Riconoscimento della pensione di reversibilità ai nipoti maggiorenni orfani inabili al lavoro e a carico dell’ascendente: indicazioni applicative INPS
30 Maggio 2024
Il ragionamento condotto dalla Corte La Corte costituzionale, con la sentenza ult. cit., ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 38 d.P.R. n. 818/1957, nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati. Il rapporto di parentela tra l'ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, afferma il Giudice delle Leggi, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, nonostante la relazione instaurata sia assimilabile, in ragione della condizione di minorata capacità e della vivenza a carico. È, pertanto, illogico, e ingiustamente discriminatorio, conclude la Corte, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento di detto trattamento. Né vale argomentarne, secondo il ragionamento condotto dalla Corte, l'esclusione, in ragione della limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori, fino alla maggiore età, e della più lunga durata, in astratto, dell'aspettativa di vita del nipote maggiorenne inabile al lavoro, non essendo tale differenza dirimente ai fini della spettanza di un diritto che ha matrice solidaristica, a garanzia delle esigenze minime di protezione della persona. La Corte costituzionale, nell'approdare alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 38 d.P.R. cit., si riallaccia alla sua precedente decisione, la n. 180/1999. Decisione questa ove aveva dichiarato illegittimo costituzionalmente sempre l'art. ult. cit., ma nella parte in cui non includeva tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti, Da tale delineato quadro come descritto nel proprio precedente del 1999, ne trae la conseguenza che “il rapporto di parentela tra l'ascendente e il nipote maggiorenne orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne […] ed è illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant'è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. Ulteriore profilo, codesto, di irragionevolezza della disposizione in esame.” Le indicazioni applicative dell'INPS L'Ente previdenziale, con la Circolare 7 maggio maggio 2024, n. 24, fornisce istruzioni alle proprie sedi a ché si provveda innanzitutto a riesaminare, a richiesta, le domande di pensione ai superstiti presentate dai nipoti orfani maggiorenni inabili a lavoro e viventi a carico dell'ascendente pensionato o assicurato defunto, precedentemente rigettate. Il trattamento pensionistico sarà riconosciuto fin dalla decorrenza originaria, ancorché con l'applicazione della prescrizione e della decadenza con riguardo ai ratei dello stesso. Sul momento di decorrenza del diritto alla pensione ai superstiti, lo stesso si individua nel primo giorno del mese successivo al decesso, indipendentemente dal momento di presentazione della domanda. Sull'applicazione dell'istituto della prescrizione, si ricordi che il diritto a pensione, in sé considerato, è imprescrittibile; mentre, si prescrivono i ratei di pensione. Infine, con riferimento all'istituto della decadenza dalle prestazioni previdenziali, la disciplina si rinviene nell'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 639/1970, che prevede un termine di decadenza triennale. Con riguardo poi alle pensioni ai superstiti liquidate, sempre la circolare prevede che si provveda a riliquidare le stesse, sin dalla decorrenza originaria, con inclusione tra i contitolari di tale nuova categoria di beneficiari. Anche in tale ipotesi, la quota di pertinenza di tali nuovi beneficiari spetterà ab origine, nei limiti dell'applicazione degli istituti della prescrizione e della decadenza. Si ricordi che la Corte di cassazione con riguardo all'applicazione della prescrizione in sede di riliquidazione del trattamento pensionistico ha affermato che in materia di previdenza obbligatoria la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4, c.c. – così come dall'art. 129 del R.d.l. n. 1827/1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell'assicurato, sicché, ove sia in contestazione l'ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. (in questi termini: Cass. 25 ottobre 2022, n. 31527, che atteneva all'azione di restituzione delle trattenute operate sulla pensione dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a titolo di contributo di solidarietà è soggetta al termine di prescrizione decennale, non essendo i ratei trattenuti liquidi ed esigibili; Cass. 9 febbraio 2016, n. 2563). Prescrizione del rateo che, in forza dell'art. 47-bis d.P.R. ult. cit., è quinquennale, qualora si tratti di ratei non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del diritto; ed è sempre Ancora, se per effetto dell'ampliamento del novero dei beneficiari della pensione di reversibilità, si dovesse generare un'indebita percezione di somme, in toto vel pro parte, nei confronti di altri soggetti, l'ente esclude qualsivoglia attività di recupero di tali somme, a meno che non sia riscontrato un dolo da parte del beneficiario della prestazione, ora divenuta indebita, a seguito della decisione della Corte costituzionale. Dolo a cui si parifica quoad effectum, secondo la giurisprudenza (si v. Cass. 18 aprile 2023, n. 10337 e Cass. 28 marzo 2019, n. 8731), la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto, o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall'ente competente). La circolare disciplina, infine, l'ipotesi di revoca del trattamento pensionistico, qualora a seguito della citata sentenza, questo non possa più essere riconosciuto al soggetto che precedentemente ne ha goduto, per incompatibilità. Anche in tal caso, come nella precedente fattispecie di riliquidazione della pensione, l'ente esclude il recupero delle somme erogate mensilmente a tale titolo al soggetto che, con provvedimento emesso ora per allora, non ne avrebbe avuto titolo; a meno che non si riscontri l'elemento soggettivo del dolo nel comportamento tenuto dallo stesso, nei termini come delineati supra. |