L’indicazione dei crediti erariali contestati nel piano concordatario e il relativo accantonamento

La Redazione
17 Giugno 2024

Una ricca e articolata pronuncia con cui il tribunale di Ferrara revoca il decreto di apertura di un concordato preventivo, pronunciandosi su diverse questioni sollevate dai commissari giudiziari, in punto di mancato rispetto delle norme di cui agli artt. da 84 a 88 del c.c.i.i. e compimento di atti di frode.

La pronuncia giunge all'esito di un procedimento per la revoca ex artt. 106 e 44 comma 2 c.c.i.i. del decreto di apertura di un concordato preventivo in continuità indiretta presentato da una società.

I commissari giudiziari, nella relazione depositata ai sensi dell'art. 106 c.c.i.i., avevano evidenziato sia il mancato rispetto delle norme di cui agli artt. da 84 a 88 del c.c.i.i., sia la presenza di atti in frode alle ragioni dei creditori.

Tra l'altro, i commissari segnalavano come il debito nei confronti dell'Erario (oggetto di transazione fiscale ai sensi dell'art. 88 c.c.i.i.) non fosse correttamente rappresentato, in quanto la debitrice era incorsa nell'equivoco di non considerare esistenti taluni debiti in quanto oggetto di contenzioso tributario pendente.

Il tribunale svolge, in primo luogo, alcune considerazioni relative al trattamento, in generale, dei crediti contestati, affermando:

“A fronte di debiti contestati, a prescindere da quale sia la loro natura, il debitore che voglia perseguire la via concordataria non può evitare di trattare la questione nel proprio piano: è vero che l'accantonamento, in assenza di norma specifica ( norma che esiste con riguardo ai crediti fiscali già a ruolo come più avanti si vedrà), non è obbligatorio nel concordato ma la presenza di crediti contestati e in relazione ai quali pende un contenzioso, va ovviamente fatta oggetto di trattazione nella proposta prima di tutto al fine di fornire ai creditori una informazione il più possibile completa della situazione debitoria, sia pure non stabilizzata.

Il debitore dovrà formulare, ed argomentare, la propria ipotesi sui possibili esiti del giudizio e appostare un fondo rischi corrispondente alla quota di credito di presumibile riconoscimento in esito al giudizio: un accantonamento pari alla percentuale di pagamento che la proposta prevede essere applicata a creditori omogenei di pari grado.

Concluso il giudizio (assai verosimilmente dopo l'omologa) il credito accertato definitivamente costituirà la base su cui operare la falcidia concordataria quale prevista in proposta per crediti di pari rango. Sul punto l'attestatore dovrà verificare se la stima del debitore, in punto di misura dell'accantonamento, sia coerente e credibile anche in rapporto alla previsione di esito della lite pendente”.

Con riferimento alla ipotesi in cui i crediti oggetto di giudizio siano crediti erariali e il giudizio sia quello tributario la questione si declina in maniera peculiare, sia stante la tipicità de giudizio tributario, sia avuto riguardo alla natura dei crediti e del soggetto che ne è titolare.

Il debitore che voglia pagare in maniera falcidiata il Fisco non può far altro che ricorrere all'istituto della transazione fiscale. A tal fine, laddove per l'accertamento del credito sia pendente un contenzioso tributario, il debitore può scegliere due strade:

a) prima consolidare il debito fiscale in contenzioso tributario a mezzo degli istituti propri del processo tributario, ovvero l'accertamento con adesione o la conciliazione giudiziale giungendo a definire il debito totale in una cifra determinata e non più soggetta all'alea del giudizio; successivamente il monte debiti così consolidato può essere oggetto di proposta ex art. 88 c.c.i.i. nei modi e nei limiti previsti dalla legge, con pagamento falcidiato.

b) in alternativa, il debitore può scegliere di coltivare il contenzioso tributario e di proporre comunque il pagamento falcidiato dei crediti fiscali con la transazione fiscale.

Il Collegio descrive minuziosamente i passaggi che il debitore è tenuto a seguire laddove opti per la seconda strada, quella della coltivazione del contenzioso:  

“Il debitore deve informare il ceto creditorio dell'esistenza di crediti contestati, partendo dall'ammontare complessivo della pretesa creditoria, esprimendo il proprio giudizio circa la (totale o parziale) infondatezza della stessa e, infine, inserendo nel piano concordatario un apposito “fondo rischi” con riferimento alla quota di tale pretesa suscettibile di presumibile accoglimento da parte del giudice competente, con indicazione – in caso di suddivisione in classi – della classe omogenea rispetto al credito contestato oppure creandone una ad hoc.

Quindi il debitore prosegue il contenzioso tributario, informa i creditori, stima la possibilità di vincere in parte o in tutto il giudizio nonché la durata dei giudizi (attraverso un percorso motivazionale argomentato e basato sui precedenti, sulle pronunce non definitive intervenute, su pareri di legali e tributaristi) e quantifica la percentuale eventualmente dovuta ai creditori in esito al giudizio, cui deve corrispondere l'accantonamento di un fondo rischi. Con indicazione –in caso di suddivisione in classi– della classe omogenea rispetto al credito contestato oppure creandone una ad hoc (v. Cass. n. 13284/2012).

La valutazione del debitore in proposta è identica a quella che deve fare l'imprenditore in sede di redazione del bilancio, in base ai criteri sanciti dall'OIC 31 con riferimento al trattamento delle passività potenziali”.

La fattibilità del piano presuppone che si tenga adeguatamente conto del rischio di soccombenza. Su questa valutazione dovrà poi impegnarsi l'attestatore valutando ed attestando la bontà delle previsioni del debitore e della misura dell'accantonamento.

La natura fiscale del credito contestato comporta, infine, la necessità di tener conto della norma tributaria speciale contenuta nell'art. 90 del D.P.R. n. 602/1973 (che oggi deve, in via interpretativa, considerarsi riferito all'art. 112 comma 6 c.c.i.i.) secondo la quale i crediti sui quali siano sorte delle contestazioni devono essere inseriti tra i crediti contestati ed occorre accantonare delle somme, il cui deposito e svincolo sarà disciplinato dal giudice dell'omologa.

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