Imposta di registro e tassazione di atti: questioni risolte e problemi attuali

12 Giugno 2024

Il contributo propone una rassegna casistica, richiamando i precedenti giurisprudenziali di legittimità, delle tematiche di maggiore interesse e più controverse in materia di tassazione degli atti ai fini del registro. In particolare, muovendo dalla regola generale dell’articolo 21 TUR, si evidenziano le questioni che possono essere allo stato ritenute ragionevolmente risolte; e le questioni ancora oggettivamente opinabili.

La bussola interpretativa dell'articolo 21 TUR

La tassazione tramite imposta di registro è materia oggettivamente ostica, sia perché riguarda potenzialmente un numero di atti molto vasto e tra loro eterogenei, sia perché non di rado vede un contrasto interpretativo tra le prassi notarili e le Circolari dell'Agenzia delle Entrate, sia perché gli stessi Uffici hanno talvolta assunto sui vari territori nazionali posizioni tra loro disomogenee e diversificate.

In questa situazione molto fluida, la bussola interpretativa è duplice, id est normativa e giurisprudenziale.

In particolare, a livello normativo il riferimento non può che essere quello posto dall'articolo 21, d.p.r. n. 131/1986, Testo Unico dell'imposta di Registro, secondo il quale (comma 1) «se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto», mentre (comma 2) «se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa». In sostanza, nel caso del comma 1, sostanzialmente relativo a negozi collegati pluricausali, sono tassate tutte le singole disposizioni; mentre nel caso del comma 2, sostanzialmente relativo a negozio complesso a causa unica, è tassata solo la disposizione più onerosa.

Detto del principale riferimento normativo, a livello giurisprudenziale va poi ovviamente tenuta presente la posizione della Suprema Corte, che ha oramai preso posizione su numerose questioni oggetto del contenzioso, fornendo indicazioni risolutive con riferimento a molti dei contrasti formatisi nella giurisprudenza di merito.

Le questioni (ormai) risolte

Proprio muovendo dal sopra citato articolo 21, la Cassazione ha di recente risolto la questione nel senso della non autonoma tassazione della clausola penale, questione che ha visto a lungo contrapposti Ufficio e contribuenti.

In particolare, la Corte ha chiarito che la clausola penale ex art. 1382 c.c. apposta ad un contratto per quantificare il risarcimento del danno in caso di inadempimento, integra una disposizione strettamente vincolata e dipendente dall'obbligazione principale, in relazione alla quale assume carattere non autonomo e proprio, ma accessorio rispetto alla causa unica e complessa del negozio cui accede, con la mera funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria, senza esprimere di per sé alcuna ricchezza significativa di forza economica e capacità contributiva: ai fini tributari s'applica quindi l'articolo 21 comma 2, d.p.r. n. 131/1986, con la conseguenza che la clausola penale non è soggetta ad autonoma imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell'imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma con riferimento al negozio a cui la clausola accede (così Cass. 7 novembre 2023, n. 30983), confermata dalla successiva e recentissima Cass. 1 febbraio 2024, n. 3031).

Componendo un contrasto giurisprudenziale, Cass. sez. un., 16 marzo 2023, n. 7682 ha statuito che la scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito, avendo carattere meramente ricognitivo di una situazione debitoria certa e non avendo quindi per oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa e solo in caso d'uso ex articolo 4 parte 2 della tariffa; mentre la scrittura autenticata è sempre soggetta ad imposta di registro in misura fissa ex articolo 11 parte 1, non rientrando nell'ambito applicativo degli articoli 9 parte 1 (atti aventi ad oggetto prestazioni patrimoniali con tassazione al 3%) e 3 parte 1 (atti a carattere dichiarativo con tassazione al 1%).

Risolta sembra ora anche la questione relativa alla tassazione della donazione fatta dal disponente ai non assegnatari nel patto di famiglia ex articolo 768-quater comma 2 c.c., ciò che costituisce una successione anticipata nell'impresa con l'accordo di tutti gli interessati, regolando in anticipo passaggio generazionale ed evitando che la società cada in comunione ereditaria: la questione interpretativa è quella di comprendere come viene tassata la donazione da parte del disponente dante causa che eroga un conguaglio compensativo al legittimario non assegnatario; e la Suprema Corte, superando l'iniziale diverso avviso di Cass. 19 dicembre 2018, n. 32823, ha successivamente statuito che, ai fini del calcolo delle relative aliquote e franchigie parentali, tali attribuzioni vanno tassate come donazioni da parte del disponente, non da parte dell'assegnatario che materialmente le realizza, trattandosi di un peso gravante sul negozio principale equiparato al legato, e quindi ad una attribuzione a titolo particolare dal de cuius al beneficiato (Cass. 24 dicembre 2020, n. 29506 e Cass. 17 giugno 2022, n. 19561).

Pacifica è poi la tassazione dalla risoluzione per mutuo dissenso tramite contrarius actus, che va effettuata in misura proporzionale ex articolo 28 comma 2, d.p.r. n. 131/1986 (in assenza di corrispettivo parametrata al valore del bene), e non in misura fissa, poiché gli effetti restitutori comportano un nuovo passaggio di ricchezza con autonoma espressione di capacità contributiva: cfr. Cass. 2 marzo 2015, n. 4134, Cass. 5 ottobre 2018, n. 24506 e Cass. 2 febbraio 2018, n. 2612.

Altrettanto incontestata è la disciplina della revoca dei benefici per acquisto prima casa, materia di classico interesse notarile e con diffuso contenzioso: laddove la revoca sia dovuta a circostanze imputabili in via esclusiva ad un determinato comportamento dell'acquirente, come ad esempio una dichiarazione mendace sulla sussistenza di presupposti per fruire del trattamento agevolato, la responsabilità è del solo acquirente ex articolo 57 comma 4, d.p.r. n. 131/1986; mentre si ha responsabilità solidale del venditore, ai sensi dell'art. 57 comma 1, qualora la revoca sia dovuta a circostanze emergenti da elementi oggettivi del contratto stipulato tra le parti e quindi a tutti note quali elementi negoziali comuni, come ad esempio avere l'immobile caratteristiche di lusso (Cass. 4 dicembre 2023, n. 33703, Cass. 30 agosto 2022, n. 25489, Cass. 22 aprile 2021, n. 10656, Cass. 5 febbraio 2020, n. 2633, Cass. 31 ottobre 2018, n. 27860, Cass. 3 febbraio 2017, 2889, Cass. 30 novembre 2016, n. 24400, Cass. 24 giugno 2016, n. 13141).

Merita poi menzione la posizione della Cassazione in ordine alla tassazione per enunciazione di cui all'articolo 22, d.p.r. n. 131/1986, secondo cui «se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate»: ha sul punto chiarito la Corte che, per potersi configurare l'enunciazione, è necessario che nell'atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, tanto che si tratti di atto scritto quanto di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi costitutivi di esso che servono ad identificarne la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante; e la tassazione per enunciazione non può quindi operare se nell'atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e quindi senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell'atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico (Cass. 26 gennaio 2024, n. 2296).

Infine e sempre con riferimento all'ambito delle questioni che possono ritenersi composte, va segnalato l'approdo cui è da ultimo giunta la Cassazione sull'articolo 20 d.p.r. n. 131/1986 in tema di riqualificazione dell'atto da registrare.

È noto che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 205/2017, pur ribadendo la prevalenza della sostanza sulla forma, il Legislatore ha limitato la possibilità per l'Ufficio di riqualificare l'atto da registrare, impedendo l'utilizzo di elementi extratestuali o di atti collegati e rendendo possibile la riqualificazione solo sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo.

La Suprema Corte ha inizialmente avuto un atteggiamento restio, dubbioso e sostanzialmente di contrasto rispetto all'innovazione legislativa, dapprima argomentando che la norma vale solo per il futuro (Cass. 26 novembre 2018, n. 2007), ciò che invece è stato smentito dal legislatore sancendone la natura interpretativa (art. 1 comma 1084, l. n. 145/2018); poi formulando eccezione di legittimità costituzionale (Cass. 23 settembre 2019, n. 23549), disattesa però dalla Consulta (Corte Cost. 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost. 16 marzo 2021, n. 39); in seguito proponendo pregiudiziale eurounitaria (Cass. 31 marzo 2022, n. 10283), dichiarata manifestamente irricevibile dalla Corte Giust. UE con ordinanza 21 dicembre 2022, non essendo l'imposta di registro tributo armonizzato e mancando comunque l'indicazione di tutti gli elementi utili per decidere.

Da ultimo, però, la Cassazione ha preso atto del nuovo quadro normativo, statuendo l'illegittimità di una riqualificazione dell'atto da parte dell'Ufficio per estrinseco e valorizzando elementi che non emergono dall'atto stesso presentato alla registrazione, salvo il diverso caso di emersione di abuso del diritto o elusione fiscale ed osservando il contraddittorio preventivo (cfr. Cass. 13 dicembre 2023, n. 34917, in tema di riqualificazione da cessione di quote in cessione di ramo d'azienda).

Le questioni (ancora) attuali

Uno dei temi di maggiore interesse pratico, che in assenza di pronunce di legittimità vede la giurisprudenza di merito divaricata ed una netta contrapposizione tra la tesi dell'Ufficio e quella propugnata dagli Studi del Notariato, riguarda il preliminare di vendita con consegna anticipata: l'Agenzia tassa infatti normalmente non solo il preliminare, ma anche la pattuizione di anticipata consegna, qualificandola come comodato gratuito, con una imposta fissa; mentre la diversa tesi notarile, accolta anche da molte pronunce di merito, è che l'anticipato possesso integra invece una mera regolamentazione dell'obbligazione contrattuale, cioè una modalità di adempimento non autonomamente tassabile.

In particolare, evidenzia quest'ultima tesi che la ricostruzione in termini di comodato mal si concilia con le caratteristiche dell'istituto in ordine alla riconsegna (qui configurabile solo nella patologia del rapporto); gratuità (mentre l'anticipato possesso è ragionevolmente valutato ai fini del prezzo); obbligo di conservazione e custodia ex art. 1804 comma 1 c.c., divieto di concessione a terzi del godimento ex art. 1804 comma 2 c.c., rimborso delle spese straordinarie ex art. 1808 comma 2 c.c., obbligo di restituzione immediata per urgenza del comodante ex art. 1809 comma 2 c.c., obbligo di restituzione in caso di morte del comodatario ex art. 1811 cc., qui tutte non configurabili. E d'altro canto, lo stesso Ufficio considera mera modalità di adempimento non autonomamente tassata, non già comodato, la speculare situazione della consegna differita dell'immobile (risposta a quesito n. 458 del 31 ottobre 2019), ciò che rafforza la tesi della non autonoma tassazione anche della consegna differita.

La contraria tesi dell'Ufficio si basa invece sulla notissima Cass. sez. un., 27 marzo 2008, n. 7930, che sia pure per disattendere la domanda di usucapione del promissario acquirente e qualificare in termini di detenzione la sua posizione, ricostruisce l'anticipato possesso come comodato funzionalmente collegato al preliminare, non già come anticipazione degli effetti traslativi: in sostanza, si ha un atto pluricausale con due pattuizioni costituenti autonomi atti negoziali (preliminare e comodato per garantire l'anticipato possesso), avvinte da un collegamento negoziale, ciò che giustifica la doppia tassazione ex art. 21 comma 1 d.p.r. n. 131/1986, poiché se ciò accade allorquando «un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre», l'anticipato possesso non deriva necessariamente dal preliminare.

La questione è oggettivamente opinabile, perché da un lato la tesi ‘notarile' si fonda su solide e ben strutturate argomentazioni giuridiche, ma dall'altro lato la tesi dell'Ufficio è pienamente coerente con il mai disatteso e ora pacifico insegnamento di Cass. sez. un., 27 marzo 2008, n. 7930.

Discussa è pure la tassazione dell'acquisto di nuda proprietà ed usufrutto dallo stesso venditore da parte di due soggetti, che nella pratica concreta sono spesso genitore e figlio.

Sempre in assenza di precedenti di legittimità, il dubbio è se si tratti di unico atto complesso con causa unitaria, come tale con unica tassazione ex art. 21 comma 2, d.p.r. n. 131/1986; oppure di due negozi in collegamento negoziale, con doppia tassazione ex art. 21 comma 1.

Forse è più persuasiva la seconda tesi: perché le due disposizioni «derivino necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre», occorre che ciò emerga dalla volontà della legge o dall'intrinseca natura delle singole disposizioni; mentre ciò non accade per il doppio acquisito, non risultando sufficiente che tale rapporto trovi origine nella volontà delle parti.

Opinabile è anche la sorte del contratto di datio in solutum col quale un soggetto si riconosce debitore e trasferisce un immobile in adempimento del debito: è unico atto complesso con causa unitaria, come tale con unica tassazione del solo trasferimento ex art. 21 comma 2, d.p.r. n. 131/1986 e non anche del riconoscimento di debito, oppure si tratta di due negozi in collegamento negoziale con doppia tassazione ex art. 21 comma 1?

Probabilmente la soluzione corretta è quella della doppia tassazione, pur se il riconoscimento del debito deve essere tassato in misura fissa secondo quanto statuito dalla sopra richiamata Cass. sez. un. 16 marzo 2023, n. 7682.

Anche nella compravendita in cui il prezzo è pagato con compensazione o delegazione di pagamento, l'opzione possibile è la ricostruzione in termini di unico atto complesso con causa unitaria, come tale con unica tassazione della vendita ex art. 21 comma 2, d.p.r. n. 131/1986, oppure di due negozi in collegamento negoziale con doppia tassazione ex art. 21 comma 1.

In questo caso, a differenza dei precedenti, persuade forse di più la prima tesi, quella dei contribuenti, trattandosi di mera modalità di adempimento in ordine al pagamento del prezzo, non già di espressione di autonoma capacità contributiva.

La solita alternativa interpretativa tra unico atto complesso con causa unitaria tassato ex art. 21 comma 2, d.p.r. n. 131/1986, ovvero presenza di due negozi in collegamento negoziale con doppia tassazione ex art. 21 comma 1, si pone anche con riferimento alla compravendita in cui l'acquirente si accolla il debito del venditore verso un terzo.

Anche in questo caso convince di più la prima tesi, sempre perché trattasi di mera modalità di adempimento in ordine al pagamento del prezzo, non espressione di autonoma capacità contributiva; e comunque perché, ai sensi dell'articolo 21 comma 3, «non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni».

Infine, tema di sicuro interesse e sul quale la Suprema Corte ha reso precedenti tra loro contrastanti, è quello del prezzo-valore nel caso di rendita solo proposta.

In particolare, la questione che si pone è quella di comprendere se nel caso di vendita di immobile con rendita solo proposta con procedura Docfa, per ottenere la tassazione sulla base del prezzo-valore, con conseguente valutazione automatica, è necessaria la espressa invocazione dell'articolo 12 comma 2-bis, d.l. n. 70/1988 dettato per la fattispecie e richiesta di attribuzione di rendita definitiva, o è sufficiente la richiesta di applicazione della disciplina generale del prezzo valore ex art. 1 comma 497, l. n. 266/2005.

Per una tesi fortemente formalistica, è necessario invocare espressamente il dettato dell'articolo 12 comma 2-bis, posto che la norma prevede come la disposizione si applichi «alla sola condizione che il contribuente dichiari nell'atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo» (Cass. 12 febbraio 2019, n. 4055).

Per una più condivisibile tesi sostanzialistica, l'invocazione della tassazione al prezzo valore ed il riferimento alla norma generale e successiva di cui all'art. 1 comma 497, l. n. 266/2005, secondo un'interpretazione di buona fede rende inequivoca la volontà: la definitiva attribuzione della rendita influisce quindi solo sulla determinazione della base imponibile e legittima l'Ufficio a richiedere l'eventuale differenza, senza sanzioni e senza riferimento al valore reale (Cass. 6 febbraio 2019, n. 3409).

In conclusione

Sulla base di quanto sopra, può opinarsi che, nell'articolata e complessa materia della tassazione degli atti ai fini del registro, la funzione nomofilattica esercitata dalla Corte di Cassazione ha effettivamente consentito di risolvere molte delle questioni discusse, la più rilevante delle quali è certamente quella relativa alla recentemente statuita non autonoma tassazione della clausola penale.

Residua indubbiamente qualche area di incertezza interpretativa, ed il tema principale è ora quello della tassazione del preliminare di vendita con consegna anticipata.

Stante l'assenza di giurisprudenza di legittimità sul punto, l'oggettiva opinabilità della questione e la sua serialità, sarebbe davvero opportuno che una delle Corti di Giustizia Tributarie investite della questione possa sollevare in materia il rinvio pregiudiziale ex articolo 363 bis c.p.c., che come noto, dopo la sua recente introduzione ad opera del d.lgs. n. 149/2022, sta avendo una diffusa e proficua applicazione nei procedimenti civili ed è stato già più volte utilizzato anche in materia tributaria (cfr. in particolare CGT Agrigento 31 marzo 2023, n. 428 e CGT Piacenza 9 agosto 2023, n. 60).

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