E’ necessaria l’iscrizione del servicer nell’albo di cui all’art. 106 TUB?

12 Giugno 2024

Negli ultimi mesi si è posto al centro dell'attenzione, specie nell'ambito delle opposizioni all'esecuzione e delle opposizioni a precetto, il tema della necessità o meno per il servicer - ossia il soggetto deputato a curare la riscossione del credito per la società veicolo resasi cessionaria di un credito “cartolarizzato” – dell'iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari, previsto dall'art. 106 T.U.B. Un argomento, dunque, che merita di essere approfondito, in considerazione delle importanti ricadute che lo stesso può assumere ai fini della azionabilità del credito oggetto di cessione e della proseguibilità delle azioni esecutive instaurate.

Il quadro normativo

Negli ultimi mesi si è posto al centro dell'attenzione, specie nell'ambito delle opposizioni all'esecuzione e delle opposizioni a precetto, il tema della necessità o meno per il servicer - ossia il soggetto deputato a curare la riscossione del credito per conto della società veicolo, resasi cessionaria di un credito “cartolarizzato” – dell'iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari previsto dall'art. 106 T.U.B.

Un argomento, dunque, che merita di essere approfondito, in considerazione delle importanti ricadute che lo stesso può assumere ai fini della azionabilità del credito oggetto di cessione e della proseguibilità delle azioni esecutive instaurate.

Può essere utile, innanzi tutto, provare a tratteggiare, molto sinteticamente, il contesto nel quale ci muoviamo.

Non è affatto infrequente, nella prassi degli uffici giudiziari, riscontrare che i crediti, rinvenienti dalla concessione di mutui, vengano azionati da cessionari dell'originario istituto di credito che aveva concesso il mutuo.

Per la verità, non è per nulla infrequente che l'intimazione di pagamento venga notificata da un cessionario all'esito di plurime cessioni del medesimo credito e che, ad agire, non sia esattamente il cessionario del credito, bensì un soggetto che abbia ricevuto dallo stesso uno specifico mandato a svolgere le attività di riscossione del credito.

Tale dato di fatto (la circostanza che i crediti fondiari siano soggetti spesso ad una pluralità di cessioni), che potrebbe apparire difficilmente comprensibile, si inscrive, in realtà, in un fenomeno andatosi delineando nel corso degli ultimi anni e che oramai appare, se non altro sotto un profilo di incidenza statistica, come fisiologico e quasi connaturato al sistema creditizio.

Sempre più di frequente, a partire soprattutto dalla metà dello scorso decennio, gli istituti di credito hanno posto in essere frequenti operazioni di cessione dei propri crediti, specie di quelli ritenuti deteriorati.

La dislocazione di tali crediti, per lo più deteriorati, presso altri soggetti, avviene sovente nelle forme previste dalla legge n. 130/1999, dettata in tema di cartolarizzazione dei crediti.

Il particolare meccanismo che presiede, sulla base di tale disciplina, alla cessione di crediti individuabili in blocco, prevede la possibilità di trasferire gli stessi ad un soggetto cessionario, il quale a sua volta affida l'attività di riscossione dei crediti oggetto di cessione ad un servicer, il quale deve essere iscritto nell'elenco disciplinato dall'art. 106 T.U.B. (si veda il comma 6 dell'art. 2 della citata legge n. 130/1999), che istituisce l'Albo degli intermediari finanziari.

La presenza, nel meccanismo disegnato dalla legge n. 130/1999, di un soggetto diverso dal cessionario, incaricato di procedere ad una serie di attività e, in particolare, alla riscossione del credito ceduto, si evince, in concreto, dall'art. 2, comma 2, della citata legge, il quale prevede che la società cessionaria del credito predisponga il prospetto informativo relativo alla operazione di cartolarizzazione e che tale prospetto indichi, fra le altre cose, “i soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento” (si veda la lett. c, del terzo comma del citato art. 2 della legge n. 130/1999).

Quanto a tali ultimi soggetti, incaricati della riscossione dei crediti e dei servizi di cassa e pagamento, il successivo sesto comma della medesima norma prevede espressamente, come accennato in precedenza, che gli stessi debbano “essere svolti da banche o da intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.

Ai soggetti in questione, poi, oltre che l'attività di riscossione, di cassa e di pagamento, è affidata - ai sensi dell'art. 2, comma 6-bis, della legge n. 130/1999 - la verifica in ordine alla conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo di cui all'art. 2 del medesimo provvedimento legislativo.

A dispetto della laconicità delle previsioni normative appena menzionate, occorre dire che le funzioni svolte dai servicers, ossia dai soggetti ai quali, stando al già citato art. 2 della legge n. 130/1999, vengono affidate le attività di riscossione del credito oggetto di cessione, sono particolarmente varie ed articolate.

Una idea piuttosto esauriente di tale varietà e vastità delle funzioni assolte dal servicer emerge dal contenuto della circolare n. 288 del 3 aprile del 2015 della Banca d'Italia, recante “Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari”.

Viene così previsto, nel primo capitolo del Titolo III di tale circolare che “al servicer fanno (…) capo sia compiti di natura operativa, sia funzioni di “garanzia” nei confronti del mercato circa il corretto espletamento delle operazioni di cartolarizzazione nell'interesse dei portatori dei titoli e, in generale, del mercato”. Vengono quindi elencate, nel medesimo capitolo, le diverse attività che possono essere devolute al servicer, quali, solo per citarne alcune delle molte menzionate nella circolare, la verifica circa la coerenza delle caratteristiche delle attività oggetto di cartolarizzazione con quanto indicato nel prospetto informativo, ovvero la verifica in merito alla conformità della società di cartolarizzazione del credito alle indicazioni imposte dalla legge n. 130/1999 e al rispetto della separazione fra i crediti oggetto di ciascuna operazione ed il patrimonio della società veicolo, ovvero la acquisizione di informazioni circa l'acquisto dei crediti da parte della società cessionaria o, ancora, la verifica in merito al rispetto delle forme di pubblicità previste dalla legge n. 130/1999 in relazione alle specifica tipologia di cessione del credito.

Le funzioni che vengono devolute al servicer sono talmente varie ed articolate che la stessa circolare di Banca d'Italia appena menzionata si perita di precisare “che, nella prassi di mercato, la concreta realizzazione di un'operazione di cartolarizzazione è un procedimento complesso che può richiedere il coinvolgimento di un numero elevato soggetti, anche diversi da quelli esplicitamente contemplati dalla legge n. 130/1999”.

Ciò significa che è piuttosto frequente, nella prassi, che alcune specifiche attività devolute al servicer (legate, in particolare, alla gestione e all'incasso dei crediti) vengano dallo stesso affidate ad altro soggetto, denominato sub servicer o special servicer, riguardo al quale non parrebbe, in considerazione delle specificità dei compiti allo stesso devoluti, trovare applicazione la previsione della necessaria iscrizione nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. (la quale, stando a quanto previsto dal combinato disposto dei commi 6 e 3, lett. c), dell'art. 2 della legge n. 130/1999, dovrebbe trovare applicazione solo per i soggetti ai quali venga affidata la complessiva attività “di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento”).

Ciò premesso, in linea generale, circa l'attività e le funzioni dei cosiddetti servicers nelle operazioni di cartolarizzazione di crediti deteriorati, ciò che occorre chiedersi è quali siano gli effetti civilistici (non volendo in questa sede approfondire gli effetti sul piano della sanzione penale o amministrativa) della mancata iscrizione di un servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B.: in particolare, se da tale mancata iscrizione possa derivare un vizio tale da inficiare la stessa legittimazione attiva del soggetto che agisca per la riscossione del credito oggetto di cessione.

Gli orientamenti della giurisprudenza di merito e la presa di posizione, da ultimo, della cassazione

La questione in esame, quella concernente gli effetti della mancata iscrizione nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. da parte del servicer, è balzata agli onori delle cronache giudiziarie, per la verità, solo da pochi mesi.

Ma, negli ultimi mesi, sono davvero numerose le pronunce di merito che hanno cominciato ad esprimersi sull'argomento, proponendo soluzioni piuttosto variegate.

Per cominciare, solo per citare alcune delle pronunce in questione, particolarmente lucida ed accurata risulta una ordinanza del Tribunale di Monza del 22 gennaio 2024, con la quale si rileva il sicuro carattere imperativo della disposizione che impone l'iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B., con inevitabili effetti sulla validità della procura allo stesso conferita da parte della società veicolo e, di conseguenza, sui poteri di rappresentanza tanto sostanziale, quanto processuale del servicer stesso, con conseguente sospensione delle attività di vendita ed assegnazione di un termine, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., per sanare il ravvisato difetto di rappresentanza sostanziale e processuale (sulla scia di tale pronuncia, si muove anche una ordinanza del 20 febbraio 2024 del Tribunale di Bari).

Fa discendere, invece, dalla mancanza di prova circa l'iscrizione tanto della società cessionaria del credito, quanto del servicer, nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B., la necessaria sospensione della procedura esecutiva una sintetica pronuncia del Tribunale di Livorno dell'11 novembre 2023 (pubblicata su IUS Processo civile in data 23 novembre 2023).

E' in tale contesto che si inserisce l'ordinanza n. 7243/2024 della Cassazione.

In tale pronuncia i giudici di legittimità ritengono che la questione concernente la non iscrizione del soggetto delegato alle attività di riscossione del credito nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. non possa incidere sulla validità della procura conferita a tale soggetto e sulla sua idoneità a svolgere le predette attività di riscossione per conto della mandante.

A tale conclusione, gli stessi giungono sul presupposto che, nel caso in esame, non si abbia a che fare con norme imperative inderogabili, ossia con disposizioni poste a presidio di "preminenti interessi generali della collettività" o "valori giuridici fondamentali", giungendo a concludere che “dall'omessa iscrizione nell'albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l'autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici” (si veda ancora l'ordinanza n. 7243/2024).

I giudici di merito che si sono espressi successivamente alla citata pronuncia della Cassazione, non hanno potuto fare a meno di confrontarsi con le conclusioni alla quale la stessa è pervenuta, sia pure con esiti non sempre univoci: e così, mentre il Tribunale di Modena, prendendo atto della intervenuta pronuncia della Cassazione sulla questione, si è limitato, una volta appurata la non iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B., a disporre la trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica e alla Banca d'Italia quale istituto di vigilanza (si veda l'ordinanza del Tribunale di Modena del 26 marzo 2024, pubblicata su questo Portale in data 4 aprile 2024), il Tribunale di Brindisi, ritenendo che l'ordinanza della Cassazione si sia limitata a prendere posizione sulla ipotesi di mancata iscrizione nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. del solo sub servicer, ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Cassazione, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., al fine di sollecitare una nuova pronuncia in merito agli effetti della mancata iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. sulla cessione del credito intercorsa (pronuncia, anche questa, pubblicata su questo Portale in data 2.5.2024).

Importante, infine, appare il decreto reso ai sensi del terzo comma dell'art. 363-bis c.p.c., in data 17 maggio 2024, dal primo presidente della Cassazione: con tale pronuncia, nel dichiarare inammissibile il rinvio pregiudiziale al quale si è poc'anzi fatto cenno, vengono indicati quali punti di riferimento interpretativi per risolvere la questione circa le ricadute sul piano civilistico della mancata iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. due pronunce di legittimità e, segnatamente, la n. 4427 del 20.2.2024 (espressasi in punto di individuazione dei presupposti per l'applicazione dell'art. 106 del testo unico bancario) e la già citata n. 7243 del 18 marzo 2024 (espressasi sulla esclusione di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito”).

Alcune conclusioni

Difficile orientarsi in un panorama in così rapido movimento, pur apparendo certamente significativa la presa di posizione recentemente espressa dalla Cassazione.

Alcune conclusioni, però, è possibile cominciare a trarle.

In primo luogo, bisogna dire che è immaginabile che laddove sussistano, in concreto, ipotesi di servicers non iscritti nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B., venga posto rimedio a tale carenza, o mediante avvio dell'iter finalizzato alla richiesta di tale iscrizione, ovvero mediante individuazione di un servicer già iscritto nel predetto albo.

Ciò vale, evidentemente, per il futuro.

Per il resto, può essere utile precisare che, stando a quanto sinteticamente esaminato fino ad ora, il tema della necessaria iscrizione nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. riguarda essenzialmente il servicer, ossia il soggetto incaricato dal cessionario del credito di provvedere, fra le altre cose, alla riscossione del credito: non, dunque, il cessionario del credito e neppure, quanto meno stando a quanto può evincersi dalla disciplina velocemente passata in rassegna, il sub servicer.

Ne discende che dalla mancata iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. potrebbe, al più, conseguire un vizio del mandato allo stesso conferito da parte del cessionario, più che effetti sulla stessa validità della cessione del credito intervenuta fra cedente e cessionario.

Quanto poi alla esistenza e alla natura di tale vizio, come esposto in precedenza, non sembra esservi accordo nella giurisprudenza che fino ad ora ha preso posizione sull'argomento.

Il nodo centrale da sciogliere per pervenire a tale risposta sembra quello concernente l'individuazione della natura della norma che impone l'iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B.: se cioè la stessa possa qualificarsi come imperativa inderogabile (ciò che, ad esempio, l'ordinanza n. 7243/2024 della Cassazione, confortata dal decreto del primo presidente della Cassazione del 17 maggio 2024, sembra negare, mentre parte della giurisprudenza di merito in precedenza passata in rassegna sembra riconoscere, facendo leva anche sulle argomentazioni esposte in altra recente giurisprudenza di legittimità, ossia Cass. civ., sez. un., n. 8472/2022, espressasi proprio in tema di riflessi della mancata iscrizione di un contraente in un albo previsto dal T.U.B. ai fini della validità del negozio dallo stesso posto in essere).

Ad ogni modo, se un effetto, sul piano civilistico, dovesse derivare dalla mancata iscrizione del servicer nell'albo di cui all'art. 106 T.U.B. (e, sul punto, come visto, non vi è affatto uniformità di vedute e la Cassazione sembra aver recentemente escluso che vi siano conseguenze), tale effetto non parrebbe attenere alla titolarità del credito, ma piuttosto alla rappresentanza, sia sostanziale che processuale, del cessionario in capo al servicer, con la conseguenza che il vizio della procura ben potrebbe essere sanato, ricorrendone i presupposti, utilizzando il rimedio fornito dall'art. 182 c.p.c.

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