La revoca del decreto di apertura del concordato preventivo per mancanza dell'attestazione

La Redazione
06 Giugno 2024

Il tribunale revoca ex art. 106 c.c.i.i. il decreto di apertura di un concordato preventivo di gruppo, rilevando la mancanza dell’attestazione del professionista indipendente, l’inadeguatezza degli assetti organizzativi e amministrativi e il compimento non autorizzato di atti di straordinaria amministrazione.

Il tribunale è stato chiamato ad esprimersi sulla sussistenza dei presupposti per la prosecuzione del procedimento di concordato preventivo ex artt. 44 e 284 c.c.i.i. proposto da un gruppo di imprese ovvero sulla revoca dello stesso ex art. 106 c.c.i.i. e contestuale apertura della liquidazione giudiziale di gruppo richiesta dal Pubblico Ministero.

In motivazione, la decisione affronta i seguenti temi:

1 – Mancanza dell'attestazione. I giudici bolognesi confermano – alla luce non solo di quanto disposto dall'art. 87 comma 3, ultimo capoverso, c.c.i.i., ma anche dall'art. 47 comma 4, c.c.i.i. e dell'art. 106 comma 3, c.c.i.i. – che, anche nell'ipotesi in cui dopo il decreto di apertura della procedura intervenga una sostanziale modifica dell'originaria proposta e/o del piano, l'attestazione di cui all'art. 87 comma 3, c.c.i.i. debba ritenersi elemento obbligatorio del concordato preventivo la cui presenza, dunque, costituisce un requisito di ammissibilità della relativa domanda in mancanza del quale occorre disporre la revoca del decreto di apertura ai sensi dell'art. 106 c.c.i.i.

2 – Inadeguatezza degli assetti organizzativi e amministrativi. Il tribunale rileva una serie di “carenze organizzative e di controllo" – ritardato deposito dei rendiconti mensili; carenze di supporto da parte dei reparti amministrativi nel fornire elementi informativi e dati contabili; deposito di documenti contabili non confrontabili con quelli già in atti e ritenuti insufficienti a compiere gli accertamenti necessari; mancata allegazione dell'attestazione al piano modificato – che “restituiscono una prognosi negativa riguardo alla capacità delle debitrici di fronteggiare la situazione di crisi che le coinvolge tramite un concordato in continuità aziendale”

3 – Atti di frode. La condotta di una delle società appartenenti al gruppo – la quale, pur a fronte delle note difficoltà finanziarie di una partecipata-debitrice, ha continuato, anche nel corso della procedura concorsuale, ad eseguire forniture a suo favore senza riscuotere alcun pagamento – viene inquadrata come finanziamento di fatto della partecipata. Trattandosi, dunque, di atti di straordinaria amministrazione che avrebbero richiesto l'autorizzazione del tribunale e che, in ogni caso, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica e puntuale informativa agli organi della procedura, il tribunale ravvisa “una condotta quantomeno elusiva…suscettibile di essere valutata negativamente in relazione all'art. 106 c.c.i.i. che impone la revoca del decreto di apertura in caso di esecuzione di atti non autorizzati o, comunque, suscettibili di frodare le ragioni dei creditori” (cfr. Cass. sez. I, 8 maggio 2019, n. 12058).

Il tribunale ha, per tali ragioni, revocato ex art. 106 c.c.i.i. il decreto di apertura del concordato preventivo presentato dal gruppo.

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