Perdono i compensi professionali i sindaci inerti di una s.p.a. dichiarata fallita

17 Giugno 2024

La Cassazione torna ad occuparsi della responsabilità dei componenti del collegio sindacale, concentrandosi in particolare sull'inosservanza del dovere di vigilanza e sulle sue conseguenze in tema di compensi.

Massima

In tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall'art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma reputa sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell'art. 2409 c.c..

Il caso

La vicenda fattuale in commento prende le mosse dalle opposizioni proposte avverso il decreto reso in data 24 ottobre 2018 con il quale il giudice delegato del Fallimento di una s.p.a. aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo, escludendo i crediti di tre professionisti, che richiedevano l'ammissione al passivo a titolo dei compensi, maturati in relazione all'attività di sindaco, svolta dal 1.7.2016 al 29.5.2018.

L'esclusione era motivata con il richiamo alle ragioni esposte dalla curatela nel progetto di stato passivo e, dunque, in ragione dell'eccepito inadempimento nello svolgimento dell'incarico di sindaco, per omessa vigilanza e per aver permesso la prosecuzione dell'attività, aggravando l'insolvenza, in presenza di un patrimonio netto negativo, eccependosi altresì l'estinzione per compensazione dei crediti eventualmente sorti precedentemente al contestato inadempimento. Era, cioè, eccepito l'inadempimento nello svolgimento dell'incarico di sindaco. I sindaci, quindi, proponevano distinte opposizioni allo stato passivo del fallimento, successivamente riunite, poi rigettate dal Tribunale, il quale confermava il diniego di ammissione dei crediti professionali.

I sindaci, di conseguenza, notificavano ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 99, ult. comma, l.fall., affidandolo a tre motivi, cui il Fallimento resisteva con controricorso.

Nello specifico i sindaci deducevano, da un lato, la nullità del decreto di rigetto dell'opposizione allo stato passivo del fallimento, sull'assunto che esso avrebbe accolto un'eccezione d'inadempimento del tutto nuova nel giudizio di opposizione allo stato passivo e, dall'altro lato, il vizio di falsa applicazione di norma di legge, quanto al ravvisato inadempimento degli obblighi di legge, nel quale essi sarebbero incorsi.

Tali doglianze non erano condivise dalla Suprema Corte, la quale dichiarava inammissibile il ricorso.

Invero, con la pronunzia in commento la Cassazione sottolineava la correttezza del provvedimento di rigetto emesso dal competente Tribunale evidenziando che l'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci di cui all'art. 2401 co. 2 c.c., non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti ex art. 2409 c.c.

La questione giuridica

La questione sottesa nel caso in esame verte nello stabilire se in tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall'art. 2407, comma 2, c.c. non richieda l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma reputi sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede.

Le soluzioni

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento.

Il collegio sindacale, in Italia, è un organo di vigilanza presente nelle società di capitali e cooperative. Nelle s.r.l., il collegio sindacale è facoltativo e può essere previsto nell'atto costitutivo.

Di converso tale organo, ai sensi dell'art. 2477 comma 3 c.c., è obbligatorio se 1) la società non può redigere il bilancio in forma abbreviata perché supera i limiti previsti dall'art. 2435-bis c.c.; 2) la società è obbligata a redigere il bilancio consolidato; 3) la società controlla società obbligate alla revisione legale.

A mente dell'art. 2397 c.c., il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri (detti sindaci), i primi eletti dall'atto costituivo.

In caso di revoca o di dimissioni di un membro effettivo subentra in ordine di anzianità un supplente, mentre l'assemblea provvede alla nomina dei nuovi sindaci sino al ripristino del numero stabilito.

I sindaci durano in carica sino all'esaurimento del mandato dei sindaci che sono chiamati a sostituire. La durata in carica dei sindaci è inderogabilmente stabilita per tre esercizi.

La legge ha introdotto la possibilità del collegio sindacale monocratico (un sindaco, al posto dei 3 precedentemente previsti) per le S.r.l. di qualsiasi tipo.

Sono previste particolari norme a tutela dell'indipendenza dei sindaci da coloro che sono soggetti al loro controllo.

L'art. 2399 c.c. elenca un serie di cause di incompatibilità con l'ufficio di sindaco tra le quali rapporti di parentela, sino al quarto grado, e affinità con gli amministratori della società e delle società controllanti e controllate nonché rapporti di affari e di lavoro con le stesse società. Queste situazioni si verificano quando si vengono a determinare dopo la nomina determinano l'automatica decadenza dall'incarico.

I membri del collegio sindacale devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili o negli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia o devono essere professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche.

Almeno un sindaco effettivo e un supplente deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili. La cancellazione da questi albi è causa di decadenza dall'incarico.

Il collegio sindacale si deve riunire almeno ogni novanta giorni e delle riunioni deve essere redatto un verbale sull'apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale.

Decade il sindaco che non partecipa senza giusta causa a due riunioni in un esercizio.

Il collegio può deliberare se sono presenti la maggioranza dei componenti e le delibere sono approvate a maggioranza assoluta (v. art. 2404 c.c.).

I sindaci devono assistere alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, del comitato esecutivo se esiste e alle assemblee sociali. La non partecipazione all'assemblea o a due riunioni consecutive del consiglio senza giusta causa è motivo di decadenza dall'ufficio (v. art. 2405 c.c.). I doveri sono fissati dall'articolo 2403 c.c. Il più importante di questi che fa comprendere la funzione di vigilanza è quella di vigilare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società.

I sindaci sono retribuiti secondo quanto stabilisce l'assemblea all'atto della nomina.

Possono richiedere informazioni agli amministratori e condurre ispezioni e controlli sui quali però sono tenuti al segreto nei confronti di terzi.

Possono, in caso di necessità, convocare l'assemblea se ritengono necessario riportare su particolari fatti o se non vi provvedono gli amministratori.

In caso di danno alla società rispondono in solido con gli amministratori se il danno si poteva evitare se avessero vigilato come previsto dalla legge. La società può avviare in simili casi un'azione di responsabilità anche contro i sindaci stessi (v. art. 2407 c.c.).

Il controllo del collegio sindacale è un controllo di legalità, perché i sindaci verificano il rispetto della legge e dello statuto e possono impugnare dinanzi al tribunale le delibere non conformi alla legge e allo statuto. I sindaci, altresì, verificano l'adeguatezza dell'organizzazione amministrativa e contabile e la corretta amministrazione della società segnalando all'assemblea eventuali fatti rilevanti e possono denunciare al Tribunale eventuali irregolarità riscontrate nella gestione.

Tornando al caso in esame, la Suprema Corte era chiamata a verificare la legittimità del diniego di ammissione al passivo della richiesta dei compensi professionali manifestata dai sindaci di una fallita società. Il diniego era giustificato dalle omissioni contestate ai sindaci, tra cui spiccava l'omessa convocazione dell'assemblea dei soci per l'aumento del capitale nonostante le difficoltà finanziarie.

Osservazioni

La Corte ha stabilito che vi è responsabilità esclusiva dei sindaci, i quali, indipendentemente da un inadempimento degli amministratori, abbiano contravvenuto ai doveri di verità delle loro attestazioni e di “conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio” (art. 2407, comma 1, c.c.).

Parimenti vi è poi il caso di responsabilità concorrente con quella degli amministratori, con i quali dunque i sindaci saranno chiamati a rispondere in solido, che ricorre in presenza di due distinti elementi: l'inadempimento degli amministratori e la coesistente colpevole carenza di controllo da parte dei sindaci.

Nel caso che ci occupa l'inadempimento attribuito ai sindaci con il provvedimento che ha rigettato l'opposizione allo stato passivo consisteva nell'avere permesso la prosecuzione dell'attività sociale, aggravando l'insolvenza, in presenza di un patrimonio netto negativo, omettendo di assumere le doverose iniziative, quali la convocazione dell'assemblea dei soci ex art. 2406 c.c. e l'attivazione del procedimento di denuncia al tribunale ex art. 2409, ultimo comma, c.c., a fronte delle gravi irregolarità di gestione che essi stessi avevano segnalato nei verbali delle riunioni del collegio sindacale.

Il principio di diritto che si desume dalla sentenza in commento è che i sindaci delle SPA, che non effettuano i dovuti controlli sulla gestione aziendale, perdono il compenso professionale in caso di fallimento della società.

I sindaci delle s.p.a., invero, subiscono le conseguenze finanziarie della loro inerzia, quando si tratta di controllare la gestione aziendale: l'omessa attivazione dei necessari controlli anticrisi (ad esempio, convocazione assemblea dei soci per discutere l'aumento del capitale, sollecitare il pubblico ministero per consentirgli di intervenire, reagire agli atti di dubbia regolarità degli amministratori), comporterà la perdita dei compensi professionali.

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