IMU: esenzione per i coniugi proprietari di due appartamenti nello stesso Comune
29 Maggio 2024
Due contribuenti sono coniugati e proprietari nello stesso Comune di due appartamenti contigui ma catastalmente separati e ivi hanno entrambi stabilito la loro residenza anagrafica. Hanno diritto all'esenzione IMU per abitazione principale o devono corrispondere l'imposta su uno dei due immobili? Qualora l'imposta fosse dovuta, su quale dei due appartamenti andrebbe versata? La disciplina IMU, come novellata dalla legge di Bilancio per il 2020, stabiliva che non costituiva presupposto d'imposta il possesso di un immobile non classificato nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 e abitazione principale per il possessore e i componenti del nucleo familiare nonché loro dimora abituale e residenza anagrafica. Il legislatore specificava, altresì, che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare avessero stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si dovessero applicare per un solo immobile. Lo scenario può dirsi mutato dopo l'intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tutte quelle disposizioni che, in materia, creavano discriminazione tra coppie di fatto e coppie sposate, imponendo il pagamento dell'IMU soltanto a queste ultime nell'ipotesi di residenza in Comuni diversi o anche nello stesso Comune. In particolare, la Consulta ha ritenuto che le predette disposizioni, comprese quelle novellate nel corso del tempo, «lasciavano in essere le descritte violazioni costituzionali all'interno dello stesso comune, dove, in caso di residenze e dimore abituali disgiunte, una coppia di fatto godrebbe di un doppio beneficio, che risulterebbe invece precluso, senza apprezzabile motivo, a quella unita in matrimonio o unione civile». I giudici costituzionali aggiungevano come sia certamente vero «che la necessità di residenza disgiunta all'interno del medesimo comune rappresenta una ipotesi del tutto eccezionale (e che come tale dovrà essere oggetto di accurati e specifici controlli da parte delle amministrazioni comunali), ma, da un lato, date sia le grandi dimensioni di alcuni comuni italiani, sia la complessità delle situazioni della vita, essa non può essere esclusa a priori; dall'altro, mantenere in vita la norma determinerebbe un accesso al beneficio del tutto casuale, in ipotesi favorendo i nuclei familiari che magari per poche decine di metri hanno stabilito una residenza al di fuori del confine comunale e discriminando quelli che invece l'hanno stabilita all'interno dello stesso». In sostanza, la Corte Costituzionale ha riscritto la disciplina riconoscendo il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale (di persone sposate o parti di un'unione civile) nel rispetto dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica del possessore dell'immobile e non anche del suo nucleo familiare. Così si sono espressi i giudici costituzionali: la norma secondo cui «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente» va sostituita con la seguente «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». La citata pronuncia della Corte costituzionale ha fatto venir meno tutti quei dubbi interpretativi, intorno ai quali si è sviluppato un copioso dibattito giurisprudenziale, sulle disposizioni normative in parola avendo dichiarato l'incostituzionalità delle stesse nella parte in cui il godimento del beneficio veniva connesso alla contestuale coabitazione di tutto il nucleo familiare sotto lo stesso tetto. La nuova formulazione normativa, come riscritta dalla Consulta, mira ad eliminare qualsiasi ingiustificata disparità di trattamento fondata su distinzioni tra situazioni familiari e/o catastali, al netto di condotte abusive su cui spetta al Comune vigilare (come, ad esempio, nel caso di doppia residenza fittizia per le seconde case al mare o in montagna). Lo scenario normativo post Consulta induce ragionevolmente ad avallare casi di “doppia esenzione”, come quello di cui al quesito proposto, non essendovi più i limiti precedentemente disposti dalla normativa pro tempore, legati al concetto di abitazione principale del nucleo familiare, qualora però coesistano per il possessore i due requisiti fondamentali: la residenza anagrafica e la dimora abituale. |