Verifiche preliminari e rito Cartabia: la sentenza della Corte costituzionale
03 Giugno 2024
I giudici hanno ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 171-bis c.p.c. sollevata dal tribunale di Verona in riferimento all'art. 77 della Costituzione, non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., nonché non fondata la questione sollevata con riferimento all'art. 24 Cost. La Corte ha ritenuto, innanzitutto, non fondata la denunciata violazione della legge di delega (art. 76 Cost.), considerando che le «verifiche preliminari» compiute dal giudice nella fase iniziale della controversia sono riconducibili alla finalità di realizzare la concentrazione processuale nell'ottica della ragionevole durata del processo. Altresì la Corte ha escluso che vi sia una ingiustificata disciplina differenziata (art. 3 Cost.), nell'ambito delle questioni rilevabili d'ufficio con il decreto di fissazione dell'udienza, tra quelle che il giudice può decidere, già in tale decreto, e quelle che lo stesso giudice si limita a segnalare alle parti stesse affinché possano trattarle già nelle memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c. Quanto alla denunciata violazione dell'art. 24 Cost. – prospettata sotto il profilo dell'attribuzione al giudice del potere di emanare provvedimenti fuori udienza e senza alcun contraddittorio preventivo con le parti – la Corte ha ritenuto non fondata la prospettata questione a condizione che si dia un'interpretazione adeguatrice della disposizione censurata. Ribadita la fondamentale importanza del contraddittorio «quale primaria e fondamentale garanzia del giusto processo» che «chiama in causa non solo la dialettica tra le parti nel corso del processo, ma riguarda anche la partecipazione attiva del giudice», la Corte ha svolto una serie di considerazioni in chiave di interpretazione adeguatrice della disposizione censurata. Innanzi tutto, il giudice, nell'esercizio del potere direttivo del processo demandato allo stesso in generale dall'art. 175 c.p.c., può fissare un'udienza ad hoc qualora avverta l'esigenza di interloquire con le parti sui provvedimenti da assumere all'esito delle «verifiche preliminari». Parimenti, ove il giudice ritenga di adottare direttamente il decreto, la parte che non condivide il provvedimento emesso può richiedere la fissazione di un'udienza per discuterne in contraddittorio, onde evitare una successiva regressione del procedimento. Una tale udienza, se fissata dal giudice, realizza il contraddittorio delle parti prima di quella di comparizione e trattazione della causa. In ogni caso – ha sottolineato la Corte – il decreto di cui all'art. 171-bis c.p.c., senza la fissazione di un'udienza ad hoc, può essere oggetto di discussione all'udienza di comparizione alla presenza delle parti. All'esito di tale udienza, i provvedimenti assunti con decreto, una volta vagliate le ragioni delle parti, possono essere confermati, modificati o revocati con ordinanza del giudice. La Corte ha ulteriormente puntualizzato che, se la parte aveva chiesto, senza esito, la fissazione di un'udienza per interloquire con il giudice sui provvedimenti emanati con il decreto di cui all'art. 171-bis c.p.c., alcuna conseguenza processuale pregiudizievole (quale, in ipotesi, l'estinzione del processo) può essere posta a carico della stessa, ove essa non si sia conformata a tale provvedimento confidando nella possibilità di argomentare le proprie ragioni nel contraddittorio delle parti. Può esserci, in tal caso, un allungamento dei tempi del processo, ma l'esigenza di rapidità non può pregiudicare la completezza del sistema delle garanzie della difesa e comprimere oltre misura il contraddittorio tra le parti, atteso che «un processo non giusto, perché carente sotto il profilo delle garanzie, non è conforme al modello costituzionale, quale che sia la sua durata». |