Trasferimento della sede legale all'estero prima dell'istanza di fallimento

03 Giugno 2024

La questione centrale, e interessante, della pronuncia di legittimità riguarda il trasferimento della sede societaria deciso ed effettuato in vista della imminente dichiarazione di fallimento.

Massima

La normativa UE attribuisce la competenza giurisdizionale a conoscere delle procedure di insolvenza al giudice dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, che per le società e le persone giuridiche si presume coincidente, salvo prova contraria, con la sede legale; la presunzione non si applica, in caso di trasferimento della sede tra gli Stati membri, se il trasferimento è avvenuto entro i tre mesi  precedenti la domanda di apertura della procedura di insolvenza. La prova contraria alla presunzione riguarda non le misure organizzative interne adottate dalla società ma l'abitualità e la riconoscibilità da parte dei terzi del luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi.

Il caso

La società di cui è socio il ricorrente deliberò con decisione assembleare in data 20.4.2017 il trasferimento della sede legale in Bulgaria; ne seguì l'iscrizione nel registro delle imprese bulgare effettuata il 15.5.2017. Soltanto successivamente, il 15.9.2017, fu iscritta nel registro delle imprese italiano la delibera assembleare di spostamento della sede legale societaria. Nel frattempo, con istanza del 22.5.2017, un creditore della società ne aveva chiesto al tribunale italiano la dichiarazione di fallimento, che fu  pronunciata il 19.7.2017. Avverso la sentenza di fallimento fu proposto, a suo tempo, reclamo, rigettato dalla competente Corte di appello. Nel procedimento sono state proposte contestazioni riguardanti la violazione del diritto dell'Unione europea e della normativa fallimentare interna.

La questione

Un primo motivo di ricorso denuncia la violata applicazione della norma del Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza, il cui art. 3 detta i principi occorrenti a determinare la “competenza giurisdizionale internazionale” nei casi di insolvenza transfrontaliera tra gli Stati membri dell'Unione. La disposizione citata attribuisce tale competenza all'autorità del luogo in cui il debitore ha il centro dei suoi interessi principali, per esso inteso il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. Il ricorrente sostiene che con errata motivazione il giudice di merito ha omesso di considerare i numerosi elementi documentali dai quali avrebbe dovuto ricavarsi la presunzione assoluta, disposta dal regolamento, di avvenuto trasferimento, con conseguente incompetenza del giudice italiano a conoscere dell'istanza di fallimento.

Un secondo motivo di contestazione riguarda l'avvenuta pronuncia di validità della notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento, eseguita con modalità telematiche in violazione del divieto di siffatta modalità nei confronti di “società in corso di cancellazione dal registro delle imprese italiane e già iscritta nel registro delle imprese di altro stato membro”. Si evidenzia, infine, che i giudici di merito non avevano fatto uso, come avrebbero potuto, dei loro poteri istruttori per accertare l'effettiva insolvenza della società.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha osservato che l'art. 3 del Regolamento, citato in atti, precisa che il “centro degli interessi principali”, cui riferirsi per la determinazione della competenza giurisdizionale, si presume essere per le società e le persone giuridiche coincidente con il luogo nel quale si trova la sede legale; e che questa presunzione si applica solo se la sede legale non è stata spostata in altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura di insolvenza. Nel caso in esame questa presunzione non poteva operare poiché la sede legale della fallita non era stata trasferita dall'Italia in Bulgaria prima dei tre mesi antecedenti il ricorso per la dichiarazione di fallimento. La presunzione ammette la prova contraria, come espressamente dispone il testo regolamentare; ma, indipendentemente da questo, ai fini dell'individuazione della competenza giurisdizionale nell'area esclusa dalla detta presunzione (di coincidenza del centro di interessi con la sede legale) e in presenza di un trasferimento di sede, il debitore avrebbe dovuto provare l'effettività dell'asserito spostamento sotto il profilo della stabilità e della riconoscibilità, da parte dei terzi, del nuovo luogo di gestione degli interessi societari. Inoltre, l'art. 2193 c.c. dispone che “i fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione, se non sono stati iscritti a registro non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l'iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza”. In linea di fatto e comunque, al momento della dichiarazione di fallimento (19.7.2017) non si era ancora completato l'iter destinato a rendere conoscibile ai terzi il progettato trasferimento di sede all'estero, in quanto la delibera assembleare che tale trasferimento decideva venne iscritta nei registri italiani solo il 15.9.2017.

In relazione alla asserita invalidità della notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento la Corte ha citato le disposizioni secondo cui tutti gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese sono tenuti a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (art. 16 d.l. n. 185/2008, conv. dalla l. n. 2/2009 e successive modificazioni) e per cui la notifica predetta deve essere eseguita, a cura della cancelleria, all'indirizzo di posta elettronica certificata (art. 15, terzo comma, l. fall., e successive modifiche, il cui dubbio di costituzionalità è stato escluso dalla Corte costituzionale 146/2015 e 162/2017). Il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per difetto di specificità.

Osservazioni

La questione centrale, e interessante, della pronuncia di legittimità riguarda il trasferimento della sede societaria deciso ed effettuato in vista della imminente dichiarazione di fallimento. La normativa interna (nella vicenda di specie si applicava ancora il r.d. 16 marzo 1942, n. 267, noto come legge fallimentare) dispone, per queste situazioni (art. 15), che il trasferimento della sede dell'impresa all'estero non esclude la giurisdizione italiana se è avvenuto dopo il deposito della richiesta di fallimento: e la regola appare ovvia nell'intento di impedire espedienti dilatori. Ma è disposto altresì che non rileva ai fini della competenza neppure il trasferimento che precede la richiesta di fallimento, se esso è avvenuto nell'anno antecedente alla proposizione della richiesta. La questione in oggetto, dunque, sembrerebbe risolta: nel caso in esame il trasferimento in Bulgaria ha preceduto di poco la domanda di fallimento.

Tuttavia l'art. 9 della legge fallimentare pone una limitazione importante, che la Corte di cassazione ha esaminato come primo problema da risolvere, per la natura decisiva del suo esito. Quella norma fa salve, infatti, le convenzioni internazionali e la normativa dell'Unione europea. Si è dunque imposto l'esame della compatibilità tra le due discipline, per la prevalenza da assegnare a quella sovranazionale.

La materia è regolata dal Regolamento UE 848/2015 il quale detta due regole: l'una, di presunzione relativa, secondo cui per le società e le persone giuridiche il centro dei loro interessi principali (che individua la competenza giurisdizionale) si presume ubicato nel luogo in cui si trova la sede legale; e secondo cui la presunzione si applica soltanto se la sede legale non è stata spostata in altro Stato membro UE entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di dichiarazione di insolvenza. Nella vicenda in esame la presunzione non poteva essere invocata (l'iscrizione nel registro delle imprese bulgaro aveva preceduto di poco la richiesta di fallimento); e toccava dunque a chi eccepiva l'incompetenza dimostrare l'effettività della sede (il centro principale degli interessi) in luogo diverso dall'Italia.

A questo proposito l'ordinamento europeo richiede sia provata la stabilità della asserita nuova sede e la sua conoscibilità da parte dei terzi. Ma, ha concluso la Corte, ad escludere ogni possibile residuo dubbio restava il fatto del non completato trasferimento della sede: all'epoca della proposizione del ricorso per la dichiarazione di fallimento la società era ancora in fase di cancellazione, posto che l'iscrizione della delibera assembleare decisoria del mutamento venne iscritta nel registro delle imprese italiano soltanto il 15.09.2017.   

Le residue questioni all'esame della Corte non avevano, in realtà, alcun contenuto problematico.

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