La corretta denuntiatio del proprietario affinché il conduttore possa compiutamente valutare la convenienza della prelazione

25 Giugno 2024

Nelle locazioni di immobili ad uso non abitativo, affinché il conduttore possa esercitare, nei casi stabiliti dalla legge, il diritto di prelazione, si stabilisce che il locatore debba comunicare allo stesso conduttore l'intenzione di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato adibito ad attività imprenditoriale, mediante atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, e che tale atto debba contenere l'indicazione del corrispettivo in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita deve essere conclusa nonché l'invito ad esercitare o meno il suddetto diritto di prelazione. In ordine al corretto funzionamento della denuntiatio, sono sorte varie questioni, su cui si è confrontata la giurisprudenza di legittimità, con esiti, però, non sempre collimanti.

Il quadro normativo

L'art. 38 della l. n. 392/1978, nei primi due commi, stabilisce che il locatore deve comunicare al conduttore l'intenzione di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, mediante atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, e che tale atto deve contenere l'indicazione del corrispettivo (da quantificarsi in ogni caso in denaro), le altre condizioni alle quali la compravendita deve essere conclusa nonché l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

In buona sostanza, l'esigenza di completezza della denuntiatio, riguardo alle coordinate della progettata compravendita, è correlata alla salvaguardia dell'interesse del conduttore ad un'autodeterminazione, bene informata e ponderata, al fine di valutare compiutamente la convenienza finalizzata all'esercizio della prelazione, giammai potendosi risolvere in una comunicazione di generico intento tesa a verificare il pensiero del conduttore in proposito.

La (discussa) natura giuridica

Innanzitutto, ci si è interrogati diffusamente sulla natura della denuntiatio, in quanto questione avente notevoli riflessi pratici: in estrema sintesi, la risposta a tale questione si è posta su tre sostanziali direttrici.

Secondo la prima opinione - di cui è espressione, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 1983, n. 6256 - la comunicazione al conduttore delle condizioni di vendita, effettuata ai sensi e con le forme dell'art. 38, dal proprietario-locatore che intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile adibito ad attività imprenditoriale, ha natura negoziale, e dà luogo, ove il conduttore eserciti la prelazione, accettando le condizioni della compravendita comunicategli, ad un contratto preliminare di vendita tra proprietario e conduttore, e ciò indipendentemente da qualsiasi precedente trattativa del proprietario con i terzi, trattativa che il suddetto art. 38 non prevede che debba essere comunicata al conduttore.

Ciò trova conferma, oltre che in base alla ratio legis, anche nel comma 3 dell'art. 38 citato, nel quale è espressamente previsto che il diritto di prelazione “si esercita” con l'offerta del conduttore di condizioni uguali a quelle comunicategli dal proprietario, per cui la comunicazione delle condizioni di vendita del proprietario non è priva di effetti giuridici nei confronti del conduttore, stante che consente a quest'ultimo di “esercitare” il diritto di prelazione con l'accettazione di dette condizioni.

Né, esercitata la prelazione dal conduttore, può ritenersi che la vendita proposta possa non effettuarsi, come se esistesse uno ius poenitendi del proprietario, perché la norma, con il successivo comma 4, prevede, con perfetto automatismo, sanzionato da precisi termini di decadenza, una serie di operazioni che le parti devono porre in atto per l'attuazione del contenuto del diritto di prelazione, ossia versamento del prezzo della vendita da parte del conduttore e contestuale stipulazione del contratto di vendita o di un preliminare.

Una volta, però, stabilito il valore negoziale della comunicazione del proprietario e dell'accettazione del conduttore delle condizioni di vendita, deve escludersi che tale scambio dei consensi dia luogo ad un contratto perfetto di vendita, traslativo della proprietà dell'immobile, ai sensi dell'art. 1326 c.c., perché a ciò si oppone la previsione, nel comma 4 dell'art. 38, della successiva stipulazione di un preliminare, sia pure in alternativa all'ipotesi di un contratto definitivo.

Pertanto, lo scambio dei consensi, come previsti dai primi tre commi dell'art. 38 citato, dà luogo ad un contratto preliminare di vendita, che non contrasta con la previsione legislativa della successiva stipulazione di un preliminare, contestualmente al versamento del prezzo della vendita, “perché si tratta di un obbligo delle parti di semplice documentazione del preliminare, già perfezionatosi in precedenza tra le parti, e ciò al fine di riportare in un unico atto i consensi, che le parti si sono scambiati con le forme ivi prescritte, in modo da facilitare la registrazione dell'atto stesso e l'ulteriore stipulazione del definitivo contratto di vendita” (così Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1988, n. 4103).

Seguendo la seconda opinione - di cui sono espressione, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 1985, n. 5283; Cass. civ., sez. III, 9 maggio 1985, n. 2897 - la denuntiatio costituisce una sorta di dovuto interpello nell'àmbito della fase delle trattative, da formulare allorché il locatore abbia soltanto un progetto di trasferimento dell'immobile che deve partecipare al conduttore, di guisa che, ove venga esercitato il diritto di prelazione e l'iniziale intento del locatore si concreti in una precisa volontà di vendere, resta vincolato alle comunicate condizioni.

In altri termini, l'art. 38, prevedendo l'obbligo della denuntiatio al momento del sorgere nel proprietario dell'intenzione di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, configura un obbligo di interpello che - sia per i meccanismi che la denuntiatio aziona, sia per l'indeterminatezza che la situazione presenta - non è qualificabile come proposta contrattuale, per cui l'adesione del conduttore non determina il formarsi del vincolo contrattuale.

Seguendo la terza opinione - di cui sono espressione, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 12 agosto 1988, n. 4941; Cass. civ., sez. III, 14 marzo 1988, n. 2427; Cass. civ., sez. III, 17 aprile 1986, n. 2726 - la denuntiatio del locatore non costituisce una proposta di vendita rivolta al conduttore (suscettibile, come tale, di produrre l'automatica conclusione di un contratto di vendita in esito all'accettazione del conduttore), ma è espressione di osservanza di un obbligo legale di informativa diretto a mettere il conduttore in grado di esercitare, a condizione che ne ricorrano i presupposti, il diritto potestativo di prelazione, e di acquisire, mediante tale esercizio unilaterale nelle forme e nei tempi dovuti, la proprietà dell'immobile.

Trattasi di un indirizzo che si pone decisamente fuori dello schema contrattualistico, poichè l'adempimento dell'obbligo legale della denuntiatio è finalizzato all'esercizio del diritto di prelazione qualificabile come diritto potestativo del conduttore, sicché, qualora sia esclusa la spettanza di tale diritto, l'adesione del conduttore alla suddetta denuntiatio resta priva di effetti, mentre, nell'ipotesi in cui ne ricorrano i presupposti, l'adesione del conduttore comporta il perfezionamento in suo favore della vicenda acquisitiva di tipo legale, con la conseguenza che il successivo contratto con contestuale versamento del prezzo, previsto dal comma 4 dello stesso art. 38, assume il limitato valore di una consacrazione documentale.

In sede di composizione del sopra delineato contrasto, il supremo organo di nomofilachia - Cass. civ., sez. un., 4 dicembre 1989, n. 5359 (nonché le gemelle nn. 5357 e 5358); cui hanno dato giuridica continuità, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 25 settembre 2009, n. 20671; Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1998, n. 11551; Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1996, n. 11362 - ha affermato che la denuntiatio prevista dall'art. 38, comma 1, a carico del locatore che intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato ad uso diverso dall'abitazione, non costituisce una proposta contrattuale di vendita rivolta al conduttore, e neppure mera informativa di generici intenti destinata ad avviare trattative tra le parti, ma è un atto dovuto di interpello, vincolato nella forma e nel contenuto, diretto a mettere il conduttore in condizione di esercitare il diritto di prelazione, sempre che di tale diritto sussistano i presupposti.

Tale autorevole pronuncia muove dallo scrutinio delle diverse opinioni formulate, soffermandosi, poi, sull'individuazione dei tratti caratteristici della prelazione urbana introdotta dalla legge dell'equo canone.

Attesa, quindi, la pluralità delle prelazioni legali e la diversità delle relative fonti, l'indagine delle Sezioni Unite si è necessariamente incentrata sulla particolare disciplina dettata dall'art. 38 della l. n. 392/1978, sottolineando che tale norma, sul presupposto della volontà del proprietario di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, impone allo stesso di comunicare al conduttore le relative condizioni con l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione, senza peraltro richiedere che sia trasmesso al conduttore l'eventuale preliminare concluso con i terzi e neppure il nominativo degli stessi, a differenza di quanto previsto, in tema di prelazione agraria, dall'art. 8 della l. n. 590/1965, modificato dall'art. 8 della l. n. 817/1971; sul presupposto, poi, del concreto esercizio del diritto di prelazione (da effettuarsi con determinate modalità), si impone al conduttore di versare il prezzo contestualmente alla stipula, entro un certo termine, del contratto definitivo o preliminare.

L'intera vicenda della prelazione urbana viene così regolata con un particolare meccanismo legale caratterizzato da passaggi graduali che danno vita a due fasi fondamentali: la prima, che può genericamente definirsi di scambio di comunicazioni (quella del proprietario di voler esercitare la prelazione), e la seconda, relativa alla stipula del contratto ed al pagamento del prezzo.

In tale congegno, finalizzato alla tutela - non del conduttore in quanto tale, bensì - dell'attività da lui svolta, la prelazione opera come limitazione alla libertà negoziale del proprietario dell'immobile locato, perché questi, mentre è libero di trasferire o meno a titolo oneroso l'immobile, non è libero, invece, nella scelta dell'altro contraente, dovendo preferire il conduttore e restando assoggettato alla determinazione di quest'ultimo cui la legge assegna un termine per decidere se avvalersi o meno del diritto in parola.

La denuntiatio - osserva il massimo consesso decidente - risulta, pertanto, un atto dovuto volto a mettere il conduttore in condizione di esercitare il diritto di prelazione sempre che ne sussistano i presupposti, mentre non può qualificarsi come atto negoziale, ed in particolare come proposta contrattuale, perché non deriva da una libera determinazione di volontà e non mira a sollecitare il conduttore alla conclusione della compravendita mediante un'ordinaria accettazione, anche se presenta oggettivamente il contenuto di una proposta attraverso l'indicazione delle condizioni del trasferimento.

Del resto, è determinante che la legge non parla in alcun modo di proposta contrattuale, ma soltanto di “comunicazione” e di “invito”, a differenza di quanto stabilisce per la prelazione agraria l'art. 8 della l. n. 590/1965, che fa obbligo al proprietario di notificare al coltivatore la proposta di alienazione, e ciò è rilevante perché denota una precisa scelta del legislatore che, nonostante il recente precedente della prelazione agraria, per molti versi affine, ha ritenuto di dettare sul punto una normativa diversa.

Non va trascurato, poi, che l'adesione del conduttore non è considerata, da detto articolo, come accettazione, ma come esercizio del diritto di prelazione richiedente l'offerta di condizioni uguali a quelle comunicate dal proprietario: quest'ultimo requisito esclude ogni libera trattativa tra le parti e rende palese come la volontà del conduttore sia determinante unicamente ai fini della decisione di acquisto senza possibilità di incidere sul contenuto del contratto già predeterminato dal proprietario.

In quest'ordine di concetti, le Sezioni Unite chiariscono, da un lato, che la denuntiatio non si risolve in una comunicazione di generico intento volta a sondare il pensiero del conduttore, dovendo contenere la specifica indicazione di tutte le condizioni della progettata compravendita, e, dall'altro, che la necessità per il conduttore di “offrire” condizioni uguali a quelle indicate dal proprietario non sta a significare che il conduttore assuma la veste di proponente sul piano contrattualistico ordinario, ma che egli, quale soggetto preferito, può acquistare a condizioni obbligate che non sono il frutto né della sua iniziativa né di apposite trattative.

Il limite in parola si spiega ove si consideri che il diritto di prelazione accordato al conduttore altro non è che il diritto di acquistare l'immobile locato a preferenza di altri, ma a parità di condizioni.

Lo schema negoziale proposta-accettazione è contraddetto, inoltre, dal rilievo che, nel meccanismo descritto dalla norma, la denuntiatio e l'esercizio della prelazione costituiscono soltanto le premesse della compravendita per la quale è richiesta la successiva stipula del contratto ed il contestuale pagamento del prezzo.

Si rileva, poi, che, al proprietario tenuto alla denuntiatio, non è consentito sottrarsi alla determinazione del conduttore; peraltro, il positivo esercizio del diritto di prelazione comporta per il proprietario la specifica obbligazione di stipula del contratto rendendo necessaria la sua cooperazione; determinante, al riguardo, è che nessun elemento della disposizione in esame è indicativo del carattere di mera documentazione della predetta stipula, e che tale ipotesi, in particolare, è contraddetta dalla previsione di un contratto preliminare, che esige evidentemente per il trasferimento di proprietà anche la conclusione del contratto definitivo.

L'effetto traslativo immediato lascerebbe, inoltre, privo di plausibile giustificazione il differimento del pagamento del prezzo all'atto della sottoscrizione del contratto definitivo o preliminare, tanto più che - a differenza di quanto previsto nella prelazione agraria dall'art. 8 della l. n. 590/1965 - il pagamento differito non è nemmeno considerato come condicio iuris per il trasferimento di proprietà, aggiungendo che, nell'intervallo tra la dichiarazione di prelazione e la redazione del contratto (per la quale ultima è fissato un certo termine), il conduttore, non più tale per effetto dell'immediato acquisto, verrebbe a godere l'immobile senza alcun corrispettivo.

L'art. 38, comma 4 - coordinato con i commi precedenti - induce a ritenere, dunque, che, con l'atto unilaterale di esercizio della prelazione, il conduttore non acquista immediatamente la proprietà dell'immobile, ma solo il diritto ex lege alla successiva conclusione del contratto; tale risultato non è incompatibile con altre indicazioni della stessa norma o con la relativa ratio, assicurando, invece, la realizzazione del diritto riconosciuto al conduttore attraverso un sistema di organica gradualità ed in modo sostanzialmente aderente all'essenza stessa della prelazione che, come diritto di preferenza nell'acquisto, costituisce il mezzo per far sì che il proprietario concluda il contratto con il favorito anziché con gli altri possibili acquirenti.

Si aggiunge, poi, che il riferimento (contenuto nel comma 2 dell'art. 38) alla “compravendita che dovrebbe essere conclusa” e la prevista contemporaneità tra pagamento del prezzo e stipula del contratto (comma 4) sono indicativi del momento e dell'atto cui la legge collega la produzione degli effetti traslativi.

Si è avuto modo di puntualizzare che la dichiarazione di esercizio della prelazione vincola alla successiva stipula anche il conduttore che deve versare contestualmente il prezzo: invero, dall'articolata struttura della norma, si delinea uno schema legale destinato a sovrapporsi alla volontà delle parti, la quale ha limitati margini di operatività; in detto ambito, una volta che il conduttore abbia esercitato la sua facoltà di scelta e resa così necessaria la stipula del contratto, risulta poco comprensibile l'esistenza di un obbligo unilaterale a contrarre unicamente a carico del proprietario, nonostante la volontà manifestata dal conduttore di rendersi acquirente dell'immobile ed i vincoli già imposti alla controparte.

Nello schema normativo, la fase della stipula, con termini prefissati, costituisce un passaggio obbligato anche per il conduttore, sicché si è statuito (Cass. n. 5359/1989, cit.) che, mentre la libertà del proprietario si esaurisce nel momento in cui, avendo deciso di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, procede alla denuntiatio, la libertà del conduttore viene meno nel momento in cui notifica la sua volontà di avvalersi della prelazione; ciò permette di soddisfare l'esigenza di equo contemperamento dei contrapposti interessi delle parti, atteso che l'eventuale libertà del conduttore, anche dopo l'esercizio della prelazione, avrebbe l'effetto di sacrificare oltre misura e senza apprezzabili ragioni la posizione del proprietario-locatore, il quale potrebbe veder sfumare la possibilità di vendere a terzi, in conseguenza della dichiarazione di prelazione notificata dal conduttore, e trovarsi, poi, di fronte una controparte non obbligata alla stipula.

Il contratto da concludere, infine, può essere, secondo il dettato normativo, definitivo o preliminare: è vero che la previsione di un preliminare potrebbe apparire un'anomalia aggravata dal fatto del pagamento del prezzo all'atto della relativa sottoscrizione, ma la disposizione si giustifica in relazione al possibile iniziale proposito del proprietario, da precisare nella denuntiatio, di realizzare un graduale perfezionamento della vicenda traslativa attraverso la stipula del preliminare prima e del definitivo poi; in rapporto a tale ipotesi, risulta anche limitata, se non proprio annullata, la singolarità del versamento del prezzo all'atto del preliminare perché, a parte la finalità di rendere più saldo il vincolo, l'art. 38, nel fissare il termine di detto pagamento, fa salva ogni diversa condizione indicata nella comunicazione del proprietario; e l'alienante, che intenda concludere anzitutto un preliminare, normalmente non chiede l'immediato versamento dell'intero prezzo, stante l'evidente gravosità e la conseguente inaccettabilità di simile clausola.

La reiterazione per modifica delle condizioni di vendita

Può accadere che, tra la denuntiatio ed il trasferimento dell'immobile locato ad un terzo, intercorra un considerevole lasso di tempo, il quale determini - ad esempio, per l'inflazione verificatasi medio tempore - una modificazione sostanziale delle condizioni di vendita, pur rimaste formalmente inalterate.

In tal caso, la Suprema Corte ha affermato che la denuntiatio debba essere reiterata, non potendo condividersi l'opinione per cui, poiché la legge non contempla un termine per trasferire l'immobile locato, dovrebbe ritenersi che l'efficacia della comunicazione “si esaurisca” e si “consumi entro un lasso di tempo ragionevole”, spirato il quale incomberebbe al locatore l'obbligo di una nuova denuntiatio anche se il corrispettivo convenuto con il terzo rispettasse il requisito di legge.

L'errore che si annida in tale tesi consiste nel trascurare i connotati peculiari della fattispecie legale della prelazione, che contempla il diritto del conduttore di acquistare l'immobile a preferenza di altri, ma a parità di condizioni, dal che discende l'ineludibile corollario che, a sostanziale diversità di condizioni, deve corrispondere l'onere di una diversa e separata denuntiatio, in mancanza di che il locatore può incorrere nella sanzione del riscatto.

E' indubbio che anche il mero decorso del tempo può determinare, sia pure solo per ragioni obiettive indipendenti dalla volontà del locatore, una sensibile, reale alterazione dei termini del negozio di cui all'offerta prelatizia, pur nel caso che gli stessi restino formalmente immutati rispetto alla comunicazione inviata ex art. 38 (Cass. civ., sez. III, 21 maggio 1991, n. 5713).

Dunque, è ragionevole ritenere che il locatore, il quale intenda alienare a terzi l'immobile, è tenuto, per consentire al conduttore l'esercizio del diritto di prelazione, ad effettuare una nuova denuntiatio, quando tra la prima comunicazione delle condizioni di vendita e la vendita al terzo sia intercorso un intervallo di tempo incidente sulla parità delle condizioni di vendita, in ragione delle variazioni dei valori monetari (v., altresì, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 1995, n. 11716).

La conservazione degli effetti e la revoca

La denuntiatio, ancorché non possa qualificarsi come vera e propria proposta contrattuale, resta soggetta, nei limiti previsti dall'art. 1324 c.c., ai principi valevoli per i contratti, fra i quali quelli della conservazione, della convalida e della rettifica del negozio.

Ne consegue che si considera legittimamente esercitata la prelazione da parte del conduttore che sia destinatario di un invito rivoltogli dal locatore a stipulare un preliminare di vendita dopo la sua adesione alla relativa denuntiatio, ancorché questa sia stata indirizzata, per errore, al precedente conduttore dell'immobile, ove le circostanze ed i tempi del successivo invito del locatore lascino presumere che, con esso, si sia da quest'ultimo espresso l'intento di mantenere valida quella sua pregressa manifestazione di volontà con la rettificazione di quell'errore, in corrispondenza della conforme offerta del suo destinatario.

Nella specie, si era ritenuto che l'adesione del conduttore non potesse considerarsi come legittimo esercizio della prelazione, e quindi non vincolava il locatore, perché l'originaria denuntiatio, cui aderiva il primo, era stata rivolta al precedente conduttore, mentre, con la successiva lettera del locatore, veniva semplicemente invitato il successivo conduttore, puramente e semplicemente, alla stipulazione di un contratto preliminare, poi non concluso.

Tuttavia, siffatto ragionamento erroneamente prescinde dalla possibilità di considerare l'invito rivolto al nuovo conduttore come rettifica e sanatoria dell'errore contenuto nella precedente denuntiatio, la quale, non tenendo conto del mutamento di conduttore, era stata indirizzata al precedente; se è vero che, nella normativa della prelazione di cui trattasi, la denuntiatio non può qualificarsi come vera e propria proposta di contratto, né possono ad essa e all'adesione del conduttore applicarsi integralmente le norme riguardanti l'incontro dei consensi proprio dello schema contrattuale, è altrettanto vero che, alla denuntiatio medesima, quale atto unilaterale (per di più, recettizio), in forza dell'art. 1324 c.c. debbano pur sempre applicarsi, in quanto compatibili, i principi  - e fra gli altri, ove conciliabili con la fattispecie, quelli della conservazione, della sanatoria, della convalida, della rettifica e del mantenimento del negozio rettificato, della buona fede - valevoli per i contratti, tenuto conto in particolare che, ancorché non classificabile fra gli atti propriamente negoziali, l'atto in questione presenta oggettivamente il contenuto di una proposta contrattuale (Cass. civ., sez. III, 5 giugno 1992, n. 6936).

La Suprema Corte ha affrontato anche il quesito concernente la possibilità di revoca della denuntiatio.

In replica alla soluzione (patrocinata da Cass. civ., sez. III, 14 marzo 1988, n. 2427), secondo cui la proposta comunicata dal locatore al conduttore di voler vendere l'immobile locato, ai sensi dell'art. 38 della l. n. 392/1978, può essere revocata durante il periodo di sessanta giorni assegnato dalla legge per l'accettazione, senza che il conduttore abbia alcun diritto al riguardo, i giudici di legittimità (Cass. n. 6936/1992, cit.,) hanno ritenuto determinante, in senso contrario, il rilievo che, se inizialmente il proprietario non ha nessun obbligo di vendere, una volta decisosi a trasferire l'immobile a titolo oneroso, è tenuto a darne comunicazione al conduttore indicando tutte le condizioni del trasferimento per consentire l'esercizio del diritto di prelazione.

Orbene, se per l'esercizio di tale diritto la legge concede al conduttore un certo termine, è logico ritenere che, in pendenza dello stesso, il proprietario resti vincolato in attesa della determinazione del titolare del diritto, determinazione che ha normalmente implicazioni di notevole rilevanza economica e proprio perciò esige un congruo termine; peraltro, la revoca è manifestazione di autonomia privata e, quindi, di esercizio di una facoltà; come tale mal si concilia con la denuntiatio quale atto unilaterale di adempimento di un obbligo legale destinato a rendere attuale l'altrui diritto soggettivo.

A maggior ragione, nessuna revoca è ammissibile in data successiva alla dichiarazione di prelazione, essendo il proprietario definitivamente vincolato alla stipula del contratto (Cass. n. 5359/1989, cit.).

Le clausole difformi da quelle previste dalla legge

La giurisprudenza non appare univoca sulla questione se la denuntiatio contenente condizioni difformi da quelle previste dalla legge sia inefficace e, dunque, non comporti il decorso del termine per l'esercizio della prelazione, oppure se comporti comunque il decorso di detto termine, tramite la sostituzione delle condizioni previste dalla legge a quelle comunicate.

In quest'ultimo senso, in materia di prelazione agraria, si è affermato (Cass. civ., sez. III, 24 novembre 1986, n. 6907; Cass. civ., sez. III, 14 maggio 1983, n. 3325; Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1980, n. 4017), ad esempio, che colui il quale esercita il diritto di prelazione agraria, mentre ha facoltà di fruire delle clausole più vantaggiose pattuite fra il proprietario ed il terzo, non è tenuto ad osservare le clausole del contratto preliminare che stabiliscono condizioni di pagamento più onerose di quelle previste nei suoi confronti dalla legge, salvo che non rinunci a queste ultime, accettando tutte le modalità ed i termini di pagamento stabiliti nel preliminare trasmessogli, in maniera inequivocabile, restando altrimenti applicabile il regime previsto dall'art. 8 della l. n. 590/1965 e senza necessità di fare ad esso riferimento nell'atto di accettazione della proposta di compravendita.

Nello stesso senso, sembra da intendere, in materia di prelazione urbana, la decisione (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1992, n. 11208) secondo cui, poiché la ratio dell'art. 38 della l. n. 392/1978 - secondo cui, nella comunicazione al conduttore ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione, “devono essere indicati il corrispettivo” e “le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa” - consiste nel garantire, a parità di condizioni, la preferenza nell'acquisto al conduttore, e dovendo, quindi, essere ricomprese, nel novero di tali condizioni, quelle che individuano la sostanza giuridico-economica del negozio, fra esse non può esser fatta rientrare la facoltà del venditore di scegliere il notaio, perché si tratta di elemento non determinante e, comunque, estraneo al contenuto contrattuale della compravendita; ne consegue che una simile clausola, ancorché inclusa nella comunicazione del venditore al conduttore, non viene ad integrare il successivo contratto preliminare in quanto non può ritenersi né vincolante per l'altra parte, né capace di incidere derogativamente sull'uso che assegna la scelta del notaio al compratore.

Nella medesima impostazione, appare porsi la pronuncia (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 1991, n. 2507; v., più di recente, Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2009, n. 25815), secondo cui il conduttore di immobile non abitativo che, ricevuta dal locatore la denuntiatio, abbia esercitato la prelazione, è tenuto a rispettare le condizioni di vendita fissate e comunicate dal proprietario, a meno che esse contrastino con la disciplina specifica dettata dallo stesso art. 38, derivandone, in caso di inadempimento, la perdita del diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto.

Si rinviene, viceversa, un'altra pronuncia (Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1994, n. 10586, anche se in materia di prelazione agraria), secondo cui l'affittuario è posto nell'alternativa tra il sostituirsi nel contratto al promissario acquirente, facendo proprie tutte le obbligazioni previste a carico di questi nel preliminare (e, quindi, non solo quella di pagamento del prezzo), oppure di rifiutare la proposta, senza alcuna facoltà di discriminare, nell'àmbito delle clausole contrattuali stipulate dal promittente venditore e dal promissario acquirente, quelle a lui favorevoli e quelle sfavorevoli, o fra clausole intuitu personae (o personali o particolari) e clausole obiettive o, comunque, conformi alla causa astratta del contratto di compravendita, per inferirne l'opponibilità nei suoi confronti solo di queste ultime.

La legittima provenienza dell'iniziativa

Ancorché l'art. 38 della l. n. 392/1978 si riferisca al “locatore”, si individua nel proprietario dell'immobile il soggetto dal quale deve necessariamente provenire la denuntiatio , finalizzata alla produzione di effetti “reali” (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2010, n. 20807; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 1995, n. 702).

Le stesse Sezioni Unite (Cass. n. 5357/1989, cit.) hanno ritenuto che la tesi volta ad affermare la validità di detta comunicazione anche se proveniente da un soggetto non proprietario non merita consenso: è vero che il comma 1 del citato art. 38 individua tale soggetto nel locatore, ma trattasi di improprietà evidente, com'è dimostrato dal fatto che, nei commi successivi, si parla espressamente di proprietario, e che l'art. 39, nel prevedere il diritto di riscatto, dice altrettanto espressamente che, qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente (e cioè alla denuntiatio), l'avente diritto alla prelazione può riscattare l'immobile.

Del resto, considerato che la denuntiatio deve contenere tutte le condizioni della compravendita ed è destinata a rendere possibile l'esercizio della prelazione e, quindi, il trasferimento dell'immobile locato alle suddette condizioni, può esplicare i suoi effetti solo se proviene del proprietario dello stesso immobile.

Spetterà, tuttavia, all'usufruttuario la legittimazione alla denuntiatio nella fattispecie particolare in cui la prelazione operi nei suoi confronti, in caso di trasferimento disposto di comune accordo con il nudo proprietario (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1982, n. 2080).

In caso di immobile in comproprietà, la denuntiatio, concretandosi in un invito rivolto al conduttore ad esercitare la prelazione, sì da determinare una vicenda acquisitiva dell'immobile locato, non può che provenire da tutti i comproprietari.

Qualora la denuntiatio venga posta in essere da un proprietario in rappresentanza di altri comproprietari, anche la procura sarà richiesta in forma scritta a pena di nullità, in virtù dell'art. 1392 c.c.; in mancanza, essa non produce alcun effetto e, quindi, non pone il conduttore in condizioni di esercitare il diritto di prelazione, e naturalmente non decorrerà alcun termine di decadenza (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1990, n. 3549).

Nel caso in cui la denuntiatio provenga da uno solo dei comproprietari, la ratifica proveniente dagli altri non ha effetto retroattivo, ma comporta il decorrere del termine per la dichiarazione del conduttore solo dalla sua comunicazione; la successiva ratifica (applicandosi l'art. 1399 c.c.) non vale a sanare una manifestazione di volontà posta in essere senza i poteri di rappresentanza, per la quale la forma scritta è richiesta ad substantiam; inoltre, “è inconcepibile che un termine di decadenza, per di più assai breve, inizi retroattivamente la sua decorrenza, con l'effetto di ridurre o, addirittura, rendere impossibile la decorrenza di un termine già scaduto” (così Cass. n. 3549/1990, cit.).

Ovviamente, nulla esclude (secondo Cass. civ., sez. III, 27 novembre 1991, n. 12689) che il proprietario conferisca ad un rappresentante l'incarico di effettuare la denuntiatio.

Infine, la legittimazione alla denuntiatio spetta al proprietario, ancorché si versi in caso di cessione dei beni ai creditori, ivi compreso l'immobile locato, a norma dell'art. 1977 c.c., poiché detta cessione non comporta il trasferimento della proprietà dei beni del debitore, ma ha il limitato effetto di conferire ai creditori cessionari un mandato alla liquidazione ed al riparto dei beni (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 1991, n. 5464).

Il contenuto dettagliato

L'art. 38 della l. n. 392/1978, al comma 2, stabilisce espressamente che, nella comunicazione, devono essere indicati “il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione”.

La tesi secondo cui la denuntiatio potrebbe anche essere relegata al rango di manifestazione di mera progettualità ed esprimere pur solo un'ipotesi futura ed incerta, mentre unici presupposti del diritto di riscatto sarebbero quelli - mancata comunicazione o prezzo effettivo inferiore a quello in essa indicato - esplicitamente contemplati dall'art. 39 della citata legge, pecca di eccessivo semplicismo sotto il secondo profilo, ed è stata respinta dalla più recente giurisprudenza di legittimità quanto al primo.

Riguardo a quest'ultimo, può farsi richiamo alla più volte citata pronuncia del massimo organo di nomofilachia (Cass. nn. 5357, 5358 e 5359 del 1989, cit.; v., altresì, Cass. civ., sez. III, 21 maggio 1991, n. 5713), il quale ha concluso nel senso che non è lecito ritenere che la denuntiatio possa esaurirsi in una comunicazione di generico intento volta a sondare il pensiero del conduttore in ordine alla mera eventualità di un trasferimento oneroso (precisandosene il corrispettivo) dell'immobile, dovendosi considerare, invece, secondo l'esplicita volontà della legge (art. 38), che detta comunicazione debba puntualmente contenere la specifica indicazione di tutte le condizioni della proposta vendita.

Qualora la denuntiatio sia priva delle indicazioni necessarie per l'individuazione dell'immobile locato - e, quindi, di ogni altra indicazione necessaria - è inefficace e, perciò, non idonea a far decorrere il termine assegnato al conduttore dall'art. 38 per l'esercizio del diritto di prelazione, anche quando risulti che, di fatto, il conduttore era a conoscenza dell'intenzione di alienazione del locatore (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 1992, n. 11696).

Il proprietario dell'immobile offerto in vendita non è, però, tenuto ad integrare la denuntiatio con la comunicazione del preliminare stipulato con il terzo, atteso che il prezzo e l'invito ad esercitare la prelazione sono elementi entrambi sufficienti a determinare la sua validità; l'art. 38, infatti, a differenza della prelazione agraria, fa menzione del preliminare soltanto nel comma 4, specificando che, ove il diritto di prelazione venga esercitato, si dovrà procedere al versamento del prezzo ed alla stipulazione del contratto di compravendita o del preliminare, dizione questa che chiaramente assegna alla denuntiatio una funzione preliminare anteriore, completamente differenziata dal successivo perfezionamento della vicenda traslativa (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 1991, n. 5464).

In un'occasione, gli ermellini (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 1995, n. 4334) hanno ritenuto che l'invito ad esercitare la prelazione possa essere espresso anche in modo implicito, ritenendo conforme al paradigma legale una comunicazione mancante dell'invito espresso e nella quale si chiedeva al conduttore di procedere all'immediata stipula della compravendita, ritenuta valida dai giudici del merito, sul rilievo che il preciso riferimento agli artt. 38 e 39 rendeva superflua ogni altra precisazione.

Non è, invece, richiesta dall'art. 38 (ad avviso di Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1994, n. 9559) l'espressa indicazione del recapito del locatore, ove far pervenire l'atto di esercizio della prelazione, con la conseguenza che l'omissione di tale facoltativa indicazione non determina l'irritualità della comunicazione, giacché, essendo richiesta per quest'ultima dall'art. 38 citato la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, assume rilievo quale luogo di adempimento dell'obbligazione al conduttore quello di esecuzione della notificazione desunto dagli artt. 137 ss. c.p.c.

Il fatto che la denuntiatio ex art. 38 debba necessariamente contenere talune indicazioni, sì da consentire l'esercizio della prelazione, non esclude che essa possa recare contenuti ulteriori, sicchè la comunicazione ben può comprendere l'informazione della pendenza di una controversia fra locatore e terzo circa la proprietà del bene; ciò, però, non legittima il conduttore a subordinare l'esercizio della prelazione all'esito della controversia, nel qual caso ne discende l'inefficacia dell'atto con cui la prelazione è esercitata (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1996, n. 11362).

La forma prescritta

Nel caso in cui il proprietario intenda trasferire il bene a titolo oneroso, la denuntiatio ad opera del locatore di cui all'art. 38, comma 1, della l. n. 392/1978 - e, parimenti, la dichiarazione di prelazione da parte del conduttore - ha natura ricettizia, con la consueta applicabilità delle regole stabilite dall'art. 1335 c.c.

Tali atti devono essere portati, dunque, a conoscenza dei rispettivi destinatari con il mezzo prescritto della notificazione eseguita da ufficiale giudiziario - la scelta di tale forma della notificazione, peraltro, è stata dettata dall'esigenza di garantire il massimo livello di certezza per quanto riguarda la formazione e la manifestazione del consenso delle parti - sicché la presunzione di conoscenza, prevista dalla menzionata disposizione, opera soltanto quando il procedimento di notificazione si sia completato (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1984, n. 3605).

In altri termini, sia la comunicazione del proprietario, sia la dichiarazione di prelazione hanno natura di atti ricettizi di valore sostanziale e, come tali, devono essere portati a conoscenza dei destinatari, al cui indirizzo devono pervenire in base al disposto dell'art. 1335 c.c., ma la legge, in entrambi i casi, con il citato art. 38, ha previsto altresì uno specifico mezzo della notificazione eseguita da ufficiale giudiziario: pertanto, la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. in tanto sorge in quanto la comunicazione dell'intenzione di vendere e la dichiarazione di prelazione giungano all'indirizzo, rispettivamente, del conduttore e del proprietario, a seguito di quella particolare forma di trasmissione dell'atto, che si esaurisce con la consegna, debitamente verbalizzata, di una copia conforme all'originale.

Ne consegue che, in tutte le ipotesi in cui, dalla relata dell'ufficiale giudiziario, risulta che la notificazione, per una qualsiasi causa, non è avvenuta, non può parlarsi di presunzione di conoscenza, la quale presuppone necessariamente dell'atto sia pervenuto e sia rimasto nella sfera di disponibilità del suo destinatario; anche se è vero che l'effettiva presa di conoscenza, da parte del soggetto cui l'atto è diretto, è estranea alla struttura della notificazione, è pur sempre indispensabile che il procedimento notificatorio sia completo in tutti i suoi momenti affinché il destinatario, secondo l'id quod plerumque accidit, abbia la concreta possibilità della conoscenza dell'atto.

Resta fermo che è onere dei rispettivi autori, della denuntiatio e della dichiarazione di prelazione, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio (Cass. civ., sez. III, 6 novembre 1989, n. 4608).

I giudici di Piazza Cavour, tuttavia, ritengono raggiunto lo scopo della norma qualora l'obbligo della denuntiatio venga assolto anche con modalità diverse da quella della notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, a condizione, però, che la comunicazione al conduttore sia eseguita con modalità realmente equipollenti a quella anzidetta per struttura e per effetto, e cioè caratterizzate dalla consegna ufficiale (dotata dell'attributo della pubblica fede) al conduttore di un atto scritto del locatore contenente con certezza le indicazioni e l'invito (ad esercitare la prelazione) prescritti dalla legge (Cass. civ., sez. III, 18 marzo 1987, n. 2721).

Si segnala, in proposito, che le disposizioni contenute nell'art. 38, commi 1 e 2, della l. n. 392/1978 differiscono, circa le modalità della comunicazione, dai precedenti normativi in tema di prelazione agraria, nei quali si richiedeva genericamente la notificazione (formulazione originaria dell'art. 8, comma 4, della l. n. 590/1966) e si richiede la notificazione con lettera raccomandata e la trasmissione del preliminare (formulazione attuale del citato comma, come sostituito dall'art. 8 della l. n. 817/1971); pertanto, non è trasponibile alla questione che qui interessa la giurisprudenza circa gli atti equipollenti alla comunicazione in materia di prelazione agraria, pur avvertendo che, in essa, talvolta è stato escluso il ricorso all'equipollenza (Cass. civ., sez. III, 3 novembre 1982, n. 5778) e, comunque, costantemente si è segnalata l'irrilevanza di una comunicazione verbale (Cass. civ., sez. III, 3 aprile 1981, n. 1900).

Quanto all'art. 38 citato, si sottolinea l'attribuzione espressa del compito di notifica all'ufficiale giudiziario, la quale comporta tre concorrenti esigenze: quella dell'officialità dell'atto di notifica, quella della corrispondenza dell'atto stesso alla struttura “nominata” della notificazione e quella della tipicità dell'effetto.

Tali esigenze costituiscono, poi, congiunti parametri per l'identificazione, nel concreto, di eventuali modalità equipollenti della comunicazione in discorso: la fattispecie tipica della denuntiatio deriva dalla combinazione delle disposizioni summenzionate dell'articolo stesso con quelle disciplinanti la notificazione nel processo civile - segnatamente con l'art. 137 c.p.c. - le quali hanno una valenza generalizzata, “quando non è disposto altrimenti”, per la notificazione degli atti in materia civile.

Tale fattispecie consta, dunque, della consegna al conduttore (o altra persona legittimata per lui, ai sensi del c.p.c.), eseguita dall'ufficiale giudiziario, su richiesta del locatore (o di suo rappresentante), di copia conforme dell'atto (ovviamente scritto) di comunicazione e di invito proveniente dal locatore (o da un suo rappresentante) e contenente le indicazioni prescritte.

Il vincolo delle modalità della comunicazione de qua, posto dal legislatore con il prescrivere un “atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario”, comporta così, per la denuntiatio, una sorta di formalizzazione dell'ordinario regime di produzione degli effetti degli atti sostanziali unilaterali recettizi (artt. 1334 e 1335 c.c.), con l'ulteriore conseguenza che lo scopo della conoscenza da parte del conduttore, destinatario dell'atto, resta relegato ad una situazione psicologica irrilevante per il diritto, qualora non si evinca dall'avvenuto compimento del procedimento della tipica notificazione o dall'esperimento di una modalità equipollente a tale procedimento per struttura e per effetto.

Soltanto la concorrenza dei suddetti requisiti impedisce che si finisca con il disattendere il precetto legislativo, nella sua impostazione rigorosa e garantista: nell'art. 38, infatti, il vincolo formale della modalità della denuntiatio e dell'esercizio della prelazione è preordinato alla certezza obiettiva delle posizioni giuridiche sostanziali inerenti alla vicenda contemplata e degli effetti conseguitine, cautela primaria dell'eliminazione di una delle più ricorrenti cause di litigiosità.

Nel profilo propriamente della denuntiatio, poi, la modalità prescritta ed il collegato ampio tempus deliberandi - “sessanta giorni dalla ricezione della notificazione”, cioè dall'acquisizione della disponibilità dell'atto notificato ex art. 38, comma 3, citato - proteggono l'interesse del conduttore ad un'autodeterminazione bene informata e ponderata.

Anche successivamente, gli stessi magistrati del Palazzaccio (Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25415; Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2010, n. 20807; Cass. civ., sez. III, 27 novembre 1991, n. 12689) hanno statuito che la denuntiatio può essere effettuata pure con modalità equipollenti, per struttura ed effetto, alla notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, come la consegna di lettera raccomandata da parte del messo postale, all'uopo incaricato a secondo le regole della normativa postale, atteso che, appunto, soddisfa quell'esigenza di ufficialità che rende siffatto mezzo equipollente, per struttura ed effetti, alla notificazione eseguita dallo ufficiale giudiziario.

Logica conseguenza di siffatta impostazione, la quale richiede di necessità che la denuntiatio possegga il requisito minimo della forma scritta a pena di nullità (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1990, n. 3549), è l'irrilevanza della conoscenza aliunde acquisita dell'intento del locatore (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 1992, n. 11696), la quale è inidonea a far sorgere il diritto di prelazione, che, peraltro, neppure potrebbe essere oggetto di valida rinuncia (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1998, n. 11552).

In conclusione

In generale, l'omissione della denuntiatio dà luogo al sorgere del diritto di riscatto, secondo quanto stabilisce nel suo esordio l'art. 39 della l. n. 392/1978.

Qui occorre evidenziare (secondo Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25415) che, in tema di prelazione legale, nell'ipotesi di omessa comunicazione dell'intenzione del locatore di alienare l'immobile locato, prescritta dall'art. 38, non può riconoscersi al conduttore il diritto automatico al trasferimento del bene, trattandosi di diritto che potrà essere fatto valere soltanto mediante l'esercizio del succedaneo diritto di riscatto, una volta che sia avvenuto il trasferimento a terzi in violazione della prelazione.

In tale decisione, la sequenza prevista dal legislatore nei citati articoli si articola nelle seguenti fasi:

a) comunicazione del locatore dell'intenzione di vendere, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, contenente l'indicazione del corrispettivo e delle altre condizioni di vendita e l'invito a esercitare o meno la prelazione (art. 38 commi 1 e 2);

b) manifestazione del conduttore dell'eventuale volontà di esercitare la prelazione, da effettuare con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione e con offerta di condizioni uguali a quelle comunicate (art. 38 comma 3);

c) versamento del prezzo, ad opera del conduttore, da realizzarsi, salva diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla scadenza dell'originario termine di sessanta giorni e contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del preliminare (art. 38 comma 4);

d) facoltà di esercitare il riscatto, da parte dello stesso conduttore, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto di vendita, qualora il proprietario non abbia proceduto alla denuntiatio o il corrispettivo in essa indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento (art. 39 comma 1); e) versamento del prezzo entro il termine di tre mesi computato secondo le decorrenze alternative indicate (art. 39 commi 2 e 3).

All'interno di questa sequenza, dunque, non c'è spazio per un esercizio della prelazione che prescinda dalla denuntiatio del proprietario, né vi è possibilità di ipotizzare l'esistenza di un patto di prelazione che consenta di ritenere concluso un preliminare di vendita per effetto della persistenza della decisione di vendere e della manifestazione della volontà di acquistare da parte del prelazionario, sì da poter dare ingresso ad un'azione ex art. 2932 c.c.

L'accertamento negativo sull'effettuazione della denuntiatio (o sull'adozione di modalità ad essa equipollenti) comporta che il conduttore non possa essere considerato decaduto dall'esercizio della prelazione e conservi, in caso di vendita a terzi, la possibilità di riscattare l'immobile: non esiste, invece, un rimedio attuativo dell'obbligo di preferire che, in difetto dell'osservanza delle prescrizioni dell'art. 38, consenta al conduttore un trasferimento diretto, senza dover attendere il momento sanzionatorio dell'esercizio del riscatto.

Al contrario, ove sia risultato comunque attivato il meccanismo per l'esercizio della prelazione, dovrà valutarsi se il prelazionario abbia manifestato tempestivamente la propria volontà e, in caso affermativo, se abbia anche provveduto al versamento del prezzo nel termine prescritto, stante che il pagamento non può essere effettuato oltre il termine di trenta giorni successivo alla scadenza del termine assegnato per la manifestazione della volontà di esercitare la prelazione.

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