Accertamento del danno in sede penale: estinzione del reato per intervenuta prescrizione e standard probatorio
18 Giugno 2024
Al quesito sono state date due differenti risposte interpretative. Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass., sez. un, n. 35490/2009, Tettamanti), il giudice penale di seconde cure, accertata l'intervenuta prescrizione del reato, dovrà valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili e, se dall'analisi degli atti processuali emerge che non può ritenersi provata oltre ogni ragionevole dubbio la colpevolezza dell'imputato, l'Autorità Giudiziaria penale dovrà pronunziare un proscioglimento nel merito. In altre parole, «il giudice del gravame dovrà esaminare tutto quanto rilevi ai fini della responsabilità civile, e se da detto esame emerge la prova dell'innocenza, egli dovrà ricorrere alla corrispondente formula assolutoria non potendo l'accertamento effettuato (sia pure per esigenza di decisione non penale) essere posto nel nulla attraverso la mera declaratoria di estinzione del reato» (Beltrani, Estinzione del reato e assoluzione nel giudizio di impugnazione, in Cass. pen., 2010, 4111): la valutazione delle risultanze istruttorie ai fini civili che porta ad escludere la penale responsabilità dell'imputato non può non riverberarsi anche sulla decisione penale, imponendo la prevalenza del proscioglimento nel merito. Tale orientamento interpretativo è stato seguito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 4855/2010; Cass. pen., sez. VI, n. 16155/2013; Cass. pen., sez. IV, n. 11193/2015; Cass. pen., sez. IV, n. 20568/2018; Cass. pen., sez. IV, n. 53354/2018; Cass. pen., sez. IV, n. 55519/2018; Cass. pen., sez. IV, n. 5901/2019 e Cass., sez. IV, n. 14893/2024). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 182/2021, ha, invece, prospettato un'interpretazione alternativa rispetto a quella sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità: il Giudice penale di seconde cure non sarebbe chiamato a formulare, sia pure incidenter tantum, un giudizio di colpevolezza penale quale presupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili. Infatti, il giudice dell'impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, ma deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano (art. 2043 c.c.). Pertanto, il Giudice penale è chiamato ad effettuare un autonomo accertamento di natura civilistica da compiere alla luce del criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” ed a decidere come se fosse un Giudice civile seppure nella sede del processo penale. In altri termini, si dovrà dichiarare il reato estinto in quanto prescritto e, successivamente, si dovrà procedere nel giudizio ai fini civilistici. Il contrasto interpretativo tra l'esegesi giurisprudenziale prevalente e l'orientamento interpretativo espresso dalla Corte Costituzionale è stato risolto recentemente dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione – di cui, ad oggi, non sono ancora note le motivazioni – che, all'udienza del 28 marzo 2024, hanno ritenuto – in coerenza con i principi sanciti dall'art. 27 Cost., dall'art. 6 CEDU e dagli artt. 48 e 53Carta di Nizza – di adeguarsi alla soluzione esegetica prospettata dalle Sezioni Unite Tettamanti. Pertanto, il Giudice di seconde cure, intervenuta la prescrizione del reato, dovrà esaminare le statuizioni civili e laddove emerga la non colpevolezza dell'imputato sulla base della regola di giudizio processual-penalistica dell'oltre ogni ragionevole dubbio, dovrà pronunziare l'assoluzione nel merito dell'imputato e non la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. |