trascritte (circostanza che, come già osservato, non si è verificata nel caso di specie).

La terza e ultima questione affrontata dalla Corte riguarda la competenza del giudice civile o fallimentare per la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo.

La Suprema Corte cassa la sentenza della Corte di appello nella parte in cui ha dichiarato improcedibile anche la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo, osservando come il sopravvenire del fallimento del creditore opposto non comporti alcuna improcedibilità.

La competenza funzionale in materia di opposizione a decreto ingiuntivo del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile e immodificabile, secondo il criterio della connessione.

Osservazioni

La decisione della Corte di cassazione si pone nel solco di un contrasto che prima della riforma del 2006 aveva animato dottrina e giurisprudenza e che, solo in parte, è stata superata dall'introduzione dell'art. 72 l. fall. Le norme processuali in materia di competenza sono oggi dettate nell'art. 172 comma 5, c.c.i.i., che recepisce il precedente art. 72 l. fall. introdotto dal d.lgs. n. 169/2007.

La sentenza qui annotata, in tema di esercizio dell'azione di risoluzione prima della dichiarazione di fallimento, si arresta alla conclusione del dare rilevanza, da un lato, al fatto che la stessa abbia o meno ad oggetto contratti soggetti a trascrizione e, dall'altro lato, all'eventuale presenza di pretese accessorie, aventi ad oggetto la restituzione di somme di denaro o di beni, nonché del risarcimento dei danni.

Quanto alla competenza in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la Corte di cassazione riconosce la possibilità della prosecuzione dell'opposizione a decreto ingiuntivo nel caso di fallimento del creditore opposto, sancendo una “competenza funzionale”, inderogabile e non modificabile, del giudice che ha emesso il provvedimento.

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