Violazione colposa dell’impresa operante negli appalti di opere e/o servizi: legittima l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria del Codice Antimafia

05 Giugno 2024

Con il decreto in commento la Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale Ordinario di Milano ha evidenziato nuovamente gli elementi che giustificano la rimproverabilità colposa dell'ente e legittimano l'applicazione nei confronti di quest'ultimo della misura dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

MASSIMA

Sul piano del profilo soggettivo richiesto per l'applicazione della misura di prevenzione ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 è necessario «che il soggetto terzo ponga in essere una condotta censurabile quantomeno su un piano di rimproverabilità “colposa”, quindi negligente, imprudente o imperita, senza che ovviamente la manifestazione attinga il profilo della consapevolezza piena della relazione di agevolazione. Tale ultimo caso, infatti, è ascrivibile nella cornice dolosa del diritto penale, ad ipotesi concorsuali o, quantomeno, favoreggiatrici. In sostanza, dovendosi comunque leggere la misura dell'amministrazione giudiziaria come posta anche a favore e a tutela dell'attività imprenditoriale e della sua trasparenza, occorre, a giudizio del Collegio, che la condotta del terzo possa e debba essere censurata esclusivamente sul piano del rapporto colposo, che riguardi, cioè, la violazione di normali regole di prudenza e buona amministrazione imprenditoriale che la stessa società si sia data (magari dotandosi di un codice etico) o che costituiscano norme di comportamento esigibili sul piano della legalità da un soggetto, che opera ad un livello medio-alto nel settore degli appalti di opere e/o servizi. In tale perimetro interpretativo, qualora la società abbia effettivamente l'obiettivo di perseguire un risanamento a prescindere dall'analisi di comportamenti di singoli che non invadano ovviamente la sfera dell'illecito penale, si dovrebbe creare una nuova finalità imprenditoriale comune caratterizzata da una costruzione, condivisa con l'organo tecnico del Tribunale e cioè con l'Amministratore Giudiziario, di modelli virtuosi ed efficaci che impediscano nuove infiltrazioni illegali attraverso la creazione di rapporti di lavoro con soggetti che operino nel mondo articolato dell'illecito strutturato criminale e che quindi costruiscano provviste destinate, anche in parte, a sodalizi mafiosi. In altri termini, l'imprenditorialità privata deve capitalizzare l'intervento del Tribunale, che può ovviamente apparire invasivo e comunque compressivo di un diritto di impresa costituzionalmente protetto, per ridisegnare tutti gli strumenti di governance aziendale per evitare futuri incidenti di commistione attraverso la realizzazione di condotte, anche dei singoli, che non possano essere censurate su un piano della negligenza o dell'imperizia professionale».

IL CASO

L'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.

A seguito della richiesta della Procura della Repubblica di applicazione della misura dell'amministrazione giudiziaria nei confronti di una nota Società operante nel settore della moda, il Tribunale di Milano ha focalizzato la propria attenzione sui rapporti con le imprese fornitrici, atteso che le indagini condotte dalla polizia giudiziaria negli opifici a conduzione cinese hanno messo in luce l'esistenza di contingenti difformità normative in ambito antinfortunistico e di uno schema ricorrente di sfruttamenti lavorativi nei processi produttivi esternalizzati dalla Società tramite subappalto

LA QUESTIONE

L'applicabilità dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 all'ente rimproverabile a titolo di colpa

Nel caso di specie, la questione affrontata dal Tribunale di Milano riguarda la possibilità di disporre la misura della amministrazione giudiziaria ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 anche quando la condotta posta in essere dall'ente, quale soggetto terzo, sia censurabile a titolo di colpa.

LA SOLUZIONE GIURIDICA

L'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende è applicabile all'ente che abbia colposamente violato le proprie normali regole di prudenza e buona amministrazione imprenditoriale, anche ove queste costituiscano norme di comportamento esigibili da parte di un soggetto che opera ad un livello medio-alto nel settore degli appalti di opere e/o servizi.

La Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale Ordinario di Milano aderisce all'orientamento giurisprudenziale già avviato in punto di applicazione della misura dell'amministrazione giudiziaria nei confronti dell'ente che abbia tenuto una condotta censurabile a titolo di colpa (secondo gli ordinari canoni della colpa generica), senza che sia necessario postulare la sussistenza di una consapevole volontà di agevolare l'illecito.

Invero, il comportamento dell'impresa può incorrere nel giudizio di rimproverabilità colposa quando siano state violate le normali regole di prudenza e le norme di cui la stessa si è dotata all'interno della propria struttura organizzativa anche mediante l'implementazione – come nel caso di specie – di un sistema di controllo interno rivolto alla prevenzione dei reati presupposto della responsabilità amministrativa da reato dell'ente.

Segnatamente, i giudici della prevenzione riconoscono che le carenze di modelli organizzativi ex d.lgs. n. 231/2001 e la presenza di sistemi di internal audit fallaci ben possono integrare i presupposti applicativi della misura di cui all'art. 34 d.lgs. n. 159/2011, dato che queste carenze organizzative e i mancati controlli agevolano colposamente i soggetti ai quali è contestato il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.).

In altri termini, l'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende si pone come importante presidio rivolto all'interesse e alla tutela dell'azione imprenditoriale proprio per l'ente che sia incorso in una colpa di organizzazione rilevante ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 6 e 7  d.lgs. n. 231/2001.

Ne consegue, in buona sostanza, che l'efficace attuazione del Modello organizzativo adottato dall'ente e un efficiente e concreto svolgimento dei controlli non solo avrebbero ridotto i rischi di verificazione del reato di cui all'art. 603-bis c.p., ma avrebbero altresì escluso la presenza dei presupposti applicativi della misura di prevenzione in esame.

OSSERVAZIONI

Il provvedimento del Tribunale di Milano appare del tutto condivisibile e, inserendosi perfettamente nel solco dei precedenti arresti giurisprudenziali intervenuti sull'applicabilità dell'art. 34 d.lgs. n. 159/2011 al soggetto terzo che abbia tenuto un comportamento rimproverabile a titolo di colpa (Trib. Milano, 27 maggio 2020; Trib. Milano, 7 maggio 2019; Trib. Milano, 23 giugno 2016), ripercorre l'orizzonte interpretativo dell'istituto sulla scorta delle finalità di risanamento societario oltreché di salvaguardia della continuità aziendale e dei livelli occupazionali, affinché non sia compresso il diritto di impresa costituzionalmente tutelato (Corte cost., 29 novembre 1995, n. 487).

Expressis verbis, la struttura organizzativa che si avvalga di strumenti di governance in grado di contenere e gestire i rischi di verificazione di peculiari fattispecie di reato (fra cui l'ipotesi di cui all'art. 603-bis c.p.) deve svolgere formali audit per verificare il rispetto dei presidi adottati, con controlli mirati anche sui reparti produttivi delle società appaltatrici ove presenti.  

Ed infatti, le verifiche rivolte al rispetto dei protocolli di prevenzione da parte dell'ente che si sia dotato di un Modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001 e di un Codice etico possono mettere in luce gli indici di verificazione delle fattispecie di reato, ivi compresi quelli del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Nello specifico, l'ipotesi delittuosa in questione trova configurazione al ricorrere di una o più delle seguenti condizioni: la reiterata corresponsione di retribuzioni inferiori ai minimi stabiliti dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionati rispetto all'opera prestata; la ripetuta violazione delle norme in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, riposo settimanale, aspettativa obbligatoria e ferie; la violazione della normativa in materia antinfortunistica; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative in stato di degrado (ex multis, Cass. pen., sez. IV, 16 settembre 2020, n. 27582).

A tal riguardo, le statuizioni del costante orientamento di legittimità hanno ulteriormente circoscritto la portata applicativa della fattispecie, posto che la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può in re ipsa costituire un elemento in grado di integrare il reato di cui all'art. 603-bis c.p. Al contrario, gli indici di rilevazione dello sfruttamento del lavoratore attengono ad una condizione di evidente pregiudizio e di considerevole soggezione di quest'ultimo e lo stato di bisogno non corrisponde ad uno stato di necessità tale da eliminare in nuce qualsiasi libertà di scelta, ma è piuttosto connotato da una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, che limita la volontà della vittima e la induce ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose (sul punto, Cass. pen., sez. IV, 16 marzo 2021, n. 24441).

Pertanto, una volta accertata la sussistenza di indizi sufficienti di un reato che legittimi nei confronti del soggetto terzo l'applicabilità della misura ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011, come l'ipotesi di cui all'art. 603-bis c.p., il Giudice della prevenzione potrà imporne l'applicazione all'impresa che abbia posto in essere una condotta censurabile quantomeno sotto il profilo della rimproverabilità colposa.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI MINIMI

A. R. Castaldo, L'Amministrazione giudiziaria va proposta con cautela, in Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2016.

C. Cubicciotto e B. Andò, Il contrasto e la repressione dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro: il caso Uber, in Riv. pen. dir. proc., 2020, 3.

D. Ferranti, La legge n. 199/2016: disposizioni penali in materia di caporalato e sfruttamento del lavoro

nell'ottica del legislatore, in Dir. pen. cont., 15 novembre 2016.

F. Menditto, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali - La confisca ex art. 12-sexies L. n. 356/92, Milano, 2012.

F. Menditto, Presente e futuro delle misure di prevenzione personali e patrimoniali: da misure di Polizia a prevenzione della criminalità da profitto - Relazione presentata al Convegno della Associazione tra gli studiosi del processo penale “G. D. Pisapia” su La giustizia penale preventiva. Ricordo di Giovanni Conso, svoltosi a Cagliari il 29-30 ottobre 2015, in Dir. pen. cont., 23 maggio 2016.

G. Pignatone, Mafia e corruzione: tra confische, commissariamenti e interdittive, in Dir. pen. cont., 24 settembre 2015.

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