In assenza di specificazione, quali sono gli interessi legali?
20 Giugno 2024
Massima Ove il giudice disponga il pagamento degli interessi legali, senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall'art. 1284, comma 1, c.c., se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il caso A una società veniva notificato un precetto con cui era intimato, in forza di sentenza, il pagamento di una somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, maggiorata degli interessi. L'intimata proponeva opposizione al precetto, denunciando che gli interessi erano stati erroneamente calcolati, a fare data dalla proposizione della domanda giudiziale, al tasso previsto dal comma 4 dell'art. 1284 c.c., sia perché la sentenza non ne recava la condanna al pagamento con la decorrenza indicata, sia perché la natura del credito riconosciuto dal titolo esecutivo escludeva l'applicabilità della disposizione impiegata dal creditore. Nell'ambito dell'opposizione così radicata e sulla questione ivi sollevata dalla società intimata, il Tribunale di Milano disponeva rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. La questione Le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono state chiamate a stabilire se, in tema di esecuzione forzata fondata su titolo esecutivo giudiziale, qualora il giudice della cognizione abbia omesso di indicare la specie degli interessi al pagamento dei quali ha condannato il debitore, limitandosi alla loro generica qualificazione in termini di interessi legali o di legge, eventualmente indicandone la decorrenza da data anteriore alla proposizione della domanda, debbano intendersi liquidati solo gli interessi previsti dal comma 1 dell'art. 1284 c.c. (al saggio legale) o, a partire dalla data di proposizione della domanda, quelli previsti dal comma 4 del medesimo art. 1284 c.c. (al saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002). Le soluzioni giuridiche Con la sentenza che si annota, le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto in forza del quale, ove il giudice della cognizione disponga il pagamento degli interessi legali, senza alcuna ulteriore specificazione, deve intendersi che il saggio degli interessi corrisponde a quello previsto dall'art. 1284, comma 1, c.c., se manca nel provvedimento lo specifico accertamento della spettanza, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, degli interessi al tasso previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Osservazioni La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. attiene alla corretta interpretazione e qualificazione del sintagma “interessi legali” contenuto in un titolo esecutivo di formazione giudiziale. Ciò in quanto, a seguito della riforma dell'art. 1284 c.c. (innovato dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, in l. n. 162/2014), mediante l'aggiunta dei commi 4 e 5, dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale e qualora le parti non ne abbiano determinato la misura, il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dal d.lgs. 231/2002 in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. La norma di nuovo conio ha suscitato un vivace dibattito in ambito giurisprudenziale, con riguardo sia ai suoi presupposti applicativi, sia all'estensione della sua portata precettiva. In questo senso, è stato affermato che il saggio degli interessi previsti dall'art. 1284, comma 4, c.c. non è applicabile alle sole obbligazioni di fonte contrattuale, ma anche a quelle nascenti da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle (ivi comprese, dunque, quelle restitutorie derivanti da nullità contrattuale), in considerazione del fatto che la clausola di salvezza contenuta nella parte iniziale della disposizione (che rimette alle parti la possibilità di determinarne la misura) vale a escluderne il carattere imperativo e inderogabile e non già a delimitarne il campo d'applicazione (così Cass. civ., sez. III, 3 gennaio 2023, n. 61). Con riferimento, invece, alla questione – destinata a emergere in ambito esecutivo – inerente all'interpretazione della statuizione di condanna al pagamento di interessi legali, senza alcuna ulteriore specificazione, si fronteggiavano il campo due orientamenti, tenuto conto del fatto che il giudice dell'esecuzione non dispone di poteri di cognizione al cospetto del titolo esecutivo di formazione giudiziale, ma deve, attraverso la sua interpretazione, limitarsi a dare attuazione al comando che vi è incorporato, estraendo da esso il contenuto precettivo già incluso in funzione non cognitiva (ossia di risoluzione di una controversia), ma rigorosamente esecutiva. Così, secondo un primo indirizzo (in verità formatosi prima che all'art. 1284 c.c. fossero aggiunti i commi 4 e 5 e, dunque, avendo precipuo e diretto riguardo alla legislazione speciale contenuta nel d.lgs. n. 231/2001), in presenza di esecuzione forzata fondata su un titolo esecutivo giudiziale in cui il giudice abbia omesso di indicare la specie degli interessi che ha comminato, limitandosi alla generica qualificazione degli stessi in termini di interessi legali o di legge, debbono ritenersi liquidati solo quelli previsti dal comma 1 dell'art. 1284 c.c. (ossia al saggio legale), in virtù della portata generale della disposizione, rispetto alla quale le altre ipotesi di interessi previste dalla legge hanno natura speciale; da questo punto di vista, l'applicazione di qualsiasi delle varie ipotesi di interessi legali (cioè previsti pur sempre da una norma di legge) diversi da quelli ai quali fa riferimento il comma 1 dell'art. 1284 c.c., presuppone l'accertamento degli elementi costitutivi della relativa fattispecie speciale, con la conseguenza che, se un siffatto accertamento non emerge dal titolo, non può esserne consentita l'integrazione in sede esecutiva. Per un altro indirizzo, invece, la formula contenuta nei commi 4 e 5 dell'art. 1284 c.c. è chiara nel predeterminare la misura degli interessi legali, nel caso in cui il credito venga riconosciuto da una sentenza, senza necessità di apposita precisazione del loro saggio, dovendosi ritenere il provvedimento automaticamente integrato dalla previsione normativa. Per risolvere la questione, i giudici di legittimità muovono da una premessa: la disposizione contenuta nel comma 4 dell'art. 1284 c.c. non rappresenta un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli intessi, ma integra essa stessa una fattispecie i cui elementi in parte coincidono con quelli ai quali la legge collega – in via generale – l'effetto della spettanza degli interessi legali, ma in parte sono autonomi rispetto a essa e, come tali, restano suscettibili di specifico apprezzamento, richiedendo dunque un positivo accertamento da parte del giudice. In altre parole, viene ravvisata una discontinuità tra la fattispecie costitutiva della spettanza degli interessi legali in generale e quella degli interessi legali (pur sempre tali, in quanto previsti anch'essi dalla legge) contemplati dal comma 4 dell'art. 1284 c.c. Dall'autonomia della fattispecie produttiva di tale speciale tipologia di interessi – riconducibile al fatto che, come detto, la sua integrazione presuppone la ricorrenza di ulteriori elementi di specificazione – rispetto a quella produttiva degli ordinari interessi legali (ai quali fa riferimento il comma 1 dell'art. 1284 c.c.), discende che la sussistenza dei relativi presupposti applicativi deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice deputato a impartire il comando giuridico che andrà poi eventualmente attuato in via coattiva da parte del giudice dell'esecuzione. Infatti, poiché con la domanda giudiziale viene introdotta una controversia, ne fa parte a tutti gli effetti anche la questione relativa alla spettanza o meno degli interessi al saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che dev'essere risolta nell'ambito del medesimo giudizio. Pertanto, sarà il giudice della cognizione a dovere valutare se sussistono o meno i presupposti applicativi per il riconoscimento degli interessi maggiorati previsti dall'art. 1284, comma 4, c.c. (avendo riguardo, per esempio, alla fonte dell'obbligazione, alla natura giuridica del rapporto dedotto in giudizio, alla presenza o meno di una valida ed efficace determinazione contrattuale della misura degli interessi) e, in caso positivo, individuare la domanda giudiziale alla quale fare riferimento per stabilire la decorrenza degli interessi in questione, emettendo la conseguente pronuncia, che verrà così incorporata nel titolo esecutivo. Tutti questi aspetti, secondo la Corte di cassazione, non possono che essere esaminati, valutati e decisi in sede di cognizione, proprio in virtù del fatto che il giudice dell'esecuzione è istituzionalmente privo dei poteri necessari allo scopo, dovendosi egli limitare a interpretare quanto documentalmente risulta dal titolo esecutivo, senza poterlo integrare. In verità, le stesse Sezioni Unite della corte di cassazione, con la sentenza n. 11067 del 2 luglio 2012, hanno affermato che il titolo esecutivo non si identifica e non si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l'obbligo da eseguire, essendo consentita l'interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui si è formato; vieppiù che il provvedimento con cui, in sede di separazione dei coniugi, viene stabilito a carico di un genitore l'obbligo di pagare, in tutto o in parte, spese che andranno affrontate per il mantenimento dei figli (necessariamente ignote al momento della pronuncia) costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l'effettiva sopravvenienza degli esborsi e la relativa entità (si vedano Cass. civ., sez. III, 21 dicembre 2021, n. 40992 e Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2016, n. 21241), mentre nel caso di condanna condizionata è senz'altro ammessa la prova dell'esistenza e dell'entità del credito in base a indici esterni al titolo esecutivo. In ogni caso, secondo quanto affermato nella sentenza annotata, se è vero che stabilire se il riferimento agli interessi legali contenuti nel titolo esecutivo giudiziale può valere come richiamo al saggio previsto dal comma 4 dell'art. 1248 c.c. è questione che attiene a ciò che deve intendersi già ricompreso o meno nel titolo esecutivo (ed è, come tale, di competenza del giudice dell'esecuzione), è altrettanto vero che l'accertamento circa la corrispondenza della fattispecie concreta a quella (autonoma e, per certi versi, speciale) considerata dalla predetta norma ha natura propriamente giurisdizionale (e, come tale, compete in via esclusiva al giudice della cognizione). Di conseguenza, la mera previsione, nel dispositivo o nella motivazione del titolo esecutivo, della spettanza degli interessi legali, senza alcuna ulteriore specificazione, non può considerarsi idonea a dare contezza dell'accertamento – che deve necessariamente essere condotto dal giudice che ha emesso il provvedimento – della ricorrenza delle condizioni di applicabilità dell'art. 1284, comma 4, c.c.: così, in questo caso, il creditore non sarà legittimato a pretendere in sede esecutiva il riconoscimento degli interessi ivi previsti, ma dovrà attivare i rimedi impugnatori per ottenere, sul punto, la riforma della pronuncia, che solo a quel punto varrà come titolo esecutivo anche con riguardo a detti interessi. |